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Autore: Cinzia N Spurce    20/04/2011    3 recensioni
Alice Cullen vive a New York, ormai da dieci lunghi anni. È costretta a tornare ai luoghi della sua infanzia, nella casa della vecchia nonna Elisabeth, a causa di una triste quanto spiacevole notizia.
Il ritorno a Forks, però, causerà il totale stravolgimento della sua vita, svelando eventi che da tempo cercava di tenere nascosti e che la costringeranno ad affrontare un passato che aveva cercato di dimenticare.
Il titolo della one shot è il verso di una canzone "L'errore" dei SubsOnica.
Tratto dal testo:
Lei non provava rancore, aveva solamente accettato la sua scelta senza comprenderla, l’aveva rispettata e adesso la accoglieva con l’amicizia che da sempre le aveva legate.
One shot prima classificata al contest "Tutto inizia da un'immagine" di Edlla.
ONE SHOT REVISIONATA E CORRETTA.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alice Cullen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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L’errore riflesso in un lampo

 

 

 

Il sole sorgeva a est come ogni mattina da sempre, entrava debolmente nella stanza attraverso uno spiraglio dalla finestra.
Quel giorno il risveglio non era stato dei migliori, la testa le doleva terribilmente e una strana sensazione attanagliò il suo stomaco.
Facendo finta di nulla, si alzò come di consueto per dare inizio alla solita routine della sua vita, quando la spia della segreteria telefonica attirò la sua attenzione.
Quella sensazione di disagio aumentò tanto da farla tremare mentre si avvicinava per ascoltare il messaggio registrato.
Quando la voce si espanse nella stanza, una valanga di pensieri la inondò.
Era la voce di suo fratello, l’uomo che, nonostante gli errori e le scelte sbagliate, le era stato accanto da quando, come una codarda, aveva deciso che il giusto modo di affrontare la situazione era fuggire.
Rimase sconvolta da ciò che quel messaggio diceva.
L’incubo era diventato realtà e nemmeno la distanza era riuscita a fermarlo.
Si trovava di fronte ad una delle scelte più ardue della sua vita: affrontare il passato da cui era sfuggita e che aspettava in agguato la sua personale resa dei conti.
La voce di suo fratello l’avvertiva della più normale e triste delle notizie.

 
“Ehi… ti chiamo a quest’ora perché è successo, nonna Elisabeth è morta. So che è dura ma…lei avrebbe voluto vederti per l’ultima volta. Domani si terranno i funerali. Saremmo tutti felici di averti qui con noi… di nuovo!”.
 

Quelle parole le avevano sbattuto in faccia ciò che aveva più volte cercato di scacciare dalla sua mente, la possibilità di tornare, di rivederli tutti quanti.
Di rivedere quella che un tempo era la sua migliore amica e che aveva abbandonato nel momento peggiore che potesse esistere.
E un insieme di ricordi e sensazioni si fecero largo in lei, il ricordo del dolore, della perdita, dell’angoscia, della paura e del disprezzo verso se stessa. 
Disprezzo che non era riuscita a cancellare ma solo a fare finta che non esistesse.
Doveva tornare perché la sua coscienza, che aveva sempre relegato in un angolo remoto della sua mente, le imponeva, adesso, di farlo.
Con le lacrime che le premevano dentro gli occhi, si mosse lentamente, come a ritardare l’attimo in cui il momento sarebbe arrivato e andò a prepararsi per prenotare il biglietto aereo che l’avrebbe portata nei luoghi della sua infanzia.

