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Autore: EarthquakeMG    06/04/2011    2 recensioni
“Cos’è un cuore?” domandò.
Orihime fu spiazzata da quella domanda, nessuno glielo aveva mai chiesto, neanche un bimbo, nessuno si era mai posto quella domanda.
Ulquiorra sapeva esattamente cosa fosse un cuore ma la sua domanda andava oltre, voleva sapere che cosa gli umani intendessero con cuore.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa è la prima volta che provo a pubblicare qui una mia fanfiction, ho sempre avuto paura di rendermi "ridicola" a causa della mia scarsa bravura ma stavolta ho voluto provare. Ulquiorra ed Orihime mi ispirano molto, troverete dei cambiamenti (rispetto alla "reale" storia) ma è uscita così di getto e ho preferito non cambiare nulla.
MG.


I personaggi, ovviamente, non mi appartengono ma sono stati creati da Tite Kubo.

 

Anche gli Espada hanno un cuore?


Lei era una donna ma voleva esser chiamata per nome.
Lui era un Espada e non dava peso al suo nome.
Lei lo compativa.
Lui non la capiva.

 Orihime era rinchiusa in quella cella ormai da un mese, si era quasi abituata al buio di quella stanza, l’unica luce che riusciva a vedere era quella della luna che era lì in ogni istante, Las Noches non aveva il giorno e neanche la notte, Las Noches aveva il cielo nero e la luna splendente; non era il posto adatto a lei, una ragazza solare ed emotiva che amava passare le sue giornate all’aperto, lei lì non si trovava bene, lei lì soffriva.
C’era qualcosa però, o meglio qualcuno, che rendeva quelle lunghissime giornate un po’ meno vuote, era un Espada, un essere ben lontano dall’essere Shinigami o addirittura umano, aveva la pelle bianca come il latte, occhi verdi a goccia troppo spesso inespressivi ed un buco nero sul petto che lei mai aveva visto; era Ulquiorra, l’Espada che Aizen -colui che l’aveva fatta rapire- aveva incaricato per occuparsi di lei.
Ulquiorra detestava gli umani e non ne faceva segreto, coglieva ogni occasione per denigrare ogni sua speranza e spegnere qualsiasi desiderio umano presente in lei, non aveva un cuore e si ostinava a dimostrarlo; stava con lei la maggior parte della giornata, le portava la colazione, il pranzo e la cena e a causa della sua poca fame rimaneva in piedi ad aspettare che il piatto fosse finalmente svuotato. Ulquiorra era l’unico compagno che lei aveva, era l’unica presenza con cui parlava, lui era l’unico amico che lì aveva.
Come ogni giorno lo vide arrivare, con il suo passo felpato e la sua eleganza, per portarle il pranzo. Orihime era sdraiata su quel letto che era diventato ormai comodo, a sognare ad occhi aperti una vita alla luce del sole; al rumore del carrello alzò la testa e lo vide, un sorriso le sfuggì dalle labbra, l’aveva ammesso ormai a sé stessa..Ulquiorra non era poi così male se lo si conosceva almeno un po’.
“Ecco il tuo cibo, donna.”
La sua voce era calda, a differenza di tutto il resto e nonostante dimostrasse freddezza a lei faceva piacere sentire una voce -ogni tanto- che non fosse la sua.
“Orihime, mi chiamo Orihime.” disse.
Sì alzò dal suo letto e si sedette al tavolo, prese ciò che le avevano preparato ed iniziò a mangiare in silenzio, aveva fame quel giorno ed il cibo sembrava più gustoso del solito.
Ulquiorra la fissava, lei sentiva i suoi occhi addosso e questo la metteva molto a disagio, era timida ed arrossiva per un niente.
Si voltò verso di lui e lo osservò, lui non abbassò lo sguardo e continuò a guardarla con fierezza, lei non riuscì a staccare gli occhi dai suoi, quel verde smeraldo la ipnotizzava e spesso si era ritrovata a fissarlo intensamente senza neanche sapere il perché.
“Finisci il tuo pasto, donna.” le ordinò.
“Orihime, quante volte te lo dovrò ripetere?” domandò esasperata.
Nessuno la chiamava ormai per nome e stava quasi per dimenticare che suono avesse.
“Tu per me sei solo una donna.” rispose lui con freddezza
“Ed ho anche un nome, mi chiamo Orihime, potrò mai sentirtelo pronunciare?”
La sua domanda non ebbe risposta, lui continuò ad osservarla e lei ormai stufa finì il suo pasto e si sdraiò nuovamente sul suo letto in attesa che quell’essere così strano abbandonasse la stanza e la lasciasse nella sua solitudine; aveva voglia di piangere ma non l’avrebbe fatto davanti a lui, a Las Noches aveva imparato a non essere debole, aveva imparato a non piangere.
Silenziosamente lui si diresse verso l’uscita, si sentiva soltanto il rumore delle ruote del carrello che stridevano per terra, lei chiuse gli occhi e cercò di dormire anche se il sonno faticava ad arrivare..come ogni notte.
‘A domani, Orihime.’
Fu quasi un sussurro ma la fece sobbalzare, si voltò di scatto e davanti a lei non c’era più nessuno, era sicura di non aver sognato, lui aveva pronunciato il suo nome, quell’essere glaciale l’aveva chiamata per nome e l’aveva fatto soltanto per lei; sorrise e diede un ultimo sguardo alla luna, per la prima volta in quel mese di prigionia qualcosa era andato per il verso giusto, per la prima volta aveva qualcosa per cui sorridere.
Poggiò la testa sul cuscino e si addormentò.

