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Autore: Good Old Charlie Brown    10/04/2011    2 recensioni
Una storia di guerra e di speranza, d'amore e di odio, di tradimento e di fedeltà nella Konoha della Nuova Era. Ambientato dopo gli avvenimenti di "Non morire Mendekouse".
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shikamaru Nara, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le Nuvole'
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La volontà ardente: Il processo.


LA VOLONTA' ARDENTE


Prologo:

Il processo.


    La Piazza Grande di Konoha, un’ampia spianata coperta da grandi e irregolari lastre di granito, si apriva proprio al centro del Villaggio, all’incrocio delle due strade principali che lo attraversavano da parte a parte. Era un luogo sempre molto frequentato, brulicante vita e movimento in ogni periodo dell’anno: tra Ninja che attendevano le loro missioni, vecchi Shinobi che discutevano dei tempi andati della loro giovinezza sotto i grandi ciliegi, ragazzini vocianti e urlanti che si rincorrevano giocando a fare i Ninja, semplici abitanti che si occupavano delle loro faccende personali.
    Quel giorno, tuttavia, la folla era ancora più numerosa del solito e, oltre a questo, era quasi totalmente concentrata in tre grandi settori che lasciavano libero un ampio spazio, proprio al centro. Sembrava che l’intero villaggio si fosse dato appuntamento lì per assistere ad un qualche genere di spettacolo. E probabilmente era proprio così. A prima vista si sarebbe potuto pensare che la gente fosse convenuta lì per partecipare ad una festa, ma la tensione, quasi palpabile che serpeggiava bastava a smentire questo pensiero. La folla era infatti ben poco rumorosa: solo il cupo brusio di centinaia di persone che bisbigliavano tra loro a piccoli gruppo disturbava la calma innaturale di quell’ambiente. Lo spazio della piazza libero dalla folla era quasi interamente coperto da una sorta di grande palco che occupava l’intero lato nord della piazza e bloccava l’accesso alla via degli Hokage, in fondo alla quale stava il grande palazzo.
    Sul palco si poteva notare una sorta di grande balcone in legno, all’altezza di almeno tre metri da terra. Lì stavano, come in attesa, quattro membri delle squadre speciali ANBU il volto come sempre celato da maschere bianche di forme animali. Un’altra buona ventina di Ninja, dall’aspetto delle giubbe con ogni probabilità dei chunin, stava ai bordi della piazza, nei pressi della folla come per tenerla d’occhio. Uno sguardo attento ed allenato avrebbe forse potuto notare qualche altro ANBU nascosto che osservava la situazione.
    Tutti sembravano in attesa di qualcosa, e se era impossibile discernere alcunché dietro alle maschere della squadra speciale, era invece evidente la tensione sul volto dei chunin di guardia. Tra la folla, invece le reazioni erano più variegate: c’era chi tradiva solo impazienza, chi commentava con sprezzo e persino con una sorta di gioia selvaggia, chi sembrava preoccupato. Una donna, i capelli neri raccolti in una coda, piangeva silenziosamente appoggiata a quello che doveva essere il marito: un Jonin con un’ampia cicatrice sul volto. Accanto a loro stavano due giovani tra loro molto diversi: il ragazzo era atletico ma piuttosto in carne, indossava un abito vagamente simile a quello dei samurai, aveva lunghi capelli castani ed un volto che sarebbe stato gioviale e simpatico se rughe di preoccupazione non avessero oscurato questi caratteri; la ragazza, invece, era alta e slanciata i lunghi capelli biondo platino che le ricadevano sulla schiena legati in una coda fissata da  un elegante nastro viola, anche il suo viso era bagnato dalle lacrime e si stringeva contro la spalla del ragazzo, come se i due fossero strettamente legati.
    Pochi metri più in là un ninja che indossava un completo verde di dubbio gusto parlava con voce concitata con i suoi vicini.