 
Arrivò a destinazione nel pomeriggio. Una volta entrata in aeroporto si sentì sopraffare dall’aria gelida di quella città, quell’aria che l’aveva sempre cullata, che aveva sempre odiato ma che per un motivo o per un altro, si rendeva conto, adesso, le era mancata terribilmente.
Fermò un taxi e si fece portare nella casa che un tempo era stata teatro dei momenti più belli della sua vita.
Quella casa che adesso era rimasta abbandonata e coperta da immensi teloni. Nessuno aveva avuto il coraggio di restare un attimo in più dentro quelle mura, ma allo stesso modo nessuno era riuscito a separarsene definitivamente vendendola.
Era rimasta, quindi, come immobile nel tempo. Nulla era cambiato, solo immensi teloni erano poggiati sui mobili.
La polvere ricopriva ogni cosa, anche i ricordi di una vita sbiadita dal troppo tempo trascorso.
<< Sono felice che tu abbia deciso di tornare? >>
Una voce la stupì mentre immersa in quelle vecchie mura faceva scorrere nella sua mente tutto ciò che era accaduto.
<< Per quanto possa essere difficile tornare qui, non potevo non esserci stavolta. >>
Si voltò con gli occhi lucidi e le labbra tremule.
Fissò il volto del suo interlocutore, così simile a lei e così diverso.
Guardò gli occhi di suo fratello. L’unico con cui aveva mantenuto un minimo di contatto dopo gli eventi di dieci anni prima.
<< Mi sei mancata tanto sorellina. >>
Sussurrò l’omone che si era avvicinato prendendola alla sprovvista e stringendola in un abbraccio ferreo.
<< Anche tu Emmett… anche tu. >>
Ricambiò Alice, addossandosi a lui come faceva quando era ancora una bambina.
I suoi occhi si inumidirono a causa di tutto ciò che le era mancato, a causa di tutto ciò che nell’arco di quei dieci anni aveva perso, a causa dei ricordi che tornavano e affilati ferivano più di qualsiasi altra cosa.
Non servivano parole in quel momento, non avrebbero risolto nulla.
Si avviarono verso la macchina, rispettando quel silenzio che, quasi fosse sacro, si era insinuato tra di loro. Era un misto tra imbarazzo e vergogna, senso di colpa e dolore. Era il silenzio impacciato frutto di dieci anni di lontananza, anni durante i quali non aveva concesso altro che qualche sporadica telefonata fatta per mettere a tacere quella voce che da dentro la dilaniava ogni giorno.
<< Saranno tutti felici di vederti. >>
Emmett spezzò così quel silenzio troppo rumoroso per i suoi gusti.
Era fatto così suo fratello, dolce e diretto, incapace a volte di utilizzare nel giusto modo le parole, come in quel momento… non tutti sarebbero stati felici di rivederla, per il semplice fatto che lei non era tornata per restare, ma solo per fare buon viso a cattivo gioco. Solo per non sentire il suo personale grillo parlante dirle che era una donna senza cuore, incapace di mettere in secondo piano la propria vita privata e i propri fantasmi.
<< Sai che non è così. >>
La sua voce incolore mascherava il dolore di quelle parole, c’era chi non le avrebbe mai perdonato la sua scomparsa.
<< Bella non sa nulla, così come Jasper… puoi stare tranquilla se è questo che ti preoccupa. >>
Quelle parole le scaldarono il cuore. Suo fratello aveva mantenuto il segreto… solo per proteggere lei, sua sorella, la persona che per la sua meschinità non si meritava un trattamento simile.
<< Grazie. >>
Sussurrò impercettibilmente, accennando un sorriso.
Mano nella mano, come se fossero ancora due bambini intenti a proteggersi a vicenda, si avviarono lungo il vialetto che tanti anni prima li aveva visti giocare spensierati.
Quello stesso vialetto aveva visto nascere grandi amicizie e grandi amori, gli stessi che poi sarebbero stati spezzati a causa dello strano evolversi degli eventi.
Quel vialetto aveva accolto calde lacrime, ognuna buttata giù per motivi differenti, quelle di Alice erano state le più amare di tutte e forse anche le più sofferte dieci anni prima.
Restarono in silenzio per il resto del tempo, fino al momento in cui passando di fronte al cimitero Alice non lanciò un’occhiata carica di nostalgia.
Emmett si voltò a fissarla con un cipiglio dispiaciuto.
<< Bella viene ogni giorno qui… porta sempre dei fiori freschi. >>
Gli occhi di Alice corsero immediatamente a incontrare quelli del fratello.
E una sola lacrima uscì mentre un vortice di pensieri l’aveva travolta.
<< Lei… >>
Cominciò una frase che non ebbe il coraggio di finire.
Lei lo ama ancora, lei non lo ha mai dimenticato” avrebbe voluto sussurrare, ma le parole non le uscirono. 
<< Possiamo fermarci un attimo? >>
Chiese quasi sussurrando Alice. Una piccola lacrima le scivolò sulle guance, lacrima che venne immediatamente asciugata, come se la traccia di quel dolore dovesse essere rimossa.
Emmett si fermò di fronte l’entrata del cimitero.
Migliaia di lapidi spiccavano dal piccolo cancello. Ognuna con la loro storia, ognuna con le proprie lacrime versate da chi era rimasto.
Entrò velocemente dentro il cimitero. Non fece caso alle persone che le camminavano di fianco, non diede peso ai commenti di chi l’aveva riconosciuta e stava adesso giudicando le scelte che aveva preso quando era ancora una ragazzina immatura.
Corse verso l’unica lapide che in mezzo a quell’ammasso di marmo avesse importanza per lei.
Corse verso la lapide che ritraeva la foto di un ragazzo strappato alla vita troppo presto.
Corse verso il ragazzo, l’uomo, che aveva voluto bene più di qualsiasi altra cosa.
Più di se stessa, della sua famiglia, dei suoi amici.
Arrivò di fronte quel marmo bianco, nel quale spiccava un volto sorridente, la foto di un viso con una luce maliziosa negli occhi. Luce che molto più spesso di quanto si poteva credere era stata rivolta a lei.
Fissò quegli occhi, quel volto, quel sorriso e cominciò a piangere, buttò lacrime come fosse una bambina, o forse più semplicemente come se non fossero passati tutti quegli anni da quando lui era morto, come se la notizia fosse arrivata pochi minuti prima.
E i ricordi presero il sopravvento. Il ricordo del dolore, dell’incredulità, della ferità aperta e sanguinante al centro del suo petto, il senso di colpa logorante nei confronti della sua migliore amica, del suo fidanzato. Tutto questo si abbatté prepotentemente sopra di lei.
 

