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Autore: Neal C_    10/04/2011    2 recensioni
[Storia temporaneamente sospesa]
Pochi governano sulla terra di Filesis: la confraternita della Mano Bianca.
I monaci, uomini dai poteri magici innati e membri della confraternita, sono addestrati a mantenere l’ordine nel mondo.
E nonostante la prosperità, la ricchezza e il fiorire di commerci, dopo una breve pace, il mondo è di nuovo in guerra.
La guerra contro i Ribelli che inneggiano alla libertà, alla giustizia e vogliono la fine del dominio della Casta.
Una donna, un ragazzino. Una ex-monaco, uno dei Ribelli. Minimo comun denominatore: fuga.
In fuga dal passato, in viaggio verso un futuro pieno di errori che si lasceranno alle spalle e non riusciranno a dimenticare.
Entrambi verranno a contatto con una forza antica quanto la terra che calpestano, se non di più. Nessuno dei due la riconoscerà.
Quando lo faranno dovranno convincersi che le leggende sono vere. E che le apparenze ingannano.
è la mia prima pubblicazione su EFP. Prendete la mira e sparate a zero.
E siate schifosamente sinceri.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Il ramo malato


La giovane donna immerse la chioma liscia e vellutata nella bacinella piena d’acqua. Poi si alzò in piedi, i capelli ancora gocciolanti e afferrò un sacchetto in pelle di camoscio.
Ne trasse una polvere nera e la gettò nella bacinella. Quindi immerse ancora i capelli e attese.
Intorno a lei era tutto silenzioso e in pace. C’era un’aria pesante che traspariva dall’enorme struttura in pietra.
Quel luogo era uno dei monasteri limitrofi, al confine con la palude, l’ultimo baluardo di civiltà prima della desolazione. Era abitato dalla confraternita della Mano Bianca e la loro fortezza era il rifugio più sicuro per i pellegrini e portava conforto ai poveri e agli ammalati.
Ma per lei quello era il luogo più pericoloso sulla faccia della terra.
I monaci della Mano Bianca erano guaritori, uomini di scienza e possedevano capacità magiche.
Erano linfalbini. Era un fenomeno innato che donava loro poteri speciali. Nascevano nel loro sangue organismi biancastri perciò detti albini, portatori di potenziale magico che tramite la circolazione nutrivano il cervello. Così quegli impulsi magici si sviluppavano all’intero della materia grigia.
I primi anni di vita non erano diversi da quelli di normali bambini; poi, raggiunti i sette anni, alcune cellule del corpo cominciavano ad invecchiare.
Allora la pelle del bambino si seccava, impallidiva, talvolta si copriva di leggere rughe, gli occhi divenivano acquosi; si trattava di reazioni soggettive, chi le sviluppava di più chi di meno ma c’era una cosa che li contraddistingueva in assoluto: i capelli si striavano di bianco.  
 Ed era così che i futuri monaci erano presto individuati, strappati alle famiglie e mandati a studiare nei conventi. E vivevano rinchiusi fra quelle quattro mura, lontani dal calore della casa e degli affetti familiari. Molti dimenticavano chi erano stati, il loro nome, la loro discendenza.
Erano tutti uguali, tutti destinati a servire la strada della conoscenza: erano destinati a diventare la casta.
Shara rabbrividì. Anche lei era stata prelevata e addestrata e aveva goduto di quel potere, di quei benefici.
Si era sentita più fortunata, più forte di tutte le  sue coetanee e aveva studiato a lungo insieme ai suoi compagni di privilegio.
Tutti si erano immersi in quelle conoscenze, esaltati dal potere che raggiungevano sugli altri, ma lei aveva visto pian piano il mondo incrinarsi davanti ai suoi occhi. I suoi compagni di studi perdevano la loro umanità, impazzivano, inspirati dall’opera di indottrinamento che il monastero metteva in atto. Lei era rimasta l’unica, ancora incollata alla realtà; aveva studiato il sistema, non era sbagliato.

È come una pianta. Ha qualche ramo malato ma, tagliato quello, il resto del tronco è solido.

