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Autore: Zabosh    17/04/2011    1 recensioni
Charles è un Killer, è freddo, lucido e pensa solo al suo scopo. Ad un certo punto della sua carriera, però, si troverà davanti ad una missione che lo porterà a confrontarsi con un passato apparentemente sepolto.
Questa è la triste storia di un assassino, è un sogno indistinto che ti ondeggia davanti agli occhi, il vento che non riuscirai mai ad afferrare, il tuo respiro che si perde nell'aria.
E' un racconto pieno di volti, maschere, ricordi.
E' la storia di un musicista senza musica e del suo destino, che nessuno sa bene dove finì.

''Calò con dolcezza una mano verso il tavolo di legno e, con una delicatezza che gli diede quasi un piacere sublime, inizio a spargere ovunque le carte, i volumi e qualsiasi altra cosa vi fosse appoggiata. La carta, strusciando contro gli altri oggetti, emetteva un suono piacevolissimo e carezzevole, le boccette d'inchiostro cadendo sul tappeto sgualcito emettevano dei piccoli tonfi cadenzati, addolciti ancora di più dal parquet che giaceva sotto il persiano, e i libri, con un suono più vigoroso, più potente, precipitavano sulle assi nude del pavimento, ritmiche e decise.
Beh, non a caso lo chiamavano il musicista.''
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 1

Il killer

Il buio della sera aveva già iniziato ad insinuarsi dalle finestre aperte e anche da sotto le porte di quella vecchia casa che odorava di polvere, muffa e, ora, anche di sangue rappreso. Non aveva l'aria particolarmente curata, anzi, sembrava che fosse rimasta disabitata per anni e anni prima della sua visita, lasciata preda delle intemperie, delle tarme voraci e dei topi che sgattaiolavano da una parte all'altra della stanza, provocando in lui un moto d'incontenibile disgusto. Nonostante fosse una catapecchia, i libri e le cartacce sparse sul tavolino davanti a lui erano particolarmente ordinati, in modo quasi maniacale.

Non avrebbe dovuto: mettere a soqquadro la casa non rientrava certo nel contratto! Eppure quell'ordine, così stonato rispetto all'ambiente circostante, lo irritava; quasi scatenava le sue ire. Calò con dolcezza una mano verso il tavolo di legno e, con una delicatezza che gli diede quasi un piacere sublime, inizio a spargere ovunque le carte, i volumi e qualsiasi altra cosa vi fosse appoggiata. La carta, strusciando contro gli altri oggetti, emetteva un suono piacevolissimo e carezzevole, le boccette d'inchiostro cadendo sul tappeto sgualcito emettevano dei piccoli tonfi cadenzati, addolciti ancora di più dal parquet che giaceva sotto il persiano, e i libri, con un suono più vigoroso, più potente, precipitavano sulle assi nude del pavimento, ritmiche e decise.

Beh, non a caso lo chiamavano il musicista.

Ancora intento a gustarsi quella melodia improvvisata, lanciò un'occhiata ai due corpi stesi in modo così volgare davanti a lui: erano un uomo e una donna. L'uomo, un vecchio di forse settanta-ottant'anni, giaceva con la gola recisa da un profondo taglio netto e pulito. La donna era anch'essa stesa a terra, con le guance ancora rosee e la bocca spalancata in un urlo incompiuto, il coltello ben piantato nello stomaco. Sembrava una ragazzina, tanto era minuta, e gli occhi imploravano una pietà che non sarebbe mai arrivata. Mentre si avvicinava per estrarle il coltello dal ventre si chiese distrattamente come la polizia lo avrebbe soprannominato questa volta: l'artista? Il chirurgo? O ancora, e un brivido di gioia lo attraversò, il musicista?

Estrasse con un gesto deciso il coltello argentato e sporco di sangue, s'infilò la busta che aveva appena recuperato nella tasca interna della giacca e si avviò verso la porta a passo svelto.

La ragazza, dietro di lui, emise un gemito di dolore nel tentativo disperato di provare a muoversi anche di un solo metro, senza riuscirci.

Lui le sorrise, accennò un piccolo inchino nella sua direzione e con uno scatto si chiuse la porta alle spalle.

