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Autore: NonnaPapera    26/04/2011    5 recensioni
La delusione di Tancredi alla salita al trono del fratello Tomaso
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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LA NASCITA DI UN RANCORE

Tancredi se ne stava in disparte, fissando nell’ombra la grande e sfarzosa cerimonia che si stava tenendo.
Poco lontano, sul magnifico trono d’oro e diamanti, sedeva suo padre.
Quello era un giorno speciale per il regno, il vecchio re si sarebbe ritirato dalla fatica del governo ed avrebbe lascio le redini in mano al figlio.
Re Boris si sarebbe appartato  –dopo una vita di combattimenti e di conquiste- a vita privata deponendo le sorti del regno nelle mani di uno dei suoi due primogeniti.
Si, esatto, loro erano in due, gemelli concepiti nello stesso momento ma pur sempre venuti alla luce a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro.
Tancredi si morse il labbro inferiore fissando con occhi scuri, velati di invidia e rancore, suo fratello.
Tomaso era seduto a fianco del padre, quello sarebbe stato il suo momento di gloria. Tra pochi istanti il claudicante e debole Tomaso sarebbe succeduto al grande ed imbattibile re Boris.
Perché! Perché?
Maledizione, non era giusto. Il degno successore di suo padre era senza dubbio lui. Tancredi: il principe bello e possente, l’abile guerriero e provetto cavallerizzo.
Invece a sedere sul trono sarebbe stato il suo insulso e debole gemello.
Tomaso, che fin dalla nascita era stato chiaro quanto fosse debole e cagionevole di salute. Zoppo da un piede, perché aveva una gamba più corta dell’altra, non poteva tirare di scherma e ovviamente era un pessimo cavallerizzo.
Mentre lui si allenava strenuamente ed incessantemente nell’arte della guerra e della tattica, Tomaso passava le sue noiose giornate per lo più a letto, sempre troppo debole per vivere normalmente.
Ventisei anni passati a leggere e a suonare… come poteva un soggetto simile salire al trono e mantenere le fila di un regno tanto vasto e tanto ambito dai nemici.
Tancredi scosse la testa urtato da tutta quella situazione, la sua non era invidia, era semplice buon senso!
Se suo padre avesse avuto un minimo di discernimento avrebbe ignorato quei pochi minuti che separavano la sua venuta al mondo da quella del fratello e avrebbe affidato a lui il regno.
Invece no, re Boris aveva deciso di seguire alla lettera le tradizioni e le leggi, perciò quel giorno a succedere al padre, sarebbe stato Tomaso e non lui.
Ormai l’introduzione di re Boris era terminata, la grande corona si stava facendo largo –portata su di un cuscino bianco da due marchesi- sul tappeto rosso da cerimonia, in mezzo alla folla trepidante.
L’arcivescovo era a fianco del principe Tomaso ed aveva già la corona –simbolo di regalità e potere- sospesa a mezz’aria sulla testa del suo fortunato gemello.
Però ad un tratto, pochi attimi prima che l’arcivescovo incoronasse il principe, re Boris fermò con la sua voce possente la cerimonia.
“Un attimo!” proclamò sorprendendo tutti i presenti.
“L’incoronazione non può avvenire così!” disse imperioso.
L’arcivescovo lo fissò sconvolto per l’interruzione, stava già per domandarne il motivo quando il re continuò.
“Dov’è Tancredi? Dov’è il mio forte e superbo figlio?”
Tancredi al sentire il proprio nome sobbalzò. Perché lo stava cercando? Cosa aveva in mente?
Si staccò con un gesto veloce e sinuoso dalla colonna sulla quale era stato appoggiato di schiena per tutto quel tempo. Mentre si faceva largo tra la folla che lo fissava curiosa, la sua mente cominciò ad elaborare una teoria insperata.
Certamente re Boris si era ravveduto, aveva capito che era lui tra i due ad essere il più adatto al governo.
Tancredi sorrise dentro di sé soddisfatto, ormai non ci sperava più in un miracolo simile, però stava accadendo davvero.
Suo padre, proprio nel punto cruciale della cerimonia, aveva fermato tutto per chiamarlo a salire sul palco dell’incoronazione.
Ormai era a pochi passi dai suoi parenti, solo pochi gradini lo separavano dalla gloria e dal suo fulgido futuro.
Incrociò prima gli occhi del fratello, Tomaso lo stava guardando con gli occhi che brillavano di felicità. Non si era ancora accorto di cosa stesse per accadere. L’espressione di Tancredi si piegò in una smorfia quasi tenera, povero Tomaso, così ingenuo e debole, non era un cattivo fratello. In fondo gli voleva bene, erano gemelli ed il legame  tra di loro era innegabile.
Si riscosse da quei pensieri e sorrise di rimando al piccolo e zoppo gemello. Una volta diventato sovrano  avrebbe di certo provveduto al suo benessere e alla sua felicità, chiamando i migliori medici per tenere monitorata la sua cagionevole salute. Si, sarebbe stato un ottimo re ed un ottimo fratello…
