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Autore: Silvery Lugia    12/04/2011    8 recensioni
“Sembrava la solita donna, il freddo Tenente Riza Hawkeye, ma non era così: dentro di sé era molto inquieta. L’incontro con Selim… anzi, Pride, come aveva detto di chiamarsi, l’aveva fatta sudare freddo.
[…]
Riza prese la cornetta e rispose.
«… Sì?»
«Buonasera, signora. E’ il suo fioraio preferito che le fa una chiamata di cortesia» disse la voce dall’altra parte. L’inconfondibile voce del suo superiore, il Colonnello Roy Mustang.
[…]
Abbassò con cautela la maniglia e aprì appena la porta. Ma ciò che si vide davanti non era un viso, ma un mazzo di fiori. La bionda sbattè più volte la palpebre, confusa.
Il mazzo di fiori si spostò per mostrare il viso di Roy. Sorridente sì, ma leggermente affannato: doveva aver corso per arrivare lì in fretta.
«Colonnello… che ci fa qui?» chiese la donna, mentre apriva un po’ di più la porta.
«Sono venuto a portarti dei fiori, non si vede?» rispose lui, sempre col sorriso sulle labbra.”
Cosa sarebbe successo se dopo l’incontro con Pride, il Colonnello Mustang fosse andato da Riza? Ebbene, questa è la mia personale risposta!
Ovviamente Royai! ;3
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali

Un'altra fan fiction. Sempre Royai. Lo so che vi sto stressando e che volete il seguito di “Tre nuovi Alchimisti” (parlo con chi segue la mia ff, in particolare le mie due migliori amiche), ma era già da un po’ che mi frullava quest’idea per la mente. L’ispirazione mi è venuta leggendo il regolamento per il contest fatto dal Royai Forum (in cui bisognava fare una ff legata ai colori), peccato solo che la mia storia sia una “what if” (per chi non lo sapesse, significa che con la fan fic si cambiano un po’ le cose alla storia originale). Risultato: non posso partecipare, perché questo tipo di ff al contest non erano accettate. ç_ç Ma l’idea mi piaceva molto, così l’ho scritta ugualmente.

Basta, sto divagando e a voi di ‘sta roba non ve ne frega niente! XD Prima di lasciarvi alla lettura, vi dico solo che questa ff è ambientata nel capitolo 72, subito dopo che Riza ha scoperto che Selim è un Homunculus.

Buona lettura! ^_^

 

Black Shadows

Riza tirò quasi un sospiro di sollievo nel ritrovarsi davanti alla porta del suo appartamento.

Sembrava la solita donna, il freddo Tenente Riza Hawkeye, ma non era così: dentro di sé era molto inquieta. L’incontro con Selim… anzi, Pride, come aveva detto di chiamarsi, l’aveva fatta sudare freddo. Sapeva che quell’Homunculus non l’avrebbe uccisa: come lei stessa aveva detto, non avrebbe portato alcun beneficio alla sua causa. Ma non aveva mai avuto così tanta paura, se non -forse- nella guerra di Ishval. Quell’incontro aveva lasciato tracce dentro e fuori -il segno sul polso, il taglio sul viso.

Infilò la chiave nella serratura e aprì la porta -il rumore di quel meccanismo era quasi un frastuono nel silenzio della notte. Sulla porta, si bloccò, mentre la paura tornava -forse non se n’era mai andata. Due riflessi -due occhi, ne era certa- la osservavano dall’oscurità. Quando, passo dopo passo, la figura del piccolo Black Hayate entrò nel fascio di luce proveniente dal corridoio, la bionda sospirò, sollevata.

“Falso allarme” pensò, mentre premeva l’interruttore per accendere la luce -una luce che non sapeva se la salvava o se, creando ombre, la metteva in pericolo.