Fuori, una leggerissima brezza invernale soffiava da est, scompigliandogli i capelli e congelando i pensieri che sempre si agitavano nella sua mente; intorno a lui la vegetazione cresceva selvaggia e spontanea, strisciando sui ciottoli del vialetto, sulle mura della casa e si infiltrava fin dentro l'abitazione, impavida. La visione di quegli arbusti alti e imponenti e il suono delle allodole che, all'alba della notte, si ridestavano dal sonno con un musicale cinguettio gli ispirò un buffo motivetto fatto di note basse che all'improvviso mutavano in suoni acuti e striduli e che, in un calando vorticoso, diventavano sempre più grevi, fino a trasformare la melodia in un inquietante valzer notturno. Percorse tutto il sentiero, reso tortuoso dall'irregolarità del terreno, fino a che, parcheggiata sotto un faggio dall'aria malata e stanca, vide una Merchedes talmente lucida da essere abbagliante, con i fari rigorosamente spenti e il motore scalpitante e pronto a partire.

~ ~ ~ ~

L'auto correva veloce lungo le strade semi-deserte e solo alle volte l'uomo ne riconosceva qualcuna grazie ad un'insegna luminosa o alla musica assordante udibile fin dentro la macchina, ma per lo più le vie anonime e sconosciute si susseguivano confondendosi nella sua mente, sfumando e attorcigliandosi in altri ricordi confusi. Le scrutava sfilargli davanti agli occhi, sfocate e veloci, le fusa del motore della Merchedes a sussurrare al suo orecchio storie senza senso.

Sospirò annoiato, fantasticando su un bel bicchiere di vino rosso sangue, un camino scoppiettante e una compagnia interessante, possibilmente bella da guardare. L'eccitazione dell'assassinio era sparita così com'era arrivata, scaraventandolo nel suo solito baratro fatto di noia, banalità e parole vuote e prive di senso. Era stato tremendamente facile introdursi nella casa, così come lo era stato cogliere il vecchio alle spalle e tagliargli svelto la gola in modo da non dargli il tempo di urlare per avvisare l'altro individuo presente in quella catapecchia. Con la donna era stato più difficile: appena l'aveva visto si era messa a correre da una parte all'altra della casa, cercando di forzare tutte le porte - da lui ovviamente bloccate qualche minuto prima -; sembrava veramente terrorizzata. E, per carità, all'inizio era stato quasi divertente giocare con lei al gatto e al topo, però dopo ben venti minuti di caccia aveva iniziato a sentirsi annoiato e infastidito. Non faceva altro che urlare, diamine! Così l'aveva finita. Il coltello aveva penetrato le sue carni con facilità, neanche fossero fatte di burro e immediatamente si era accasciata al suolo, tutta tremante e inerme come una bestiolina qualsiasi.

Perso in questi pensieri, spostò il suo sguardo vacuo nel nero e spesso divisorio che lo separava dall'autista. Erano anni, ormai, che saliva su quella macchina, impregnata di quell'orribile odore di tabacco misto a Wiskey scozzese, con gli scivolosi interni di pelle che gli s'incollavano addosso ogni volta e il piccolo posacenere di cristallo che gli infastidiva la vista luccicando insistentemente in un angolo della vettura.

L'auto sorpassò con dolcezza l'insegna malandata di un locale dall'aria squallida, e si fece largo in quella che pareva essere la periferia di Londra. Tre minuti e quattro cassoni dell'immondizia dopo, finalmente, si fermò.

«Siamo arrivati?» Domandò a bassa voce, più a se stesso che a qualcun altro, con la sua solita erre strascicata tipica della Francia meridionale. Si guardò intorno, lasciando che gli occhi per primi s'addentrassero in quel vicolo pieno di ombre mangiate dai ratti, per poi assaporare l'aria fetida di quel luogo. Non aveva un odore preciso, piuttosto era un'amalgama indistinta di vari fetori differenti: si andava dall'odore acre dell'urina dei topi, al puzzo disgustoso di sudore e vomito da post-sbronza del sabato sera; nonostante ciò, l'aria fresca portata da quella pioggia di fine Novembre era ben distinguibile in mezzo a tutto quel trambusto olfattivo che per poco non gli provocò i conati di vomito. Aprì con cautela la portiera, e con altrettanta attenzione piantò i piedi sull'asfalto umido e reso ghiacciato da quel vento che proprio non ne voleva sapere di migrare verso altri luoghi. Rimase in quella posizione per alcuni secondi, giusto il tempo di sentire lo squittire spaventato dei ratti allontanarsi e individuare - proprio infondo al vicolo - la figura massiccia e tarchiata di Jean-Pierre, il suo capo. Gli si avvicinò con la sua solita falcata veloce ed elengante, divorando i pochi metri che li dividevano.