Sentiva di non avere tutti i torti. In fondo gli ultimi cento anni erano stati anni di pace.
Un secolo fa l’ordine dei monaci aveva raggiunto il potere e aveva messo fine ai contrasti fra le tre unità protagoniste della società dell’epoca: la famiglia reale, la nobiltà e il popolo.
Non esisteva una vera classe mercantile e il commercio era nullo: Filesis era una terra terribilmente arretrata e in lotta per il potere.
I monaci con l’appoggio del popolo e del re avevano sterminato l’aristocrazia per poi indebolire il potere del sovrano alleato. Loro avevano incrementato il commercio , creato le corporazioni, piccoli paradisi chiusi ai forestieri, pallidi sogni di coloro che non erano corporati per nascita o amicizie fortunate. Era raro che si venisse accettati per i propri meriti; in un certo senso avevano sostituito l’aristocrazia ma sapevano bene che se avessero reclamato per se il potere sarebbero crollate sotto il comando dei monaci.
Erano reti corrotte che non avevano alcuno scopo se non l’arricchimento ma non dovevano turbare gli equilibri loro imposti. Se avessero osato troppe ingiustizie sarebbero stati messi a tacere dal potere delle masse; non c’erano scrupoli di sorta. Eppure i monaci avevano portato un clima di benessere in tutta Filesis. Certamente era stata perpetrata molta violenza ma si poteva ricominciare.
Shara sospirò. Lei era la persona meno adatta a quest’impresa; era una traditrice e non doveva farsi scoprire in quel frangente: doveva nascondersi.
Due tocchi sordi rimbombarono nella stanza semi-vuota.
A Shara suonarono come una condanna a morte. Poi una voce acuta e dolciastra filtrò dalla porta.
“È permesso?”
La giovane prese un panno ruvido posato poco lontano dal catino e se lo avvolse intorno ai capelli: non sapeva se erano completamente neri oppure la tintura doveva ancora fare effetto e non valeva la pena di correre rischi.
“Avanti”
Nonostante tutto l’autocontrollo la voce suonò malferma.
Fece ingresso nella stanza un monaco con una veste bianca, una cintura nera e calzari in cuoio nero, che si allacciavano attorno a tutto il polpaccio.
I lunghi capelli striati di bianco erano raccolti in una coda, gli occhi erano lucidi e tremebondi. Doveva avere massimo vent’anni, lei aveva imparato a riconoscere quella falsa vecchiaia.
Non incuteva alcuna paura a prima vista ma poteva rivelarsi molto più pericoloso di quanto si potesse immaginare. Non era una figura anomala ma la voce squillante sconcertava Shara più di ogni altra cosa. Doveva sperare di non conoscerlo o almeno che lui non l’avesse mai vista. Ebbe fortuna: l’uomo si avvicinò con piccoli passi e distese i denti giallastri in un sorriso.
“Cara figliola, spero che non ti manchi niente. Sono qui per esaudire tue eventuali richieste.”
Lei sentiva l’imperfezione nell’accento. Era quell’esitazione, il tentativo di ricordare la lingua volgare che forse non usava da secoli.
Anche lei aveva avuto problemi a recuperare la sua familiarità con il volgare. Nei monasteri fra fratelli si parlava l’absito.
Era la lingua della cultura ed era completamente diversa dalle lingue popolari.
Anche lei in quel momento non riusciva a trovare le parole. Quel luogo era stregato, le sibilava nell’orecchio parole in absito che si facevano strada nella sua mente. Erano inviti suadenti che le scivolavano sulla lingua. Lei le ricacciava in gola avvertendo una sorta di dolore fisico.
“Figliola, ti senti male?”
Il suo sguardo era indagatore e cercava di mettere a fuoco il volto della ragazza. Non doveva permettergli di avvicinarsi ancora.
Con un grido muto, disperato si lasciò sfuggire dalle labbra un mormorio strozzato:
“Fame...”
Masticò quella parola e piano piano ritrovò familiarità, ricacciando indietro l’absito come una pillola amara da ingerire.
“Io avrei un po’ di fame, ma devo mangiare in fretta...devo partire.”
Il monaco si addolcì e con voce accondiscendente replicò:
“Ma bimba cara, è quasi buio. Dove andresti a quest’ora? Tu devi riposare. Penserò io a portarti da mangiare”
Sentiva le palpebre farsi pesanti e il corpo perdere rapidamente le forze, afflosciarsi sotto quel peso immane. L’uomo riprese a parlare sibilando:
“Delle consorelle si occuperanno di te. Sei in buone mani, bambina.”
Mentre il monaco usciva dalla cella con passi piccoli ma pesanti, Shara entrò nel panico.
Doveva sperare che la tintura avesse fatto il suo effetto. Altrimenti avrebbe dovuto fuggire.
Ma come avrebbe fatto a trovare una via di fuga quando si trovava in un monastero a picco sui monti Nubion?
Srotolò in fretta il panno ma si sentiva la testa ovattata, desiderosa solo di dormire. Verificò che la tintura era stata applicata; poi attese l’arrivo dei monaci.
Non dovette attendere a lungo. Comparvero due anonime monache e lei potè tirare un sospiro di sollievo.
L’unica provincia vicina a quella di Neietta, conquistata con una manovra politica dai monaci e da allora chiamata Lifelbina. Lei era ancora una bambina quando aveva dovuto chiamare la sua città natale con quel nuovo appellativo. Era la provincia più vicina e Shara temeva che  tutti i giovani monaci provenissero da lì. Così si alzava sempre di più la possibilità di incontrare persone conosciute.
Ma per il momento quelle due donne erano delle perfette sconosciute.
La svestirono e la misero a letto, credendola completamente priva di forze. Portarono anche abiti femminili, ritenendo la sua camicia e i suoi pantaloni in pelle sconvenienti per una giovane donna.
Shara ringraziò la sua buona sorte: non l’avevano lavata, prima di metterla a letto, altrimenti avrebbero sciolto la tintura ancora troppo recente per aderire bene.
Si coprì ancora di più con la pesante coperta di lana. Sentiva la paglia, e ancora sotto la superficie di legno.
L’avevano fatta stendere sul giaciglio sulla parete di fronte alla porta. Accanto c’era una brocca di coccio con dell’acqua e anche un boccale di Diarik, un liquore molto forte; forse un augurio a riprendersi. Finalmente si sentì al sicuro, dopo tanto tempo. Le piaceva quella sensazione, come avrebbe voluto abbandonare la sua vita precaria a cui lei stessa si era condannata e riabbracciare la sua vecchia vita. Solo ora sentiva che non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere da sola.
Non dopo quello che aveva passato: non avrebbe più barattato la sua anima per un pasto caldo e un rifugio. Non era ancora così disperata. Domani avrebbe riunito in se il coraggio e sarebbe ripartita per i suoi vagabondaggi.