Chiuse la porta e, con la schiena appoggiata al muro, si lasciò scivolare lentamente e si mise seduta a terra, mentre un confuso Hayate, preoccupato per la sua padrona, la guardava e s’avvicinava.

Le parole di quel mostro -perché non era un bambino, ma un mostro- risuonavano nella sua mente: «Ti osserverò costantemente dalle ombre.»

«Va bene» si disse lei, nel tentativo di tranquillizzarsi, mentre il cagnolino annusava quel segno sul polso che la mattina la sua padrona non aveva. «Va bene» si ripeté.

Lo squillo del telefono la fece sussultare -se l’avesse raccontato, nessuno ci avrebbe creduto. Lo fece suonare molte volte, mentre tentennava, pensando se doveva rispondere o no. Avvicinò la mano, per poi bloccarsi un attimo; infine, prese la cornetta e rispose.

«… Sì?»

«Buonasera, signora. E’ il suo fioraio preferito che le fa una chiamata di cortesia» disse la voce dall’altra parte. L’inconfondibile voce del suo superiore, il Colonnello Roy Mustang.

Riza rispose: «Io non ho un fioraio preferito…».

«Sì, mi scusi» replicò l’uomo. «Ho fatto davvero una pazzia e ne ho comprati a tonnellate. Pensa di potermi fare un favore e prenderne un po’?»

Una delle sparate -le solite- di Roy, che in quel momento, però, la fecero sentire più tranquilla e, istintivamente, tirò un sospiro di sollievo, ma non rispose.

Il moro sentì quel sospiro -non era uno stupido. S’accigliò, per poi chiedere: «Che succede?»

La donna, a quella domanda, sgranò gli occhi: come aveva fatto a

«E’ successo qualcosa?» chiese ancora lui, sentendo che la sua fidata assistente -ah, no, non lo era più- non rispondeva.

Lei tentennò: non poteva dirgli la verità, lo avrebbe messo in pericolo. E lei, non solo non poteva, ma non voleva.

«No. Nulla.» rispose lei, cercando di nascondere l’inquietudine che le avrebbe fatto tremare la voce.

«Davvero?» chiese lui. «Sicura?» insistette. No che non era uno stupido.

«Va tutto bene, signore» mentì lei. «Anche se sono dispiaciuta: non ho vasi o altro per i fiori». Fece una piccola pausa e riprese, mentre un leggero sorriso -finalmente- comparve sulle labbra: «Ho apprezzato che mi abbia chiamata, Colonnello» e, detto questo, posò la cornetta.

Il piccolo Hayate, nel frattempo, non le aveva tolto i piccoli occhi neri di dosso: si era accorto che la padrona era turbata.

Di sottecchi, la bionda lo vide: sospirò, mentre si abbassava all’altezza del cucciolo per coccolarlo -anche se, forse, era lei che aveva bisogno di sentire qualcuno vicino.

«Com'è riuscito a saperlo così presto?» chiese al piccolo cane bianco e nero, come se potesse risponderle.

Nel frattempo, Roy fissava accigliato la cornetta del telefono con cui aveva chiamato la donna. Qualcosa non andava, ne era certo. Lo capiva al volo, soprattutto se riguardava Riza. Non ci pensò due volte: uscì dalla cabina telefonica e s’infilò in macchina.

Contemporaneamente, Riza appoggiò il cappotto e andò in cucina. Vide che la ciotola di Hayate era vuota.

«Hai fame, vero?» chiese lei.

Il cagnolino, come risposta abbaiò.

La donna riempì la ciotola, e mentre Hayate s’avventava sul cibo, prese l’occorrente per farsi un the: aveva già mangiato in ufficio, ora voleva solo prendere qualcosa di caldo. Ma mentre faceva tutte queste operazioni, lanciava occhiate ad ogni piccola ombra, per paura di veder comparire due occhi che la fissavano.

