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Autore: Sasita    12/04/2011    4 recensioni
Non ho visto l'episodio. Ma amo gli spoiler e alla gente piace spoilerare. Quindi so cosa è successo. E siccome non mi soddisfa, ho deciso di fare la mia versione dei fatti.
She was. Un cellulare. Un po' di stizza e un rinnovato tacito accordo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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YOU ARE.

 

POV LISBON

Per un attimo di smarrimento pensai che avesse sbagliato il tempo verbale.
She was.
Per un istante di inquietudine credetti di aver sentito male.
She was.
Per un momento di incredulità capii di aver ascoltato troppo.
She was.
Troppo per me, troppo per lui, troppo per noi. Il nostro rapporto di colleghi non sarebbe potuto essere lo stesso.
She was.
Lo amavo, quel biondo bastardo e sensibile.

Con gli occhi gonfi di chi trattiene le lacrime mi alzai dimenticando il mio computer lì, tirai fuori le chiavi della macchina e camminai spedita verso l’ascensore, in cerca di pace e silenzio. In cerca di un posto dove sfogarmi, da sola.
Il cellulare mi vibrò nella tasca nel momento stesso in cui entrai in machina, non avevo voglia di rispondere, sarebbe potuto essere Laroche con un nuovo caso e io non avevo la forza di pensare ad un nuovo caso. Non volevo un nuovo caso. Volevo crogiolarmi nel dolore che il vecchio mi aveva procurato.
Alle donne piace il dolore, soprattutto se dovuto a pene d’amore. Da la sensazione di essere vive, di vivere davvero la propria vita.
Ma sono illusioni. Soffrire per un amore che non si ha significa soltanto soffrire per l’immaginazione. Come quando si piange per un libro. Non è un dolore reale, è un dolore fittizio.
Ma, come dice sempre Jane, la mente è estremamente potente.
Il telefono squilla di nuovo.
Guardo lo schermo illuminato. È  incredibile come sia vera l’affermazione “parli del diavolo e spuntano le corna.”.
-Fottiti Jane!- esclamo lanciando il cellulare contro lo sportello opposto al posto di guida.
Lo lascio rimbalzare, smettendo di suonare, e finire sul fondo della macchina.
-Lei era perfetta! Non è vero, Patrick? Perfetta!- sbotto nervosa contro il volante, pensando al cellulare –Ti capiva, ti amava, ti somigliava, ti ammirava, si fidava di te! Bella fregatura! Sei innamorato di una donna che non c’è più.- dico, con più cattiveria di quanta non voglia. Ma tanto sono da sola, posso liberarmi
-Io ti amo. Ti amo, cazzo! Che devo fare allora per essere come lei? Mi fido di te,  sai, accidenti, sai che puoi fidarti di me! E conosco il tuo lato peggiore. So che vuoi uccidere quel gran figlio di puttana di John. E lo voglio anche io. Perché se lui non esistesse adesso io non ti conoscerei e tu non avresti perso la tua famiglia. Non soffrirei io e non soffriresti tu. She was! Dici bene, was! Era, cazzo, era! Non è più, non c’è più!- non mi interessava essere insensibile o stronza mentre dicevo quelle parole al cruscotto. Per la prima volta dicevo ad alta voce quello che avevo sempre tenuto silenzioso dentro di me. Dire ad alta voce le parole che mi tormentavano rendeva il tormento più amaro, più denso, ma anche meno doloroso.
-Ti odio!- gridai, sbattendo le mani sul volante e lasciando che le lacrime mi scorressero sul viso e i singhiozzi mi spezzassero la voce. –vorrei non aver mai accettato di lavorare con te! “lo sai che ogni sette anni le cellule cambiano completamente” che diavolo di affermazione è? Vuoi ricordarmi che ci conosciamo da sette anni e che in sette anni non hai fatto altro che far aumentare il mio amore per te? Probabilmente neppure te ne sei accorto! Troppo preso dalla tua stupida vendetta e il tuo stupido senso di colpa per capire che effetto avevi su di me. Ogni volta che mi tocchi… ogni volta che mi guardi… perché non capisci le conseguenze? Vorrei che non mi guardassi! Odio tutto ciò che mi ha fatto innamorare di te!-
Piansi, continuando a correre a velocità troppo elevata sulla statale.
-E poi sai che ti dico? Non ci credo che tu sei così puritano da non fare mai neppure un pensierino su una donna che non fosse tua moglie, da quando lei è morta! Non dico su di me... quella sciacquetta di Kristine-with-K .-
Smisi di piangere, lentamente, mormorando parole come “amore”, “nostalgia”, “desiderio” ed altre sconnesse e collegate.
-Quando sarai pronto io ci sarò. Ma spero che tu ti svegli presto, perché io non avrò 36 anni per sempre e tu non ne avrai 41, per sempre.-
E, pensando a come sarebbe assurdo anche solo pensare di dire davvero tutte quelle parole a Jane, girai a destra e imboccai la strada che mi avrebbe riportato a casa
 