«Sei in ritardo» Jean-Pierre era francese, proprio come lui. Aveva un orribile e falsissimo accento inglese che non perdeva occasione d'ostentare e un sorriso talmente irritante, che più volte Charles aveva dovuto ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non cancellarglielo dalla faccia con la sua fidata Bowie, sua instancabile compagna di viaggio, la cui lama proveniva direttamente dal Giappone. Ne accarezzò con un dito l'impugnatura leggera e scintillante, stando ben attento a mantenere la maschera di fredda lucidità sul viso stanco e prematuramente segnato.

«Ho avuto qualche problema» la voce dell'assassino era calma, senza la minima sfumatura di emozione, la minima traccia di paura. Se ne stava lì, con la schiena ben dritta e gli occhi fissi in quelli del Boss, l'udito concentrato sui movimenti dei due sicari che gli si avvicinarono di un piccolo, silenziosissimo, passo.

Jean-Pierre sorrise, accarezzando piano la valigetta in pelle che teneva in mano. Lasciò scivolare con dolcezza il dito indice sul cuoio liscio e lucido, osservandolo con espressione minacciosa e fremente insieme, mentre Charles non potè fare a meno di socchiudere appena gli occhi, irritato.

«Spero che i problemi non ti abbiano impedito di recuperarle, Charles» disse, e nella sua voce la minaccia era ben udibile sotto quel tono di finta cortesia. «Non vorrei sentirmi obbligato a piantare una pallottola in testa a un essere talentuoso come te»

Charles non rispose, si limitò a continuare a fissarlo, mentre le vene del collo prendevano a pulsare sempre più velocemente, inondando le guance di sangue bollente. Con calma, e sotto lo sguardo vigile delle guardie, infilò una mano nella giacca, estraendone una piccola busta gialla, così allegra in quel vicolo squallido e deprimente.

«E io non vorrei mai gravare sul tuo animo in tale maniera» sorrise il killer, nascondendo a stento un barlume d'ironia negli occhi scuri.

Il Boss lo scrutò per alcuni secondi, con un'intensità tale da provocargli un piccolo, leggerissimo brivido lungo la spina dorsale. Il Killer, a sua volta, lasciò frugare lo sguardo, impassibile e impaziente, in attesa di liberarsi di quella dannata busta. Contò cinque respiri esatti e, finalmente, Jean-Pierre gli strappò la busta di mano, squarciandola in un gesto deciso che gli deliziò le orecchie per qualche attimo; una volta controllato che la busta contenesse quello che doveva contenere, fece segno ad una delle guardie che, con un picchiare deciso sull'asfalto umidiccio, sparì dietro un vicolo.

O almeno, così credette.

Charles non fece nemmeno in tempo a muovere un passo verso la valigetta, che un sapore dolciastro gli finì dritto in gola. Gli occhi, di solito così brillanti e vivaci, si spensero pian piano insieme alle sue forze, improvvisamente assenti.
Crollò pesantemente sul manto di catrame, mentre l'incoscienza s'impadroniva di lui.

Osservò il volto di Jean-Pierre a due centimetri dal suo viso, e poi... Tutto si fece buio e pesante.

«Ah, Charles, resti sempre il mio asso nella manica!» la voce baritonale e inquietamente gioviale del francese rimbalzò sui cassoni dell'immondizia, accarezzò le orecchie vigili di un gatto addormentato e spirò via, fino alla strada silenziosa. Un altro cenno, ed ecco Micheal ed Harrison
- così si chiamavano i due scagnozzi che si portava sempre al seguito - sollevare di peso il killer e scaraventarlo, senza troppi complimenti, dentro alla macchina con cui era arrivato.



Note

Beh, se siete riusciti ad arrivare fino alla fine, complimenti! xD
Ringrazio di cuore Karyon per il betaggio, grazie! :)
Lo so, è l'ennesima volta che la ripubblico, ma ho combinato un po' di disastri con l'account xD Scusate ancora!

   
 
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