Guardò la scatola del the sul mobile. Sospirò e s’appoggiò -come se fosse esausta- con entrambe le mani: aveva decisamente bisogno di qualcosa che la tranquillizzasse. Rimise a posto la scatola del the e prese quella della camomilla, quando un suono la fece nuovamente sussultare: il suono del campanello.

“Chi può essere a quest’ora?” si chiese Riza, mentre s’avvicinava alla porta. Prese la pistola e guardò la mano che la impugnava: vide con piacere che non tremava -sembrava essere tornata quella di sempre.

Abbassò con cautela la maniglia e aprì appena la porta. Ma ciò che si vide davanti non era un viso, ma un mazzo di fiori. La bionda sbattè più volte le palpebre, confusa.

Il mazzo di fiori si spostò per mostrare il viso di Roy. Sorridente sì, ma leggermente affannato: doveva aver corso per arrivare lì in fretta.

«Colonnello… che ci fa qui?» chiese la donna, mentre apriva un po’ di più la porta.

«Sono venuto a portarti dei fiori, non si vede?» rispose lui, sempre col sorriso sulle labbra.

Lei sospirò senza farsi accorgere, poi sorrise di rimando: «Le avevo detto che non ho vasi…»

«Bè, troveremo qualcos’altro!» disse il moro, facendo un gesto di noncuranza. Poi porse i fiori alla donna.

«Grazie…» sussurrò lei mentre li prendeva. Ma non lo ringraziava tanto per i fiori, quanto per essere venuto.

«Mi fai entrare, Tenente, o mi lasci sulla porta?»

«Ah, mi scusi…» disse lei spostandosi per far entrare l’uomo.

La bionda s’avviò in cucina, mentre il moro si chiuse la porta alle spalle. Lei aprì uno dei mobili alla ricerca di qualcosa per mettere i fiori, ma si bloccò, non sapendo cosa sarebbe potuto andar bene.

Il Flame Alchemist la vide: s’affiancò e  prese una brocca. Lo guardò confusa.

«Questo andrà bene» spiegò lui sorridendo, per poi riempirlo d’acqua -da vero gentiluomo.

«Allora, Colonnello… che ci fa qui?» chiese Riza, mentre l’uomo poggiava la brocca sul tavolo e lei ci metteva il bouquet.

«Ma te l’ho detto! Per portarti dei fiori!» rispose Roy, facendo il finto tonto.

La cecchina gli lanciò un’occhiataccia: «Non sono una stupida, e lei lo sa bene…»

Lui sospirò, per poi guardarla con serietà: «Ero preoccupato per te…»

La donna sorrise leggermente: un po’ le faceva piacere sapere che lui si preoccupava per lei. «Gliel’ho detto: non è successo niente…»

«Tenente, adesso sono io a dirti che non sono uno stupido» -come se lei non lo sapesse. «Allora, vuoi dirmi che cos’è successo

«Glielo ripeto: nulla.» mentì lei con tono serio.

“Certo che sa essere davvero testarda!” pensò l’uomo. Le appoggiò le mani sulle spalle, insistendo: «Avanti, Riza: a me puoi dirlo…». Era talmente preoccupato che non si rese nemmeno conto di averla chiamata per nome.

Lei, al contrario, se ne accorse eccome, e si stupì: era da anni che non la chiamava per nome. Lo guardò negli occhi, non sapendo che fare. Abbassò lo sguardo e sussurrò: «Non posso…»

Il moro udì quel sussurro e si sentì ancora più angosciato: «Come “non posso”? Riza, parla, che è successo?»

«Mi dispiace, ma non posso! La metterei in pericolo, ed io, come sua guardia del corpo, non posso permetterlo!» rispose lei con decisione -o forse era testardaggine.

Roy s’accigliò: «Tu non sei più la mia guardia del corpo, quindi puoi parlare!»

«Ha ragione, ma lo stesso non posso! E’ la mia coscienza che me lo impedisce!» disse lei, l’espressione seria. Ma lui, nel profondo di quegli occhi color cioccolato, vide tanta paura. Sia per lui che per se stessa.

