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Autore: Lue    04/04/2011    14 recensioni
Si avvicina al letto, dove giace lui, con le lacrime che gli rigano le guance.
Gli prende la mano ruvida, stringendola nella sua, così delicata.
Poi, piano, si issa sul materasso duro, mentre le molle cigolano fastidiosamente.
Si sdraia accanto a lui, poggiando la testa sul suo petto, che si alza e abbassa lentamente, mentre lui le accarezza i capelli.
Lei spera che lui non avverta le lacrime che le scorrono sulle guance, bagnando il maglione di lui.
Lei piange, perché in questi momenti, dove potrebbe far finta che vada tutto bene, lo sente, il suo cuore, mentre lento si sgretola.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'HPContests.' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Alla Giu, che ha letto per prima questa storia (e tante altre), ed è stata la prima a definirla "bella". Ti voglio tanto bene.


.Close to tears.

[Testo della canzone: “For the first time” – The Script]

And we don’t know how,
How we got into this mess...
Is a God’s test?


Lui dischiude piano la porta e la tiene aperta per far entrare lei.
Poi, senza dire una parola, sale le scale e si sbatte la porta della camera alle spalle.
Lei sussulta.
Accarezza dolcemente la seta del suo abito da sposa.
Posa lo sguardo ai piedi del vestito.
Le lacrime le pizzicano gli occhi, ma lei deglutisce e stringe i denti per non piangere.
Il bianco dell’abito finisce dove inizia il rosso.
Si inginocchia in terra, sfiorando piano la stoffa impregnata del suo stesso sangue.
-No...- sussurra lieve.
Se lo sfila, lì, nell’ingresso, con rabbia.
Le sue dita scorrono veloci sul tessuto, febbrili sulle cuciture, per toglierselo di dosso.
Giace in terra, il suo abito da sposa.
E lei è nuda.
Ma non prova vergogna, né pudore, non potrebbe essere denudata più di quanto lo è stata solo qualche ora prima.
Mentre cammina lungo il corridoio le cosce si appiccicano tra loro, per il sangue non ancora secco che le ricopre.
Entra nel bagno del pianterreno.
Si lava, in fretta, per disfarsi di tutto quello sporco.
Poi, indossato un accappatoio, sale le scale.
-Bill...- bussa piano alla porta, senza ricevere risposta.
Lui è rannicchiato a letto e fissa il vuoto.
-È tutta colpa mia- sussurra.
-Che cos...- inizia lei ma viene interrotta.
-Vattene- la voce aspra di lui la colpisce come un pugno nello stomaco.
-Ma Bill...
-Va’. Via.- scandisce lui duramente.
Ferita, disorientata, disperata, lei esce dalla stanza, piangendo per tutto quello che ha perso, nel giorno in cui invece doveva cominciare a ricevere.

E non sappiamo come,
Come siamo finiti in questo casino...
È una prova di Dio?

____

But we are gonna stop by drinking all cheap bottles of wine,
Sit talking up all night,
Saying things we haven’t for a while,

A while, yeah.

Lei ha sempre creduto in Dio.
In qualcuno che dall’alto veglia su tutti.
Ha sempre creduto in qualcuno che le avesse fatto incontrare, per destino, lui.
Ma ora lei non sa più a cosa pensare, perché lui se n’è andato.
Lui passa le giornate nella camera degli ospiti al piano di sopra, la faccia affondata nel cuscino e i capelli aggrovigliati.
Non parla, non la guarda nemmeno negli occhi.
Si alza nel cuore della notte per scendere in cucina a mangiare qualcosa, perché all’orario dei pasti finge di non sentire lei che lo chiama.
E allora lei trasferisce con cura il contenuto delle pentole in vaschette di plastica, e le mette in frigorifero, così se lui vorrà potrà mangiarle.
Però lei no, lei quasi non lo tocca nemmeno il cibo.
Ed è passata una settimana.
Lei mangia briciole di pane, come un usignolo che di mattina si posa sul davanzale di una vecchia signora, che gli lascia sempre qualcosa per ricompensarlo del suo canto.
Ma lei non canta, perché ha perso la voce.
Lei si chiede per quanto andrà avanti questa situazione, mentre lui ormai non ha più la cognizione del tempo.
E lei ricorda di quando bevevano vino annacquato nel piccolo appartamento di lui, chiacchierando fino a notte fonda, finchè lei era troppo brilla e cominciava a cantare in francese.
Ninnananne.
A lui piaceva il suono dolce della voce di lei, mentre roca intonava una canzoncina della buonanotte.
Lei era un usignolo.
Ma gli usignoli smettono di cantare se non c’è nessuno disposto ad ascoltarli.

