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Autore: LaMicheCoria    13/04/2011    2 recensioni
[Star Trek: The Original Series/ Star Trek XI: Il Futuro Ha Inizio]
Anno:2261 - Una missione, la lotta personale di James Tiberius Kirk con il proprio futuro, che è per lui passato e presente, e la minaccia costante dell'Impero Romulano. Spock Prime, assunto il ruolo di Ambasciatore col nome Selek, vuole la pace coi Romulani. Vulcano e Romulus la guerra. Riuscirà o troverà la morte?
Anno: 2387 - La Supernova raggiunge Romulus, distruggendolo. Il destino di Spock è quello di finire trascinato nel baratro di un paradosso temporale causato dal Buco Nero creato dalla Materia Rossa, ma che ne sarà di coloro che hanno perso con lui anche il proprio popolo? La rabbia e il dolore. Un'azione disperata..

-Capitano?-
-Sì? Cosa c’è, signor Spock?-
-C’è un Vulcaniano tra i prigionieri- (tratto dal Capitolo 3)
La tanto promessa Long Fiction di Nemeryal è finalmente arrivata alla Base Stellare di EFP!
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2261

Capitolo 9
Ti Ho Trovato

 

Anno: 2261

 

(Kingdom Hearts II Original Soundtrack – Organization XIII)
-Lei non è tenuto a credere, Comandante. Nemmeno io sono certo di credere... ma se c’è una sola possibilità che Spock abbia un’anima eterna, me ne assumo ogni responsabilità!-
Katra.
Lo Spirito Vivente di ogni Vulcaniano, la sua stessa essenza: quando il corpo muore e i tessuti di disfano, tornando alla terra, il Katra permane. I terrestri la chiamerebbero anima. È l’insieme dei ricordi, delle esperienze e delle emozioni che il Vulcaniano ha provato durante il corso della sua vita.

Katra? Intendi dire che ora il tuo Katra vive in me?
Neve, ghiaccio, freddo.
Paura, tanta paura, folle, da non riuscire a parlare.

Rispondimi!
Fuoco, fuoco e fiamme! Cenere, cenere in ogni dove! Il respiro, il respiro si ferma, fuoco, fuoco, fiamme e cenere!
Tu sei dentro alla mia testa! Vattene!
Oscurità, Oscurità illuminata dall’incendio. Solitudine. Vuoto.
Sento dei passi..o tu li stai sentendo?
Un corpo caldo, due mani che mi afferrano. Un volto che lampeggia, nero di cenere e scarlatto di fuoco..
Sono..sono..
Jim!
Kirk aprì gli occhi, ritrovandosi a fissare la luce intensa del neon sopra la testa.
Emise un gemito e strizzò le palpebre, mentre il mal di testa martellava senza sosta contro la fronte; si passò una mano fra i capelli, sfregando il palmo contro la nuca, e inspirò l’aria fredda e asettica dell’Infermeria.
-Buongiorno, Capitano-
Jim si voltò e sorrise
-‘Giorno Bones!- rispose, con la bocca impastata dal sonno e, forse, anche dai tranquillanti –Come stai? Mi sembri un po’ sbattuto!- cercò di ridere, ma il suo mal di testa sembrava fortemente contrario all’idea.
Il medico inarcò un sopracciglio e storse le labbra, senza dire una parola.
-Sembri Spock quando fai così- lo prese in giro il Capitano, mettendosi a sedere con le spalle contro la sponda del lettino –Quanto ho dormito?-
-Abbastanza. Fra qualche ora saremo alla Base Stellare-
Jim fischiò di approvazione
-Non sarà l’Enterprise, ma anche questa bagnarola ci sa fare!-
Un silenzio freddo si fece spazio fra i due: il medico fissava Kirk con sguardo gelido e l’altro rispondeva con la fronte corrugata per la confusione.
-Bones..che hai?-
-Nulla, Capitano- detto questo, si alzò dalla sedia, facendola scivolare con un gran fracasso –Devo andare a controllare gli altri miei pazienti-
Si allontanò senza aggiungere altro, lasciando Jim ad osservare la sua schiena rigida allontanarsi nella corsia.