Lei aveva un cuore.
Lui un buco nero al posto di esso.
Lei era fin troppo emotiva.
Lui le emozioni non sapeva cosa fossero.

Ennesimo giorno a Las Noches, Orihime si era svegliata sorridente ed aveva intenzione di godersi finché poteva quei momenti, i sorrisi nell’Hueco Mondo erano molto rari e lei di sorridere ne aveva proprio bisogno; sapeva che da qualche parte a Karakura qualcuno stava soffrendo a causa della sua scomparsa ed un po’ si sentiva in colpa ma non poteva far altro, voleva vivere quei giorni di prigionia al meglio, i suoi amici avrebbero voluto vederla con il sorriso e lei sorrideva anche per loro sperando in cuor suo che fossero felici anche senza di lei.
Ancora una volta sentì lo stridere delle ruote sul pavimento, si voltò e vide Ulquiorra composto come sempre che le portava la colazione, sorrise ancora e lo osservò muoversi lentamente verso il tavolo e poggiarsi al muro.
“Buongiorno.” gli disse.
Non si aspettava una risposta ma salutarlo per lei era importante, sperava che prima o poi anche lui avrebbe capito di avere un cuore, gli Espada in fondo non erano poi così diversi dagli esseri umani, erano soltanto stati educati diversamente, come tra gli uomini anche tra gli Espada vi erano esseri buoni ed esseri cattivi e -secondo Orihime- Ulquiorra faceva parte dei buoni e lo dicevano anche quelle nere lacrime che gli scendevano dagli occhi, Ulquiorra aveva pazienza ed anche se non voleva ammetterlo si preoccupava per lei.
Finì la sua colazione molto velocemente e si voltò verso di lui, non aveva voglia di restare sola; voleva la sua compagnia, voleva che lui parlasse, voleva che lui le raccontasse qualcosa.
Lui prese il carrello e si avviò alla porta, intenzionato ad uscire.
“Non lasciarmi da sola.” lo supplicò lei.
Lui si fermò e per la prima volta Orihime lo vide tentennare, era sempre così composto e freddo che ogni piccolo gesto quasi umano la sorprendeva e le faceva piacere, si voltò verso di lei e la osservò con il suo sguardo inespressivo, lasciò andare il carrello e si poggiò alla porta; era intenzionato a rimanere e di questo lei ne fu felice.
Sorrise e lo osservò, aveva voglia di dirgli tante cose ma non sapeva da dove iniziare, come sempre le parole le si aggrovigliarono nella gola, fu lui ad anticiparla e le sue parole la lasciarono quasi di stucco.
“Cos’è un cuore?” domandò.
Orihime fu spiazzata da quella domanda, nessuno glielo aveva mai chiesto, neanche un bimbo, nessuno si era mai posto quella domanda.
Ulquiorra sapeva esattamente cosa fosse un cuore ma la sua domanda andava oltre, voleva sapere che cosa gli umani intendessero con cuore.
“Un cuore è il punto più forte di una persona, senza cuore nessuno potrebbe vivere, il cuore ti permette di respirare, di sognare e di vivere. Il cuore ti permette di amare e ti da la forza per sopravvivere anche quando vorresti non vivere più.”
Gli rispose con il suo di cuore, non sapeva esattamente se lui avesse capito ma non sapeva come spiegarsi meglio, per lei il cuore era proprio quello, per lei non era soltanto l’organo della vita..per lei era di più.
Lui le si avvicinò lentamente, senza proferire parola.
“Non ho mai sentito un cuore battere.” affermò non staccando gli occhi dai suoi.
Lei si alzo. Era un poco più bassa di lui e soltanto in quel momento se ne accorse, Ulquiorra però la faceva sfigurare, lui era dannatamente perfetto mentre lei aveva tanti difetti.
Gli prese una mano e rimase perplessa, non era freddo come lo immaginava, la sua pelle era calda proprio come la sua e liscia come quella di un bimbo appena nato, aveva le dita affusolate e perfette; trovò la forza di alzarla e senza nessuna opposizione da parte sua se la poggio al petto.
“Ecco com’è un cuore che batte.” gli disse guardandolo negli occhi
Ancora una volta qualcosa in lui cambiò, i suoi occhi avevano abbandonato quell’espressione fredda per far posto ad un espressione sorpresa -sembravano ancora più profondi- e la sua bocca era semi aperta, era stupito e non era riuscito a contenersi.
