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Autore: Zafry    08/04/2011    6 recensioni
Una ventenne che torna a casa dopo aver passato il sabato sera con gli amici. Nulla di anormale, no? Però ritrovarsi chiusi fuori di casa senza chiavi, alle tre del mattino, in un condominio un po’ particolare non può definirsi una situazione ordinaria.
Una nottata dove i problemi si creano, si risolvono e si susseguono a tale velocità da lasciare indietro anche la protagonista. Rimarrà in balia degli avvenimenti, cadrà nelle grinfie dei genitori o troverà la pace nel suo amatissimo letto?
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AAA Cercasi Disperatamente Chiavi Di Casa

Commento, spiegazioni e varie in fondo ;D

 

 

 

AAA Cercasi Disperatamente Chiavi Di Casa

 

 

 

 

 

Si dice che la notte porta consiglio.

Beh, posso solo commentare che a me ha portato un mare di grane.

Sempre”

S.F.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In punta di piedi la ragazza entrò nel giro scale tenendo le scarpe in una mano e la borsetta nell’altra. Guardò dubbiosa l’ascensore ma si bloccò quando le venne in mente il sabato sera -o meglio, la domenica mattina- della settimana prima, indirizzandosi subito verso le scale. La vista del cane inferocito del vicino che iniziava ad abbaiare perché svegliato dal rumoroso ‘dìn’ dell’ascensore, interrompendo così il sonno dell’intero palazzo, non era sicuramente tra i suoi ricordi preferiti.

Mentre si faceva otto piani scalza alle tre del mattino, cercava anche di trovare le chiavi facendo il minor rumore possibile. Inutile dire che fallì miseramente. In una borsetta di microscopiche dimensioni era riuscita a far entrare di tutto e di più, ma le chiavi sembravano non rientrare in quel “tutto”.

Persino suo fratello, che di anni ne aveva dieci, si ricordava di prenderle prima di uscire, non poteva aver combinato un disastro tale! Già li vedeva i suoi, con il pigiama addosso, occhi assonnati, scalzi che inveivano perché li aveva svegliati. Per il quarto fine settimana di seguito per giunta!

 

-Questa casa non è un albergo!-

Primo piano. Rosso.

La targhetta della famiglia Rossi lampeggiava risaltando come una macchia di sangue sul muro bianco. Infatti, una famiglia con un nome del genere di che colore avrebbe mai potuto avere il cartellino del citofono se non rosso? Dei tipi piuttosto originali, che facevano del cognome uno stile di vita, indossavano sempre qualcosa di rosso solo per differenziarsi. In realtà, secondo le leggende scaramantiche più in voga del momento, indossare rosso portava solamente sfortuna, ma più si stava in contatto con quella famiglia più si capiva che era meglio non impicciarsi troppo né contraddirli apertamente.

Intanto nella sua testa i suoi genitori continuavano a urlarle contro per la sua zucca vuota.

 

-Finché vivi sotto il mio tetto fai quello che dico io!-

Secondo piano. Salita.

Ci abitava una vecchietta arzilla tutta pepe che si alzava tutte le mattine per farsi una corsetta con la sua cagnolina Silly. Una cosetta minuscola che non smetteva di correre mezzo secondo, per la felicità della famiglia del piano di sotto.


-Sei grande solo per quello che ti fa comodo.-

Vent’anni buttati nel cess… pardon, nel WC a parere dei suoi. Aveva rinunciato all’università dopo un anno di frequentazione passiva e ora lavorava come commessa in un negozio di occhiali. Abitava ancora nella casa che l’aveva ospitata dalla nascita, ma i suoi non vedevano l’ora che si facesse una famiglia. A vent’anni. Erano matti?!?


-Io alla tua età…-

Terzo piano. Ignoto.

L’appartamento ufficialmente aveva il suo proprietario, ma in realtà nessuno sapeva chi fosse, nessuno l’aveva mai visto. Da bambina adorava, nel periodo di Natale, andare davanti a quella porta e bussare per minuti interi, come se da un momento all’altro la porta potesse spalancarsi e far spuntare un Babbo Natale pieno di regali pronto ad abbracciarla. A sua discolpa poteva dire che non si era mai proclamata una persona seria, ma questo particolare della sua infanzia non era una di quelle cose che raccontava a chiunque incontrasse. Comunque per lei anche a distanza di anni, quello era rimasto l’appartamento di Babbo Natale. Non che ci credesse ancora a Babbo Natale, assolutamente.

 

-La notte è fatta per dormire!-

Quarto piano. Allegria.

Ci abitava un pompiere, un tipo sulla quarantina senza moglie né figli. Abbastanza simpatico per la verità. Non ci aveva mai parlato! L’aveva incontrato poche volte e in quei momenti non erano mai andati oltre ad un “Salve” mormorato e un grugnito di risposta.  Una volta era finito in tv per aver salvato una bambina sepolta da un cumulo di macerie di una casa, crollata a causa di un incendio, e al giornalista che l’aveva intervistato aveva risposto “Ho fatto il mio lavoro” e se n’era andato. Simpatico, no?

 

-Hai perso la bussola?-

Quinto piano. Nero.

Sicuramente il pompiere era più simpatico della coppia di vecchietti che abitava in quell’appartamento. Agghiaccianti era l’unica parola che li poteva descrivere. Tutti e due secchi e alti, vestiti sempre di nero. Girovagavano per il quartiere alle ore più strane, sempre insieme, sempre in silenzio. Le lampadine del pianerottolo erano bruciate quindi cercò di evitare tutti gli oggetti dalla dubbia provenienza che inondavano il pavimento e continuò la salita.

 

-Ti sembra l’ora di arrivare?-

Sesto piano. Brivido.