***

Con le dita andò a schiacciare alcuni bottoni accanto al lettino: un fischio metallico accompagnò il suono martellante delle funzioni vitali. Ci fu un sibilo e due aste metalliche, un metro e mezzo di lunghezza almeno, saettò fuori dalle parete, lasciando cadere una tendina dal colore indefinito tra l’azzurro ed il bianco.
Christine Chapel, dentro di essa, si soffermò a guardare per qualche istante il volto del paziente: gli occhi erano chiusi, serrati, e solo qualche lieve tremolio della palpebra denotava la presenza di impulsi elettrici al di là dello stato quasi di coma. I capelli, neri e lunghi fino alle spalle, rendevano i lineamenti del volto più affilati di quanto già non fossero e la pelle, smagrita, tirata sugli zigomi sporgenti, aveva una tinta appena più scura, quasi bronzea, rispetto a quella degli altri Vulcaniani.
Il collo svettava prepotente sul cuscino candido, tanta era rigida la sua postura, per poi perdersi sotto le lenzuola, che si abbassavano lente, ad un ritmo regolare seppur pesante e affaticato.
A vederlo così, con le orecchie appuntite nascoste da qualche ciocca scura, nessuno gli avrebbe dato più di una ventina di anni.
L’Infermeria posò la cartella clinica sul comodino accanto al letto, ma prima appose qualche firma e appuntò alcuni dati riguardanti le funzioni vitali, più o meno cambiate rispetto a quando il Vulcaniano era arrivato sulla Odysseus.
In otto giorno di viaggio i dati erano rimasti gli stessi. Il paziente non aveva aperto gli occhi, non si era mosso, nulla. Avevano fatto tutti gli esami possibili, o meglio, tutti quelli che fossero possibili con le macchine mediche installate a bordo della Nave. Per controlli più approfonditi, soprattutto a livello cerebrale, avrebbero dovuto attendere di arrivare sull’Enterprise.
Christine alzò la testa, attirata da un’ombra nera, alta, slanciata, che per un attimo era scivolata silenziosa tra le pieghe delle tendine, prima di sparire senza fare rumore.
La donna aveva visto spesso il Primo Ufficiale attardarsi davanti al letto del Vulcaniano e il più delle volte si era chiesta per quale motivo, nel guardarlo, strofinasse fra loro le mani, lentamente, fissando il volto immobile dell’altro. Ogni tanto fletteva le dita, le guardava alla luce asettica del neon, con i polpastrelli di una andava ad accarezzare il dorso dell’altra, senza mai staccare gli occhi da quelli chiusi del paziente. Era solo un momento, poi lasciava ricadere le braccia lungo i fianchi e se ne andava, scambiava qualche parola veloce col dottor Bellini, se questi era sveglio, e rimaneva a fissare il Capitano quando egli era ancora sotto l’effetto dei tranquillanti. Poi prendeva il suo posto in plancia e nessuno lo vedeva nell’Infermeria fino al cambio dei turni.
No, Christine davvero non riusciva a capire il comportamento del signor Spock.
Riprese la cartella clinica e la sfogliò ancora una volta; l’unico risultato che si sarebbe potuto definire “anomalo” era il gruppo sanguigno del Vulcaniano: T-Negativo. Era un gruppo molto raro, la donna lo sapeva, come sapeva che era lo stesso del Primo Ufficiale. Che il signor Spock fosse convinto di avere davanti un componente della sua famiglia?
Piegò la testa di lato, cercando nei tratti ferini del paziente una qualche somiglianza col Primo Ufficiale. No..non vi era nulla in lui che ricordasse il signor Spock. Un poco la forma del viso, forse, ma era qualcosa di vago, indistinto. L’aura del Vulcaniano vibrava di un che di selvaggio di cui il signor Spock era totalmente privo.