    «Non posso credere che il Sesto Hokage abbia permesso tutto questo. Insomma! Un processo per tradimento così, sulla pubblica piazza! Contro di lui, poi! Voglio dire, non era meglio tenerlo più segreto, nascosto?»
    «A dire il vero, Lee, è un’antica legge di Konoha: i traditori devono essere processati sulla piazza pubblica, alla presenza dell’intero Villaggio. Anche se è vero che non è stata mai applicata, a memoria d’uomo. D’altronde non è facile che un traditore venga catturato»
    «La sentenza di condanna per tradimento non è ancora stata pronunciata, Neji!» protestò Lee con rabbia «Ma anche se fosse la legge! Guarda!» e indicò dei palchetti posti ai due lati dal palco «cosa diamine ci fanno qui i rappresentanti delle Cinque Terre! Guarda! Il segretario del Raikage, rappresentanti della Nebbia, della Roccia, persino della Sabbia! E poi tutti quei signori feudali. Sembra che i capi vogliano fare il più rumore possibile su questo processo».
    Neji fece un vago cenno d’assenso indirizzato all’amico e tornò a fissare la piazza con i suoi occhi di un bianco quasi spettrale. Improvvisamente chiese.
    «Dunque, tu sei convinto della sua innocenza? Ci sono numerosi testimoni, e molte prove, sai?»
    «Beh…» fece Lee un po’ confuso «Cavolo, tutto sembra contro di lui! Ma chi potrebbe credere…? Insomma, è vero,  tutta la situazione non è mai stata facile nemmeno per noi. Figurarsi per lui. Ma che sia diventato un traditore, contro di noi… non posso crederlo. Voi invece? Cosa ne pensi Ten Ten?».
    Neji continuò a tacere, come se nemmeno si aspettasse una risposta dall’amico alla sua domanda. Ten Ten, invece, in piedi accanto a lui, mostrò un certo interesse.
    «Sai, io non l’ho mai conosciuto molto bene. Voglio dire… ci si saluta quando ci si vede… una missione insieme ogni tanto. Nulla di più. Però nemmeno io posso credere che sia colpevole. Certo, è sempre stato un tipo strano… ma un traditore no.»
    Lee annuì vigorosamente. «Proprio così» esclamò a voce un po’ troppo alta. «Lui è a posto.»
    «Abbassa la voce, Lee!» ringhiò Neji «sai quanto mi dà fastidio. Anzi, per favore, stai proprio zitto. Sembra che stia per cominciare».
    Neji aveva ragione: di lì a poco, infatti, dalla strada Est si avvicinarono due AMBU che tenevano delle robuste catene al termine delle quali, saldamente ammanettato, le mani incrociate dietro la schiena, stava un giovane bruno, mediamente alto i lunghi capelli sciolti sulla schiena. Doveva essere il presunto traditore, colui che doveva essere giudicato sulla piazza di lì a poco. Sul viso aveva un’espressione curiosa: non sembrava né spaventato dall’idea di essere processato, né, come tante persone, cercava di mantenere un’aria altera o di sprezzo: sembrava piuttosto infinitamente annoiato come se tutto ciò che gli stava per accadere non destasse in lui il minimo interesse.
Mentre il prigioniero passava tra le due ali di folla, molti presero ad insultarlo, gridando forte.
    «Traditore maledetto!»;  «A morte, a morte lo devono condannare!»; «Schifoso bastardo. Come hai osato tornare a Konoha?»; «Vorrei averlo tra le mani.» Molti cominciarono persino a tirargli contro ortaggi marci e pietre; alcuni, addirittura, cercarono di avvicinarsi trattenuti quasi a fatica dai chunin di guardia. A tutto ciò il ragazzo parve totalmente indifferente. Continuò a camminare lentamente, preceduto dalle due silenziose guardie; sempre camminando passò accanto alla donna bruna che ancora piangeva e che al suo passaggio affondò ancora di più il viso nel petto del marito.
    «Madre…Padre...» mormorò il ragazzo, lo sguardo fisso a terra. «Perdonatemi…»
    I due giovani, in piedi accanto alla donna, trasalirono al suo passaggio ma non trovarono la forza di dire nulla. Il prigioniero li fissò per un istante e sorrise. «Ino, Choji…amici miei.» sussurrò. L’AMBU alla sua destra gli diede uno strattone e Ino pianse più forte abbandonandosi all’amorevole stretta di Choji. All’improvviso un bambino riuscì sorprendentemente a sfuggire al controllo dei chunin: doveva avere quasi sette anni e probabilmente frequentava già l’accademia ninja, i suoi occhi erano di un rosso sorprendente.
    «Zio Shikamaru!» urlava «Zio Shikamaru! Che cosa ti stanno facendo?!». Strillava e piangeva, fissando uno sguardo incredulo e disperato al Ninja prigioniero. Shikamaru si fermò, inutilmente spintonato da uno dei due ANBU, e rivolse uno sguardo dolente al bambino che si era fermato e continuava a piangere. Tutta la folla taceva, come ammutolita dal gesto di quel bambino, dal suo affetto per il prigioniero.
    «Hiruzen!» urlò allora Shikamaru, con le lacrime agli occhi «Vattene, Hiru! Torna da tua madre.»
    «Vieni qui piccolo…» una giovane ragazza, molto carina, bruna di capelli con l’incarnato piuttosto pallido e due straordinari occhi, privi di pupille e di una strana sfumatura lilla, aveva abbracciato il piccolo Hiruzen e lo conduceva via gentilmente ma con fermezza; il bambino fece resistenza solo per un attimo. Poi si lasciò condurre via, ma ogni tanto si voltava verso Shikamaru con gli occhi umidi delle lacrime che gli solcavano il viso. Quando giunse al bordo della piazza, dove si trovava la folla, il bambino si abbandonò tra le braccia di una donna che doveva essere la madre visto che aveva i suoi stessi occhi.
    «Ti ringrazio, Hinata.» disse lei, prima di stringere forte il piccolo Hiruzen portandolo via da quel triste spettacolo. Hinata si voltò per un solo istante verso Shikamaru che le rivolse uno sguardo grato prima di girarsi con un sospiro e continuare la lenta marcia verso il centro esatto della piazza dove si fermò, proprio di fronte al palco ancora vuoto dei giudici.