L’espressione dell’uomo s’addolcì: «Riza…» sussurrò.

Lei lo guardò negli occhi e per un attimo si perse dentro quelle iridi d’ebano, pozzi oscuri che non la rendevano inquieta, ma al contrario, la rassicuravano.

Sorrise nel tentativo di calmarlo: «Comunque adesso mi sento più tranquilla, non si preoccupi…». Ed era vero.

Roy sospirò: accidenti, aveva vinto lei. Ma non resistette: la circondò con le braccia e la strinse a sé.

Riza si stupì del gesto: da quando si conoscevano, non l’aveva mai fatto. Si sentì ancora più serena avvolta in quell’abbraccio oscuro. Dopo un momento d’indecisione, ricambiò, circondandogli la vita. Adesso fu lui a stupirsi. La strinse ancora più forte.

Dopo qualche secondo, fu lei a interrompere l’abbraccio -lui sperava potesse durare in eterno. Gli sorrise.

L’uomo fece un altro sospiro: non voleva lasciarla sola, ma con quale scusa sarebbe potuto rimanere lì? Fece un passo indietro, allontanandosi dalla donna: «Allora…», ma non riuscì a dirlo guardandola negli occhi. Le diede le spalle, per avviarsi verso la porta: «… io me ne vado…»

«No!»

L’uomo si girò per guardarla. Sembrava stupita del suo stesso gesto, e infatti era così. L’aveva detto senza nemmeno rendersene conto. Abbassò lo sguardo, imbarazzata.

Roy le si avvicinò nuovamente. Dopo un attimo in cui rimasero immobili, l’uomo le accarezzò il viso.

La bionda alzò lo sguardo, sempre più stupita. Lui la guardava con dolcezza, mentre le passava un braccio intorno alla vita. Lentamente, avvicinò il proprio viso a quella di lei, finché le labbra non s’incontrarono in un tenero bacio.

Ancora una volta durante quella serata, Riza sgranò gli occhi per la sorpresa. Dopo un attimo di smarrimento in cui non riuscì a muovere un solo muscolo, arrivò a staccarsi dal quel bacio, anche se -ma non l’avrebbe mai ammesso- un po’ a malavoglia: «Colonnello… noi non…»

Roy si rese conto di quello che aveva fatto e si sentì terribilmente in imbarazzo. Ma che diavolo gli era saltato in mente? Pensava che baciandola avrebbe risolto qualcosa? «Mi… mi dispiace… non so… cosa mi sia preso…» balbettò. Per la verità, il suo cervello aveva fatto tutto da solo: aveva visto Riza in quello stato, e quel gesto gli venne automatico.

La bionda rimase senza parole nel vedere il Flame Alchemist così impacciato: non era da lui, solitamente deciso e sicuro di sé. Dopo qualche secondo che parve un’eternità, fu lei ad avvicinarsi nuovamente e a ricominciare a baciarlo, riprendendo il contatto.

Il moro, dopo un attimo impiegato per rendersi conto di ciò che stava accadendo, non perse l’occasione e ricambiò il bacio, trasportato, mentre la bionda fece scivolare le braccia per circondargli il collo.

A un certo punto, Roy si staccò dalle labbra della bionda. «Riza…» sussurrò con la sua voce calda, un sussurro che fece rabbrividire di piacere la donna. Poi prese a baciarle il collo, mentre una mano andava verso il fermaglio per i capelli. Lo fece scattare, in modo da far ricadere delicatamente i capelli dorati del suo Tenente, per poi lasciarlo cadere chissà dove. Tanto, la mattina dopo ci sarebbe stato tempo per cercarlo.

La donna, con dei leggeri brividi di piacere, strinse per un attimo la stoffa del cappotto, per poi sfilarglielo, facendolo cadere a terra. «Roy…» sussurrò.