(Final Fantasy X Original Soundtrack – Crisis)
Il paziente si mosse con un gemito; Christine appoggiò subito la cartelletta e si chinò su di lui, controllando al contempo i valori sullo schermo: il battito cardiaco era aumentato vertiginosamente, così come la temperatura corporea; le labbra si storcevano per il dolore e masticavano suoni senza senso, smozzicati, triturati fra i denti tremanti e i muscoli erano come attraversati da scariche elettriche, si contraevano con tale forza che il lettino sbatteva con la testiera contro la parete della Nave.
Christine non fece in tempo a prendere la dose di calmante che sentì le lunghe dita del Vulcaniano artigliarle il polso: gridò e cercò di tirarsi indietro, ma la presa era salda, una morsa d’acciaio da cui era impossibile liberarsi. Gli afferrò le dita, facendo di tutto per aprirgli la mano, quando sentì il suo fiato caldo sul viso; sgranò gli occhi ed alzò la testa, scontrandosi con lo sguardo tagliente e furioso del Vulcaniano: il viso era livido, sconvolto, la mascella cadente e la bocca che vomitava grugniti, ringhi e suoni, forse parole, forse frasi cui l’Infermiera non sapeva dare un senso, mentre la stretta al polso si faceva sempre più forte.
-Lasciami!- ansimò la donna –Lasciami!-
-Signorina Chapel!- la tenda venne aperta di scatto, quasi strappata.
Christine ebbe solo il tempo di vedere la figura del Capitano lanciarsi sul Vulcaniano e colpirlo al viso con un pugno. All’orecchio le giunse lo scricchiolare inquietante delle dita contro la mascella.
Forse per la sorpresa, il paziente lasciò andare il polso dell’Infermiera, facendola cadere a terra. Christine si rialzò immediatamente, afferrò la dose di calmante e si portò accanto al Vulcaniano. La lotta di questi con Jim continuava tra pugni, morsi, ruggiti, grugniti e tentativi da parte di entrambi di prendere l’avversario per la gola.
La donna era già pronta ad iniettare il sedativo quando il paziente, allontanato con un calcio il Capitano, la colpì al viso con tale violenza da gettarla contro lo spigolo del lettino accanto. Christine avvertì solo qualcosa di caldo scivolarle lungo il collo, poi ogni cosa si fece buia.

 

-Christine!- gridò Kirk, ma prima che potesse anche solo pensare di correre in aiuto della donna avvertì il pugno del Vulcaniano cozzare contro la mascella, poi il piede piegargli qualche costola; si sentì sbalzato all’indietro e il freddo del pavimento creò uno spiacevole contrasto con la schiena bagnata di sudore.
Il Vulcaniano gli bloccò le gambe col proprio peso e gli afferrò la gola.
Jim ansimò, artigliando il polso dell’altro e tentando in ogni modo di divincolarsi dalla stretta soffocante; il buio agli angoli delle palpebre si frantumò in minuscoli cerchi rotanti, che andarono a coprirgli la visuale, mescolandosi allo sguardo folle dell’avversario e cancellandolo, tracciandovi linee scure sempre più ampie e pastose. Il respiro gli mordeva i polmoni e la gola, lasciandovi segni bollenti di sangue. Annaspava in cerca di aria, la testa ronzava, la vista non era più che una tavolozza informa di tinte livide.
-Kroikah!- [Basta!] la voce si insinuò nella nebbia, serpeggiò tra i suoi pensieri confusi -Sasu, kroikah!- [Ragazzo, smettila subito!]
La presa si allentò quel tanto che bastava da permettere a Kirk di prendere una boccata d’aria; tirò indietro la testa e la sbatté contro il petto del Vulcaniano, che si rialzò, gemendo e ringhiando per il dolore.
Ancora bocconi a terra, una mano al collo, sentì solo un rumore di colluttazione e vide con la coda dell’occhio l’ombra dell’avversario prima dibattersi e poi cadere pesantemente a terra.

(Kingdom Hearts I Original Soundtrack  Dearly Beloved)
-Capitano Kirk, state bene?-
Jim alzò lo sguardo, incontrando gli occhi del medico Bellini.
-Sì..- boccheggiò, mentre la mano dell’uomo gli dava alcuni colpetti sulla schiena –Grazie..grazie per l’aiuto..-
-Capitano!-
-Ah..- Kirk storse le labbra in un tentativo di sorriso –La stanza si sta facendo affollata-
-Christine!-
-Grazie per esserti preoccupato di me, Bones-
-Jim!- sbraitò McCoy –Non ti si può lasciare un istante senza sedativi che subito vai a farti ammazzare!-
-Ehi!- il Capitano si rialzò, pulendosi i pantaloni con alcune manate –Non è colpa mia se i Vulcaniani trovano il mio collo estremamente eccitante!-
Dante scoppiò a ridere, sostenendosi la fronte con la mano, McCoy sbuffò mentre aiutava Christine a rimettersi in piedi, l’unico che rimase in silenzio fu Spock, rigido accanto al Vulcaniano ancora a terra.
-Come avete fatto a fermarlo?- domandò il Primo Ufficiale, rivolgendosi al medico dell’Ifigenia. Questi fece spallucce
-Ho visto la siringa dell’Infermiera Chapel a terra. L’ho raccolta e approfittato della sua distrazione- indicò il Vulcaniano –Sono un medico, ho il permesso di iniettare sedativi, no?-
-Avete parlato in Vulcaniano- si intromise Kirk, mentre McCoy, aiutato da altri due Infermieri, rimetteva il paziente nel lettino e controllava le sue condizioni –E’ stato questo a distrarlo-
-Il Legame dunque non si è ancora del tutto cancellato- commentò Spock, corrugando la fronte –E’ molto strano-
-No- Dante scosse la testa e si avvicinò al paziente, dando le spalle al Primo Ufficiale – Vumukau ein zhite’hi’th’, Spohkhkan- [Ricordo ancora qualche parola, Spock]
Il Capitano alzò lo sguardo sul suo Primo Ufficiale, ma questi, per qualche strano motivo, lo fuggì, preferendo fissare i proprio sul volto aggressivo, seppur sedato, dell’altro Vulcaniano.

