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Autore: Betrayed    05/04/2011    3 recensioni
Come vi sentireste se il vostro peggior nemico vi portasse via ciò che di più caro avete al mondo e lo mettesse all’asta ponendo come prezzo di base la vostra vita?
Come vi sentireste se vi dicessero che in realtà la vita è un gioco, in cui si muore troppo facilmente?
E se improvvisamente un vecchio manicomio abbandonato divenisse la scacchiera di una partita?
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Envy, Winry Rockbell
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 2 saw fma

                                                                                            Capitolo II - Quello che non hai perso. (Prima parte)

"Nessuno qui, nessuno ti salverà"
La vocina acuta gli perforò la testa come una lama, inducendolo a spalancare gli occhi.
Per un attimo credette di essere cieco, tale era il buio che lo circondava, ma non appena i suoi occhi abituarono all'assenza di luce cominciò a distinguere i contorni sfumati delle pareti.
"Lo sai dove ti trovi piccoletto?"
Edward cominciò a prendere coscienza degli arti lentamente, come se il sangue avesse cominciato a scorrere solo in quel momento, come se fosse stato attivato dalla voce dell'homunculus.
Percepì il polso avvampare improvvisamente, costretto contro l'altro da una corda che gli penetrava la carne. La fitta di dolore che si propagò lungo il braccio gli provocò un gemito soffocato a denti stretti.
All'improvviso la luce invase la stanza, sfarfallante e debole, ma per i suoi occhi, ormai rassegnati alle tenebre, accecante. Strinse le palpebre, urtato dal bagliore.
"Suvvia, Elric, apri gli occhi."
Il biondo sobbalzò appena avvertendo la voce vicina e obbedì con lentezza, ma quando lo fece non vide nessuno accanto a lui. Spostò lo sguardo davanti a sé, incontrando l'impedimento di una grigia parete in cemento.
Poi all'improvviso qualcosa di piccolo, freddo e umido cadde sulla sua testa, scivolando con densità giù per i capelli color grano, provocandogli un brivido lungo la schiena quando incontrò la pelle scoperta del collo, gocciolando anche sulla maglia.
L'odore ferroso che cominciava ad impregnare l'aria lo spinse a reclinare il capo appena all'indietro, ma ciò che vide lo fece rabbrividire e si pentì subito di quella scelta.
Il soffitto s'interrompeva bruscamente proprio sopra la sua testa, lasciando spazio ad un enorme grata di ferro arrugginita, attraverso la quale si potevano intravedere i corpi mutilati di uomini, ammassati probabilmente l'uno sopra l'altro. Li scorse lentamente, mentre il suo respiro accelerava facendosi pesante e i suoi battiti aumentavano in proporzione al suo orrore, fino ad incontrare lo sguardo vitreo di uno dei cadaveri, il cui volto spingeva tra le sbarre schiacciato dal peso sovrastante, gli occhi cerchiati di nero e spalancati, bianchi; la pelle cerulea metteva in risalto le guance incavate e i capelli corvini, in particolare sulla carnagione spiccava particolarmente il sangue, rappreso appena sotto gli occhi e agli angoli della bocca.
Il biondo rabbrividì, distogliendo immediatamente lo sguardo e puntandolo al terreno, mentre l'ennesima goccia di sangue gli macchiava la maglietta con la consistenza reale di un piccolo ago, ma che si rifletteva con la potenza di mille pugnali nel suo animo scosso.
"Quello che devi fare è semplice. Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua salvezza è in ciò che non hai perso. La scelta è semplice, lei o te? Attento a non affogare nella tua impotenza, Sai, anche se a te non sembra, ad ogni minuto che passa la stanza viene invasa dall'acqua."
La risata che seguì gli fece accapponare la pelle, e si spense lentamente lasciando dietro di sé un eco inquietante.
L'ansia iniziò a serpeggiare tra i suoi pensieri, mentre si guardava attorno cercando di non far caso a ciò che aveva appena sopra la sua testa, il cui odore di decomposizione andava infettando la stanza.
Si agitò sulla sedia, con l'unico risultato di provocarsi ancora più dolore al polso, ma fu proprio nel tentativo di calmarsi che i suoi occhi incontrarono la sagoma scura di un oggetto acuminato sul muro.
Vi si avvicinò, stringendo i denti per soffocare il dolore all'arto, trascinando la sedia facendo leva sui piedi e tirandosi avanti con la sola forza delle gambe giunse fino alla sporgenza, che era in effetti la sezione di un tubo in metallo, tagliata trasversalmente.
Si girò, posizionando la corda sul bordo tagliente, attento a non peggiorare ancora di più la situazione del polso e, con lentezza esasperante, iniziò a logorarla fino a spezzarla.
Portò le braccia davanti a sé, massaggiando la parte dolente dell'arto che gli rimaneva con il metallo freddo dell'automail, mentre si guardava attorno ancora, alla ricerca di qualcosa che lo traesse in salvo.
Si sollevò dalla sedia e i suoi pantaloni si bagnarono immediatamente.
Colto dall'ansia non aveva dato troppo peso alle parole del suo sequestratore, e solo in quel momento si rese conto che, effettivamente, il livello dell'acqua stava salendo.
Da dove provenisse il liquido gli fu preso chiaro; in parte gocciolava dal soffitto, mescolandosi al sangue dei cadaveri sulla grata, ma la maggior parte filtrava da sotto la porta in acciaio massiccio, alla quale si avvicinò.
Tentò di usare l'alchimia, ma capì quasi subito l'inutilità di quel gesto.
Evidentemente non funzionava, in quel luogo, per chissà quale motivo.
Si voltò, dando le spalle alla sua salvezza per osservare la stanza, senza trovarvi però nulla di utile.
Il suo cervello iniziò a vagliare le varie possibilità scartandole però tutte, e all'improvviso il discorso dell'homunculus riaffiorò nella sua mente.
"Quello che devi fare è semplice. Liberati e trova la chiave per uscire da qui. La tua salvezza è in ciò che non hai perso."

... La tua salvezza è in ciò che non hai perso.

E capì.
Si osservò il braccio, e vi scorse una sagoma, come un tatuaggio sulla pelle bianca, che prima non aveva visto.
Lo ripercorse lentamente con le dita.
Il disegno di una chiave.
Il biondo rabbrividì, premendo e incontrando una consistenza troppo metallica per essere umana.
La chiave era lì.
Dentro il suo braccio.
   
 
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