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Autore: Macchia argentata    15/04/2011    17 recensioni
Nasce come one-shot (scritta tempo fa) ma, tempo permettendo, vuole diventare una raccolta introspettiva su un personaggio che non ho ancora affrontato, Alain, e sul rapporto che lo lega ad Oscar e Andrè.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Alain Avanzai barcollando nel corridoio buio, cercando di reggermi, per quanto potevo, alle pareti o  qualunque altra cosa mi fosse capitata sotto tiro.
“Hei Alain, guarda dove metti i piedi, per poco non mi mandi lungo disteso!” bofonchiò una voce, impastata quanto la mia, da un punto imprecisato alla mia sinistra.
“Hei Etienne, se non ti tappi quella boccaccia ti ci mando di sicuro lungo disteso, e ti assicuro che i denti ti si romperanno prima di toccare terra!” farfugliai confusamente.
Mi appoggiai con la schiena al muro, e sospirai, lasciandomi scivolare seduto.
Per la miseria, a quanti bicchieri ero arrivato, prima di sbattere la testa contro al tavolo? Mi massaggiai leggermente la fronte, su cui sentivo spuntare un doloroso bozzo, e cercai di ricordare.
Avevo portato i ragazzi alla locanda. Si ecco, li avevo portati a farsi un bicchierino, quella vigilia di Natale, perché ero un buon capo, ed è questo che fa un buon capo: permette alla sua truppa di svagarsi, di tanto in tanto. Non come faceva la nostra algida soldatessa, sempre pronta a tenerci in riga come bravi soldatini.
Sghignazzai tra me e me.
“Ah, quel povero Grandier…Che pazzo!” Esclamai, pensando al mio buon amico Andrè Grandier. Sempre sull’attenti, lui.
Lei chiamava, lui si precipitava.
Lei ordinava, lui eseguiva.
“A quel ragazzo dovrò spiegare un paio di cose su come gira il mondo, prima o poi...”
Etienne, accasciato al mio fianco, emise un sonoro rutto.
“Ah, sei disgustoso, Etienne!” lo rimproverai “Non lo sai che questo adesso è un posto per signorine? Vatti a incipriare il naso, piuttosto! Ho sentito dire che la prossima missione sarà impegnativa: cuciremo all’uncinetto e ci eserciteremo alla spinetta!”
Ci fu un attimo di silenzio, poi io ed Etienne scoppiammo a ridere.
“Hei, Alain, cosa ne dici se andassimo a pisciare sulla scrivania del comandante?”
Altre risate convulse.
“Grandier probabilmente si offrirebbe di ripulire tutto con la lingua, quel tirapiedi!”
Il riso mi si congelò improvvisamente sulle labbra.
“Sei un idiota, Etienne.”
“Ma Alain, che ti prende? Aaah, non dirmi che ti sei offeso per quello che ho detto su Grandier…Lo sai che è un galoppino, lo sanno tutti, qui in caserma. Sta attaccato alle gonne di quella donna come un cane in calore, e per me ci gode pure quando lei gli tira calci negli stinchi per levarselo di torno…” Etienne ruttò di nuovo, pulendosi poi l’angolo della bocca con la camicia.
Io rimasi silenzioso, leggermente urtato nell’animo per quell’affermazione priva di alcun tatto.
Pensavo anch’io che Andrè si stesse avvelenando la vita con la sua assurda dedizione a quella donna, ma per qualche strano motivo mi infastidiva il modo in cui lo deridevano gli altri soldati.
C’era qualcosa che mi sfuggiva.
“E poi per cosa?…” proseguì imperterrito Etienne, ignaro del mio risentimento “Quella donna ha delle cesoie tra le gambe, lo dicono tutti, il nostro Grandier si troverebbe amputato dei suoi attributi prima ancora di…”
Con un colpo bene assestato sotto al mento, misi a tacere il fastidioso cicalio del mio compagno.
Il silenzio calò sul corridoio. Ma le fastidiose parole di Etienne continuavano a rimbombare nei miei timpani.
“Sei ubriaco, Alain. Dici sempre che smetterai di bere, ma non lo fai mai, e questi sono i risultati…”
Ero troppo irritabile, ultimamente.
In fondo, Etienne non aveva fatto altro che ripetere cose già sentite e risentite più volte, nei dormitori e durante le ronde.
Era l’argomento del momento: chiedersi cosa avesse il comandante sotto alla divisa e scommettere su chi l’avrebbe fatta strillare di più, una volta giunti al dunque.
Naturalmente, quando compariva Andrè, tutti si zittivano e si davano di gomito divertiti.
Davanti a lui non si poteva parlare di certi argomenti, ma era sempre molto divertente scorgere l’umiliazione sul volto del bell’Andrè, quando intuiva che, per l’ennesima volta, si era spettegolato sulla sua amata.
