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Autore: leo10    21/04/2011    0 recensioni
Abbie riesce sempre in un modo o nell'altro a finire nei guai, e da lì in genere in casini ancora più grossi.
Ma è in buona compagnia.
Un gruppo di giovani alle prese con problemi a volte più grandi di loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Ammetto che questa è la prima vera storia che decido di scrivere, ce l’ho in testa a grandi linee ma mentre scrivo la trama si modifica un po’ da sé, e così i personaggi.
Ogni somiglianza a persone realmente esistenti è tutt’altro che casuale, ma fate finta che lo sia.
Tollerate qualche parolaccia o errore grammaticale, sviste o licenze poetiche a seconda dei casi. Il Rating varierà molto col procedere della storia, oltre che col mio stato d’animo.
Questo capitolo è piuttosto breve, solo un assaggio per delineare un po’ una dei personaggi principali.
I commenti, che siano critiche costruttive, elogi o domande, sono molto ben accetti! Grazie comunque a tutti quelli che perderanno qualche minuto per leggere ciò che ho scritto e scriverò.
 
I couldn’t fight it.
 
Dopo essersi seduta sulla spalliera del divano e essersi lasciata cadere se ne stava comodamente a testa all’ingiù. Guardando la stanza sottosopra immaginò tutti i litri di sangue concentrarsi dentro la testa fino a non lasciar spazio per nient’altro.
Niente pensieri, niente emozioni.
 
Da oggi Basta.  Da oggi Basta.
Basta pensare a lei, basta sognarla, basta rendermi ridicola.
Dio quant’è stupida, quant’è stronza…
 
Abbie corrugò la fronte accorgendosi un po’ in ritardo che insultarla era comunque un modo di pensare a lei. Alzò gli occhi soffitto e rotolò giù dal divano portandosi dietro il copri divano blu elettrico. Guardandolo a terra pensò a cosa avrebbe urlato sua madre vedendo il “suo divano in pelle di bufalo” brutalmente esposto, e questa immagine riuscì quasi a strapparle un sorriso.
La ragazza infilò le sue converse azzurre e lasciò il copri divano beatamente afflosciato a terra.
 
Abbie uscì di casa di passo veloce e si diresse verso la campagna.
Con decibel e decibel di musica nelle orecchie camminava ora più lentamente ai bordi della strada dissestata. Socchiuse gli occhi guardando in alto, perché orami quel tragitto ce l’aveva impresso nelle gambe. Negli occhi lucidi si specchiava un cielo bianco e grigiastro,  anonimo come nessun cielo di maggio dovrebbe essere. Ed Abbie pensò che forse anche lei, sbollita la rabbia, sarebbe stata così: apatica, piatta, priva di tutto e consapevole.
 
No. No, cazzo. No.
Non questa volta.
Ricorda Ab dai:
”Portati dentro la rabbia… Dimentica tutto il resto”
 
L’iPod intanto in modalità random aveva scelto proprio la canzone sbagliata.
 
La voce Adele intonava live quella canzone malinconica e stupenda, che sembrava spezzare qualcosa dentro.
“ …I hate to turn up out of the blue uninvited
but I couldn’t stay away I couldn’t fight it
I hoped you’d see my face and be reminded
That for me it isn’t over
Nevermind
I’ll find someone like you
I wish nothing but the best for you too.” **
 
Dio quanto fa male, quanto fa male.
 
Un dolore sordo, entrato da chissà dove, le rimbombava dentro amplificandosi in modo esponenziale.
Un dolore paralizzante, che seminava il panico nella sua mente e scacciava tutte le altre emozioni dal cuore.
Abbie si fermò, serrò le palpebre bloccando le lacrime sul nascere.
 
Eccoli. Con le loro piume impalpabili, col loro volo leggero.
Eccoli a scavare ogni volta un po’ più a fondo quelle ferite invisibili, che bruciavano così tanto e non si rimarginavano mai del tutto.
 
Eccoli. I ricordi.
 
Flash.
Un sorriso entusiasta dietro la reflex. Foto rubate, foto buffe, spontanee.
 
Flash.
Camel blue da 20 sempre, sempre. La sigaretta tra le sue dita, la sigaretta tra le sue labbra, il fumo in lei.
Il suo fumo in me.
 
Basta basta.
 
Con le ultime forze la ragazza si strappò le cuffie lanciandole a terra.
Con le tempie che le pulsavano forte tra dita e ciocche di capelli scompigliati si sedette sull’erba polverosa sul ciglio della stradina.
 
Si concentrò sul suo respiro.
Come se in quell’istante non esistesse nient’altro.
Dentro l’aria dal naso, tanta aria, tutta quella che i suoi polmoni da atleta riescono a contenere.
Poi  fuori dalla bocca, prima piano che l’aria compressa esce senza sforzo, poi più forte per buttarla fuori proprio tutta.
 
E quando sono di nuovo vuoti ancora, nuova espirazione, pausa, nuova espirazione.
Finchè il ritmo non diventa regolare, finchè il tutto viene in modo sciolto, senza intoppi, quasi senza doverci pensare.
 
Riaprì gli occhi, di nuovo limpidi, trovandosi davanti le sue cuffie Wesc impolverate ma intatte.
Le raccolse, le pulì con cura e le riattaccò all’iPod che per fortuna era rimasto agganciato alla T-shirt.
 
Selezionò un brano dei Green Day, alzò ancora un po’ il volume e riprese il cammino.
 
 
*[Pride and Glory]
**[Adele – Someone like you; live] 
  
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