    La tensione del momento divenne ancora più evidente: persino il cupo brusio delle chiacchiere degli abitanti del villaggio si era improvvisamente spento, un silenzio carico di attesa e di inquietudine, improvvisamente interrotto da una voce forte e autorevole.
    «Entra il collegio dei Giudici!». I cinque giudici dovevano essere giunti dalla “via degli Hokage” che conduceva al grande palazzo e, dietro di esso, ai sei grandi volti scolpiti nella pietra. Ad uno ad uno, salirono sulla tribuna, tutti indossavano una sorta di toga scura ad eccezione dell’ultimo che invece portava il tipico abito da cerimonia dei Kage. Il primo giudice era un uomo alto e imponente con lunghi capelli corvini e lisci, aveva gli stessi occhi della ragazza chiamata Hinata, ma lo sguardo che per un solo istante si posò su Shikamaru era duro e severo; il secondo era un uomo piuttosto anziano ma in apparenza ancora vigoroso, sia i capelli che la barba erano bianchi e indossava un paio di occhiali; poi veniva un ragazzo che non poteva avere molto più di vent’anni, biondo e con gli occhi azzurri, diversamente dai due che lo avevano preceduto rivolse al prigioniero uno sguardo quasi amichevole ed anche un accenno di saluto; il quarto era una donna anziana con i capelli bianchi legati in una crocchia. Infine giunse l’Hokage in persona che si sedette al centro, sulla sedia più alta. I quattro ANBU di guardia rimasero immobili, sempre in attesa, mentre quattro loro compagni, apparsi da chissà dove sulla piazza evocavano una barriera che brillò di una luce rossastra prima di divenire invisibile.
    Quando i giudici si furono accomodati, ciascuno al proprio seggio, Shikamaru tenne fisso lo sguardo negli occhi dell’Hokage che, insolitamente, aveva lo Sharingan scoperto, poi si accasciò al suolo con un gemito, colpito alle reni da una delle due guardie:
    «Inchinati davanti ai consiglieri, cane traditore!» gli aveva sussurrato quello a mezza bocca con voce colma di disprezzo. Shikamaru lo fissò senza traccia di astio per poi rialzarsi lentamente, tornando a fissare i suoi giudici. Dopo qualche istante l’Hokage prese la parola.
    «Shikamaru Nara, figlio di Shikaku e di Yoshino, esponente del Clan Nara dei cervi! Sei stato accusato dall’Alto Consiglio del Villaggio di Alto Tradimento. Ed in particolare di aver volutamente ostacolato lo svolgimento di una missione importante per la sicurezza del paese del Fuoco, di avere rapporti con i ribelli nostri nemici, di avere volutamente ucciso il Jonin Speciale Genpaku Funakoshi. Hai qualcosa da dichiarare prima che quest’Alta Corte pronunci la sua sentenza?»
    La risposta di Shikamaru, se ce n’era stata una, fu inghiottita dal vociare della folla,  pervasa da un mormorio cupo ed intenso con sentimenti che variavano dal semplice stupore, all’indignazione e persino alla rabbia. Un ragazzo alto e bruno dall’aspetto piuttosto selvatico che stava in piedi accanto alla ragazza chiamata Hinata diede voce ai suoi sentimenti:
    «La sentenza!? Ma che diavolo dice? Non c’è ancora stato il processo? A che gioco stanno giocando?»
    «Calma, Kiba!» disse un ragazzo dall’aspetto piuttosto misterioso, il volto quasi interamente coperto da un grosso cappuccio con il bavero molto alto e gli occhi oscurati da un paio di occhiali sa sole neri. «è evidente che il processo si è già svolto anche se a porte chiuse. È solo la condanna che vogliono rendere pubblica».
    «Capisco, Shino! Ma è comunque una cosa assurda»
    Non appena la folla si fu completamente chetata –compreso l’impetuoso Kiba- Kakashi rivolse nuovamente la domanda al ragazzo che questa volta ebbe la possibilità di rispondere
    «Non ho nulla da dire» disse «Se non che ho fatto sempre ciò che ho ritenuto giusto fare». Nuovi mormorii indignati dalla folla accompagnarono questa dichiarazione.
    «A questo punto, se nessun giudice ha nulla da dire, possiamo procedere con la votazione.» disse Kakashi, fissando sempre l’imputato con il suo Sharingan. Nessuno intervenne, anche se il giovane giudice biondo si agitava nervosamente sul suo seggio. Kakashi compose una breve serie si sigilli e da una pergamena evocò una grossa urna. Ognuno dei giudici estrasse dalla toga una palla bianca ed una nera.     «La palla bianca per l’assoluzione; la palla nera per la condanna» annunciò la stessa voce di prima.
    «Vota l’onorevole consigliere di Konoha Hiashi Hyuga» il primo dei giudici, quello alto e bruno dallo sguardo severo, si avvicinò all’urna e vi fece cadere una delle palle, in modo da non far notare se fosse bianca o nera. «Vota l’onorevole consigliere di Konoha, Homura, Mitokado». Il giudice più anziano seguì lo Hyuga. «Vota l’Alto Consgiliere e Sannin Naruto Uzumaki» Il giovane ragazzo biondo fece cadere nell’urna una terza palla. «Vota l’Alta Consigliera Koharu Utatane». «Vota il Sesto Hokage, Kakashi Hatake».
    Quando tutti i giudici ebbero votato, l’urna fu rovesciata. Quattro palle erano nere. Una sola Bianca. Shikamaru era stato dichiarato colpevole. Dopo un breve consulto con gli altri giudici (il giovane biondo rimase quasi del tutto in silenzio, con un’aria vagamente stizzita), l’Hokage prese a parola.
     «Shikamaru Nara. In nome del Villaggio di Konoha, Io, Kakashi Hatake, Sesto Hokage del paese del Fuoco, ti dichiaro colpevole di Alto Tradimento. E ti condanno all'esilio perpetuo dai territori di Konoha e del Paese del Fuoco. Tu sei destituito dal rango di Jonin, ed il tuo nome sarà cancellato dal novero dei Ninja di Konoha. Se oserai rimettere piede in questo villaggio o nel paese del Fuoco sarai condannato a morte. La sentenza di esilio verrà eseguita tra una settimana a partire da oggi. Io ho parlato».
 
