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Autore: _ALE2_    27/04/2011    0 recensioni
Christopher lavora in un organizzazione militare privata. La sua vita è intrecciata definitivamente con quella del suo Gruppo.
Ogni gruppo ha delle regole precise, a cui tutti devono attenersi per salvaguardare la propria incolumità. Christopher imparerà presto questa lezione.
Dal primo capitolo:
Ventinove anni suonati, non aveva molti amici, non aveva un partner fisso,non sentiva i parenti da anni, forse prima o poi si sarebbe preso un cane. Metà delle persone che conosceva ignorava cosa facesse nella vita, l’altra metà sapeva una bugia.
La prima regola del gruppo era che una volta dentro dovevi obbedire. Chris obbediva, perché da anni non faceva altro.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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The Rules of Contractors

The First Rule

(Once you are inside, you have to obey)

 

A San Francisco come al solito non faceva né freddo né caldo, la nebbia era l’unica cosa che ti accoglieva, una volta entrato in città.

Chris si era alzato tardi quella mattina, primo giorno a casa dopo una lunga trasferta nella calda e misteriosissima India, la notte prima non aveva fatto in tempo a rientrare nel suo appartamento che era crollato sul letto, senza nemmeno spogliarsi del tutto.

Si era finalmente fatto una doccia normale, levandosi l’ odore di lunghissime ore di viaggio da dosso, il colorito abbronzato lo aveva piacevolmente stupito allo specchio: almeno un punto a favore di quel lavoro.

La sua vita si poteva classificare come complicatissima e Chris ogni mattina, mentre faceva i soliti gesti automatici come prendere la posta, farsi il caffè e leggere il giornale, ci rifletteva, vedendo se era riuscito a sgarbugliare qualcosa, ma puntualmente si rendeva conto che, esagerando, aveva combinato qualche altro casino.

Ventinove anni suonati, non aveva molti  amici, non aveva un partner fisso,non sentiva i parenti da anni,  forse prima o poi si sarebbe preso un cane. Metà delle persone che conosceva ignorava cosa facesse nella vita, l’altra metà sapeva una bugia.

La prima regola del gruppo era che una volta dentro dovevi obbedire. Chris obbediva, perché da anni non faceva altro. Gli era stato detto che doveva evitare di rivelare chi fosse realmente, Christopher aveva trovato la cosa seccante ma aveva obbedito: dopotutto era per l’incolumità di tutti quanti.

Chris faceva parte di un’organizzazione che faceva contratti per militari mercenari e servizi speciali. Negli Stati Uniti era una professione abbastanza nota, nonostante non fosse normale incontrare qualche ‘contractor’, per citare gli inglesi ed il loro senso di buon gusto. Lui non era un militare, era assegnato in una sezione composta da diversi gruppi, sezione che si occupava delle cose più disparate, cosa che sapeva per esperienza personale.

I vari gruppi non si conoscevano personalmente, ognuno dei componenti aveva un fascicolo numerato e tutti loro  non erano nient’altro che la successione, forse casuale, di quattro numeri.

Chris era il 1523, non che saperlo gli fosse mai servito a molto.

Ogni gruppo aveva delle regole dettate dall’alto, nessuno di loro aveva contatti con i capi dell’organizzazione o con altri gruppi, solo il responsabile della logistica aveva relazioni per ricevere le missioni, ma nessuno sapeva specificatamente chi le mandasse o chi fosse il mandante.

Era una vita difficile, non si avevano molti legami e loro tutti erano stati scelti proprio perché non ne avevano, lui ad esempio era stato cacciato di casa all’età di diciotto anni ed al di là di un amico stretto non aveva mantenuto rapporti duraturi con nessuno.

Da che ne sapeva lui, non era impossibile uscire dall’organizzazione, né vietato, soltanto era convinto che dopo tanti anni passati sul campo, la vita normale non facesse per nessuno di loro.

In India lui ed il suo gruppo, avevano dovuto recuperare dei fascicoli su di un’altra organizzazione privata e c’erano volute due settimane per capire come inserirsi nel sistema ed almeno un mese perché uno di loro riuscisse ad infiltrarsi tra le fila della ditta, ma il lavoro era stato comunque soddisfacente, erano riusciti a non destare l’attenzione e soltanto una volta in viaggio probabilmente gli avversari si erano resi conto della falla nel sistema.  Una missione semplice, dopo quattro mesi di inattività ed un nuovo membro: Jordan, donna di trentadue anni, sostituta di Jennifer, deceduta a ventisei anni, una perdita che ancora nessuno di loro aveva il coraggio di metabolizzare.

