Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    14/04/2011    0 recensioni
Dopo avere sconfitto Arago, i nostri cinque ragazzi devono rimettere in piedi i cocci della loro vita e immaginare di poter riprendere una vita normale... che tuttavia potrebbe dividerli. Riusciranno ad accettarlo? O le cose andranno diversamente?
Gioco di ruolo nato, ORIGINARIAMENTE, come una fic breve. Evolutasi poi in qualcosa che ha lasciato perplesse le stesse autrici. Poi molto soddisfatte. Ma comunque perplesse ...
Il rating rosso in realtà è solo per un capitolo, ma vogliamo andare sul sicuro, così come la lemon^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Qualche spiegazione per questa fic:P

E' molto sui generis, quindi se a volte vi sembra che il punto di vista salti un po' troppo dall'uno all'altro personaggio... credetemi, è normale, essendo nata come gioco di ruolo:P

Benché la mia amica Sakura ed io abbiamo usato la terza persona, ognuna di noi due curava il punto di vista dei propri... attori... così effettivamente a volte si salta dall'uno all'altro.

Abbiamo cercato comunque, per poter fare assumere alla fic la parvenza di una fanfic normale, di aggiustare e rendere le cose più chiare prima di postarla. ^^

E credo sia venuta leggibile^^

Allora... per farvi capire... il titolo può sembrare demenziale, ma la fic non lo è, solo un po' comica in alcuni punti ma anche parecchio angst in altri^^


I personaggi sono stati così divisi.


Sakura nelle vesti di: Touma, Shu e Byakuen

Io nelle vesti di: Shin, Seiji e Ryo


Avvisi del caso: momentaneamente shonen ai ma ci sarà una scena a rating rosso più avanti^^


Che altro dire? E' stato divertentissimo:P

Qui avete la prima parte, ma la fic è tutta conclusa, il resto è solo ancora da mettere a posto:P



DI FOCHE E NOTTI AGITATE


-1-


Il sole all'orizzonte era quasi al tramonto, l'aria tutt'attorno vibrava del calore della primavera e il vento tra le fronde era dolce e cullante, come un'antica ninnananna. Qualche rondine lanciava richiami nelle vicinanze della casa, segno che l'ora del rientro era ormai giunta; nel mezzo del prato, sdraiato come se l'erba fosse il suo più naturale letto, vi era un ragazzo, le braccia spalancate davanti all'infinito spezzato tra il rossore e il blu cobalto di una notte ormai in arrivo.


La primavera era una bella stagione, per chi tanto spesso sentiva il cuore freddo, invitava ad accogliere dentro di sé le occasioni per poterlo riscaldare; e Seiji aveva tanto bisogno di percepire un po' di calore dentro di sé, era semplicemente stanco, non sapeva spiegarsi perché, lui, tanto avvezzo a controllare il proprio spirito e le proprie reazioni, non era improvvisamente in grado di districare la matassa ingarbugliata dentro di lui che, tra l'altro, si faceva intricata ogni giorno di più. E tutto da quando quelle persone... e una tigre... avevano invaso la sua vita facendo crollare ogni certezza.
Passeggiava sul prato, le scarpe basse e leggere gli permettevano di percepire la morbidezza dell'erba; poi lo vide... eccola una di quelle persone... i grovigli del cuore si intrecciarono ancora di più, in un istante.

"Perso a rimirare le stelle?" disse con tono quasi serio, un po' intimidito.

L'altra figura si rigirò su se stessa e si mise prona, le braccia intrecciate sotto il viso, gli occhi che spuntavano dal buio: visto così sembrava proprio un bambino, incuriosito e curioso ... a dirla tutta, anche un po' strano.

"In realtà speravo di vedere delle stelle cadenti. Qui in campagna il cielo non è ferito dalle luci artificiali".

Stelle cadenti ... quello strano essere di nome Touma che aspettava qualcosa di così romantico. Il cielo sarà stato anche il suo regno ma, quando si sentiva parlare il piccolo del Kansai, la razionalità era l'aggettivo più adatto alle sue argomentazioni. Escluse le volte in cui i commenti salaci uscivano con tanta facilità.

Seiji non poté fare a meno di sorridere e si accucciò accanto all'amico, un ginocchio a terra e l'altro sollevato, la mano destra posata al suolo, l'altra raccolta sulla gamba che faceva da sostegno; poi il sorriso si spense, perché il pensiero che l'aveva sfiorato gli diede un brivido. Si era davvero perso a contemplare quel viso... trovandolo carino? Sbuffò, si tormentò nervosamente il ciuffo biondo, quindi si sedette in posizione più comoda e rivolse al cielo i suoi occhi violetti:

“Se le aspettiamo insieme, queste stelle cadenti, forse avremo più fortuna... che ne dici?”

Touma tornò supino e gli rivolse uno sguardo carico di curiosità; poi le labbra si mossero in un sorriso divertito, quasi sbarazzino.

"La luce che cattura le stelle ... potresti diventare il mio portafortuna stasera".

A quelle parole, gli occhi di Korin si staccarono subito dalla volta celeste, ormai completamente preda della luce della notte, e tornarono a terra accompagnate dal tonfo assordante di un battito nel petto.

"Non guardarmi così!" aggiunse Touma strizzandogli l'occhio e lasciandosi andare a una risata liberatoria. "Sono anni che non vedo una stella cadente ad occhio nudo ... se ne attrai anche una sola, diventerai il mio portafortuna ufficiale!".

C'era una sorta di ironica malizia in quelle sue ultime parole ma, stranamente, non vi era intento di attaccar briga.

L'unico occhio visibile di Seiji sotto il vaporoso ciuffo si fece immenso; di solito riusciva a tenere testa benissimo alle battute di Touma, di qualunque stampo esse fossero. Ma questa volta c'era qualcosa di diverso e il samurai della luce non sapeva come comportarsi di fronte a qualcosa che, effettivamente, non capiva. Mentre lottava spasmodicamente alla ricerca di una parola, una sola, semplice parola, con cui ribattere, un grido emesso da una voce limpida e acuta lo fece trasalire:

“SHU, LA VUOI SMETTERE? ALTRIMENTI TI GIURO CHE NON ARRIVI A VEDERE LA PROSSIMA ALBA!”

Korin si lasciò sfuggire un sorriso; i loro due bimbi si stavano esibendo nell'ennesimo battibecco.

"Ecco la dolce vocina del nostro Shin ..." disse Touma alzandosi a sedere di scatto. "Mi chiedo quale nefandezza il nostro Shu abbia compiuto stavolta ...".