 

***

(Final Fantasy IX Original Soundtrack – You’re Not Alone)
Scesero dalla Nave sentendo tutti gli occhi puntati su di sé.
L’equipaggio dell’intera Enterprise era accorso ad accoglierli, chi cercando con lo sguardo un amico, chi solo per vedere il Capitano ed il Primo Ufficiale tornare illesi da una missione al limite del suicidio.
Chekov si fece largo tra la folla, ignorando le proteste e le occhiate lanciate da chi gli era accanto; continuò a spintonare fino a quando non sentì una mano afferrargli decisa il polso.
Si voltò, già pronto ad una scusa veloce per poi tuffarsi fra il mare di corpi, e sgranò gli occhi per la sorpresa: Scott sollevò le labbra in un ghigno
-Vieni con me, ragazzino- gli disse –Ingresso riservato- e lo trascinò con sé.
Se Pavel aveva fatto di tutto per evitare di dare troppo fastidio alle persone che lo circondavano, Scotty non sembrava essere dello stesso avviso: sgusciava fra la gente senza curarsi delle gomitate, degli spintoni e tanto meno dei commenti poco lusinghieri che gli altri mormoravano a mezza voce. Fino a quando James T. Kirk avesse messo di nuovo piede sulla Base Stellare, era lui il grande capo.
Arrivarono nel punto più vicino alla Odysseus e solo allora Scott lasciò andare il polso di Pavel.
-Scotty!-
Il Capo Ingegnere si voltò e agitò una mano
-Uhura! Siamo qui!-
La donna li raggiunse in pochi istanti, piegando il collo per meglio vedere tra le teste che occupavano la visuale: Chekov fece lo stesso, incassando un poco la testa fra le spalle e sporgendosi appena, guizzando con lo sguardo da una parte all’altra della passerella.
-Così pochi..?- mormorò Nyota, portandosi una mano a coprire il viso.
Pavel non capì se si stesse riferendo ai loro compagni di flotta o ai membri dell’Ifigenia che, ad essere ottimisti, non dovevano essere più di una decina.
Kirk e Spock aprivano la fila: nonostante sul volto del Capitano si leggesse il sollievo di essere rientrato sano e salvo dalla missione, il suo sguardo era opaco, gli occhi bassi ed il viso tirato, quasi livido.
Venivano gli altri membri scelti della Enterprise e Chekov tirò un sospiro di sollievo nell’incontrate gli occhi scuri di Sulu, ma il suo cuore non poté perdere un battito nel constatare che troppi dei suoi amici non erano tornati.
Sentì un nodo serrargli la gola ed abbassò il viso; una mano gli strinse la spalla
-Mi spiace, ragazzo- mormorò Scott –Fatti forza-
Il Guardiamarina annuì, passandosi velocemente una mano sul volto e tornando ad assumere una posa più composta; gli occhi non smettevano di pizzicare e bruciare.
Dalla passerella scese il dottor McCoy e dietro di lui alcuni Infermieri: alcuni trasportavano tre, no, quattro barelle. Una in particolare sembrò attirare l’attenzione dalla folla, ma Pavel era troppo lontano per capire chi vi fosse sopra.
Gli Infermieri che non trasportavano le barelle venivano per ultimi, insieme a quei membri dell’Ifigenia che faticavano a rimanere in piedi o dando una mano a quelli che, per testardaggine o solo per dimostrare a se stessi di non essere ancora stati piegati, ondeggiavano sulla passerella.
Fra di loro una donna dai capelli scuri e la carnagione olivastra, camminava accanto ad un’altra coi capelli biondi, e le faceva segno di stare indietro, che poteva farcela da sola, ma immediatamente arrancava e inciampava, e prima che potesse cadere, la donna bionda ed un’altra, mora e che si era tenuta silenziosamente dietro le due, la sostenevano fino a quando non tentava di nuovo di stare in piedi da sola.
Fu a quella donna coi capelli neri che il Capitano si rivolse, una volta scesi.