Si, perché di questo si trattava. Lui l’amava. Incomprensibilmente e assurdamente.
Era una donna soldato, ed era nobile, e quell’ingenuo del mio amico ne era perdutamente innamorato.
E si era arruolato in quell’inferno per vegliare su di lei.
L’ultimo romantico.
Scossi la testa.
E dire che ci avevo provato: la figlia del fornaio stravedeva per lui. Era una ragazza paffutella e timida, con occhi azzurri come quelli del comandante e sottili capelli biondi. Andrè mi aveva sorriso gentilmente, e aveva declinato la mia offerta di combinargli un ‘incontro’.
E che si poteva dire di Charlotte, una delle ragazze della locanda in cui spesso bevevamo? Aveva seni tondi come meloni, profondi occhi scuri, e si dimostrava sempre molto generosa e disponibile con Andrè. Ma lui niente, testardo come un mulo, il ragazzo.
Ma cosa ci poteva essere di divertente nel farsi trattare come l’ultimo degli idioti dal nostro comandante?
Era evidente che gli mancava qualche venerdì.
“Pazzo, sei pazzo Andrè Grandier…” esclamai, scuotendo la testa, accasciato nel corridoio al fianco del mio compagno privo di sensi.
Passarono alcuni minuti.
“E va bene, Alain, adesso tirati su e torna nelle tue stanze, hai gozzovigliato abbastanza per questa sera…” mormorai tra me e me, sollevando il mio ingombrante fisico, e rimettendomi in piedi.
Strascicai i passi nel corridoio, sbadigliando e tastandomi, di tanto in tanto, il bernoccolo che avevo in fronte.
Non ricordavo quasi nulla di ciò che avevo fatto o detto in quella locanda, ed immagini confuse di canti goliardici e palpatine alle ragazze che servivano ai tavoli si affacciavano di tanto in tanto nella mia mente.
Non ero nemmeno sicuro che Andrè avesse partecipato alla serata di licenza collettiva.
“Si starà probabilmente fustigando da qualche parte…” Considerai.
Quando arrivai in prossimità dell’ufficio del comandante, tuttavia, mi fermai.
La porta era semiaperta, e lasciava scorgere uno spicchio di luce lunare, proveniente dalla grande vetrata.
Ma a catturare la mia attenzione, per quanto confusa fosse la mia mente in quel momento, era la sagoma che compariva in quella porzione di luce.
Rimasi alcuni secondi concentrato su quella macchia d’ombra indistinta, ma quella non si mosse.
Quando stavo per abbandonare l’idea che si trattasse di qualcuno in favore dell’idea che si trattasse di qualcosa, tuttavia, una seconda sagoma comparve in quel riquadro, e mi costrinsi a non fiatare, colto di sorpresa.
Le due ombre apparivano ora vicine, ma distinte. Tesi l’orecchio, nel tentativo di sentire qualcosa: una parola, un sussurro, l’eco di un respiro.
Ma tutto taceva, immobile.
Incuriosito, mi mossi lentamente, fino ad accostarmi a quell’uscio socchiuso, e da lì gettai un’occhiata all’interno della stanza.
Davanti alla grande vetrata, il comandante stava ritto, immobile, osservando oltre essa il blu della notte. I bei lineamenti illuminati dall’argento della luna, i capelli che scendevano sulle sue spalle come una massa scomposta di stelle.
Rimasi senza fiato.
Con gli altri soldati mi facevo continuamente beffe di lei. Ma in quel momento, nemmeno con una pistola puntata alla tempia avrei potuto negare quanto invece la trovassi incredibilmente bella ed attraente.
Era una donna decisamente non ordinaria.
Alle sue spalle, distante da lei una manciata di passi, stava Andrè.
Scossi la testa.
Dove altro avrebbe potuto trovarsi quell’ostinato del mio amico se non al seguito della sua Oscar, pronto per una nuova umiliazione?
Eppure c’era qualcosa, nel modo in cui lei guardava la notte, mentre lui guardava lei, che mi fece tornare ad osservarli con più attenzione.
Qualcosa che probabilmente, visto lo stordimento in cui versavo a causa dell’alcol non mi risultava chiaro del tutto, ma mi attirava come una falena alla fiamma.
Andrè mosse qualche passo avanti, fino quasi a sfiorarla, ma lei non si voltò.  Poi le braccia di lui, lentamente, le cinsero la vita, scivolando sul suo ventre, e appoggiò la fronte alla sua spalla.
Rimasi di stucco, ma fu con ancor maggior sorpresa che vidi le mani di Oscar salire fino ad intrecciarsi con quelle di Andrè.
Oscar chiuse gli occhi, e rimasero lì, stretti in quell’abbraccio, che parlava più di tenerezza che di sensualità, che aveva il sapore di qualcosa di intimo, troppo intimo, persino per assistervi nascosti dietro ad una porta.