Si voltò verso Korin e fece spallucce, sospirando. "Abbandoniamo per stasera la nostra attesa?". Seiji fece cadere la testa, ora più rilassato, e lasciò che una smorfia si disegnasse sulle labbra. "Se vogliamo evitare un sicuro omicidio ...".


"Shin, è mai possibile che te la prendi per così poco?!".

La porta d'entrata della villa si era spalancata, lasciando uscire un fascio di luce nel quale si stagliò la figura possente di Kongo.

Seiji si alzò divertito, mentre osservava il samurai della Terra che correva verso di loro, una tigre bianca alle calcagna e, poco più indietro, un altro ragazzo, i capelli rossi al vento.

“PRENDILO BYAKUEN, NON LASCIARTELO SCAPPARE!”

“Addirittura scomodare Byakuen” commentò Korin, “la scimmietta deve averla fatta proprio grossa questa volta.”

"Byakuen, mi raccomando" gridò, alle spalle di Korin, Touma di Tenku. "Prendilo con una sola mossa!".

La tigre, rispondendo all'incitazione del ragazzo, emise un ruggito, mentre Kongo lanciava un'imprecazione ben poco gentile: sarebbero bastate solo due falcate all'animale per brancare il ragazzo e placcarlo a terra, come in una terribile morsa di rugby. A dispetto dell'apparenza, però, Byakuen sapeva ben dosare la propria forza e finì semplicemente per afferrare i pantaloni di Shu, farlo caracollare a terra e, infine, accoccolarsi sulla sua schiena. A quella vista, Tenku non riuscì a trattenere lo scroscio di risate che eruppero senza freno, mentre Korin nascondeva il proprio divertimento dietro ad una mano.

Il ragazzo che per primo aveva aizzato il felino, raggiunse il gruppetto, un ghigno di soddisfazione dipinto sul volto e si acquattò accanto a Byakuen e al suo prigioniero:

“Byakuen è dalla mia parte, scimmietta e non ti lascerà andare finché non mi restituirai quello che hai nascosto.”

“Un altro dispetto?” infierì Korin, inginocchiandosi davanti a Shu e posandogli una mano tra i capelli, tenendogli la testa incollata al suolo, “ti consiglio di restituire il maltolto a Shin, di qualunque cosa si tratti!”

"Shu, dovresti sapere che non hai vie di scampo ..." disse infine Touma con un ghigno che nulla prometteva di buono. "... altrimenti ci vedremo costretti a cercare da noi quel che hai sottratto".

Byakuen si lanciò in un profondo e vibrante ruggito che fece tremare il corpo stesso di Shu: con uno sforzo degno di lui, Kongo rialzò la testa, liberandosi della presa di Korin e, con uno sbuffo, sbottò:

"Siete veramente crudeli! In quattro contro uno solo ... anzi, cinque, visto che Byakuen conta per due!".

La tigre lanciò un altro ruggito, qualcosa che risuonò nell'aria come una vera e propria risata.

“Ragazziiii” si fece udire un'ennesima voce giovanile, seguita da un adolescente dai capelli corvini che sbucò dall'angolo della casa, “credo di avere trovato quello che cercava Shin!”

Dal suo tono trapelava un misto di terrore e divertimento, quasi fosse latore di un qualche bizzarro quanto spaventoso segreto.

Shin di Suiko si alzò in piedi e scrutò il nuovo venuto con sguardo interrogativo e vagamente ansioso:

“La tua espressione non mi piace per niente, Ryo.”

“Anche a me lascia perplesso” ridacchiò Korin, “ho la sensazione che stia per essere firmata la condanna a morte di una certa scimmietta.”

L'ultimo arrivato lanciò uno sguardo curioso alle due figure stese a terra e si lasciò sfuggire una risata.

"Byakuen, lascialo andare, poverino ...".

"Poverino, lui?!" Suiko gli si rivolse con un broncio degno del peggior sdegno. "Povero me, semmai. Sono sempre l'oggetto dei suoi giochetti ...".

A quelle parole, Touma rincarò la dose di risate, stavolta con uno sguardo che non piacque a nessuno.

Korin si ritrovò a credere che, senz'ombra di dubbio, quella sua mente tanto contorta aveva pensato a tutt'altra cosa ... pareva tanto innocente, ma a volte la malizia usciva da quella bocca con una semplicità a dir poco disarmante e imbarazzante.

“Cosa ti sei metto in testa adesso?” chiese il samurai della luce, scrutandolo con l'intensità dei suoi occhi tanto strani.

“Qualunque cosa sia” sbottò Shin, ormai sull'orlo evidente di una crisi isterica, “sarà meglio che stia attento pure tu, Touma, non credo di essere in grado di sopportare anche te!”

Quindi Suiko diede le spalle a tutti quanti e fece per allontanarsi, ma una mano si strinse intorno al suo avambraccio.

“Eddai, Shin-kun, non fare così, a volte esagerano, è vero, ma ti vogliono bene, lo sai.”

“Hanno uno strano modo di dimostrarlo, Ryo...”

Il guerriero del fuoco osservò l'amico con ansia, perché il suo tono si era fatto più triste, dimesso e lui non sopportava la tristezza dei suoi amici, quella di Shin, poi, arrivava dritta al cuore, proprio perché così raramente condivideva i propri pesi ed era sempre tanto gentile con tutti, anche se qualcuno, in quel gruppo variegato di teste e anime, metteva spesso alla prova la sua pazienza.

Zittito dall'uscita di Suiko, Touma inclinò la testa e si passò una mano tra i capelli: ecco che l'aveva fatto ancora ... un'altra volta e un altro passo oltre la linea. Tenere a freno la lingua non era mai stato esattamente semplice per lui, ma quando si trattava degli altri, le loro reazioni poco lo toccavano. Ora però, era tutta un'altra storia. Non erano solo gli altri. Questi ragazzi erano ben più ... Senza più altro pensiero, con uno scatto veloce, Tenku si ritrovò al fianco di Suiko e, afferratogli il braccio lo trascinò di corsa all'entrata, richiudendosi poi la porta alle spalle.

I restanti osservarono i due amici finché scomparvero all'interno della casa, anche Byakuen si era fatto serioso, pur non abbandonando la propria posizione; fu Ryo a fargli cenno di scendere dal samurai di Kongo e di smetterla di usarlo come proprio cuscino. Quando Shu ebbe finalmente agio di muoversi e di mettersi in ginocchio, sia Rekka che Korin lo circondarono e lo assalirono di domande:

“Si può sapere cosa hai fatto a Shin questa volta? Che cosa gli hai rubato? ” chiese con insistenza Seiji.

