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Autore: Melchan    26/04/2011    3 recensioni
Due Arthur si aggirano per Camelot, ma qual è quello vero?
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Per il Cow-T, sesta settimana, prompt Nostalgia

Arthur passò una mano sull'erba fradicia intorno a lui. Il cielo era di quel colore stranissimo che prende solo quando non ci sono nuvole nel raggio di nessun occhio umano.

Si tirò a sedere, ignorando la sensazione di bagnato che penetrava attraverso il tessuto dei pantaloni, e guardò le colline che correvano
(ma prima o poi finiscono?)
davanti a lui.
Poi sbuffò. Stava facendo pensieri stupidi, adatti a una damigella con la testa tra le nuvole. Aveva l'allenamento pomeridiano con gli altri cavalieri, un paio di lettere per governanti a cui apporre la sua firma sotto quella del padre e di sicuro qualcos'altro da fare che al momento non ricordava con precisione.
Per dirla in poche parole aveva un regno da proteggere, e lo avrebbe fatto.
Questo sì.
Ma quando guardava tutto quello che un giorno avrebbe anche governato, le leghe che sembravano estendersi fino al bordo della Terra, pensava sempre che avrebbe voluto potersi sdoppiare a ripetizione: sarebbe stato ovunque, sempre nel momento giusto, pronto a cacciare qualunque nemico, a impedire alle ingiustizie di accadere e a  passare a fil di spada chi avrebbe voluto provare a combattere.
Arthur non provava piacere nell'uccidere, ma quando qualcuno si metteva in testa di mettere a ferro e fuoco il suo regno e depredare la sua gente, non poteva sperare in nient'altro.
Aveva incontrato uomini che si arrendevano, ma molti di loro invece erano convinti di poterlo fare a pezzi, in virtù dei motivi più vari: perché combattevano da più tempo di lui, perché non erano cresciuti in mezzo a gente che se avesse provato a fargli qualcosa di male sarebbe finita con la testa staccata dal collo senza discussioni, perché di sicuro, oh, di sicuro loro erano i primi a spronarlo a combattere uno contro uno, senza i suoi cavalieri a guardargli le spalle.
Ne conseguiva che a finire a sputare sangue con il ferro di una spada ancora infilzato nello sterno, erano sempre loro.

Le volte in cui aveva una giornata priva di impegni, Arthur fingeva di essere un normale contadino. In realtà non lo aveva fatto poi così tanto spesso: ma in quei casi aveva scoperto che mescolarsi ai contadini, i mercanti, i viaggiatori e tutti gli altri individui che circolavano ogni giorno per le campagne e le strade del regno, era molto più semplice di quanto sarebbe potuto sembrare a una prima occhiata. Il tempo di uscire dal paesino in miniatura che erano le mura di Camelot, ed essere riconosciuto smetteva di essere una cosa scontata -incredibile a dirsi, gli diceva una vocina petulante così simile a quella di Merlin sembra che dopotutto nemmeno il principe di Camelot abbia un alone dorato a circondarlo e svelare la sua identità a chiunque osi incrociare il suo passo.

Quelle volte in cui aveva indossato vestiti semplici e senza simboli o insegne e messo il cavallo a riposo in paesini a mezz'ora di distanza, Arthur aveva scoperto che camminare in giro così per certi versi era molto più semplice.
Le ragazze a volte ridacchiavano nel vederlo, senza però sembrare davvero intimorite, e prostitute e mendicanti erano molto più prosaici nel parlargli.
Non c'erano vostra grazia o mio signore, e gli era capitato almeno tre volte di trovarsi a un passo dallo slogare le braccia di borsaioli forzuti, che rubavano dalle tasche della gente con la scusa di prenderla a spallate in una via affollata.
Una volta un contadino che vendeva mele in un piccolo mercato, qualcosa come quaranta minuti a cavallo dal castello, gliene aveva regalata una per aver scaricato le casse del suo carretto. Arthur aveva sedici anni, era andato con Ser Leon a fare una ricognizione del territorio, tutti e due senza insegne.

Però Arthur non era stupido, checché ne dicessero certe malelingue di sua conoscenza. Sapeva che in fondo avrebbe potuto travestirsi quante volte voleva da normale figlio di contadino, girare i dintorni del suo Regno per il solo gusto di essere guardato da ragazze che non sapevano quale fosse il suo nome e apostrofato da chiunque come niente fosse - sapeva che avrebbe potuto passare giornate intere così, a fingersi un ragazzo inesistente di nome Arthur e figlio di piccoli coltivatori, che malmenava gli scippatori e aiutava i vecchietti a sistemare i banchi, e questo non avrebbe cambiato il fatto che una volta finita la sua visita sarebbe tornato a dormire in una delle stanze più calde del castello di Camelot e il giorno dopo probabilmente si sarebbe battuto con tagliagole amati di spade e asce convinti di poter fare razzia della capitale.
Non invidiava davvero quel ragazzo bello e un po' sbruffone che era solo Arthur, che passava il tempo a non fare niente e a fare tutto. Era solo una sorta di fantasma che a volte gli appariva di notte, ridendo senza motivo e guardandolo con occhi che ad Arthur ricordavano quelli che vedeva quando fissava lo specchio, ma più… dolci. Sfumati come quelli di un bambino che ha passato l'infanzia a correre in campi di altri e mangiare mele che gli era stato vietato di prendersi.

Lui e quell'altro Arthur con gli occhi strani si erano incontrati solo di sfuggita, in pochi sogni che al mattino aveva scordato e dentro a vestiti vecchi che li facevano somigliare in modo quasi disturbante.
Non era la nostalgia per qualcosa che non sarebbe mai stato, era solo il sentore di una vita che sarebbe potuta esistere, e invece no.


