LA
NASCITA DI UN
RANCORE
Tancredi
se ne stava in
disparte, fissando nell’ombra la grande e sfarzosa cerimonia
che si stava
tenendo.
Poco lontano, sul magnifico trono d’oro e diamanti, sedeva
suo padre.
Quello era un giorno speciale per il regno, il vecchio re si sarebbe
ritirato
dalla fatica del governo ed avrebbe lascio le redini in mano al figlio.
Re Boris si sarebbe appartato –dopo
una
vita di combattimenti e di conquiste- a vita privata deponendo le sorti
del
regno nelle mani di uno dei suoi due primogeniti.
Si, esatto, loro erano in due, gemelli concepiti nello stesso momento
ma pur
sempre venuti alla luce a distanza di pochi minuti l’uno
dall’altro.
Tancredi si morse il labbro inferiore fissando con occhi scuri, velati
di
invidia e rancore, suo fratello.
Tomaso era seduto a fianco del padre, quello sarebbe stato il suo
momento di
gloria. Tra pochi istanti il claudicante e debole Tomaso sarebbe
succeduto al
grande ed imbattibile re Boris.
Perché! Perché?
Maledizione, non era giusto. Il degno successore di suo padre era senza
dubbio
lui. Tancredi: il principe bello e possente, l’abile
guerriero e provetto
cavallerizzo.
Invece a sedere sul trono sarebbe stato il suo insulso e debole gemello.
Tomaso, che fin dalla nascita era stato chiaro quanto fosse debole e
cagionevole di salute. Zoppo da un piede, perché aveva una
gamba più corta
dell’altra, non poteva tirare di scherma e ovviamente era un
pessimo
cavallerizzo.
Mentre lui si allenava strenuamente ed incessantemente
nell’arte della guerra e
della tattica, Tomaso passava le sue noiose giornate per lo
più a letto, sempre
troppo debole per vivere normalmente.
Ventisei anni passati a leggere e a suonare… come poteva un
soggetto simile
salire al trono e mantenere le fila di un regno tanto vasto e tanto
ambito dai
nemici.
Tancredi scosse la testa urtato da tutta quella situazione, la sua non
era
invidia, era semplice buon senso!
Se suo padre avesse avuto un minimo di discernimento avrebbe ignorato
quei
pochi minuti che separavano la sua venuta al mondo da quella del
fratello e
avrebbe affidato a lui il regno.
Invece no, re Boris aveva deciso di seguire alla lettera le tradizioni
e le
leggi, perciò quel giorno a succedere al padre, sarebbe
stato Tomaso e non lui.
Ormai l’introduzione di re Boris era terminata, la grande
corona si stava
facendo largo –portata su di un cuscino bianco da due
marchesi- sul tappeto
rosso da cerimonia, in mezzo alla folla trepidante.
L’arcivescovo era a fianco del principe Tomaso ed aveva
già la corona –simbolo di
regalità e potere- sospesa a mezz’aria sulla testa
del suo fortunato gemello.
Però ad un tratto, pochi attimi prima che
l’arcivescovo incoronasse il
principe, re Boris fermò con la sua voce possente la
cerimonia.
“Un attimo!” proclamò sorprendendo tutti
i presenti.
“L’incoronazione non può avvenire
così!” disse imperioso.
L’arcivescovo lo fissò sconvolto per
l’interruzione, stava già per domandarne
il motivo quando il re continuò.
“Dov’è Tancredi?
Dov’è il mio forte e superbo figlio?”
Tancredi al sentire il proprio nome sobbalzò.
Perché lo stava cercando? Cosa
aveva in mente?
Si staccò con un gesto veloce e sinuoso dalla colonna sulla
quale era stato
appoggiato di schiena per tutto quel tempo. Mentre si faceva largo tra
la folla
che lo fissava curiosa, la sua mente cominciò ad elaborare
una teoria
insperata.
Certamente re Boris si era ravveduto, aveva capito che era lui tra i
due ad
essere il più adatto al governo.
Tancredi sorrise dentro di sé soddisfatto, ormai non ci
sperava più in un
miracolo simile, però stava accadendo davvero.
Suo padre, proprio nel punto cruciale della cerimonia, aveva fermato
tutto per
chiamarlo a salire sul palco dell’incoronazione.
Ormai era a pochi passi dai suoi parenti, solo pochi gradini lo
separavano
dalla gloria e dal suo fulgido futuro.
Incrociò prima gli occhi del fratello, Tomaso lo stava
guardando con gli occhi
che brillavano di felicità. Non si era ancora accorto di
cosa stesse per
accadere. L’espressione di Tancredi si piegò in
una smorfia quasi tenera,
povero Tomaso, così ingenuo e debole, non era un cattivo
fratello. In fondo gli
voleva bene, erano gemelli ed il legame
tra di loro era innegabile.
Si riscosse da quei pensieri e sorrise di rimando al piccolo e zoppo
gemello.
Una volta diventato sovrano avrebbe
di
certo provveduto al suo benessere e alla sua felicità,
chiamando i migliori
medici per tenere monitorata la sua cagionevole salute. Si, sarebbe
stato un
ottimo re ed un ottimo fratello…
Ormai era salito e si trovava di fianco all’arcivescovo che
lo fissava
stranito.