Allontanò la mano pochi istanti dopo e si allontanò di pochi passi da lei, la fissava con quell’espressione sorpresa e probabilmente con mille domande nella testa.
“Batte.” disse più a se stesso che a lei.
“Batte sempre! Quando si è agitati, nervosi o felici però batte più velocemente.” rispose lei.
Era felice di vederlo per la prima volta nudo davanti a sé, si sentiva una stupida ad essere l’unica troppo emotiva ed adesso poteva togliersi un peso e sorridere pensando che anche quel glaciale Espada provava delle emozioni.
“E tu? Sei nervosa?” le chiese ricomponendosi.
Chiuse quelle labbra perfette e tornò ad essere inespressivo; era a pochi passi da lei, immobile.
“No. Con te sono..a mio agio.” gli rispose.
“Io sono una guardia, potrei ucciderti con un solo gesto se solo lo volessi.” affermò.
“Non lo faresti.” gli disse sorridendo
“Perché?” domandò.
Orihime sorrise, si aspettava una domanda del genere, l’Espada sapeva benissimo di essere uno dei più forti esseri in circolazione e nessuno aveva mai avuto dubbi sulla sua forza, la risposta della ragazza l’aveva incuriosito perché probabilmente era stata la prima afidarsi di lui ed a vederlo come il buono della situazione.
“Perché tu non sei un essere cattivo, sei esattamente come me.” gli rispose.
Lui strizzò gli occhi ed assunse un’espressione infastidita, odiava essere paragonato agli altri e soprattutto agli umani che non facevano altro che affidarsi alle emozioni.
“Non siamo uguali, donna.” affermò.
“Sì, è che io mi lascio trasportare dalle mie emozioni perché amo viverle e tu invece, beh..tu cerchi in tutti i modi di sopprimerle.” ribatté lei.
“Io non provo emozioni.” le disse lui, poco dopo.
Lei si avvicinò nuovamente a lui, erano poco distanti l’uno dall’altra, lui la guardava impassibile mentre lei cercava il movimento più giusto da fare. Non era mai stata brava con le parole e spesso era lei quella che non capiva, non le era mai capitato di dover ricominciare da capo, di dover spiegare a qualcuno qualcosa che per lei era scontato, qualcosa che era nato con lei..che faceva parte di lei.
Gli mise una mano sul petto e chiuse gli occhi, nessun battito, sotto quella stoffa bianca non c’era nessun cuore, c’era solo un buco nero che lei percepiva a mala pena; ma Orihime era una ragazza ostinata, lei non credeva che gli Espada non provassero emozioni, lei non credeva che esistesse un essere sulla terra che potesse essere simile ad una macchina e se c’era beh..di certo non era Ulquiorra.
Prese nuovamente la sua mano e se la poggiò al petto.
‘”Vedi? Non siamo poi così diversi, abbiamo entrambi qualcosa sul petto.” gli disse sorridendo “Ed anche tu provi emozioni, in questo momento se avessi un cuore credo batterebbe.” continuò.
“No, non credo.” ammise lui.
“Sì, sei sorpreso. Per la seconda volta in un giorno ti vedo diverso, i tuoi occhi non sono più inespressivi e poi beh..se sei qui a parlare con me e a pochi metri di distanza da me significa che qualcosa la provi, un Espada senza cuore mi avrebbe lasciata da sola no?” gli chiese.
“Aizen mi ha dato quest’incarico, io non posso disobbedire.” rispose lui.
“Ti ha obbligato a rimanere con me per tutto questo tempo?” domandò lei.
Silenzio.
Orihime non ricevette risposta.
Ulquiorra si allontanò da lei e le diede le spalle, iniziò a camminare verso l’uscita come era solito fare ma quando stava per varcare quella soglia si voltò verso di lei.
‘”Credi davvero di poter trovare delle emozioni in me?” le chiese.
“Sì, lo credo.” gli rispose.
“Non smetterai di provarci?” domandò.
“No, finché sarò qui continuerò a provare.” rispose lei.
Ad Orihime quello di Ulquiorra sembrò quasi un sorriso ma forse se l’era soltanto immaginato.
“A domani Orihime.” le disse.
Varcò quella soglia e si richiuse la porta alle spalle, Orihime si sedette sul suo letto e sorrise.
“A domani Ulquiorra, non vedo l’ora di vederti.” disse lei.

“Anche gli Espada hanno un cuore?”
Non era una domanda, Orihime ne era certa ed era pronta a dimostrarlo.

 
   
 
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