Ma ci fermeremo a bere tutte le bottiglie di vino a buon mercato,
Seduti a parlare tutta la notte,
Dicendo cose che non dicevamo da un po’,
Già, da un po’.

____

When you pick yourself up,
You get kicked to the dirt..
Trying to make it work,
But man, these times are hard.


-Bill!- chiama lei, stringendosi nello scialle di lana color rosa antico –Bill, vieni a manjiar!
Aspetta qualche secondo, mescolando piano nella pentola con un cucchiaio di legno.
Il fumo profumato le arriva alle narici, ma non vi fa caso.
Sono settimane ormai che non le importa del cibo.
-Bill!- grida un’ultima volta, sbattendo il cucchiaio sulla pentola e schizzandosi d’olio bollente sul polso delicato.
Getta un gridolino di dolore, ma subito ammutolisce e si lascia scivolare lungo il muro, i piedi nudi che toccano il pavimento gelato.
-Bill...- sussurra piano, portandosi i pugni chiusi alle tempie, mentre i lunghi capelli biondi spettinati le ricadono sul viso, ondeggiando per ogni singhiozzo che ora parte dal suo petto.
Lui entra in cucina con passo strascicato, la barba lunga di settimane che ricopre le guance sfigurate.
Apre il cassetto con forza, facendo tintinnare le posate d’argento e sobbalzare lei, che però rimane per terra, con gli occhi chiusi.
Ficca la mano tra le forchette, estraendone una con forza non necessaria.
Sbatte il cassetto, chiudendolo, e poi spegne il fuoco, appoggiando vigorosamente la pentola sul tavolo.
Comincia a mangiare con foga, ingozzandosi di bocconi di carne.
Fa per prendere un bicchiere sul lavello, ma quello gli sfugge dalle mani, frantumandosi a terra.
Lei serra le labbra, sperando, pregando, che non succeda di nuovo.
Ma lui prende un altro bicchiere e lo getta a terra.
E ancora.
Ancora, ancora.
Lei si porta le mani alle orecchie, per non udire il frastuono di vetro rotto, ma poi alza la testa verso di lui.
-Smetila! Bill, basta!
I loro occhi si incontrano per un attimo, poi lui afferra la pentola e la sbatte in terra.
I pezzi di carne e di vetro sono sparsi dovunque, e lei abbassa lo sguardo.
Abbassa sempre lo sguardo.
Lui esce dalla stanza.
Lei soffoca le lacrime nello scialle e, presa la bacchetta, comincia a pulire.

Quando ti rialzi da solo,
E vieni ributtato a terra...
Sto cercando di far funzionare le cose,
Ma amico, questi tempi sono duri.


____

Ah, these times are hard,
They end up making us crazy!
Don’t give up on me, baby...