 
 
POV JANE
-... quando sarai pronto io ci sarò. Ma spero che tu ti svegli presto, perché io non avrò 36 anni per sempre e tu non ne avrai 41, per sempre.-
Aveva buttato il  cellulare da qualche parte, non mi aveva risposto. Ma quando lo capii non ebbi la forza di staccare l’orecchio da quel cellulare.
Non ne avevo la volontà.
Lisbon aveva visto il video, aveva sentito quella frase, aveva capito a cosa mi riferivo. Aveva sofferto.
She was.
Possibile che Teresa mi amasse davvero? Nonostante tutto quello che ero? Lei mi accettava.
Ma io amavo ancora Angela... sì? O no?
Non lo sapevo.
Il mio cuore era confuso, diviso su due fronti. Il giusto e l’ingiusto.
Le parole di Teresa, dure e sincere, mi rimbombavano nella testa. Sapevo da tempo che provava qualcosa per me...
Ma amore?
Probabilmente nemmeno si era accorta che il colpo aveva fatto rispondere la chiamata.
Ero un ipocrita. Come pretendevo di starle accanto nonostante tutti i miei dubbi?
Io amavo Angela. Ma amavo anche Lisbon.
Nonostante sapessi che non poteva sentirmi, cominciai a parlare al telefonino...
 
 
 
POV LISBON
Ero appena tornata a casa e per poco non ero svenuta, quando, ritrovato il telefono mi ero accorta che la chiamata era partita ed era ancora lì. Titubante e impaurita portai il telefono all’orecchio. Nella speranza che Jane non si accorgesse che lo sentivo. Nella speranza che Jane non avesse davvero ascoltato tutto.
-... ma io non so cosa provo Teresa. Non so se amo anche te. Non so se posso amarti. Non so se è giusto. So che... no, non è vero. Tanto non mi puoi sentire, che senso ha? Io ti amo. Ma non è giusto che sia così. Non è giusto per me, non è giusto per te. Tu mi accetti, davvero? Bè, non so perché lo fai, se anche mi ami. Forse un giorno potremo stare insieme. La vita è così breve, Teresa. Non voglio perderti e non voglio che tu rischi per me. Se solo tu sapessi quanto vorrei che tutto questo non mi condizionasse... non sai quanto vorrei venire da te ed abbracciarti, stringerti ed amarti. Ma non posso. Non posso per me, per te e per Angela. Non ancora almeno. Arriverà il momento in cui potrò. Lei era una donna meravigliosa, Teresa, ma tu lo sei! She was, you are.Perdonami se non sono il principe azzurro che sognavi da bambina. Forse un giorno...-
e il metallico “tu” del cellulare, mi disse che Patrick aveva riattaccato. Mi accasciai a terra, osservando lo schermo ormai vuoto del cellulare.
Lui mi ama.
Forse un giorno...
E mentre, riprendendo conoscenza e un briciolo di speranza, tornavo verso casa una sola frase mi esplose nella mente.
She was, you are!
Sorrisi a tutto quello che il futuro mi poteva riservare.
Non oggi, non domani. Ma prima o poi ci sarebbe stato spazio per noi. Quello che era successo oggi non avrebbe che riconfermato il tacito accordo che ogni giorno silenziosamente firmavamo.
She was.
She was.
She was.
I AM. 

   
 
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