Il moro si bloccò, stupito. Poi la guardò nei grandi occhi nocciola: «Dillo ancora.»

Riza lo guardò confusa: «Come?»

«Il mio nome… dillo ancora…»

Lei sorrise: «Roy…»

L’uomo ricambiò il sorriso per poi darle un leggero bacio sulle labbra: «Ha un suono meraviglioso detto dalla tua voce…», infine riprese a baciarla sul collo.

La bionda rise leggermente, divertita, mentre infilava le dita in quei capelli sottili, neri come la notte che li circondava. La paura che prima le attanagliava il petto era scomparsa: con lui si sentiva totalmente al sicuro, protetta.

Roy cominciò a sbottonarle la giacchetta della divisa con gesti lenti. Ma all’improvviso si fermò e si guardò stranamente intorno, come se stesse studiando la stanza.

«Che c’è?» chiese la cecchina.

«Non va bene…» sussurrò lui, pensieroso.

Riza alzò un sopracciglio: «Eh?»

Senza risponderle, la prese in braccio come una sposa.

«Ma che…?» provò a chiedere la donna, stupita.

Lui la guardò un po’ malizioso: «Credo sia meglio la camera da letto, no?»

Lei non riuscì a non imbarazzarsi, arrossendo visibilmente. Sperò che l’oscurità della notte -quella di cui prima aveva paura- glielo nascondesse.

Roy, non aspettando la risposta, l’appoggiò delicatamente sul letto e chiuse la porta.

Hayate, che nel frattempo si stava ancora gustando la cena, e quindi non vedendo minimamente le effusioni tra i due militari, quasi si spaventò nel sentire il rumore della porta. Si guardò intorno, alla ricerca della padrona, ma trovò solo la porta della camera da letto chiusa. Quindi Riza era andata a letto. Bè, allora non c’era altro da fare se non andare a dormire anche lui. Sicuramente la sua padrona doveva essere davvero stanca per non avergli dato nemmeno la buonanotte…

 

- - -

 

La luce del sole entrò prepotentemente dalla finestra della camera da letto. E, poco alla volta, svegliò Riza. Ancora mezza addormentata, la prima cosa che percepì fu il calore: sulle gambe, che le arrivava attraverso le lenzuola, e intorno alla vita.

Quando finalmente aprì gli occhi, sorrise, crogiolandosi del calore del sole mattutino. Solo in un secondo momento si rese conto che il calore intorno alla vita era diverso, inoltre era accompagnato da un “peso”. Ma cosa poteva mai essere?

Ah. Certo. Sapeva cosa poteva essere. Roy.

Le era piaciuto il fatto che l’avesse considerata finalmente una donna -non che non l’avesse mai fatto prima, ma ora l’aveva fatto esplicitamente. Solo che… aveva paura. Non c’entrava niente con quella provata la sera prima, causata dall’incontro con quell’Homunculus. Adesso aveva paura che tutto quello che era successo durante la notte non sarebbe continuato. Che lei fosse una delle tante conquiste del famoso donnaiolo Roy Mustang. E lei, adesso che aveva provato quel frutto proibito -i suoi baci, le sue carezze, il suo calore sulla pelle- non voleva più farne a meno.

Si girò sull’altro fianco, e quell’attimo di paura e di amarezza scomparve nel vedere il viso dell’uomo. Era dolcissimo: sembrava un bambino che dormiva beatamente. Istintivamente, gli spostò un piccolo ciuffo di capelli del viso. Gli sfiorò appena la pelle, ma lui lo sentì e mugolò. Poco dopo aprì gli occhi e, anche se mezzo addormentato, riconobbe subito la bionda di fronte a lui.

«Buongiorno…» sussurrò lei con un filo di voce, come se non volesse rovinare quella calma mattutina.

«E’ un giorno meraviglioso, visto che comincia con questa vista…» disse il moro, per poi darle un bacio sulla fronte.