“Perché ti diverti tanto a tormentarlo?” rincarò la dose Ryo.

"Io non ho rubato nulla!" sbottò infuriato Shu, dimenando le braccia attorno a sé. "Se n'è uscito dalla sua camera prima e mi ha aggredito come un forsennato!" si giustificò con un'aria quasi offesa. "Oh certo ... se succede qualcosa in casa, la colpa è sempre mia ...".

“Almeno abbi la decenza di non fare il finto tonto” riprese Ryo, “non sei neanche abile a nasconderle le malefatte che fai! Potevi trovare un nascondiglio più intelligente! Tra l'altro è tutta bagnata, spero non sia rovinata troppo o Shin avrebbe tutte le ragioni persino di toglierti il saluto!”

“Vorreste farmi il favore di rendere noto anche a me di cosa si tratta?” domandò ancora Seiji di Korin, sempre più curioso.

"Beh, potresti illuminare anche me, allora ..." sbottò ancor più perplesso Shu. "Visto che non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo!".

Korin e Rekka si guardarono per un momento, poi il samurai del fuoco avvicinò il viso all'accusato, scrutandolo intensamente.

"Non gliel'hai presa tu?".

"Che cosa?!".

"La sua foca!".

"La foca? Ma ... NO!" Il volto di Kongo si infiammò con una vaga aria colpevole. "Io non ... io l'ho lasciata sul suo letto! E non era ... bagnata?! Come era bagnata?".

“Era... bagnata... sì...” borbottò Ryo tirandosi un po' indietro con una smorfia; dopotutto Shu sembrava sincero, quasi costernato per tutto ciò che gli era piovuto addosso. Inoltre, per quanto dispettoso potesse essere, riflettendoci bene non avrebbe mai rischiato di rovinare qualcosa a cui, come sapeva, Shin teneva tanto. Un gorgoglio spinse lui e gli altri a voltarsi in direzione di Byakuen; persino la tigre appariva, improvvisamente, sconcertata.

"Che succede, Byakuen?" fece Ryo con aria titubante. La tigre si sedette con aria pensosa, la coda che girava vorticosamente e lo sguardo perso a terra: agli occhi dei ragazzi, pareva come un bambino colto con le mani nel sacco.

"Byakuen?" ripeté Ryo di Rekka. La tigre si alzò e raggiunse di corsa la porta d'entrata: raspò per un attimo, poi la porta fu aperta e la tigre balzò in avanti sorprendendo Touma e Shin.

"Byakuen, cosa succede?" domandò Suiko con aria confusa, prima di lasciargli lo spazio per passare. L'animale salì di fretta le scale, come se avesse qualcosa di urgente e improrogabile da portare a compimento.

“Ma che gli è preso?” continuava a chiedersi Rekka, fermandosi al fianco del compagno ed osservando la traiettoria dell'amico felino.

Nel frattempo, Shin e Shu si scambiarono un'occhiata, entrambi impermalositi; l'arrabbiatura del primo non era ancora passata, nonostante Touma avesse impiegato tutti i propri mezzi per riportarlo alla calma, mentre il secondo si sentiva accusato ingiustamente e la questione non gli andava, evidentemente, giù.

L'ultimo ad entrare in casa fu Seiji, che si accostò al samurai dell'acqua, posandogli una mano sulla spalla:

“Sai, credo che avremo una sorpresa... temo che abbiamo preso tutti un abbaglio questa volta..”

“E detto da te” si levò la voce canzonatoria di Tenku.

"Touma..."

Il tono era chiaro, chiarissimo. Stavolta Shin e Seiji si erano trovati perfettamente sulla stessa linea d'onda.

"Non resisti, eh?" aggiunse Ryo con in viso un'espressione buffa nella sua serietà.

Tenku sospirò e, ostentando tutta la naturalezza possibile, alzò il naso verso le scale: pochi secondi dopo, riaprì la bocca per un'esclamazione di sorpresa.

I visi di tutti, sempre più seri, sempre più agitati, si fissarono su Byakuen, in cima alla rampa: aveva le orecchie leggermente curvate e la coda si muoveva appena.

“Byakuen!”

L'esclamazione quasi angosciata di Shin fu il primo suono a levarsi, acuto, nel gruppo, dopo ciò che avevano visto. Il samurai di Suiko si lanciò su per la scala, si inginocchiò davanti alla tigre e tese le mani verso l'oggetto che il felino contrito teneva tra i denti.

“Dai, ridammela, così la rovini!”

“Non... ci posso... credere...” bisbigliò Ryo, “dunque, a portarla in camera mia...”

Poi la sua voce si alzò di qualche ottava e sollevò il pugno verso la tigre:

“Byakuen, ma cosa diavolo ti è saltato in mente di entrare in una stanza altrui e servirti come se niente fosse?!”

La tigre, dopo aver lasciato cadere il pupazzo nelle mani di Shin, si lasciò andare ad un brontolio indispettito: questa poi! Non aveva fatto niente di male, lui! Qualcuno aveva abbandonato quella piccola foca tutta sola ... lui si era solo preso cura di lei. Non si lasciavano certi tesori con così poca cura!

Gli occhioni neri della tigre si alzarono su Suiko che, con aria un po' imbronciata, un po' rassegnata, teneva tra le mani la povera foca fradicia: allora gli venne spontaneo e naturale allungare il naso verso Shin e strofinarlo sulla sua guancia. Poi fece lo stesso - ma con più delicatezza ... quella foca era così piccola e leggera - sul pupazzo tra le mani del ragazzo e, concludendo quella sua mirabile richiesta di scuse, si abbandonò ad un mugolio adorabile.

Shin seguì i movimenti del muso del felino, come incantato e gli venne spontaneo, quando il naso di Byakuen toccò il suo peluche, allentare un poco la stretta, tanto da dare l'impressione che volesse ridarglielo.

“Volevi prenderti cura di lei, vero?”

La tigre rispose con un lieve ringhio di assenso e Suiko non resistette alla tentazione di gettarle le braccia al collo.

L'idillio fu interrotto dal commento sgraziato che si levò dalla voce di Shu:

“Magari riservasse ogni tanto a me quella tenerezza, sono convinto che non mi avrebbe perdonato con la stessa facilità!”