 “Era ritornata a casa dopo il suo solito giro in centro, al momento in cui varcò la soglia, venne accolta da un silenzio glaciale che appariva così strano per la sua normalità. Arrivò in salotto quasi di corsa e lo scenario che si presentò di fronte le fece bloccare un attimo il respiro.
L’aria era tetra, come se una catastrofe si fosse abbattuta su di loro, suo fratello era sconvolto, e guardandola fisso in viso con gli occhi sbarrati dall’incredulità, la raggiunse stringendola forte a se. Era un abbraccio disperato, bramoso di calore umano, come se avesse paura di perderla, come se da un minuto all’altro lei potesse dissolversi, sparire via come la più fragile delle illusioni.
<< Emm, che succede? >>
La paura prese possesso di lei.

Mai Emmett si era comportato così, in nessun caso aveva dimostrato di essere così fragile e così bisognoso
di conforto.
Emmett stava crollando, a causa di qualcosa di devastante che avrebbe lasciato per sempre il segno. Lui era quello forte dei due, il coraggioso, il temerario. Quello determinato a non affondare e soprattutto a non far affondare lei. Se lui era ridotto in quello stato, sicuramente, lei non ne sarebbe uscita indenne.
<< Emm, rispondimi >>.
Cercò di rendere la sua voce autoritaria mentre come risposta otteneva un singhiozzo.
Quando Emmett si separò da lei, aveva gli occhi rossi tinti di sofferenza.
<< Edward… >>
E il cuore si fermò un attimo al sentire quelle parole.
Edward era il migliore amico di Emmett. Lui era ridotto a un fantasma…
<< Cosa è successo a Edward? >>
Alzò il tono della sua voce senza neanche accorgersene.
Una lacrima attraversò la guancia di suo fratello, quella piccola goccia salata fu come una pugnalata al cuore, come se stesse per anticipare la distruzione.
<< Edward è morto >>
Il mondo si fermò un attimo per poi crollarle addosso e schiacciarla con le sue macerie.
<< Alice mi dispiace… >>
Emmett cercò di abbracciarla ma lei si divincolò.
Lui era morto.
Il suo tutto si era sgretolato, lasciandola inerme ad affrontare il dolore.
Lui era morto.
Lasciandola sola ad affrontare il presente.
Lui era morto.
E con lui era morto il sogno di una vita irrealizzabile.”
 