Una scarpa le scivolò via dalla presa delle dita e il rumore del tacco contro il pavimento risuonò in un attimo nel giro scale. Incrociò le dita e attese in silenzio. Per fortuna il cane del Signor Grassotti non si era svegliato! Faceva quasi paura tanto era grande. Un terranova grosso, nero e rumoroso, con l’insana abitudine di spalmarsi sulla gente per salutarla. Il suo fondoschiena aveva avuto molti incontri ravvicinati con il pavimento grazie a quel bestione e non le pareva il momento di ripetere l’esperienza.

 

-Un giorno la capirai, quest’ansia da genitore, che cosa si prova!-

Settimo piano. Ansia.

Si stava avvicinando il fatidico momento. Già si vedeva mentre suonava il campanello con indosso una maschera di dispiacere pronta a far fronte a quell’arrabbiata di sua madre. Beh, almeno questa volta era sobria, poteva andargli peggio.

 

-Te lo avevo detto io!-

Ottavo piano. Morte.

Si avvicinò lentamente a quella porta color marrone scuro che la fissava crudele e impietosa mentre rindossava le scarpe. La sua mano si avvicinò al campanello come al rallentatore, mentre cercava di gustarsi quegli ultimi attimi di libertà che si sarebbero susseguiti a urla e un castigo epico. A vent’anni, in castigo come una mocciosa. Da deprimersi.

Mentre stava per premere il campanello, si udì uno sfrigolio sinistro e in un attimo tutto diventò nero.

Pervasa da una strana sensazione, premette con forza il pulsante di accensione della luce ma questi non diede segno di vita. Poi provò con il campanello ma anche lì non successe nulla.

Bloccata. Fuori casa. Per un dannatissimo blackout.

Neanche la più tetra delle barzellette avrebbe mai previsto un finale così insulso del suo sabato sera.

Provò a bussare in preda ad una crisi isterica, erano pur sempre le tre del mattino e lei era chiusa fuori casa, ma nessuno rispose. Prese a schiaffi la porta facendosi solamente del male ma il silenzio tornò a regnare venendo immediatamente interrotto da una serie di imprecazioni da scaricatrice di porto.

Buttò malamente la borsetta su un mobiletto del pianerottolo dopo averne tirato fuori il cellulare.

Suo fratello non ne aveva uno tutto per sé, quindi doveva chiamare il numero di casa. Dio, i suoi genitori si sarebbero imbufaliti! Pronta a essere lapidata digitò il numero di casa quando si accorse che con il blackout era sicuramente partito anche il modem di casa, e che quindi chiamare non avrebbe portato a buoni risultati, anzi non avrebbe portato proprio a niente.

Uno scintillio proveniente dalla borsa la distrasse, facendole posare un attimo il cellulare sul mobiletto per aprire meglio la pochette. S’insultò in tutte le lingue che conosceva mentre tirava fuori dalla borsa le chiavi di casa, illuminate dalla luce di emergenza che lampeggiava sopra la tua testa.

Erano dentro la tasca interna. Le aveva messe lì per non perderle, per non dimenticarsele. Era veramente una sciocca di proporzioni cosmiche!

Con un altro sfrigolio la luce e l’elettricità tornarono così come se ne erano andate.

Che Dio avesse avuto pietà di lei e avesse mandato quel blackout per non farle suonare il campanello provocando così la sua morte per crisi isterica materna?

Con un sospiro di sollievo riprese in mano il cellulare e infilò le chiavi di casa nella toppa. Dopo quattro mezzi giri, entrò finalmente in casa.

Qualcosa non quadrava.

Perché c’era una luce in salotto accesa?

E perché stava squillando il telefono di casa?

Inorridita, abbassò lo sguardo sul cellulare che teneva in mano. Uno di quei modelli nuovi, touch. La pubblicità recitava così quando aveva deciso di comprarlo: “Con un semplice tocco, potrai chiamare chiunque tu voglia!” e la ragazza della tv sorrideva contenta.

Alzò lo sguardo.

No, sua madre e suo padre non stavano decisamente sorridendo contenti.

Dio non aveva avuto pietà di lei, lo sapeva da sempre che lui la detestava!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bon jour gente!

È la mia prima storia originale che scrivo, spero di non avervi rubato cinque minuti per una sciocchezza ;D

Questa storia ha partecipato a una specie di contest indetto nel mio liceo (Classico e Linguistico nella stessa sede, pensate un po’ che bordello che è xD). Inutile dire che, come avrete notato, il tema un po’ scherzoso e poco serio non è stato gradito molto e hanno preferito premiare due testi con soggetti più seriosi (ma storie scritte divinamente, quindi non ho nulla da ridire sul risultato!).

Solo che qui su EFP loro non ci sono, né ci sono i loro testi divini quindi su incoraggiamento di un’amica ho postato la storia sperando che abbia un po’ più successo ;D

Lo stile è diverso dalle altre Fic che ho sul profilo perché è un po’ che non scrivo, a causa di svariati motivi, e quando ho ripreso avevo completamente cambiato modo di scrivere. Non so il perché, non so il percome ma ho deciso di vedere come va scrivendo così.

Spero di avervi strappato qualche risata, se vi ho fatto piangere, ditemelo perché vuol dire che qualcosa non ha funzionato e sono sempre ben accette le critiche (inutile dire solo quelle costruttive, no? xD)

 

Un bacione

 

 

Silvia

 

 

 

 

 

Post Scriptum

Se c’è qualche lettrice di Fiore… beh… ecco… la Fic non è morta! Giuro! Solo che ho avuto qualche problema con il finale, con la scrittura (come detto sopra) e con il mondo >.<

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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