In quelle occasioni aveva sentito parlare bene e male di quello che suo padre faceva, e un paio di volte aveva sorriso tra sé ascoltando i racconti di gesta inumane che lui e i suoi cavalieri avrebbero compiuto negli ultimi anni, dinnanzi ad amici di amici del cantastorie di turno.
Di solito partivano da fatti accaduti davvero per poi plasmare la storia in modo diverso, rigirando una parola di lato, sistemando un'esclamazione dall'altra parte, ed ecco che i fiori che Arthur aveva rimesso nella cesta di una contadina che aveva perso la presa sul manico diventavano mazzi di rose sfuggiti a una splendida fanciulla, che lui aveva raccolto per lei, sì, inginocchiandosi e facendo notare che per quanto belli, quei fiori nulla potevano messi accanto al suo volto. Come se il cantastorie da quattro soldi fosse lui.
Arthur che in realtà le aveva sorriso davvero, e quando lei era diventata più rossa di un papavero le aveva detto che quei fiori erano molto belli, e sicuramente Lady Morgana ne avrebbe apprezzato uno.
Così aveva scambiato un fiore per una moneta d'argento, e aveva ringraziato la ragazzina quando lei gliene aveva regalati altri due.

Si era ritrovato a sbuffare solo quando il cantastorie aveva aggiunto che il principe era accompagnato dal suo più fedele servitore, il famoso (almeno nelle testa del contaballe che raccontava) braccio destro del giovane Pendragon.
Prima di incontrare la ragazzina lui e Merlin stavano camminando in modo normalissimo per la stradina del mercato (quello di Camelot, dove nessuno aveva il minimo dubbio di chi fossero), e Arthur lo stava insultando per qualche stupido epiteto con cui lo aveva appena chiamato, se non ricordava male, ma nella bocca di quel tizio l'altro era diventato un giovane che il principe portava sempre con sé, dai capelli corvini e grandi occhi sempre all'erta (la mente di certi uomini era davvero portata per le idiozie).

Quel pomeriggio, lì sulla collina non se l'era portato di certo - quindi l'unica giustificazione per i passi da imbranato che sentiva dietro di sé era una qualche seccatura in arrivo. Possibile che Merlin non portasse mai altro?

"Tuo padre ti sta cercando da mezz'ora. Non è di buon umore."
Arthur nemmeno si voltò, limitandosi a mettersi in piedi con uno scatto di reni.

"Dopo che hai perso chissà quanto per arrivare quassù a dirmelo, lo sarà ancora meno."
Ignorò le proteste e i lamenti inopportuni di Merlin e cominciò a scendere la collina, stando attento all'erba resa scivolosa dalla rugiada della mattina e tirando su l'altro quando inciampò in un sasso perfettamente in vista - solo per evitare di dargli un motivo per accampare scuse sul suo bisogno di medicarsi e sparire da Gaius una volta arrivati al castello.


Non c'era via d'uscita dai confini di Camelot per Arthur, non c'era mai stata.
La cosa che lui non sapeva, era che sarebbe passato alla Storia proprio come il Re che non l'aveva mai nemmeno cercata.

 

_*_

 

Note di Mel-chan:

Mi andava di postare qualcosa, così ecco questa piccina :o L'ho pubblicata un po' di tempo fa solo sul mio lj, ma siccome dovevo finire di rivederla è rimasta lì finora ;_; Adesso mentre facevo pausa dal nefasto latino e_e ho deciso di darle un occhio, ed eccola qui.

Non saprei dire se penso possa piacere oppure no, a me è piaciuto molto scrivere la parte centrale (ho un debole per i sogni, sì, che devo farci?), però è una cosa abbastanza stramba quindi non so ç_ç Se vi siete sbattuti a leggere fin qui lasciatemi un'opione/commento/lo sapete, sìììììì? ;______;

E poi sì, insomma, lo ripeterò anche quando posterò il suddetto seguito >_< ma volevo davvero ringraziare tutte le persone adorabili che mi hanno commentato Envy G-S. Non mi aspettavo tutto quell'entusiasmo (e sì, lo so che sono "solo" sette recensioni, ma quando non scrivi p0rn e nemmeno fai finta di provarci, beh, lo sbattimento a commentare felicemente di sette persone che hanno letto è etichettabile come reazione entusiasta, per me, sappiatelo XD).

Mi ci sono svenata abbastanza a suon di correzioni e cambiamenti, e non ero affatto sicura che Arthur sarebbe piaciuto granché, ma invece ha riscosso tanto amore \o/ e dopo quella faticaccia mi veniva voglia di abbracciare lo schermo del computer a ogni commento saltellante e felice e complimentoso, ecco XDDDD

Edit di febbraio 2016 (... l'inquietudine): rileggendo questa fic e le sue note mi sono accorta di aver promesso un seguito di Envy gray-sky che non è mai arrivato. Mi dispiace sinceramente di non aver tenuto fede a quanto detto (promesso, addirittura). Non posso dire che accadrà perché in realtà sono anni che quando mi capita di ripensare a quella fic la vedo come terminata, ma (questo posso farlo) assicuro che se un giorno mi verrà in mente qualcosa da scrivere sul mondo di quella AU lo farò e lo posterò qui. Ecco.

 

Ok, ho detto quello che volevo, adesso ribadisco il " se vi va ditemi che avete pensato di questa fic" e vado a fare latino DDDDDDDDDDDD:

 

A presto,

Mel

 

  
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