Sola di fronte alla lapide aveva finalmente fatto riaffiorare la ragione della sua fuga.
Assieme al dolore anche la paura si fece sentire. La paura che la verità salisse finalmente a galla, che ciò che aveva tenuto nascosto per tutti quegli anni potesse distruggere quell’illusoria serenità che aveva costruito a chilometri di distanza.
Aveva il viscerale timore che quel bambino dagli occhi verdi di cui tanto Emmett le aveva parlato potesse, un giorno, accusarla per il dolore che indirettamente lei aveva causato.
Suo fratello arrivò a prenderla. Non sapeva per quanti minuti era rimasta immobile di fronte a quella foto, aveva soltanto lasciato che le lacrime scendessero per dare libero sfogo alla tristezza alimentata da una pressante angoscia.
<< Alice è ora di andare. >>
La voce di suo fratello sembrava un mormorio indistinto nel bel mezzo del frastuono assordante dei suoi pensieri.
Emmett afferrò la sua mano. Era con lei nel momento di maggior sconforto, era accanto a lei per infonderle quel coraggio che da sempre le era mancato, la trascinò verso la macchina. Il tratto di strada che li separava dalla casa di Emmett fu immerso nel silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, ognuno con i propri incombenti interrogativi a cui rispondere.
La strada correva veloce mentre scendeva la sera, in breve tempo si trovarono di fronte il piccolo appartamento di Emmett, quella semplice porta d’ingresso che suo fratello aveva aperto rappresentava per Alice un duro passo da fare. 
Pensò in quel momento a Rosalie, alla migliore amica che assieme a Bella potesse avere, alla fidanzata di suo fratello. Pensò al carattere duro di quella ragazza che certamente avrebbe avuto molto da ridire sulla sua presenza.
<< Entriamo. >>
Emmett era fermo, voltato verso di lei mentre le teneva aperta la porta.
Gli occhi di Alice incontrarono quelli di Emmett come se volessero trasmettere i suoi pensieri al fratello, subito dopo riabbassò lo sguardo.
<< Sai che Rosalie non vorrà vedermi… >>
Le sue parole furono un sussurro che Emmett si affrettò a fermare.
<< Sai com’è fatta! È vero, adesso ti considera come una sorta di traditrice ma lei ti vuole bene… e poi sei mia sorella non può impedirmi di farti entrare a casa mia. >>
E un sorriso furbo si affacciò sul suo viso.
Varcò la soglia di casa e la sua mente entrò in un vortice di sensazioni contrastanti tra loro, poteva sentire un pizzico di gioia per le parole di suo fratello, lui non l’avrebbe mai abbandonata, nonostante le difficoltà, e anche un leggero timore causato dalla certezza di dover affrontare per la prima dopo dieci anni un pezzo importante del proprio passato.
Quando il corridoio finì, si aprì un piccolo salotto di fronte ai suoi occhi. Riconobbe due chiome bionde parlare in maniera tranquilla, ridacchiando di tanto in tanto.
Suo fratello salutò entrambi i presenti mentre, timidamente, lei entrava guardandoli con sguardo colpevole.
Dietro quelle chiome bionde e quegli occhi azzurri riconobbe i gemelli Hale, Rosalie l’amica di un tempo e Jasper l’ex ragazzo.
Le reazioni di entrambi furono tanto diverse quanto comprensibili, l’occhiata glaciale di Jasper la lasciò immobile al centro della stanza mentre senza dire una parola ai presenti, usciva da quella casa con un’espressione d’ira mal celata.
Rosalie invece fulminò con lo sguardo Alice diventando la fredda e cinica ragazza che era un tempo.
<< La fuggitiva è tornata. >>
Quelle parole furono una lama conficcata nel cuore, la prima di tante che avrebbe ricevuto durante quei giorni di permanenza.
Non ebbe la prontezza di rispondere a tono, perché in fondo sapeva di meritare le cattive parole dei suoi vecchi amici e la freddezza che sicuramente loro le avrebbero riservato.
<< Rosalie smettila. >>
La voce di Emmett era autorevole, come non lo era mai stata, o almeno non con Rosalie.
Lei si voltò stranita a guardarlo, il suo volto era un concentrato di rabbia.
<< Emm lei è scomparsa per dieci anni dopo essersi presa gioco di tutti noi, ha preso in giro mio fratello, Bella… io non la voglio in casa mia. >>
Aveva urlato quelle parole in faccia ad Emmett.
<< Rose lei è mia sorella, io non la lascio sola. >>
<< A lei non è mai importato niente di noi, se lei resta qui, io me ne vado. >>
A quelle parole Alice si sentì gelare il sangue, non poteva e non doveva per nessuna ragione al mondo essere la causa della lite tra Rosalie ed Emmett.
<< Rose… >>
Cercò di parlare ma venne fermata dallo sguardo fulminante di Emmett.
<< Lei non se ne va da qui. >>
Il tono fermo di suo fratello aveva sancito la fine della loro discussione.
Lo sguardo di Rose appariva adesso senza espressione.
<< Io vado da Bella. >>
Si avviò verso l’uscita e fece sbattere la porta alle sue spalle lasciando Alice ed Emmett sommersi da un silenzio che nascondeva ancora troppe parole.
<< Emm mi dispiace… è tutta colpa mia. >>
Emmett si avvicinò accarezzandole una guancia.
<< Non è colpa tua, lei… lei è semplicemente testarda e non capisce che è stato solo un errore. >>
Emmett era un fratello dolce, protettivo, forse troppo… convinto fermamente del fatto che Alice avesse bisogno di appoggio in quel momento.