-Esco...- sussurra lei, appoggiandosi allo stipite della porta, rivolta a lui, che è sdraiato a letto a fissare il soffitto.
-Vado a comprar quelque cosa da manjiare...
-Torni presto?- chiede lui con voce roca, sempre con lo sguardo fisso al soffitto.
-Sì- il cuore di lei si riscalda un poco –Torno presto.
Attraversa il corridoio, piegandosi stancamente per raccogliere un paio di stracci, che forse non sono altro che le maglie di lui.
Rialzandosi si trova a guardare il suo riflesso nello specchio dell’entrata.
Si raddrizza, stringendo con forza il tessuto tra le mani.
Una giovane donna bionda le restituisce lo sguardo sul vetro appannato dello specchio.
Lei si strofina gli occhi, in un inutile tentativo di nascondere le occhiaie.
Sospira, e le sembra che il peso nel suo petto non faccia altro che aggravarsi.
-Fleur- la chiama debolmente lui dalla sua camera.
-Cosa? Che sc’è?- domanda subito lei premurosa, ripercorrendo il corridoio con ampie falcate.
-Non andare...- mormora lui, guardandola con gli occhi lucidi.
Lei sospira, ancora.
Lascia ricadere la borsa per terra, insieme agli stracci che teneva in mano.
Si avvicina al letto, dove giace lui, con le lacrime che gli rigano le guance.
Gli prende la mano ruvida, stringendola nella sua, così delicata.
Poi, piano, si issa sul materasso duro, mentre le molle cigolano fastidiosamente.
Si sdraia accanto a lui, poggiando la testa sul suo petto, che si alza e abbassa lentamente, mentre lui le accarezza i capelli.
Lei spera che lui non avverta le lacrime che le scorrono sulle guance, bagnando il maglione di lui.
Lei piange, perché in questi momenti, dove potrebbe far finta che vada tutto bene, lo sente, il suo cuore, mentre lento si sgretola.

Ah, questi tempi sono duri,
Finiscono per farci andare fuori di testa!
Non abbandonarmi, tesoro...

____

You're smiling but we're close to tears,
Even after all these years.


-Ma non c’è Bill?- chiede la voce acuta di Molly proveniente dal camino.
Lei si sforza di sorridere.
-È uscito, a compror da manjiare...
Molly sbuffa, contrariata.
-Non riesco mai a parlare con lui! È dal matrimonio che non lo vedo! È passato un mese! Dovrei venire lì..
Il sorriso sulle labbra di lei si congela, mentre il cuore le batte a mille.
-Veremo noi! Non si deve preocupar per Bill e moi, sce la caviamo benisimo!
Molly fa una smorfia e poi comincia a parlare di come sia difficile la situazione a Hogwarts.
Ma lei non ascolta.
Il suo pensiero corre a lui, che sta facendo a pezzi le lenzuola, al piano di sopra.
Può quasi sentire il rumore della stoffa squarciata.
Si porta una mano alla fronte, stanca.
-...E vedremo ora come si mettono le cose... Ci sentiamo in settimana- le sorride Molly, e lei fa uno sforzo per ricambiare.
Appena Molly scompare, lei si getta su per le scale, per raggiungere la camera degli ospiti.
Lui è circondato da pezzi di lenzuola, e fissa il vuoto.
-Bill...- chiama lei piano, avvicinandosi.
Lui si volta verso di lei.
-Vieni...- gli prende le mani –Andiamo a lavarsci, va bene?
Lo solleva con delicatezza, anche se lui è così pesante che lei vacilla.
Riesce a condurlo in bagno.
Gli toglie i brandelli di stoffa dai capelli, e poi lo spoglia, come fosse un bambino.
Lei prende una spugna e la immerge nell’acqua calda.
Gliela strofina sul petto, e sulle spalle, e sul collo.
Quando ha finito di lavarlo gli passa sul corpo un morbido asciugamano, lentamente, dolcemente, attenta a non fargli male.
Lui sussulta al suo tocco, ma rimane fermo, in silenzio.
Poi lei gli infila una maglia larga, e con fatica anche i pantaloni, sorreggendosi al lavandino, mentre lui alza la gamba.
Con le labbra lei gli sfiora la guancia rovinata.
Lo porta giù in salotto e lo fa sedere sul divano, coprendolo con una coperta.
-Fascio la doscia, Bill, arivo subito...
Risale le scale lentamente, sorreggendosi al corrimano, e poi rientra nel bagno.
Si spoglia senza fretta, sfilandosi i vestiti e lasciandoli cadere in terra.
Sospira, mentre l’acqua calda le scorre sulla schiena, e sospira, e sospira ancora.
Mormora le parole di una ninnananna francese, mentre i capelli bagnati si fanno pesanti.
Le lacrime si mescolano all’acqua, può addirittura fingere che siano gocce provenienti dalla doccia, e non dai suoi occhi.
Passa le mani insaponate sul petto, sulla pelle pallida e tirata, e poi sui seni magri, e sull’addome, sulle costole che sporgono, donandole un aspetto malato e fragile.
Fragile.
Sembra che lei sia fragile.
Ma di quanta forza dispone in questo momento? Tanta.
E getta la saponetta a terra, e questa rimbalza dura, scivolando poi nel pavimento bagnato della doccia.
Si abbandona con rabbia lungo il muro.
L’acqua scroscia rumorosa.