La mano di Seiji si abbatté nuovamente sulla testa di Kongo, accompagnata stavolta da una veloce scompigliata di capelli.

"Sappi cogliere il momento giusto".

"E cerca di essere adorabile come Byakuen ... beh, almeno provaci" aggiunse sardonico Touma alle sue spalle.

"Quindi il mistero è risolto, no? Shu è perdonato e Shin ammansito ... direi che siamo pronti per la cena!" concluse il samurai dell'etere guadagnandosi sospiri e occhiate esasperate da varie parti. Poi, con uno sguardo serio serio, si voltò verso i compagni e puntò chiaramente il dito contro Shu. "Sappi che ci hai fatto perdere dei desideri stasera!".


Il guerriero dell'acqua scese le scale e passò accanto a Shu, fermandosi, rigido, per qualche istante; anziché guardare il compagno scrutava fisso davanti a sé, le labbra imbronciate e un cipiglio che voleva essere serioso ma che, proprio perché ostentato, risultava buffo. In realtà avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole non uscivano, quindi si limitò finalmente a degnare Kongo di un'occhiata, i pugni stretti lungo i fianchi. Sulle sue labbra, dopo quella che parve un'eternità, si formò un balbettio:

“Shu...”

Il samurai di Kongo sentì la terra sotto i suoi piedi sgretolarsi - o forse erano le ginocchia - ed il viso si infiammò delle peggiori tempeste di fuoco.

"Dimmi ..." mugugnò lui con lo sguardo abbassato, quasi imbarazzato dalla situazione. Sembrava quasi una confessione, così da come erano messe le cose ... e, per quanto si considerasse una persona aperta, non sopportava di dover assistere a quella scena che lo stava sciogliendo letteralmente, con quegli occhi intrusi che li guardavano. Troppo intensamente.

Anche il volto di Suiko si abbassò; dopotutto era ancora più timido del compagno e non era quindi meno imbarazzato dalla situazione, eppure sentiva di dover fare qualcosa, di dover prendere una qualche iniziativa. Tutti gli amici dovevano sapere che era perfettamente in grado di riconoscere i propri errori e colpe.

Quindi raccolse tutto il fiato di cui fu capace e disse, ad alta voce e scandendo chiaramente ogni parola:

“Io... credo di doverti delle scuse...”

Shu, al limite del nervosismo e dell'imbarazzo, chiuse gli occhi, contò fino a cinque e poi si diede dell'idiota. Certe cose non si dovevano nemmeno pensare quando c'era di mezzo il proprio ragazzo. Così, sorprendendo Shin e guadagnandosi dei sorrisi soddisfatti alle sue spalle, finì quasi per soffocare il giovane nell'abbraccio più tenero e goffo della storia: una delle mani si intrufolò tra le morbide ciocche di Suiko e si perse a giocarvi con rara delicatezza.

Touma fu sul punto di riaprire bocca, ma Seiji fu più veloce di lui e se lo trascinò nella sala da pranzo, quasi subito seguito da Ryo che, dal canto suo, dovette chiamare più volte un interessato Byakuen: cosa avesse in mente quella tigre, a volte, proprio non lo sapeva.

“Però...” si fece udire il bisbiglio di Shin soffocato dall'abbraccio. La stretta si allentò.

“Però?” lo incalzò Kongo, dandogli la possibilità di esprimersi.

Il volto di Shin si rese di nuovo visibile, imbronciato:

“Un po' te le cerchi, se ti accuso è perché di solito sei responsabile davvero.”

Kongo stava per riaprire bocca, ma una stretta improvvisa attorno al torace lo distolse da un probabile ulteriore danno. Contro la sua maglietta, Shin strofinò il viso, poi la fronte e, nel mezzo del silenzio interrotto dai battiti di un cuore in subbuglio, si levò uno sbuffo, inevitabile inizio di una risata.

"E ora perché ridi?!" la voce del samurai della Terra si alzò, pericolosamente in bilico tra il lamento e l'incredulità. La risata si acuì e Shin strinse la maglia del compagno, come a voler sostenere quell'attimo di improvvisa ilarità.

“Perché... io...”

Già, perché rideva? Era il risultato di una tensione accumulata ed improvvisamente allentata, era l'emozione profonda del momento, era il suo bisogno inconfessato di affetto a fargli desiderare di crogiolarsi in quell'abbraccio tanto rude e protettivo a un tempo, pentendosi per aver rischiato di rovinare tutto con la sua solita, maledetta lingua che spesso e volentieri rivaleggiava con quella di Touma.

Poi tornò improvvisamente serio e gli occhi di Kongo si fecero immensi nel notare come, in quegli occhi limpidi, luccicassero lacrime... forse generate dall'ilarità? O erano lacrime reali... di dolore?

"Shin ..." mormorò Shu, un moto di tristezza a invadergli lo stomaco, mentre una delle mani saliva verso il volto del compagno. "Prometto che non ti farò più arrabbiare. Che scaricherò sugli altri tutti i miei stupidi scherzi. Che ti aiuterò quando me lo chiedi senza fare lo scansafatiche. Che ..." le parole gli morirono in bocca, quando gli occhioni verde-blu di Suiko si richiusero e vide il viso del ragazzo avvicinarsi al suo e rubargli un bacio veloce. Così veloce che credette di aver sognato di averlo ricevuto: sbatté le palpebre, imbambolato, e le labbra si morsero istintivamente in un gesto nervoso.

“Sarebbe meglio che tutti i tuoi stupidi scherzi non li scaricassi su nessuno, no?” mormorò Suiko, la voce ancora incrinata, poi si sfregò gli occhi con un braccio; quando lo riabbassò, liberò sul volto di Shu un esile sospiro:

“E io farei meglio a tacere... lo so...”

Osservò gli occhi del suo ragazzo; erano blu, profondi... a prima vista nessuno avrebbe detto che il volto di Shu fosse così tenero e dolce, ma Shin quella dolcezza la conosceva tutta, meglio di chiunque altro.

Ebbe l'impressione che Kongo volesse dire qualcosa. Infatti, le labbra del ragazzo si mossero, esitanti, il suo sguardo appariva persino timoroso:

“Shin... in realtà... la tua foca...

"La mia foca ... cosa?".

"La tua foca ... ecco ... non era ... ecco ..." Shu si passò timidamente la mano tra i capelli, sperando in cuor suo di non montare un altro casino per una cosa così innocente. Almeno se lo augurava. "In realtà, io l'avevo presa ...".