<< Emm, Rose ha ragione. Ho sbagliato nei confronti di tutti. Nei tuoi confronti costringendoti a tenere un segreto troppo pesante, nei confronti di Bella facendole una cosa tanto meschina e nei confronti di Jasper… lui non meritava un trattamento del genere. >>
Il senso di colpa misto al rimorso era un sentimento tangibile nell’aria.
Dopo dieci anni stava ammettendo le sue colpe, i propri errori tinti da mancato rispetto.
Aveva gettato alle ortiche anni di sana amicizia per una relazione che non avrebbe portato a nulla.
<< Alice capita a tutti di sbagliare, hai solo fatto un errore. >>
Un errore… qualcosa che il solo ricordo rischiava di lacerarla dentro ogni giorno ma che nello stesso momento si dimostrava essere l’unica cosa che l’aveva resa immensamente felice.
Guardò dolcemente il fratello, sguardo che Emmett ricambiò.
<< Grazie per quello che fai ma… sono cresciuta, e ho capito tante cose. Una di queste è che gli errori si pagano ed io non posso far finta di niente dopo aver tradito l’amicizia di Bella in maniera così cattiva. >>
Emmett fu stupito dal repentino cambio di atteggiamento di Alice. Era vero, lei era cresciuta e nonostante i cedimenti e i momenti di sconforto aveva acquisito una forza straordinaria.  
Andarono entrambi a letto, con la consapevolezza che il giorno dopo sarebbe sicuramente stato un giorno duro da affrontare, troppe emozioni e ricordi si sarebbero fatti largo in mezzo ai resti del passato.
La notte sembrò volare, e la luce del mattino la colpì in viso dandole il benvenuto per il nuovo giorno.
Si alzò debolmente dal letto, forte di una nuova certezza, avrebbe affrontato il suo passato e l’avrebbe relegato poi in un posto lontano del suo cuore per tornare alla sua vita di sempre senza il peso del rimorso a farle compagnia.
Raggiunse Emmett impegnato a fare colazione con una calda brioche.
<< Buongiorno. >>
Il saluto di Alice venne ricambiato da un grugnito degno di un orso, questo fece sorridere Alice che per un attimo rivisse la sua adolescenza. Suo fratello era maturato ma i caratteri peculiari della sua personalità erano rimasti intatti, e tra questi c’era il non essere di buona compagnia appena sveglio.
Ancora assonnato Emmett le disse di prepararsi per andare in chiesa e la tensione salì alle stelle.
Dopo qualche ora vestiti con la sobrietà di un semplice vestito nero, si recarono nella piccola chiesetta a cui la vecchia nonna era molto legata.
Lì rivide Rosalie, Jasper e per ultima la sua migliore amica che con gli occhi sgranati la fissava stordita. Lei le era mancata terribilmente.
Di colpo si trovò stretta tra le braccia di Bella che singhiozzando ripeteva incessantemente il suo nome.
Lei era diversa dagli altri.
Era diversa da Rosalie, che di quella fuga ne aveva fatto una questione di principio, non accettando neanche deboli spiegazioni.
Era diversa da Jasper che ferito nell’orgoglio non aveva avuto la forza di guardarla negli occhi e di sputarle in faccia il suo disprezzo.
Lei non provava rancore, aveva solamente accettato la sua scelta senza comprenderla, l’aveva rispettata e adesso la accoglieva con l’amicizia che da sempre le aveva legate.
Questo la feriva più di ogni altra cosa, più dell’odio, del dolore e della freddezza, quell’amicizia incondizionata le faceva capire quanto crudele lei fosse stata e quanto dolore aveva inferto per la sua giovane brama di possesso che era diventata poi, amore.
<< Bella mi dispiace… >>
Si strinsero ancora più forte e si diressero poi, all’interno della chiesa per il funerale.
La cerimonia durò all’incirca un’ora, durante la quale vennero ricordati i momenti più belli che avevano allietato la vita di quella vecchia signora e dei parenti che adesso piangevano la sua scomparsa.
Alice tornò, così come indietro nel tempo, ricordava quando tutti insieme spassavano i pomeriggi in salotto ascoltando le vecchie storie di nonna Elizabeth.
Ricordava le risate e le lacrime di commozione, ricordava gli abbracci e le occhiate che furtivamente lei e Edward si scambiavano tenendo i rispettivi compagni all’oscuro della verità.
La tristezza per un attimo prese il sopravvento portandola a desiderare di essere ancora una bambina spensierata che giocava a nascondino in giardino e non una donna adulta con un carico di bugie alle spalle da difendere e nascondere per riuscire a dormire meglio.
Finita la cerimonia, Alice cercò di dileguarsi lasciando che i suoi vecchi amici stessero insieme come un tempo ma Emmett non lo permise e la trascinò con sé a casa di Bella, così le aveva detto.
Una volta entrata due paia di occhi gelidi e un sorriso timido la accolsero.
<< Come fai ad accettare che lei sia qui? >>
Chiese Rosalie a Bella con un tono duro ma allo stesso tempo sconcertato.
<< Lei è la mia migliore amica… mia sorella. >>
Le parole di Bella affondarono nella sua anima come una lama affonda nella carne.
Sapeva di non meritare quel trattamento.
Sapeva solo di meritare il disprezzo di Rosalie… perché lei sapeva.
La scena si presentò di fronte ai suoi occhi come se fosse un film, talmente era nitida.
 