    «Un ultima cosa, Nara» disse Hiashi Hyuga, alzandosi dal suo scranno e fissando con un sorriso di disprezzo il ragazzo «Dal momento che non puoi più essere considerato un Ninja di Konoha, dovrai restituire il tuo coprifronte. Non hai nessun diritto di portarlo ancora».
    Il volto di Shikamaru perse il poco del colore che gli era rimasto. «Il c-coprifronte?» balbettò
    «Si» insistette Hiashi sorridendo «come ho detto hai perso ogni diritto di portarlo. Avanti voi! Toglietegli il copri fronte e consegnatecelo!» aggiunse rivolgendosi ai due ANBU di guardia.
    «Vorrei che mi fosse concesso di restituirlo personalmente» rispose Shikamaru, lo sguardo fisso sull’Hokage. «Per il rispetto dovuto al mio clan».
    Prima ancora che lo Hyuga potesse intervenire, Kakashi assentì, facendo cenno ai due ANBU di liberare i polsi di Shikamaru, pur seguitando a controllarlo. L’ormai ex-Jonin di Konoha sciolse lentamente il laccio del suo coprifronte che, come da abitudine, portava legato al braccio sinistro, fissò per qualche istante il simbolo della foglia poi, con un gesto improvviso, prese un Kunai ad un ANBU vicino e lo usò per tracciare un profondo solco proprio nel centro del coprifronte. Poi lo gettò per terra. Immediatamente gli ANBU gli furono addosso immobilizzandolo: piuttosto inutilmente dato che lui non accennava a fare resistenza. Ad un cenno dell’Hokage Shikamaru fu portato via.
    Poco dopo anche i giudici abbandonarono i loro scranni e il palco su cui stavano fu rimosso. Lentamente la folla abbandonò la piazza, lasciandola pressoché deserta; solo il soffio leggero del vento disturbava una calma quasi innaturale. Il coprifronte di Shikamaru giaceva ancora per terra, in mezzo alla piazza.

*************

    Quella notte, Choji Akimichi non riusciva a chiudere occhio: camminava per le vicoli deserti di Konoha, come senza meta. Quasi senza accorgersene si ritrovò nella Piazza Grande, quasi al centro qualcosa riluceva al pallido chiarore lunare. Choji Akimichi raccolse un coprifronte scheggiato. «Amico, mio. Perché?» Sussurrò prima di metterselo in tasca.


Questa storia è in un certo senso il "seguito" della mia Fiction "Non Morire Mendekouse". Benchè il protagonista sia sempre Shikamaru, vorrei renderla più corale. Dovrete avere più pazienza con gli aggiornamenti, inoltre.
Spero che il primo capitolo non vi abbia annoiato.

   
 
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