Tu sorridi ma siamo vicini alle lacrime,
persino dopo tutti questi anni.

____

She’s all layed up in bed with a broken heart,
While I’m drinking Jackall alone in my local bar.
And we don’t know how,
How we got into this mad situation.


Lui si sveglia nel mezzo della notte, il cuore che batte forsennato nel petto.
Le figure gli scorrono veloci nella mente.
Afferra una giacca sulla sedia vicino al letto ed esce dalla stanza.
Si smaterializza in una via illuminata poco fuori Londra, e cammina veloce verso l’insegna di un bar.
La porta cigola mentre lui entra.
Il bar è quasi vuoto, fatta eccezione per due ragazzi a un tavolo.
Lui si siede al bancone.
-Un Jack e menta...- dice al barista.
Il vestito di lei è bianco, mentre procede a braccetto di suo padre verso di lui.
È bianco, mentre dice .
È bianco, mentre ballano un valzer.
Mentre i Mangiamorte irrompono nei festeggiamenti.
Ma il vestito di lei è rosso, quando un incantesimo la spedisce contro la statua di ghiaccio.
Lui la vede a terra, tra i pezzi sciolti della statua, e vede la macchia vermiglia farsi strada sul suo abito, allargandosi a dismisura, mentre il colore sul viso di lei svanisce piano.
E lui la prende e per portarla via, in braccio, per portarla in casa.
Beve un sorso del drink e sente il liquore bruciargli la gola.
-Il bambino... Je suis enceinte...
E lui capisce lo stesso, anche se non sa il francese.
E allora corre tra i campi, con lei stretta tra le braccia, e sono quasi arrivati, quando la bestia li raggiunge.
I denti gialli sono sporgenti mentre ride malvagio.
Quei denti che si sono impossessati della sua carne con rabbia, strappandogliela via.
E lui non riesce ad andare avanti.
Tiene lei stretta al petto e rimane fermo.
La paura lo paralizza.
Ma Kingsley si scaglia furioso contro Greyback, gettandogli maledizioni che lo sfiorano per un soffio.
E scappa, la bestia, mentre lui rimane fermo con il suo amore che perde sangue, tra le braccia.
Perduto.
Un bambino, suo figlio.
La voce di lei gli giunge lontana, mentre, accanto a lui, implora Kingsley di non raccontar nulla a nessuno.
Ogni cosa gli giunge lontana, da quel momento.
Lui non è stato in grado di proteggerla.
Lui è...
No.
Da quel momento lui non è.
Si sfila di tasca una banconota spiegazzata e la lascia sul bancone.
Cammina per strada ma non ha una destinazione.
A casa lei poggia la testa sul cuscino di lui, e si stringe la coperta al ventre.
Un ventre vuoto, dolorosamente vuoto.

Lei è distesa a letto col cuore spezzato,
Mentre io sto bevendo Jacktutto solo nel mio bar,
E non sappiamo come,
Come siamo arrivati a questa folle situazione.

____

We just now got the feeling
That we're meeting,
For the first time.