Finì in un soffio lui. Shin si irrigidì un attimo, ma controllò l'istinto e la bocca e lo fece continuare. "E?".

"In realtà ... stavo pensando ... oh, insomma!" Kongo sbottò, dando le spalle al compagno con un'espressione che Touma avrebbe definito 'da bradipo ... ma in fondo sono animali carini, no?'.

“L'avevi... presa?”

Il tono di Suiko vibrò di tensione; perché quando tutto sembrava perfettamente a posto, quando tra loro il clima tornava ad essere perfetto, quella scimmia testona riusciva a rovinare sempre tutto? Aveva davvero voluto fargli un dispetto allora? Aveva voluto trovare il modo di ferirlo?

E se così era, perché aveva lasciato perdere?

“Shu-uu-u, ti stai inguaiando di nuovo?” cantilenò dall'altra stanza una voce ben nota.

"Touma!" replicò stizzito Shin, mentre dall'uscio che conduceva alla sala, sbucava il capo corvino di Tenku. Questi ignorò Suiko, mentre puntò tutta la sua attenzione sulla figura girata di Kongo.

"Shu, perchè non glielo dici?".

"Dirmi cosa?!" ribattè Suiko con un dente ben più che avvelenato.

"Avanti, diglielo... è tanto spudoratamente più semplice farlo che andarsi a complicare la vita così ...".

"Touma, vuoi spiegarmi che accidenti stai dicendo?!".

Ormai il samurai dell'acqua era pronto a qualsiasi cosa, prima fra tutti scaraventare il primo oggetto contundente che trovasse sulla sua strada su quella lingua ingombrante che era Tenku. Secondo, saltare addosso a Shu. Letteralmente.


***


Gli era sfuggito... aveva girato un attimo gli occhi e Touma era sgusciato via dal suo controllo come un'anguilla.

Sì, perché Seiji non se lo toglieva dalla testa, il guerriero di Tenku andava sorvegliato, costantemente e con la massima attenzione: non si poteva mai sapere dove quella lingua incapace di interagire con persone... normali... potesse andare a colpire, senza volerlo... e dove quel naso da bambino curioso e desideroso di scoprire... qualunque fosse il campo di indagine... avrebbe potuto andarsi a ficcare.

Avevano lasciato da soli Shin e Shu per permettere loro di chiarirsi e sperava che lo stesso Touma avesse compreso la necessità di una tale decisione; non poteva essere andato a disturbarli, non poteva credere che fosse indelicato fino a quel punto.

Mentre Ryo era intento ad aiutare Nasty a preparare la tavola e Byakuen contemplava con interesse quanto veniva messo sulla tovaglia, Seiji di Korin tornò sui propri passi per andare a controllare che nel soggiorno non stesse accadendo nulla di spiacevole.

Ed eccolo lì ... come un cucciolo che punta una preda troppo grande e pericolosa per lui: il naso che si girava tra una pericolosa orca e una scimmia che prendeva le sembianze di un gorilla in amore. Lui, il gatto molesto e impiccione di mezzo.

"Avanti, diglielo ..." lo sentì miagolare, con quella punta di saccenza e quel gusto di risanatore dei torti. La mano di Seiji giunse prima delle parole e lo agguantò al collo della felpa, come si agguanta un gattino che ne ha appena combinate una delle sue.

"Touma, sei un moccioso molesto!" si ritrovò ad esplodere Korin. Gli occhi blu di Tenku si voltarono grandi e orgogliosi verso di lui, mentre incrociava le braccia.

“AL DIAVOLO, SEIJI, NON SEI MICA MIO PADRE!” urlò Touma in faccia a Korin, poi borbottò, più a bassa voce, “ah no... forse, caso mai, mia madre...”

Seiji sentì un'ondata di acido risalire lungo le viscere, con il desiderio di esplodere all'esterno nella prima, autentica imprecazione volgare della sua esistenza. Eppure riuscì a trattenersi come sempre, ma strinse il colletto della maglia con tale energia che Touma venne quasi sollevato da terra.

Il samurai della luce, senza lasciargli riprendere fiato, non lo degnò tuttavia della minima considerazione e si rivolse invece agli altri due amici:

“Non fate caso a lui, qualunque scemenza stesse dicendo, me lo porto subito via.”

E così fece, per la felicità dei due samurai rimasti. Passò solo qualche secondo, prima che Shin riaprisse bocca.

"Mi dici che cosa volevi fare?".

"...".

"Prima che ti torca il collo per ottenere una risposta!".

A quel punto, Kongo mandò al diavolo quel rimasuglio di timidezza e di orgoglio rimastigli e si volse verso il compagno, coprendo con poche falcate la distanza che li separava.

"Un regalo Shin, accidenti ... pensavo di farti un regalo!".

Il volto di Shu si abbassò a terrà, così che la frangia coprisse interamente lo sguardo.

"Avevo pensato che... dato che non rimarremo sempre assieme ... volevo che avessi qualcosa che ... ti ricordasse di me ...".

Il cuore di Suiko gli balzò in gola e il ragazzo lasciò ricadere le braccia, il corpo improvvisamente scosso da tremiti incontrollabili: non sapeva cosa, nelle parole e nell'atteggiamento di Shu, gli facesse più male, se il rammarico dipinto sul suo volto per essere stato ingiustamente accusato o se il fatto che, per primo, avesse esternato quello che generava in tutti un malinconico senso di attesa. Era logico che non avrebbero potuto vivere tutti insieme per sempre, avevano le loro case, le loro famiglie, i loro impegni... eppure nel gruppo aleggiava una domanda inespressa: Arago era sconfitto, per fortuna, le tenebre non costituivano più una minaccia immediata... cosa ne sarebbe stato, però, dei Samurai Troopers?

Si sarebbero separati... e tutto come prima? Come se non fosse accaduto niente?

Non posso piangere” pensò spasmodicamente Suiko, “non posso mettermi di nuovo a frignare come un bambino, cosa penseranno di me?”

Ma, mentre così rifletteva, una mano salì agli occhi, nel vano tentativo di arginare la nuova ondata di lacrime; tremava così forte che temeva di cadere.

Avrebbe trovato il coraggio di lasciarli? Di lasciare Shu, il suo sostegno, la persona con cui più si era aperto, forse, dal giorno in cui suo padre gli aveva detto addio? La persona alla quale, dopo tanti anni, aveva concesso di guardare dentro la sua anima, finalmente qualcuno cui poteva realmente aggrapparsi, qualcuno da cui venire protetto, dopo anni in cui si era imposto di controllare questo suo incolmabile bisogno d'affetto?