Rimessasi in forze, si lasciò il luogo alle spalle l’indomani, con il freddo che imperversava. Nessuno aveva sospettato nulla.
Le avevano offerto una zuppa di legumi con il pane secco dentro e un pezzo di carne ben cotto. E quando lei aveva chiesto di allontanarsi, le avevano ceduto la coperta di lana e alcune provviste: carne e verdure secche o salate.
Ne era sempre più convinta: il sistema non era completamente guasto. Per questo c’era ancora speranza nel mondo.


L'angolo dell'autrice

Salve a tutti, cari i miei lettori chiunque voi siate e se non ne ho nessuno vuol dire che il prologo è scritto talmente male che farei meglio a darmi all'ippica ù.ù
Premetto che l'idea di pubblicare su EFP non è mia  e ringrazio le mie adorate evm e Kill Bill per avermi convinto/costretto a farmi avanti e a pubblicare questa storia che sto covando da quasi un anno.
Vi anticipo che i capitoli originari sono lunghi anche dieci pagine quindi ho preferito spezzarli.  Manovra molto comoda dal momento che non ho finito la storia (AVVERTENZE potrebbe essere lunghina) e ho davvero poco tempo per scrivere quindi rischierei di non aggiornare per mesi <.<
In generale aggiornerò una volta a settimana, fra il venerdì e la domenica, e, quando sarò a corto di capitoli e non riuscirò a scriverne di nuovi allora metterò un bel cartello "Work in progress" e poi si vedrà.
Nel frattempo leggete, se vi ispira seguite, recensite, cestinate, ditemi che è bella, che fa schifo, io più di tanto non mi offendo (vi inseguo solo con un forcone in mano, mwaaahahahah :D ).
Difficilmente prenderò in considerazione suggerimenti sulla trama, sui personaggi o altro perchè ho un'idea molto precisa di come si deve sviluppare il tutto ma se qualcuno/a di voi mi fa trovare un'idea particolarmente originale in una delle recensioni potrei decidere di inserirla.
Inutile dire che mi piacerebbe sentire qualche parere anche se io stessa tendo a leggere molto e a recensire poco.
That's all people! tatatatan!

Abbi

  
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