“Padre mi avete chiamato?” chiese riverente facendo
un inchino perfetto davanti
al genitore.
“Sì, dove eri finito?”
domandò il re accigliato.
“Me ne stavo lì in disparte, questo è
il giorno di mio fratello… e poi da
quella posizione potevo tenere sotto controllo la folla, nel caso vi si
nascondesse qualche male intenzionato anarchico”
Tancredi disse quella frase con tutta l’umiltà che
riuscì a trovare in sé,
anche se per la maggior parte aveva mentito.
Re Boris sorrise compiaciuto e gli diede una sonora pacca sulla schiena
in
segno di affetto.
“Eccolo qui il mio indistruttibile figlio! Sei sempre un
orgoglio per tuo
padre!”
Poi si volse verso l’altro gemello che fissava i due con
affetto e senza dubbi
o sospetti e lo chiamò:
“Tomaso, vieni qui figliolo!”
Quando i due gemelli furono finalmente uno di fronte
all’altro re Boris prese
le mani di entrambi e le racchiuse nelle sue, poi alzando la voce di
modo da
sedare il brusio della folla proclamò:
“Io ho avuto la fortuna di avere due figli stupendi, ognuno
di loro ha delle
peculiarità e dei pregi straordinari. Lì dove uno
è carente, l’altro sopperisce
alle lacune. Sono gemelli, sono una sola persona divisa in due corpi
distinti.”
Poi fissando negli occhi entrambi i figli concluse:
“Tancredi tu sei molto forte e valoroso, giurami solennemente
davanti a tutto
il popolo che la tua spada sarà sempre pronta a fendere il
cielo per tuo
fratello”
Tancredi lo fisò stupito senza capire dove l’altro
volesse andare a parare, ma
ugualmente annuì.
“Avete la mia parola sire!”
“Tomaso, il mio intelligente benevolo ed acuto figliolo,
giurami solennemente
che ascolterai sempre le idee di tuo fratello e che ne accoglierai le
critiche
con cuore puro”
Tomaso non esitò un momento ed assentì entusiasta:
“Non c’è neppure da chiederlo
Maestà!”
“Bene con questo ho concluso” disse ritraendo le
mani e voltandosi verso
l’arcivescovo.
“Prego incoroni pure mio figlio come successore e nuovo
re!”
Fu una cosa di pochi attimi, la corona calò sulla testa di
Tomaso e poi lo
scroscio delle urla del popolo in festa travolse le orecchie di
Tancredi.
No, no no no no…
Non era possibile, tutti i suoi sogni di gloria si infransero come le
onde su uno
scoglio.
Fissò senza parole il fratello che salutava la folla e che
si faceva acclamare
come nuovo re!
Le mani cominciarono a prudergli per
la
rabbia e lo sconforto, era finita, finita per davvero.
Quell’idiota di suo padre non aveva fatto la cosa giusta,
aveva affidato a
Tomaso le sorti del regno, il loro magnifico regno… il suo
regno!
Una pacca vigorosa sulla spalla lo riscosse dallo stato di apatia nel
quale era
precipitato, suo padre lo guardava sorridente e gli fece segno di
andarsi a
congratulare con Tomaso. Tancredi si mosse come un automa, mille
pensieri che
gli affollavano la mente delusa e rabbiosa, si inchinò di
fronte al gemello
incoronato ma l’altro prontamente gli chiese di alzarsi
perché non voleva ci
fossero simili formalità tra loro. Ecco l’ultima
umiliazione, Tomaso che dalla
sua altezza gli concedeva di considerarlo un suo eguale! Non avrebbe
vissuto una
vita all’ombra di quello sgorbio, non poteva essere. In quel
momento di gioia e
festa, desiderava solo che il suo gemello scomparisse dalla faccia
della terra…
che non fosse mai nato oppure… oppure che morisse.
Lo sguardo di Tancredi si tese e gli occhi brillarono –non
visti- di una luce
sinistra e cattiva.
E, mentre abbracciava il fratello e si congratulava con lui, la sua
mente
iniziava ad elaborare un piano.
Prima o poi lui, Tancredi il Grande, sarebbe divenuto re di quel regno
che gli
spettava di diritto… costi quel che costi.
PICCOLO
SPAZIO PRIVATO:
I personaggi appartengono ad una Long che sto scrivendo la trovate qui:
Destino
. La storia vera e
propria è ambientata molti anni dopo questa shot, infatti i
protagonisti
principali sono il figlio di Tomaso e il suo amante. Però
non ha grande
importanza. Qui ho descritto, il momento in cui Tancredi
“impazzisce” di
gelosia ed invidia e nella sua mente si fa largo l’idea di
uccidere il fratello
e di succedergli al trono. Diciamo che presa singolarmente è
una storia di
intrighi e delusioni per la successione al trono tra due fratelli.
Spero che la lettura sia stata di tuo gradimento^^
Ogni
nome scelto ha un
significato che si riscontra nella storia.
Tancredi significa Colui che medita le sue decisioni
Tomaso vuol dire gemello
Boris è Glorioso in combattimento
Partecipante la contest Gelosia