“Shu...” guaì in un singhiozzo, la mano ancora premuta sugli occhi.

Quel singhiozzo fece da richiamo e Shu si ritrovò, colto dal panico, ad osservare impotente grosse lacrime scendere da dietro quella mano.

Davvero ... quando lo vedeva così, in quel modo ... pensava che le parole non avessero abbastanza forza per esprimere l'affetto, la costernazione, il dispiacere, le scuse. A dire la verità, quando guardava quel ragazzino implodere ed esplodere a piccole e trattenute ondate, come se non potesse permettere, non agli altri di vedere... ma a se stesso di mostrare il fianco, un momento di debolezza o solo una lacrima... Shu si sentiva perso. Completamente. Non sapeva dove sbattere la testa, quando Shin era così. Riteneva che anche l'abbraccio più sentito e sincero non sarebbe servito a nulla per colmare quel momento di infinita tristezza ... sentiva, ecco che le sentiva ... lì a pizzicare, prepotenti e sfottenti ... a bussare a una porta che detestava aprire. Perché le lacrime non si addicevano alla Terra.


“EHY, COLOMBINI, NON AVETE INTENZIONE DI VENIRE A MANGIARE? SHU, GUARDA CHE NON TE NE LASCIO!”

Ryo, Seiji, Nasty e Byakuen sussultarono allo strillo irriverente di Touma e Korin si voltò per mollargli uno scappellotto non proprio delicato dietro la nuca, suscitando nel samurai dell'etere una lamentosa protesta.

Ryo, dopo aver rivolto un sorriso divertito a quello che era diventato un genere di scenette ormai abituali, lanciò un'occhiata alla porta chiusa della cucina:

“Però... in effetti ci stanno mettendo un po' troppo. Andrà tutto bene?”

"Ryo, lasciamoli fare. Se interveniamo noi o, peggio, baka no Touma qui, si intrufola in fatti non di sua competenza"

Alle parole di Korin, Tenku fece un'espressione talmente scandalizzata e scioccata che Nasty e Byakuen risero di gusto.

"Finiamo solo per allungare le cose. Diamogli tempo e spazio" concluse il biondino lanciando un'ultima occhiata al samurai dell'Etere.


Nell'altra stanza i due ragazzi, a pochi passi l'uno dall'altro, non si guardavano nemmeno negli occhi ora: era così tetro quel pensiero galleggiante sulla loro testa che, forse, temevano, nel guardarsi, di incontrare il pianto dell'altro e allora dare vita a una vera e propria valle di lacrime.

Dì qualcosa Shu... ti prego... dì qualcosa tu...” pensava febbrilmente Suiko, non ce la faceva ad essere forte, non in quel momento. Aveva fatto il forte da una vita, aveva imparato a contrastare i propri cedimenti, si era appropriato delle virtù di un degno guerriero samurai, ma la verità era una sola: lui non era altro che un ragazzino di quindici anni e i sentimenti erano quanto più contava, in verità, nel suo cuore.

Era così per tutti loro, il Male era stato sconfitto, da quando era piccolo aveva adempiuto ad un dovere autoimposto perché sua madre e sua sorella non si preoccupassero di nulla e fossero degne di lui. Non aveva, in fondo, il diritto di dare ascolto ai propri sentimenti, una volta tanto? Non avevano, tutti loro, quel diritto?

Abbassò il braccio, smise di strofinarsi gli occhi; avrebbe accettato il proprio pianto e voleva vedere quello di Shu... la sua commozione, voleva che anche lui si sentisse libero di esprimere tutto ciò che aveva dentro.

Fissò i propri occhi lucidi e arrossati sul guerriero di Kongo e lo vide con lo sguardo basso, l'atteggiamento tanto simile a quello di un cucciolo bastonato che gli fece il medesimo effetto di Byakuen quando era stato colto in fallo con la sua fochina di pezza.

Un passo dopo l'altro, lenti e un po' esitanti, colmò la distanza che li separava e le sue mani si allungarono, si posarono sulle guance di Shu e si spostarono fin sulla nuca, a giocare con i suoi capelli scuri arruffati:

“Shu... guardami... dai...”

Shu sospirò, più di una volta, come se con l'aria volesse respirare anche il coraggio e la forza di cui aveva bisogno, ora. Strinse forte i denti, imponendo alla propria testa di alzarsi e quelle dita che passavano sulla sua nuca furono uno stimolo necessario, indispensabile, perché tornasse a rimirare gli occhi blu mare del suo Torrente.


Eccolo, penso Suiko. Ecco il volto più vero e candido ... e incredibilmente tenero del mio Shu. E' qui, in questi occhi che brillano pericolosamente di stelle ... è sulle sue guance, arrossate, coperte di lacrime e frementi di tutto ... è qui ... su queste sue labbra che si mordono per non lasciare uscire nemmeno un singulto. E' lui. E' il mio unico, incredibile Shu.

A lui doveva tanto, forse troppo, all'inizio di quella loro pazzesca avventura, non avrebbe mai pensato che un semplice incontro avrebbe significato tanto; la sua mente era tutta concentrata sull'impresa che il fato gli aveva imposto di compiere e si impegnava a mascherare la paura che lo stringeva dentro come una morsa, facendo spesso e volentieri il buffone... come Shu del resto... i pagliacci del gruppo... quella era la superficie di entrambi... e i reciproci crolli in privato quando, da soli, nella stanza che Shu aveva lottato per dividere con lui, si erano aperti, confidati e confessati... di essersi innamorati l'uno dell'altro, di aver trovato, l'uno nell'altro, un porto sicuro nel quale rifugiarsi in caso di bisogno,

Tuttavia è vero soprattutto per me” rifletté, “per lui è così facile aprirsi... mentre io...”

Il pensiero si mutò in parole pronunciate con voce rotta:

Shu... non restare in silenzio... ho paura...”

Di cosa aveva paura? Non erano esattamente quelle le parole che avrebbe voluto dire, ma erano uscite, in tutta la loro drammatica realtà. Sapeva bene di cosa aveva paura: era tutto finito e le loro strade si sarebbero divise, come poteva accettarlo dopo tutto quel che era nato tra loro? Shu l'avrebbe dimenticato? Si sarebbe trovato altri amici... altri amori con cui condividere il resto della sua esistenza?

Io invece... non posso immaginare... di poterci riuscire... senza di lui non sarò mai più nulla.”