 

Kirk attese che la donna fosse scesa dalla passerella, poi alzò lo sguardo su di lei.
-Comandante Theokore-
Quella annuì
-Ditemi pure, Capitano Kirk-
E sebbene avesse sollevato le labbra in un sorriso incoraggiante, Jim non poté non notare gli occhi cerchiati di nero ed il pallore innaturale della carnagione olivastra; le cure ricostituenti di McCoy erano riuscite a farle recuperare il peso perso nelle settimane trascorse nella prigione del mercante, ma la pelle era ancora tirata sugli zigomi e le guance appena incavate. L’intera figura era piegata da un dolore più grande di quello puramente fisico: come Primo Ufficiale della Ifigenia, aveva assunto il ruolo di Facente Funzioni di Capitano in seguito alla morte di quest’ultimo, avvenuta per cause che Kirk doveva ancora accertare attraverso il racconto della donna. A quel lutto, come gli aveva riferito McCoy, si aggiungeva la scomparsa del Navigatore della Ifigenia, marito del Comandante. E poi c’era la mano di lei, che rifiutava l’aiuto altrui e andava a chiudersi quasi ossessiva sul ventre..
-Capitano..?.-
Jim si riscosse e tornò a fissare la donna negli occhi
-Vi chiederei, sempre che le vostre condizioni di salute ve lo permettano- precisò Kirk –Un resoconto il più possibile dettagliato circa i fatti che hanno portato alla distruzione della USS Ifigenia-
Il Comandante annuì, ma all’altro non sfuggì la tensione dei muscoli e l’occhiata preoccupata che si erano lanciate le due donne dietro di lei.
-Quando, precisamente?-
-Domani- rispose il Capitano –Dopo la commemorazione-
Stava per aggiungere qualcosa, una parola, un gesto, quando sentì una mano posarsi sulla propria spalla. Si voltò, corrugando la fronte
-Capitano Kirk..?- chiese l’uomo, scuro in volto.
-Sì, sono io- un brivido gli corse lungo la schiena.
-Abbiamo ricevuto un messaggio da Starfleet. Riguarda l’Ambasciatore Selek-

 

 

***

 