Non sapevo se battere in ritirata o restare, per vedere come si sarebbe concluso quell’atto di coraggio da parte del mio amico, ma più li osservano, e più, lentamente, capivo.
Non era un atto di coraggio, quello.
E non era nemmeno la prima volta.
C’era qualcosa, nel modo in cui le loro dita si intrecciavano, in cui i loro respiri conservavano regolarità, che mi portava a pensare che di abbracci come quello, e momenti come quello, quei due ne avevano avuti più di uno, in passato.
E finalmente, tutto mi fu chiaro.
Tra di loro non era sempre stato come era da quando entrambi avevano messo piede in caserma.
Quei due avevano un ‘prima’. Un passato fatto di gesti come quello e molto altro ancora.
Non avrei potuto spiegare in alcun modo quell’intimità che traspariva chiara mentre li osservavo in quel momento, aggrappati l’uno all’altra, bagnati dall’argento della luna.
‘Aggrappati l’uno all’altra’ pensai. Stretti, legati…Indissolubilmente legati.
Ecco cosa mi era sfuggito, fino a quel momento.
Quel legame sotterraneo, fatto di vite condivise, fino all’ultima goccia.
Gioie e dolori.
Vittorie e sconfitte.
Risate e lacrime.
Il nostro comandante e il suo più fedele soldato erano talmente intrecciati tra di loro da non riuscire a scorgere dove finisse la vita di uno e cominciasse quella dell’altra.
‘Già, ma allora perché lei lo tratta come se fosse feccia?’
Tornai a guardare verso quell’unica sagoma fatta di due anime.
Osservai il modo in cui lei teneva le dita tra le sue. Le palpebre abbassate su quegli occhi che sapevano essere glaciali, il volto rilassato.
Era la prima volta che la vedevo tanto serena.
Ed era tra le braccia di Andrè.
‘Qui qualcuno non me la sta raccontando giusta…’ considerai tra me e me. Perché c’era qualcosa tra quei due, che doveva essere un segreto, o qualcosa di simile.
Poi, improvvisamente, nell’immobilità della notte la voce di Andrè spezzò quel silenzio perfetto.
“Perdonami.”
Un sussurro. Quasi una preghiera.
Rimasi attonito.
Perdonami, aveva detto. Perdonami.
E mi era bastato per scorgere, seppur in minima parte, l’abisso su cui entrambi erano sospesi.
Qualcosa si era incrinato tra loro, qualcosa di sufficientemente penoso da sconvolgere l’intimità che, ormai l’avevo capito, li legava.
Quale oscuro e profondo dolore si annidava dietro a quella parola pronunciata con tutta quell’amarezza?
Guardai il volto di Oscar, cercando una risposta a quella preghiera, ma non vi furono parole dalle sue labbra.
I suoi occhi, ora nuovamente aperti, guardavano immobili la notte rincorrendo i loro fantasmi, eppure, per un motivo che non sarei stato in grado di spiegare, ero sicuro che le sue dita si stessero stringendo con più forza a quelle di Andrè.
Qualunque grave colpa il mio amico avesse commesso, lei lo stava perdonando.
Lei lo amava, con la stessa intensità, la stessa cieca disperazione con la quale lui amava lei.
Mi scostai dall’uscio, frastornato, e mi passai più volte la mano sul viso.
Non credevo che sarei riuscito a sopportare oltre.
Di colpo la sbronza, la caserma, la mia stessa vita mi apparvero cose insulse e lontane. E mi resi conto, non senza un certo imbarazzo, che avevo voglia di piangere.
Diavolo, uno come me, a frignare come una mammoletta.
Ma era così, mi sentivo naufragare dentro, e non ci sarebbe stato niente che avrebbe impedito al groviglio di emozioni che covavo dentro di sciogliersi.
Si poteva essere più ridicoli?
Ma non mi importava. Mi abbandonai lungo alla parete e lasciai che le lacrime inondassero i miei occhi, mentre un sollievo che desideravo da tempo invadeva il mio animo.
Quella notte, decisi, e solo per quella notte, avrei lasciato che anche la mia maschera scivolasse via.

Nota dell'autore
Ok, sospetto che non mi sopporterete più su questa sezione...XD Questa è in realtà una shot di qualche tempo fa, che non avevo mai trovato il coraggio di pubblicare...Non ne sono convintissima,  ma ringrazio baby80 e i suoi incoraggiamenti^^  Vorrei inoltre precisare che ci lavoro a tempo perso, quindi non garantisco aggiornamenti repentini, ma ringrazio da adesso chi avrà la voglia di leggere e lasciarmi un'opinione^^
(E mi scuso per l'immenso ritardo con cui devo ancora rispondere alle vostre recensioni, sono pessima, lo so...)
  
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