"Come ci riesci?" furono le prime parole di Shu a udirsi, inaspettatamente.

Shin scosse la testa, un po' sollevato a sentire la sua voce, ma confuso da quella domanda.

"A fare cosa?".

"A non aver paura ... quando piangi ...".

Suiko riabbassò il capo, un poco deluso da quelle parole: lui non aveva cosa ...?!

"Io ho paura Shu ... ne ho sempre, ma ...".

"Ti invidio ..." una guancia di Kongo scivolò su quella di Suiko e le loro lacrime si mescolarono in una scia salata. "Io sono bravo a ridere e scherzare ... ad arrabbiarmi e a mettere il muso, ma ... non sono bravo, proprio per niente ... a piangere come te".

"Bravo ...?". Shin spalancò gli occhi, credendo di aver sentito male. "Shu, ma cosa dici?".

Il samurai dell'acqua deglutì, colto da un senso di soffocamento; era spiazzato e non sapeva come reagire a quelle parole... né come prenderle. Non gli era affatto chiaro se Shu le intendesse come un complimento o l'esternazione di quel che riteneva un difetto. Tuttavia, le loro lacrime che si fondevano insieme, le coccole che il compagno gli stava riservando...

Perché doveva sentirsi così insicuro? Perché tanto spesso metteva in discussione la propria medesima virtù?

Era bello quell'abbraccio, gratificante, gli colmava il cuore... ma aveva bisogno che Shu lo rassicurasse, ancora di più... perché avrebbe potuto essere l'ultimo... avrebbe potuto essere un abbraccio d'addio.

Appoggiò la fronte sulla spalla di Kongo, si abbandonò contro di lui come se gli mancasse il terreno sotto i piedi e Shu venne colto alla sprovvista nel percepire il peso del suo ragazzo che gravava completamente contro il suo corpo, tanto che si destabilizzò un po'. Ma era forte e riprese subito il controllo, lasciando che Suiko si affidasse del tutto alla sua presa salda.

Bravo a piangere? Oh... Shu...” si mise a singhiozzare Shin, “ho il terrore di perderti, lo capisci?”

Le ultime parole furono quasi un grido, una disperata invocazione.


"La parola addio non dovrebbe esistere tra noi!".

Come un fulmine o, forse, una stella cadente, Tenku no Touma fece l'ennesima comparsa nello spazio vitale dei due ragazzi: le mani aggrappate agli stipiti della porta, la bocca contratta in una smorfia e gli occhi, stavolta, latori di una tristezza e di una rabbia quasi incontenibile. Shin e Shu si bloccarono, l'uno nelle braccia dell'altro, spiazzati e sconvolti da quell'apparizione simile a un oni imperioso: Tenku tremava in ogni fibra, come se l'energia delle stelle che gli fluiva dentro volesse scoppiare e inondare tutto, purificare ogni cosa, lavare via ogni lacrima, cancellare ogni torto, ogni parola sbagliata.

"La parola addio non deve esistere tra di noi ... noi siamo amici ... siamo ... molto di più ..." la voce si abbassò, per poi rialzarsi selvaggia e potente. "Se per voi il mondo è tutto qui e non vedete nulla di più, allora siete davvero dei bambini!".

Ed eccole, piccole piccole, trattenute con mano esperta negli occhi, mentre le guance si coloravano di fiamme e impertinenza. "Voi siete il mio mondo ... e tu, Shin ... e tu, Shu ... siete uno il mondo dell'altro".

Gli occhi brillarono del fulgore delle stelle e Touma si sentì detentore di una verità unica, assoluta e inconfutabile.

"Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici? Se desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già?".

Shin lasciò cadere una mano lungo il fianco, mentre l'altra restava saldamente aggrappata a Shu; non smise di piangere, ma erano lacrime pacate adesso, lo sguardo ricolmo di emozioni fisso sul samurai dell'etere che, dopo aver gettato fuori quel fiume di parole contenenti un universo intero di significati, ora restava fermo, le mani che afferravano convulsamente il legno cui si appigliavano e respirava con affanno, come se avesse compiuto uno sforzo devastante. Ma ciò che colpì maggiormente Suiko furono le lacrime... anche Touma piangeva... erano tre bambini, in piedi, a guardarsi, specchiando negli occhi gli uni degli altri la propria personale angoscia, che diventava comunitaria, unica.

Touma...” mormorò Shin, colpito, commosso, devastato interiormente da ciò che era accaduto a tutti loro nel giro di così poco tempo.


Seiji non si era neanche accorto del movimento di Touma, non si era reso conto che Tenku si era avvicinato alla porta con il chiaro intento di origliare e, quando voltò nuovamente lo sguardo verso di lui, il samurai che faceva della razionalità e della praticità estreme la propria bandiera, si stava lanciando, con ansia e foga, nel più sentito ed intenso dei discorsi. Il cuore di Seiji si strinse, gli era chiaro cosa stava accadendo: pian piano stavano venendo fuori le loro paure... l'incertezza che a tutti provocava, nell'animo, la loro ormai prossima separazione.

Si voltò a guardare Ryo e lo vide immobile, in piedi, anche lui a fissare Touma, negli occhi lacrime che erano pronte ad uscire.

Sollevò una mano e se la portò alla guancia: la trovò umida. Non si era reso conto prima che lui stesso, già da parecchi istanti, stava piangendo... e stranamente non se ne stupì, né se ne fece un problema.

Seiji e Ryo si avvicinarono, allora, al compagno che, quasi ansimante, se ne stava ora silenzioso come un bambino in castigo: Seiji allungò una mano e la passò sulla testa corvina di Tenku e, per la prima volta, lo fece con una tenerezza quasi sconcertante.

"Dovremmo essere più sinceri tra di noi ..." mormorò Ryo, un sorriso malinconico sulle labbra e una mano che tentava di asciugare il disastro che gli scorreva ancora sul viso. "Tenerci tutto per noi ... fa male".

I compagni annuirono, mentre Byakuen, compresa l'atmosfera, osservava la scena dall'esterno.

Eccoli lì i cinque cuccioli ... dalle zanne affilate e precise, ma dai modi ancora talmente maldestri da sembrare teneri micetti.