Nel sentire questo, però, il sorriso scomparve dalle labbra della bionda. “Chissà a quante donne avrà detto questo quando si svegliava la mattina…

Roy non poté non notare il cambiamento d’espressione: «Che succede?». Di nuovo quella domanda, come la sera prima: non gli piaceva sapere che Riza avesse un problema, di qualunque tipo.

Lei si staccò da quell'abbraccio -così caldo e piacevole- e si sedette sul letto, coprendosi con le lenzuola, ma non proferendo parola.

«Riza?» chiese ancora lui, puntellandosi sul gomito.

Lei distolse lo sguardo, un po’ triste, un po’ imbarazzata. Sospirò e infine disse: «Ho paura che… quello che ci è successo… sia stata una cosa occasionale…»

Il moro s’accigliò, ma aspettò che la donna continuasse.

«Non vorrei» riprese lei, sempre evitando il suo sguardo «che io sia solo una delle tue tante conquiste…»

«No, non è così.»

Riza lo guardò, stupita dal tono grave che aveva quella frase.

Il Flame Alchemist si mise a sedere anche lui, per poi continuare, ancora accigliato: «Riza, tu non c’entri assolutamente nulla con quelle donne.» Il suo sguardo poi s’addolcì: «Io ti amo, Riza.»

La cecchina sgranò gli occhi, spiazzata.

Roy, prima di continuare, le strinse la mano: «Tu sei importante… anzi, no, precisiamo: sei di vitale importanza per me. Le altre donne non sono nulla.»

Lei lo guardò un po’ incerta.

«Anzi» riprese lui «vuoi sapere perché esco con così tante donne?» Prese un profondo respiro e riprese: «Speravo di riuscire a dimenticarti. Perché sapevo che non potevi essere mia.»

«Davvero?» chiese lei con voce flebile.

Il moro annuì. «Ma non ci sono riuscito…»

La donna abbassò lo sguardo, mentre la sua mente comprendeva il significato di quelle parole, non essendo sicura di aver capito bene. Poi fissò i suoi occhi nocciola in quelli d’ebano di lui, pieni di dolcezza solo per lei.

Poco alla volta, si dipinse un leggero sorriso sulle labbra della bionda. «Anch’io… ti amo… da sempre…» e ricambiò la stretta alla mano.

Roy sbattè più volte le palpebre, sorpreso da quelle parole. Perché era vero che avevano passato insieme la notte, ma non era sicuro che la donna lo amasse davvero. A volte ci sono sentimenti che si possono trasmettere soltanto con le parole.*

«Va tutto bene?» chiese Riza. Adesso era lei a rivolgergli quella domanda.

L’uomo sorrise, felicissimo: «Sì, benissimo!»

Ma i due dovettero scontrarsi con la realtà. «Però… come facciamo?» chiese la bionda, esponendo le sue preoccupazioni. «C’è la legge anti-fraternizzazione…»

«Bè, come abbiamo fatto ieri sera» rispose lui, stringendosi nelle spalle.

Riza gli rivolse uno sguardo confuso.

«Di nascosto, no?» si spiegò lui, sorridendo come un bambino, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Lei sospirò: «Non abbiamo scelta, eh?»

L’uomo tornò serio: «Altrimenti… dovrai aspettare che io arrivi sul gradino più alto... e per il momento seguirmi solo sul lavoro…»

La donna alzò le spalle: «No, preferisco seguirti anche nella vita sentimentale.»

«Sei sicura?» chiese lui. «Se non vuoi… aspettarmi, io capisco…»

«Io VOGLIO seguirti sia nel lavoro che fuori.»

Roy rimase per un attimo interdetto.

«Avevamo detto “fino all’inferno” se non sbaglio…» continuò lei, sorridendogli con dolcezza.

«Sì… fino all’inferno…» ripeté, ricambiando il sorriso.