“La sera passata con Edward, le dolci parole che lui le rivolgeva, i baci, le carezze e l’illusione che un giorno tutto si sarebbe sistemato, che Edward avrebbe lasciato Bella e si sarebbe messo con lei, la speranza quasi folle del perdono da parte di Jasper e Bella. Poi la serratura scattata di colpo, la voce squillante di Rosalie che la chiamava divertita e i suoi occhi che si spalancarono per lo stupore di trovare avvinghiati rispettivamente sua cognata e il suo migliore amico.
Il disgusto in seguito a quella scena e il disprezzo verso entrambi.
Non aveva urlato, aveva semplicemente mandato via entrambi affermando di voler proteggere Bella a tutti i costi visto ciò che aveva visto.”

 

<< Alice… >>
Si era persa tra i ricordi del passato quando si accorse che la voce di Bella la chiamava dolcemente.
<< Tu non hai mai conosciuto Anthony. >>
Le disse Bella sorridendole, si voltò e chiamò quel bambino che tante volte aveva cercato di immaginare.
Quando il bambino si presentò nella stanza, non poté non notare l’incredibile somiglianza con il padre.
Gli occhi verdi, le labbra strette, i capelli scompigliati diversi solo per il colore.
<< Lui è Anthony Masen, ha dieci anni. >>
Pronunciò Bella, presentando il figlio. Quel bambino era stato il principale motivo della sua fuga, decise di lasciare tutti quando seppe che Bella era incinta.
 

“Andarono tutti a casa di Bella, la notizia della morte di Edward l’aveva travolta e lasciata inerme sul pavimento a piangere lacrime di disperazione.
Accanto a lei c’era sempre stata Rosalie, come il migliore degli angeli la cullava dolcemente senza riuscire a proferire parole, senza rivelare ciò che i suoi occhi avevano visto.
Dopo due giorni da quella brutta notizia, Bella si presentò di fronte tutti i suoi amici.
Le occhiaie le contornavano il volto, rendendolo la pallida imitazione del radioso viso che era
fino a qualche giorno prima.
<< Sono incinta >>.
Quelle parole diedero ad Alice la certezza che quel posto non fosse più fatto per lei.
La sera stessa sparì senza lasciare traccia.”.
 