Era così difficile anche solo formulare il pensiero della distanza per loro, eppure ... gli esseri umani erano proprio strani. Faticavano a comprendere quanto quelle distanze materiali non fossero altro che un gioco di illusioni della loro tristezza: in fondo, erano stati gli stessi esseri umani a trasformare le enormi distanze in tragitti così brevi da passare inosservati. E questi cinque cuccioli si disperavano per una distanza ... quando i loro cuori erano lì, stretti l'uno all'altro, incapaci di muoversi senza che l'altro battesse e accompagnasse il loro moto continuo. I cuori, no, quelli non erano mai lontani.

Touma restò in un primo tempo rigido, immobile, quando le mani dei due compagni cominciarono ad accarezzarlo, ad asciugargli le lacrime come se davanti a loro ci fosse Jun anziché un giovane della loro età, quindi sorprese Seiji con una mossa inaspettata: si lasciò andare ed affondò contro il suo petto, nascondendo in esso completamente il volto. Korin fu così colpito che non reagì subito, ma poi allargò le proprie braccia e le richiuse su di lui, poggiando la fronte sulla nuca, lasciando che le ciocche un po' disordinate di Tenku gli solleticassero la pelle del viso.

Ryo non poté fare a meno di sorridere di fronte a quella scena e si allontanò un poco, quasi sentendosi di troppo in un certo senso; anche se sapeva benissimo che, tra loro, nessuno era di troppo, perché erano una cosa sola, non importava la distanza, Touma aveva avuto ragione nel dirlo.

Eppure sentiva, dentro di sé, che tra il cucciolo del Kansai e il discendente di Masamune Date permaneva qualcosa di non detto... e che avrebbero assolutamente dovuto chiarire, prima di salutarsi.

Sgusciò tra loro, nel soggiorno, e gli occhi caddero sulle altre due figure incollate l'una all'altra, intente ad osservare la scena con tante domande dipinte sui volti.

Il sorriso di Rekka si accentuò: la situazione tra Shin e Shu era diversa, si erano aperti l'un l'altro, lo sapeva. Ciò di cui avevano bisogno loro, era una reciproca sicurezza e riteneva che Touma avesse avuto il merito di fornire una spinta in questo senso. Lingua lunga Tenku, dopotutto, non parlava sempre a sproposito.

Si avvicinò ai due, fino a posare le mani sulle loro spalle.

Ryo...” mormorò Shu.

Ryo...” gli fece eco Shin, quasi simultaneamente.

Il samurai del fuoco avrebbe riso: erano entrati talmente in sintonia i loro due adorabili pagliacci che, a volte, giungevano a parlare insieme, facendosi coro a vicenda.

Shin-kun... mi spieghi come potrebbe, Shu, fare a meno di te? Come potrebbe accettare di perderti?”

Suiko sussultò, poi il suo viso ancora sconvolto si abbassò, la mano si strinse in un pugno. Ma subito dopo la portò al viso, a stropicciarsi un occhio:

So di essere un idiota...”

Non è vero” gli rispose Ryo, “sei solo stato il primo ad esprimere apertamente quella che era la paura di tutti noi.”

Si volse quindi verso Kongo che, fino a quel momento, era rimasto come passivo; colui che di solito era il più espansivo e passionale sembrava subire più di tutti lo smarrimento di quella situazione.

Non è vero, Shu? Shin non è una persona che si possa smettere di amare facilmente.”

Gli occhi di Kongo si fissarono in quelli di Ryo, un po' persi, poi riacquistarono a poco a poco lucidità e una fiamma conosciuta divampò per poi chetarsi in una piccola e avvolgente fiammella.

"Io non smetterò di amarlo mai, che sia chiaro!" sbottò, ritrovando quella verve che da sempre lo caratterizzava tanto bene e lo rendeva agli occhi di tutti forse una scimmietta, ma la più coraggiosa e amabile, appassionata e scavezzacollo. "Shin, sappi che non smetterò!"

Il volto, in preda ad una ritrovata euforia, si incollò a quello di Suiko, prima di esprimere ancora qualche parola, stavolta, per i compagni.

"E anche voi ... sarete sempre parte di me, in ogni istante e in ogni luogo. Al diavolo le distanze!" Shu afferrò con foga le mani di Shin e le strinse tra le sue, dove si persero. "Farò anche salti mortali, se sarà necessario ... hanno sempre tentato di dividerci e non ce l'hanno fatta. Touma ha ragione" una buffa espressione gli si dipinse sul volto, quando lo vide di spalle, ancora avvinghiato al corpo di Korin. "Le distanze non ci divideranno mai, non noi ...".

Le gambe di Shin cedettero, neanche il ragazzo sapeva spiegarsi perché e si ritrovò a scivolare a terra, con le mani che si aggrappavano alla felpa di Shu e la fronte affondata nel morbido tessuto. Ryo fece per intervenire, ma Shu lo precedette e si inginocchiò insieme a Suiko, stringendolo a sé, mentre il ragazzo aveva ripreso a singhiozzare, soffocando le parole sul petto del compagno:

Grazie Shu... grazie...”

Ryo li guardò, indeciso sul da farsi, poi non resistette e si acquattò vicino a loro, avvolgendoli entrambi: era convinto che non li avrebbe disturbati in quel momento, che quegli istanti fossero per tutti, nessuno escluso.

Ed infatti Kongo e Suiko accettarono quella stretta, il loro capo, il leader tanto tenero che vegliava su di loro, come loro vegliavano costantemente su di lui.

Ogni volta che ne sentirete il bisogno” esordì Rekka con tono carezzevole, “io lo verrò a sapere e correrò da voi, dovunque vi troviate.”

Poi, fu un istante ed i tre, stretti nell'abbraccio, si ritrovarono a terra, avvolti da un manto bianco e nero, baciati da una lingua ruvida ma tenera e gioiosa allo stesso tempo: il peso di Byakuen non sembrò nemmeno toccarli, tanto era gentile e affettuosa l'ondata di emozioni che la tigre cercava di trasmettere. Alle loro spalle, giunsero due distinte risate, lievi e innocenti, cariche solo di una spirale infinita d'affetto.


E ora era lui il cucciolo? Ma sì, che importava ... forse era più facile per tutti se ad accompagnarli era un compagno un po' cucciolo e un po' adulto ... Era più semplice arrivare al cuore da piccoli, abbandonare ai timori le incertezze e le indecisioni: seguire l'istinto, in fondo, era per lui la cosa più normale, quella in cui poteva dirsi anche maestro indiscusso. Seguire l'istinto poteva essere un rischio, ma poteva anche donarti le emozioni più reali e belle. L'istinto, forse, era un abbandonarsi. Ma abbandonarsi ad un amico era l'atto più coraggioso ... ed esaltante.

  
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