Poteva sentirlo.
Le immagini si dispiegavano nella sua mente, pennellate oniriche di ricordi perduti, gocce di suoni e note di colori che si intrecciavano simili a fiamme, si alzavano, sfrigolavano, crepitavano, sbuffavano refoli di fumo azzurrognolo, poi si ripiegavano su stesse e morivano.
Sentiva la presenza di Kirk, l’avvertiva in ogni respiro, in ogni gesto, nel buio che si accartocciava agli angoli delle sua mente e brillava di memoria nascoste, di ricordi incastonati come pietre preziose nel ventre sbozzato di una grotta: era lì, ma era un Legame diverso, nuovo, eppure consunto, quasi rifiutato.
Avvertiva con una stilettata al cuore i tentativi disperati di spezzare quel filo invisibile, ma ne comprese il motivo e questo gli fece ancora più male: era stata un’intrusione forzata, una violenza perpetrata ad insaputa di Jim e forse anche di se stesso. Avrebbe dovuto mostrargli unicamente le immagini relative a Nero, ma una parte della propria coscienza aveva riconosciuto, in uno slancio mnemonico, il katra di Kirk, o almeno una parte di esso, un’impronta, un fantasma dello Spirito Vitale che lo aveva sempre caratterizzato, e allora era successo. Quel Legame che la Morte aveva reciso senza pietà aveva sentito sulle labbra il sapore della sopravvivenza, di nuovo quel sussulto interno di coscienza, si era sollevato e come un’onda si era riversato nell’animo di Kirk, aveva riempito ogni anfratto, spumeggiando nei recessi più dimenticati della sua mente.
In un fiorire di flussi e ribollire di ricordi, il Legame era ricomparso.
Selek aggrottò la fronte e dalle labbra gli sfuggì un gemito.
Rabbia. Odio. Confusione.
Non erano di Kirk, quei sentimenti.
Perché, allora, li sentiva? Erano un fuoco che ruggendo gli stava devastando la mente, un incendio dalle fauci incandescenti che lo dilaniava, lacerandogli le carni, affondando le zanne irose nel suo petto.
Cos’erano, cos’erano quei sentimenti? Perché, perché avevano afferrato il Legame e adesso lo stringevano, tentando in ogni modo di spezzarlo?
No, no, non stavano tentando di spezzarlo. Seguivano quella linea invisibile, cavalcavano i venti della mente, veloci e impazienti, senza smettere di sbuffare e ruggire, cercavano di raggiungerlo, già vedeva i loro occhi di fuoco stagliarsi nell’oscurità autoimposta della Meditazione.
E quelle fiamme si fermarono ai limiti della coscienza, traballarono, si alzarono, si abbassarono, si attorcigliarono agitando la capocchia scarlatta, annuendo, negando, diventando d’improvviso più vive, poi perdendo luce e calore, arretrando e avanzando, soffiando e ribollendo.
Sarebbe dovuto fuggire da quelle lingue di fuoco, eppure avvertì un brivido incrinare la volta nera del suo pensiero, l’impulso di spingersi avanti, allungare le mani verso di loro, affondare le dita nel fuoco.
Le fiamme ondeggiarono, sembravano ridere, ma una risata malata, tra il divertimento, l’amarezza e la follia; sbuffarono e cominciarono a prendere una forma precisa, prima una testa, poi un corpo, due braccia, due gambe. I tratti del viso si fecero più netti, si delinearono le dita lunghe, le nocche arrossate, il dorso ferito, il braccio tremante, la spalla, il collo..
Sgranò gli occhi della mente: era…era! Era..!
-Selek’kam!-
Quella voce graffiò la volta scura del suo pensiero, la realtà colò in rivoli densi lungo le pareti della mente, spense quella fiamma dal volto ghignante.
Selek fece appena in tempo ad alzare lo sguardo che la Nave su cui stava viaggiando ebbe un sussulto improvviso. Uno scossone, il boato di una deflagrazione, un luccichio nello spazio, colto con la coda dell’occhio.
Il Vulcaniano sentì il corpo pizzicare, poi le fiamme invasero il suo alloggio.

 

-Takselal s’kan’hi th..’-
[Ti ho trovato..]

 

 

 

 

 

{~***~}

 

 

Diario di Nemeryal, Data Astrale 64785.
Non oso andare a guardare a quando risale il mio ultimo aggiornamento di questa long-fic, preferisco rimanere nell’ignoranza.
Sta di fatto che questo capitolo lo odio, con tutta me stessa. Dopo secoli di inattività nel fandom di Star Trek, mancanza di tempo, mancanza di ispirazione (tornata guardandomi uno speciale di Sky su Star Trek), questo è tutto ciò che riesco a scrivere. Mi dispiace, perché non è assolutamente all’altezza di quanto mi ero immaginata. E’ corto, è di passaggio, fa schifo. Mi dispiace, mi dispiace davvero.
Lato positivo, da adesso iniziano i casini, oh, eccome se iniziano! La situazione si sblocca sia nel 2261, sia (nel prossimo capitolo) nel 2387. Eh sì, perché quanto successo alla Nave di Selek/Spock (che poi…sarà morto? Sarà vivo? Mah!) sarà la causa scatenante di tutti i guai che capiteranno nei prossimi capitoli. E nel futuro, bhè, diciamo che abbiamo un Romulano testa di ghisa mentalmente instabile che lavora per dare una smossa anche lì XD
Oh! E prima che sorga qualche incomprensione di sorta: l’episodio dell’assalto del Vulcaniano e la Meditazione di Selek/Spock avvengono praticamente in contemporanea ^^ Verrà tutto chiarito in seguito, non preoccupatevi *ghigno sadico*
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, grazie delle parole, del sostegno, grazie davvero.
Scusate se quanto vi offro in questo capitolo è davvero misero.

Tai Nasha No Karosha,
Nemeryal

   
 
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