<< Piacere Anthony, io sono Alice. >>
Il bambino la guardò stupito.
<< Alice? Quella Alice? L’amica della mamma? >>
<< Si… >>
Disse quasi tremando.
Un altro colpo. Un altro dolore.
<< Si tesoro, lei è la zia Alice. >>
Bella le aveva raccontato di lei, le aveva parlato bene di lei, inventandosi chissà quale balla per giustificare la sua assenza.
Dopo un po’ il bambino venne preso dal nonno Charlie e loro restarono soli.
In quei minuti durante i quali avevano fatto finta di niente, Alice aveva notato lo strano rapporto che Bella e Jasper avevano creato.
<< Stanno insieme. >>
Le disse Rosalie dura… come a volerle mostrare quel mondo che si era ripreso dopo la tragedia di cui lei aveva deciso di non fare parte.
Uscì fuori sentendo l’aria gelida della sera batterle sulle spalle.
Prese dal pacchetto una sigaretta e cominciò a fumarla senza realmente bearsi del sapore della nicotina.
<< Avevi smesso. >>
La voce di Jasper la riscosse dai suoi pensieri.
<< Ho ricominciato… >>
Seppe dire solo questo, una banale frase di circostanza mentre cercava di trovare in se il coraggio per poterlo affrontare.
Seguì un attimo di silenzio e poi decise di andare dritta al centro della questione e affrontarla di petto.
<< Così state insieme… >>
Lasciò in sospeso la frase, spettava a lui adesso dare inizio a quel discorso che avrebbe portato poi al peggioramento o alla chiarificazione di quella situazione che era stata per troppo tempo in un periodo di stallo.
<< Già… lei era sola, Edward era morto, tu eri scomparsa ed io le sono stato vicino… e dopo circa un anno ci siamo messi insieme. >>
Al pronunciare il nome di Edward la sua voce divenne più dura, la rabbia era ancora forte dentro di lui.
<< Mi fa piacere… >>
A quelle parole, sorrise sarcastico, come se quelle fossero una menzogna o come se, ancora peggio, fossero troppo vere per non poter rimanere ferito da esse.
<< Sai... invidio questa tua faccia tosta, hai il coraggio di ripresentarti qui dopo dieci anni di menefreghismo. >>
Ecco, il momento era arrivato, Jasper stava rivangando gli eventi passati che l’avevano ferito oltremodo.
<< Io… >>
<< Tu cosa? >>
La interruppe brusco come se non volesse accettare le sue parole.
<< A te non è mai importato nulla di noi, sei scomparsa quando la tua migliore amica aveva più bisogno di te, lei era incinta, Edward era morto e tu sei solamente sparita. Perché? >>
<< Perché non è mai stata in grado di assumersi le sue responsabilità. >>
Disse Rosalie sprezzante.
Stava per rispondere a quelle accuse, stava per ammettere le sue colpe di fronte al suo ex ragazzo, stava per esternare le sue scuse quando una voce da dietro li bloccò e inesorabilmente il mondo le crollò addosso.
<< Responsabilità per cosa? >>
La voce di Bella li spiazzò, lei aveva sentito e ora la verità sarebbe stata una volta per tutta rivelata a gran voce. Dietro di lei Emmett aveva gli occhi sgranati, aveva capito e provava compassione per sua sorella.
<< Nulla… >>
Cercò di salvarla in questo modo.
<< Emm stanne fuori… Bella ha il diritto di sapere perché Alice se n’è andata. >>
Quelle parole furono l’ennesima pugnalata al cuore, ma questa volta il pugnale non si era limitato a ferire, era andato a fondo fino a lacerare talmente tanto da uccidere. Perché in quel momento in Alice qualcosa era morto ed era la certezza che Bella sarebbe stata sempre all’oscuro di quella brutta storia.
Sapeva che era sbagliato, non solo quella che aveva fatto ma anche l’averlo tenuto nascosto per tutti quegli anni, era tremendamente sbagliato aver fatto credere a Bella che tutto andava bene consolandola con una bugia. In quel momento una frase le tornò alla mente, una di quelle frasi che si erano insinuate nei suoi pensieri dal momento in cui l’aveva letta.
 

“È meglio essere feriti dalla verità che consolati dalla menzogna.”
 