Lei si sveglia sola nel letto.
La preoccupazione le mozza il fiato.
Si infila veloce dei vestiti e scende le scale di corsa, rischiando di cadere.
-Bill!- chiama, girando tra le stanze e scostandosi i capelli spettinati dagli occhi.
Spalanca la porta d’ingresso incurante del freddo, e si getta a piedi nudi in giardino.
Sospira, avvertendo le lacrime pizzicarle gli occhi, quando lo vede.
Lui è sotto un albero, che giocherella con dei fili d’erba.
Alza lo sguardo, sentendola arrivare, e piega le labbra in un accenno di sorriso.
Lei rallenta e si stringe nel maglione, per poi inginocchiarglisi di fronte.
-Mi sono fatto la barba- mormora lui, precedendola.
Lei sorride, commossa, e gli sfiora col dito la guancia.
-Grazie...- gli sussurra, prendendogli il viso tra le mani.
Il cuore di lui comincia a battere di nuovo.
-Ho bevuto questa notte...- le confida abbassando lo sguardo.
Lei lo scruta coi suoi occhi azzurri ma non dice niente, troppo grata del fatto che lui abbia ricominciato a parlare, per interromperlo.
-E ho ricordato...-continua lui, mentre la mano di lei scende involontariamente all’addome e si ferma lì, come in attesa.
-Io non... Non sono riuscito a salvarti... Io... Mi sono bloccato davanti a Greyback e se non fosse arrivato Kingsley...
-Shh...- lo zittisce lei con le lacrime agli occhi –È pasata... È tuto finito...
-Ma io...- sussurra lui con la voce rotta dal pianto.
Lei si sporge verso di lui e lo abbraccia, lo culla tra le braccia, coi piedi nudi affondati nell’erba fresca di rugiada.
-Io non ti lascio...- mormora lei –Non ti lascio, Bill...
-Perdonami...
-Ma scerto, ma scerto, mon amour...
-Sono tornato, Fleur, non me ne andrò mai più- la stringe ora lui, mentre lei singhiozza sulla sua spalla, lacrime di gioia stavolta.
-Ho avuto tanta paura in queste setimane, Bill... Temevo che non saresti più tornato in te...
-Perdonami- ripete lui, il ghiaccio nel cuore che si scioglie come neve al sole.
Una pioggia leggera comincia a cadere sul giardino e su loro abbracciati, facendosi sempre più fitta.
-La senti questa musica?- chiede lui, accarezzandole il viso –È la musica della pioggia che cade e che cura le ferite del cuore...
Lei ride contenta tra le lacrime.
-Balla con me- la prende per mano e per la prima volta dopo settimane, è lui che aiuta lei a rialzarsi.
Ballano un lento, abbracciati, fradici.
Fleur stringe Bill.
Bill stringe Fleur.

Solo adesso proviamo quella sensazione,
come se ci stessimo incontrando
per la prima volta.



 

Terza Classificata al contest "Characters & Songs" indetto da Only sul Forum di EFP.

• Grammatica e forma: 14.5/15
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità della trama: 20/20
• Attinenza alle canzoni scelte: 10/10
• Gradimento personale: 5/5
Totale: 59. 5/60.
Bonus: +3

Commento: wow. So che non è un modo molto intelligente di cominciare un commento, ma w-o-w. Questa fic è una meraviglia; (quasi) perfetta da ogni punto di vista.
Partendo dal primo parametro, la penalizzazione è dovuta ad alcune piccole imprecisioni sparse qua e là nel testo (finché con l’accento sbagliato, alcuni trattiti “doppi” nei discorsi diretti quando invece generalmente utilizzavi quelli semplici).
I personaggi sono perfettamente caratterizzati; Fleur si dimostra una donna forte – come generalmente non è ritratta – capace di far fronte al terribile evento che è accaduto, che non si piange troppo addosso ma trova la forza di alzarsi dopo ogni caduta e di aiutare anche Bill a farlo. Lui, poi, mi è piaciuto davvero molto: si dimostra più fragile di quanto ci si potrebbe aspettare, terrorizzato da Greyback, furioso con se stesso per non essere riuscito a proteggere Fleur e il bambino, ma allo stesso tempo in grado di capire quando ha toccato il fondo e può solo risalire. La sua penultima battuta nell’ultima parte della storia stona forse un pochino, ma tutto sommato è perfetto.
Anche l’originalità ha il punteggio pieno, sia per il modo in cui hai caratterizzato i personaggi –impeccabile –, sia per la trama che hai creato attorno ai due, sia per il modo in cui hai gestito la canzone. Il parametro dedicato all’attinenza ha a sua volta il punteggio pieno, perché tutta la storia è basata sulla canzone, non c’è una frase che non riporti, in un modo o nell’altro, al testo.
Complimenti, davvero!


   
 
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