Ormai era salito e si trovava di fianco all’arcivescovo che lo fissava stranito.
“Padre mi avete chiamato?” chiese riverente facendo un inchino perfetto davanti al genitore.
“Sì, dove eri finito?” domandò il re accigliato.
“Me ne stavo lì in disparte, questo è il giorno di mio fratello… e poi da quella posizione potevo tenere sotto controllo la folla, nel caso vi si nascondesse qualche male intenzionato anarchico”
Tancredi disse quella frase con tutta l’umiltà che riuscì a trovare in sé, anche se per la maggior parte aveva mentito.
Re Boris sorrise compiaciuto e gli diede una sonora pacca sulla schiena in segno di affetto.
“Eccolo qui il mio indistruttibile figlio! Sei sempre un orgoglio per tuo padre!”
Poi si volse verso l’altro gemello che fissava i due con affetto e senza dubbi o sospetti e lo chiamò:
“Tomaso, vieni qui figliolo!”
Quando i due gemelli furono finalmente uno di fronte all’altro re Boris prese le mani di entrambi e le racchiuse nelle sue, poi alzando la voce di modo da sedare il brusio della folla proclamò:
“Io ho avuto la fortuna di avere due figli stupendi, ognuno di loro ha delle peculiarità e dei pregi straordinari. Lì dove uno è carente, l’altro sopperisce alle lacune. Sono gemelli, sono una sola persona divisa in due corpi distinti.”
Poi fissando negli occhi entrambi i figli concluse:
“Tancredi tu sei molto forte e valoroso, giurami solennemente davanti a tutto il popolo che la tua spada sarà sempre pronta a fendere il cielo per tuo fratello”
Tancredi lo fisò stupito senza capire dove l’altro volesse andare a parare, ma ugualmente annuì.
“Avete la mia parola sire!”
“Tomaso, il mio intelligente benevolo ed acuto figliolo, giurami solennemente che ascolterai sempre le idee di tuo fratello e che ne accoglierai le critiche con cuore puro”
Tomaso non esitò un momento ed assentì entusiasta:
“Non c’è neppure da chiederlo Maestà!”
“Bene con questo ho concluso” disse ritraendo le mani e voltandosi verso l’arcivescovo.
“Prego incoroni pure mio figlio come successore e nuovo re!”
Fu una cosa di pochi attimi, la corona calò sulla testa di Tomaso e poi lo scroscio delle urla del popolo in festa travolse le orecchie di Tancredi.
No, no no no no…
Non era possibile, tutti i suoi sogni di gloria si infransero come le onde su uno scoglio.
Fissò senza parole il fratello che salutava la folla e che si faceva acclamare come nuovo re!
Le mani cominciarono a prudergli  per la rabbia e lo sconforto, era finita, finita per davvero.
Quell’idiota di suo padre non aveva fatto la cosa giusta, aveva affidato a Tomaso le sorti del regno, il loro magnifico regno… il suo regno!
Una pacca vigorosa sulla spalla lo riscosse dallo stato di apatia nel quale era precipitato, suo padre lo guardava sorridente e gli fece segno di andarsi a congratulare con Tomaso. Tancredi si mosse come un automa, mille pensieri che gli affollavano la mente delusa e rabbiosa, si inchinò di fronte al gemello incoronato ma l’altro prontamente gli chiese di alzarsi perché non voleva ci fossero simili formalità tra loro. Ecco l’ultima umiliazione, Tomaso che dalla sua altezza gli concedeva di considerarlo un suo eguale! Non avrebbe vissuto una vita all’ombra di quello sgorbio, non poteva essere. In quel momento di gioia e festa, desiderava solo che il suo gemello scomparisse dalla faccia della terra… che non fosse mai nato oppure… oppure che morisse.
Lo sguardo di Tancredi si tese e gli occhi brillarono –non visti- di una luce sinistra e cattiva.
E, mentre abbracciava il fratello e si congratulava con lui, la sua mente iniziava ad elaborare un piano.
Prima o poi lui, Tancredi il Grande, sarebbe divenuto re di quel regno che gli spettava di diritto… costi quel che costi.

 

PICCOLO SPAZIO PRIVATO:
I personaggi appartengono ad una Long che sto scrivendo la trovate qui: Destino . La storia vera e propria è ambientata molti anni dopo questa shot, infatti i protagonisti principali sono il figlio di Tomaso e il suo amante. Però non ha grande importanza. Qui ho descritto, il momento in cui Tancredi “impazzisce” di gelosia ed invidia e nella sua mente si fa largo l’idea di uccidere il fratello e di succedergli al trono. Diciamo che presa singolarmente è una storia di intrighi e delusioni per la successione al trono tra due fratelli.
Spero che la lettura sia stata di tuo gradimento^^

Ogni nome scelto ha un significato che si riscontra nella storia.
Tancredi significa Colui che medita le sue decisioni
Tomaso vuol dire gemello
Boris è Glorioso in combattimento

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