Titolo: Velvet Room
Fandom: Umineko
no naku Koro ni
Personaggi: Amakusa Juuza; Ushiromiya Ange
Pair:
Amakusa/Ange
Genere: Generale
Avvertimenti: Flashfic; Missing Moments
Note: Io non seguo particolarmente Umineko, e sinceramente non so molto né di Amakusa
né di Ange. Quindi prendete atto di queste parole e mettiamoci tutti
quanti l’anima in pace. Buona lettura ~
Velvet Room
Amakusa
parlava tanto, e lo faceva in continuazione. Abbastanza più alto di Ange
da costringerla ogni volta a sollevare lo sguardo per poter seguire il
discorso, solitamente lei si limitava a scrutare con aria cupa e pensierosa un
punto indefinito davanti a sé il tempo necessario per scoraggiare
conversazione e conversatore - cosa che raramente accadeva se non dopo minuti e
minuti di patimenti vari.
Quella
volta era sera, e Ange era stanca. Di Amakusa e del viaggio, ma soprattutto di
Amakusa e del suo dannato cianciare, perché l’aria era più
fredda e lei non si era coperta bene come avrebbe dovuto. Non lo stava neanche
ad ascoltare, questa era la verità, e che lui ne fosse consapevole o
meno non sembrava fare la differenza.
Stretta
nelle sue calze lunghe e nella giacchetta scura, la gonna corta a sfiorargli la cosce pallide, Ange pensava a quello che le riusciva
meglio, i ricordi lontani del fratello e dei genitori a farle da malinconica
compagnia. Una mano poggiata contro lo stipite della porta e la punta di un
piede puntellata contro la moquette rossa, tutto quello che voleva era
chiudersi in camera e stendersi sul letto, aprire il grimorio di Maria e
osservarla muoversi per la stanza come se fosse ancora lì, come se fosse
ancora reale – il proprio carillon personale fatto di magia e luci, di voci e parole gentili.
Ma quello
che ottenne fu un Amakusa fin troppo vicino, e il peso della sua ombra scura su
di sé. Lei si tese e si corrucciò, lui premette la propria bocca
contro la sua per l’istante più lungo del mondo, e quello che ne
seguì fu un leggero schiocco umido al quale non sapeva come reagire.
Amakusa la
guardò così negli occhi, un sorriso sul viso così
tagliente da far male solo alla vista, e mettendosi ritto sulla schiena
inclinò il viso di lato.
«
Chi tace acconsente ~ » la canzonò fastidiosamente, e un attimo
dopo aprì nuovamente bocca per parlare, e parlare, parlare, tanto che lei si tese e indietreggiò bruscamente,
allungò una mano per afferrare la porta e gliela sbatté
letteralmente in faccia.
« Ouch » bofonchiò lui, una
mano portata prontamente tra naso e bocca per coprire la parte lesa. Ma non
smise di sorridere e arricciò persino le labbra con una certa
soddisfazione, dettata semplicemente dal fatto che, per almeno un po’ di
tempo, Ange avrebbe fatto caso a quello che lui le diceva.