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Autore: BloodyRoad    27/04/2011    1 recensioni
"Io mentirò...ma stai certo che tu mi crederai."
Voglio dimenticarti, ma allo stesso tempo ti cerco così tanto da star male. [AkiraxAgito]
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1)      1) So many fucking words.

 

 

-Fermi la macchina?-

Il suono ovattato della sua voce rimbombò nella vettura, accompagnando il rumore delle gocce di pioggia scroscianti. L’odore del fumo era asfissiante, e Agito non aveva intenzione di restare un minuto di più lì dentro.

-Aah, andiamo, ti bagnerai tutto…

-Kaito, voglio scendere da questo fottuto camper. Puzza di prostitute…!

-Attualmente, si chiamano sigarette…

-Che t’importa, te le fumi entrambe ugualmente.

Kaito non ribatté a quell’ultima affermazione. Tuttavia non fermò la macchina e continuò a guidare imperterrito, osservando l’asfalto bagnato davanti a sé. Guardò di soppiatto l’alter ego di quello che aveva imparato a considerare suo fratello. Un lieve moto di affetto gli scaldò appena quel cuore che non credeva d’avere. Era diventato grande… Quasi quasi gli somigliava. Anche se stava iniziando a diventare il ritratto sputato di lei… Mentre una mano era al volante, l’altra si allungò verso il cruscotto, afferrando una bottiglietta squadrata, ricoperta di cuoio. Iniziò a bere, lanciando un’altra occhiata ad Agito. Aveva la tipica apparenza dell’adolescente perennemente arrabbiato col mondo: cuffie nelle orecchie, per ascoltare musica assordante al limite del volume consentito per la salute dell’udito,  felpa nera slargata, jeans borchiati e braccia incrociate. Oltre che ad un broncio stranamente adorabile, diventato per lui un marchio di garanzia.

-Problemi?- si azzardò a domandare, bevendo un po’ da quella bottiglina.

-Che ti frega? E poi, non bere e guidare contemporaneamente!

-Rilassati, è solo acqua… e poi, come che mi frega?- domandò, con tono quasi offeso. –Sei mio…

-Siamo arrivati.

Il camper si fermò, sollevando l’acqua di una pozzanghera. Senza neppure un cenno di gratitudine, Agito slacciò la cintura di sicurezza, aprì svogliatamente la porta della vettura e poggiò il piede fuori, bagnando le sue scarpe da ginnastica. Sentì il freddo pungente, in perfetto contrasto col tiepido tepore del camper di Kaito; ma forse, quel clima si adattava meglio al suo umore. Prima di uscire del tutto, afferrò una borsa a tracolla che aveva poggiato ai suoi piedi durante tutto il viaggio. Kaito lo fermò prima che si allontanasse.  –Neanche un saluto?

-Fuck.

La porta del camper venne richiusa con una violenza eccessiva, al punto che Kaito sobbalzò.  Osservò Agito allontanarsi con un sospiro, ed una lieve preoccupazione. Spense la sigaretta che aveva in bocca nel posacenere, seguendo con lo sguardo ogni singolo passo di Agito. Non sembrava stesse camminando: ogni passo era così pesante che pareva volesse bucare l’asfalto. Ma anche se si impegnava, Agito non riusciva ad assumere un’espressione particolarmente minacciosa, o almeno, non gli riusciva bene come ai vecchi tempi. Aveva sempre l’aria di un bambino ferito, un fragile ragazzino che portava dentro sé pesi inimmaginabili. Sul suo viso, quella sofferenza si era tramutata in un velo di costante malinconia. Per quale motivo…?

Agito si soffermò, arrivato all’uscio della porta. Casa Noyamano era vuota. Per fortuna, gli venne da pensare. Non aveva nessuna fottutissima intenzione di fingere interesse per la vita sociale. Non quel giorno.

Infilò le chiavi nella toppa, ed un leggero “clack” lo rassicurò: era finalmente a casa. Richiuse la porta dietro di sé, senza neppure degnare di un leggero accenno di saluto l’uomo che lo aveva accompagnato fin lì, lasciandogli in bocca il bruciante sapore della delusione. D’altronde, Kaito ci provava davvero, a differenza sua, a restaurare un rapporto perduto da tanto tempo. Ma a lui cosa importava? Fatti suoi e di Akito. Lui non aveva alcuna voce in capitolo. Senza neanche accendere le luci, si avviò verso la stanza che da qualche anno era diventata sua di diritto, in quella casa dove lo avevano accolto con un sorriso. L’unico posto nel pianeta dove si sentiva davvero al sicuro. Oppure, no. C’era un altro posto dove gli sarebbe piaciuto andare.

Appena entrato in camera, gettò la borsa in un angolo a caso, beccando una pila di cd che si scaraventarono rovinosamente sul pavimento. Accese la lampada sulla scrivania, e afferrò un libro. Con un umore come quello, toccava anche fare i compiti. Che poi Ikki avrebbe palesemente copiato. Senza neanche sedersi, diede un’occhiata al lavoro che la sua mente avrebbe dovuto affrontare quella sera, ma neppure il tempo di leggere il titolo del capitolo che già richiuse il libro, svogliato. ‘Fanculo. Si sedette su una confortevole sedia girevole, fregata apposta dall’ufficio del fratello. Un paio di giri, per avere una panoramica dell’ambiente in cui si ritrovava. Dei poster, da un lato suoi, e da un altro di Akito. Dei libri, da un lato suoi, e da un altro di Akito. La sua vita, da un lato sua, da un altro di Akito.

Condividere la vita con qualcuno però non era così male, specie se quel qualcuno aveva la straordinaria capacità di addolcire anche un carattere spinoso come quello di Agito.