Suggellarono così di nuovo quella promessa, stavolta con un bacio.

 

- - -

 

«Padre…»

«Sì, Pride?»

«Avevi detto che il Colonnello Mustang era un possibile candidato per diventare un sacrificio…»

«Ebbene?» lo esortò il Padre, sempre con tono calmo.

Un inquietante sorriso si dipinse sul volto del bambino, accompagnato da un risolino anche nella sua terribile ombra. Due sorrisi che rilucevano nell’oscurità di quei sotterranei. «Allora… abbiamo un modo molto efficace per convincerlo ad aprire il Portale…»

 

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*Manga “Il ladro dalle mille facce” di CLAMP

 

Note finali

Uhm… che dire… bè, sono riuscita a farvi diventare un po’ delle gelatine? XD

Torniamo seri e spieghiamo un paio di cose.

Primo: le frasi iniziali che Roy e Riza pronunciano, fino alla fine della telefonata, le ho ricopiate sì dal capitolo 72 (e alcune da quello precedente) del manga, ma da una traduzione trovata su internet. Quindi, è probabile che non siano uguali né a quelle della traduzione “ufficiale” (diciamo così), né a quelle della serie Brotherhood.

Ammetto che questa idea mi frullava per la testa da prima di leggere il regolamento per il contest. Infatti, quando ho visto la puntata in cui succedeva questo, immaginavo che Roy corresse immediatamente a casa di Riza (cosa che, almeno penso, si aspettassero molte amanti del Royai… u.u XD)… insomma, quel regolamento ha solo aiutato la mia immaginazione a “completare” la scena! XD

Ho definito l’abbraccio di Roy “oscuro” non solo perché indossava il cappotto nero (no, ma dai!), ma per mettere in contrasto quel gesto rassicurante e “oscuro” con l’ombra di Pride, oscura sì, ma opposta perché spaventosa. La stessa cosa per gli occhi del Colonello. Insomma, ho cercato di fare degli opposti, accomunati dall’oscurità, ma che trasmettono a Riza sentimenti totalmente diversi. ^_^

Il titolo… bè, ho scelto questo perché tutto parte da Pride e dalla sua ombra, che hanno spaventato Riza, oltre che da tutte quelle contrapposizioni tra elementi “oscuri”.

Ridevo da sola come una scema quando ho scritto di Hayate che pensava che la padrona fosse stanca… XD Sì, come no… era occupata, altro che stanchezza! XD

Come mi sia venuta in mente l’idea del “suggellare nuovamente la promessa con un bacio” non lo so… le mie strane paranoie prima di addormentarmi! XD Allo stesso modo l’idea della frase ripresa dal manga “Il ladro dalle mille facce”! XD E’ molto carino, se siete delle romanticone ve lo consiglio! ^_^ (Stai facendo pubblicità occulta… -.-‘’ ndTutti)(E allora? I manga delle CLAMP sono bellissimi, è giusto che vengano diffusi il più possibile! u.u ndMe)

Alla fine, ho cercato di “ricollegarmi” con la storia originale. In pratica, con quelle frasi tra Pride e il Padre anticipo il fatto che catturino Riza e la feriscano per cercare di convincere Roy a fare una trasmutazione umana (capitoli 100 e 101 del manga). Un’altra cosa che mi aveva colpito nell’anime era che quella specie di dottore pazzo, mentre parlava con Roy, si riferisse a Riza definendola “la tua donna” o qualcosa del genere. La mi faccia è stata questa ---> O.O “Come la tua donna?! Ma allora… no, non può essere che si siano fidanzati di nascosto o cosa…” E se invece fosse successo, visto la strana frase? Risultato: è saltata fuori questa fan fiction! XD Se non capite tutta la mia strana paranoia, non preoccupatevi… XD

Vi prego, commentate! Mi fa piacere sapere cosa ne pensate! ^_^

Alla prossima! ^_^

   
 
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