<< Cosa è successo? >>
Le parole di Bella erano impazienti di sapere quello che Rosalie aveva soltanto accennato, il suo sguardo era duro e determinato. Non sarebbero servite stupide scuse quel giorno. No. Lei voleva la verità allo stesso modo in cui Jasper voleva vendetta.
Alice la guardò senza sapere cosa dire, boccheggiava in cerca di parole nascoste chissà dove mentre sul volto di Rosalie si formava un leggero sorriso per ciò che era appena successo.
<< Avanti Alice… racconta ciò che è successo. >>
La sua bocca non riuscì a proferire parola. Fu solo capace di abbassare lo sguardo. 
<< Rosalie che diavolo è successo? >>
La voce di Bella si alzava sempre di più, la verità doveva essere rivelata ora, guardò negli occhi Rosalie e comprese che in un modo o nell’altro quella sera la menzogna sarebbe stata spezzata come una corda che era stata tirata troppo.
Guardando Alice negli occhi, Rosalie si apprestò a svelare, una volta per tutte ciò che realmente era successo.
<< Lei aveva una relazione con Edward. >>
Le verità bruciava come una fiamma ardente mentre i volti di tutti assumevano espressioni differenti.
Dispiacere per Emmett.
Stupore per Jasper.
Soddisfazione per Rosalie.
E infine mille sfumature sul viso di Bella, stupore, incredulità, sofferenza, dolore, rabbia, furia cieca e per ultima odio.
Profondo odio nei confronti di quella pochi minuti prima aveva definito una sorella.
<< Bella io… >>
<< Per quanto tempo? >>
La sua voce incolore l’aveva fatta tremare di paura.
Bella era sempre stata dolce e solare mai l’aveva vista in quelle condizioni.
<< Ascoltami io… >>
<< Per quanto tempo? >>
Urlò in preda all’ira.
<< Un anno… >>
<< Tu… voi… voi mi avete presa in giro per un anno? Come hai potuto, eri la mia migliore amica, lui era il mio fidanzato… >>
La sua delusione l’aveva ferita terribilmente. La sua voce tremante era peggio di mille lame conficcate nel cuore.
<< Vai via, andate via tutti. >>
Urlò stordita dalla notizia appena saputa.
Si voltò verso Rosalie e li capì che la rabbia di Bella non era rivolta solamente verso lei e la sua meschinità.
<< Tu sapevi… l’hai sempre saputo e non mi hai detto niente… fuori, vi voglio tutti fuori da qui. >>
Si voltò e andò via senza degnarli di uno sguardo.
Jasper fissava lei e la sorella con gli occhi sgranati.
<< Mi fate schifo. >>
Fu in grado di dire solo quello, mentre rincorreva Bella, la sua ragazza, la sua nuova ragione di vita… la sua ex migliore amica.
Con gli occhi pieni di lacrime uscì fuori da quella casa.
Emmett la seguì cercando di fermarla mentre a sua volta Rosalie voleva che lui la lasciasse andare.
<< Alice fermati. >>
<< No. È finita Emmett, lei sa tutto e… e mi merito tutto questo. >>
I singhiozzi avevano fatto sì che tutte le parole uscissero spezzate. 
Era il dolore della consapevolezza. 
Era l’odio covato per dieci anni verso se stessa.
Era la certezza di aver finalmente chiuso un pezzo del proprio passato, di aver finalmente archiviato la sua adolescenza.
Era la fine di tutto ciò per cui aveva riso o pianto.
Era la triste fine di una triste storia nata sulle sofferenze degli altri.
Era la giusta fine che quella situazione dovesse avere.
Questo pensava Alice mentre andava via da Forks, questa volta senza fuggire o nascondersi, questa volta solo perché era giusto che lei andasse via.
Perché la vita di Forks era finita o forse non era mai cominciata.
Su questo rifletteva Alice mentre sotto la pioggia cercava di fermare un taxi.
La sua vera vita cominciava adesso, con una cicatrice sul cuore che portava tanti nomi: Edward, Bella, Rosalie.
La sua vita doveva ricominciare a New York, senza fantasmi o bugie nascosti dentro il suo cuore, pronti a riemergere la notte negli incubi.
La sua vita ricominciava adesso, dopo una lettera scritta poco prima di tornare al suo appartamento.

 

So che è inutile scrivere lettere.
So che non ha senso chiedere incessantemente scusa senza dare una vera spiegazione per le mie azioni.
Questa lettera non ha come scopo il perdono, capisco da sola che è troppo chiederlo.
Questa lettera vuole solo dirvi che mi dispiace.
Mi dispiace per tutto ciò che ho fatto.
Mi dispiace del dolore, della delusione, delle bugie che certamente non meritavate.
Posso solo dire che ho seguito il cuore.
Posso dire che mi dispiace avervi arrecato sofferenza, ma l’ho fatto perché ero innamorata, anche se non è una spiegazione accettabile e lo comprendo.
Adesso vi dico addio, torno alla mia vita.
Alla vita che mi sono creata lontana da qui.
Vi chiedo ancora scusa.
Con affetto
- Alice.

 

Spedì la lettera e continuò dritta per l’aeroporto.
Ritornò alla sua vita senza più rimpianti, anche se con odio si era liberata degli incubi che non aveva mai avuto il coraggio di affrontare.

 



FINE

 

 

Buongiorno, questa è la prima one shot con la quale mi cimento nel fandom di Twilight, per questo ho deciso di incentrare il tutto in un AU in cui i personaggi sono molto OOC.
Questa storia fu scritta nel settembre del 2010 per un contest indetto sul forum di efp, in cui si classificò prima, la cover è stata realizzata, infatti, dall'ideatrice del contest.
Buona letture, spero che questa nuova accezione dei personaggi vi piaccia.
Il titolo della one shot è preso da un verso della canzone "L'errore" dei SubsOnica.

Se volete potete trovarmi all'account facebook "Pois Nicole Spurce" e nel gruppo facebook "Radio flit", che gestisco assieme all'autrice e amica Mary_Sophia_Spurce.
Baci Cinzia.

   
 
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