“Tutto ok, Agito-kun?”  Domandò una vocina adorabile nella sua testa. Per la prima volta in quella giornata, ad Agito venne da sorridere.

-Sì, Akito…- non ebbe vergogna di parlare ad alta voce: d’altronde, non c’era nessuno.

“Non mi sembra…”

-Massì, è tutto ok…

Una risata improvvisa lo scosse. Akito stava ridendo…?

“Agito-kun, dovresti capire che non puoi mentire a qualcuno che risiede nel tuo stesso corpo. E’ assurdo.

“E’ per via di quel messaggio che stai  così male, vero?”

Agito ammutolì. In effetti, era ridicolo cercare di nascondere qualcosa ad Akito, ovvero…a sé stesso. Sarebbe stato impossibile anche non avendo un alter ego dolcissimo che risiedeva in testa.

Agito dovette ammettere che Akito aveva ragione. Era bastato accendere il cellulare per trascorrere un’intera giornata tra ricordi, rimorsi, rimpianti. Delle semplici parole, inviate dal numero di qualcuno che invano aveva cercato di rimuovere dalla sua testa. E poi, così inaspettatamente! C’è davvero da chiederselo, pensò, perché mai le persone, quelle che più ti hanno fatto male, tornano da un momento all’altro, specie in quello meno opportuno, della tua vita. L’effetto è sconvolgente: cuore e mente iniziano una battaglia inferocita, con una sola conseguenza: confusione.

Agito si accorse di aver lasciato Akito in sospeso, quindi riprese a dialogare con lui, cercando di apparire il più tranquillo possibile.

 -Quale messaggio, Akito?- Fece il finto tonto, riafferrando il libro di prima, come a voler dire “Tagliamo corto, ho da fare!”.

“Oooh, per favore…lo sai benissimo…! Vuoi parlarmene?”

-No, grazie.

Troncò di netto la conversazione, aprendo il libro e iniziando a leggere. La mente sua e di Akito si affollò con principi della dinamica di cui a lui non importava assolutamente nulla. Non in quel momento. Era tutto sbagliato! Era un giorno completamente sbagliato! Ma in realtà, non sarebbe stato così difficile renderlo uno dei giorni più felici della sua vita. Richiuse il libro, col chiaro intento di non aprirlo più per quel giorno, e si sollevò, avvicinandosi allo stereo e premendo distrattamente il tasto play. Sentì il rumore fastidioso del disco che si caricava, e si stese sul letto, lasciandosi in balia del caso.

La sveglia accanto al comodino scattò, con un rumore acuto e breve. Agito si voltò verso di essa: la lancetta più grande era in alto, quella più piccola al contrario era dritta verso il basso. Le sei in punto. Il ragazzo frugò in tasca, un po’ combattuto. Passò una mano sulla fronte, mentre con l’altra meccanicamente afferrava il cellulare e con dita veloci accedette al menù dei messaggi. Iniziò a scorrere: un messaggio di Kaito, ricevuto alle 7 del mattino. “Passo a prenderti alle 17.30 dopo la scuola. Ti do un passaggio.”. Due bip: cancellato. Kaito gli faceva prudere letteralmente le mani, insomma, era fastidioso!Era diventato inaspettatamente così premuroso, così affettuoso…oddio, “affettuoso” era una parola grossa. Restava sempre il solito stronzo, solo un po’ meno…stronzo.  Ecco tutto. E se ad Akito la cosa faceva un piacere immenso, ad Agito causava semplicemente il voltastomaco. Altro messaggio. Ikki, durante la lezione di inglese, alle 11,18. “Ma che palle! Fuggiamo!” seguito da un’emoticon disperata. Ad Agito sfuggì un sorriso, appena abbozzato. Non era la prima volta che lui ed Ikki messaggiavano durante la lezione, imprecando contro professori e compagni. Una volta Ikki fu scoperto dalla professoressa, ma si giustificò prontamente con uno spassoso “Ma non è un cellulare, è un pacemaker! Volete farmi crepare?”. Sia la prof che i compagni iniziarono a ridere così tanto che non ci fu nessuna punizione per il corvo. Anche Agito rise parecchio. E doveva ammettere che quando c’era Ikki rideva spesso. Quel messaggio decise di tenerlo.

Ed infine, eccola… L’ultima mail, quella catastrofica. Agito si morse il labbro: era come se avesse paura di aprirla, come se il suo contenuto avesse potuto causargli di nuovo quel batticuore che lo aveva assalito nel momento stesso in cui l’aveva letta. Respirò profondamente, e prese coraggio. Un “bip” glorioso gli annunciò che ce l’aveva fatta. Ore 13. Precise. L’ora in cui il suo cuore aveva smesso di funzionare, appesantito dai ricordi.

“Torno stasera alle nove…spero ci sarai ad accogliermi”.

Mittente: Akira.

 

 

Note:

Ooook, non è stato un granchè, ma avevo questa storia in testa da parecchio e in qualche modo dovevo pur cominciare. Per ora la pubblico, così, anche per sentire l’opinione di qualcuno. Se questo primo capitolo è così catastrofico, mi sa che lo modificherò del tutto.

Dunque, ci sono un bel po’ di cose da spiegare, maaa…non le spiegherò qui. Ogni perplessità, ogni cosa lasciata in sospeso verrà ripresa nei prossimi capitoli. Non sarò avida di parole…solo se vi interessa, mi sembra ovvio.

Il titolo è preso dalla canzone dei “The Pretty Reckless”, che appunto mi ha ispirato questa storia ed il “motto” connesso ad essa.

Che dire…se commentate mi fate piacere. Se no…aumenterò il counter delle storie di Air Gear e mi sentirò comunque potente.

See you soon!

   
 
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