Nel suo gruppo erano sette, loro erano la sua famiglia, i suoi amici, il suo mondo, i piccoli ritagli esterni che si regalava erano solo per il suo amico d’infanzia Alexander, medico trasferitosi da qualche anno con lui a San Francisco, lui rientrava nella metà delle persone che su di lui sapevano una bugia, per suo sommo rammarico. Quella mattina avrebbe fatto un salto in ospedale a fargli vedere che il suo viaggio d’affari era finito e lui era tornato sano e salvo a casa, gli avrebbe offerto il pranzo, organizzato la serata e lo avrebbe riaccompagnato al suo villino, tutto con un sorriso enorme sulle labbra, con la spensieratezza di una persona a cui andava tutto bene.

Doveva mentire.

La prima regola del gruppo era che una volta dentro, dovevi obbedire. Chris obbediva, perché da anni non faceva altro. Chris mentiva ad Alexander perché gli era stato imposto. Per questo, ogni volta, non poteva che considerarsi un traditore.

 

Aveva avvisato il medico con messaggio e l’altro si era fatto dare appuntamento alle due davanti l’ospedale nel quale lavorava. Da che Chris potesse ricordare, Alex c’era sempre stato nella sua vita, erano cresciuti in una piccola cittadina sulla baia, praticamente porta a porta, ed Alexander nonostante fosse due anni più grande di lui, era sempre stato il suo migliore amico.

Quando i suoi genitori avevano scoperto della sua omosessualità e cacciato di casa, Alexander allora studente al college si era offerto di ospitarlo nel campus, ma Chris aveva declinato ed era andato a vivere da solo, finendo con l’essere reclutato come mercenario. Il passaggio che l’aveva portato nell’organizzazione non lo sapeva nessuno al di fuori di lui e dell’uomo che l’aveva allenato, di cui sicuramente gli era stato riferito un nome falso. Christopher, nonostante fosse stato molto più giusto, non era mai riuscito a troncare i rapporti con Alexander, era qualcosa di troppo importante perché lui potesse anche sognarsi di poterne fare a meno.

“Ehilà testa bionda, ma sei andato a lavorare o a farti una vacanza?” Alex aveva sempre la stessa aria arcigna. Era alto almeno un metro e ottantacinque, era proporzionato con le spalle larghe e la muscolatura scattante e soprattutto era moro con degli occhi verdi da infarto.

“Ho lavorato, ho lavorato, ma come al solito mi sono fatto anche un po’ dei miei giri!” rispose Chris girandosi verso di lui, accogliendo la mano pesante che gli scompigliava i capelli con un sorriso sincero. A differenza di Alexander, lui aveva dei capelli biondi perennemente scarmigliati ed era alto esagerando un metro e settantasette centimetri. Non si poteva dire proprio esile, ma di certo la muscolatura che aveva, non svelava il tipo di lavoro a cui era dedito.

“Come al solito, un giorno andrò anche io in vacanza!” Christopher rise appena, mentre l’amico gli faceva cenno di andare nel parcheggio. “Ne dubito fortemente, saresti in grado di farti venire un esaurimento nervoso e non lasciare i tuoi pazienti” Alexander sembrò sbuffare divertito dandogli ragione, mentre raggiungevano la nuova moto rossa fiammante del medico.

“Hai il dovere di raccontarmi tutto sull’India” disse il moro mentre gli porgeva il casco e Chris annuiva, prendendo immediatamente la sua solita aria giocosa. “Tu hai il dovere di portarmi in giro per locali sta sera” controbatté quindi il biondino, mentre il medico sbuffava questa volta annoiato e si infilava il casco nero in testa. “Vediamo se il tuo racconto mi convince” Alxander salì sulla moto e l’accese, mentre Christopher lo seguiva poco dopo sul posto passeggero, stringendosi a lui. “Allora sta sera ci divertiremo un mondo” commentò solo, mentre il rumore dello scarico riempiva l’aria, e il groviglio di nervosismo che si portava nello stomaco si allentava.

 

Alla fine Chris aveva convito Alexander ad andare a ballare in discoteca, nonostante sapesse che al massimo Alexander si sarebbe seduto ad un tavolo a bere. Aveva allargato un po’ la notizia agli altri, e Morgan, Jordan ed Allison, tre membri del suo gruppo avevano deciso di unirsi a loro due.

Alexander li aveva conosciuti sotto le mentite spoglie di suoi colleghi di lavoro e non si era posto troppe domande sulla natura del rapporto che li legava, così come non aveva fatto troppe domande quando gli aveva riportato, con il vuoto negli occhi, le cause ‘ufficiali’ della morte di Jennifer e la sua sostituzione qualche mese dopo con Jordan. In quel momento della sua vita il medico aveva provato a stargli vicino come poteva, ma ovviamente l’essere intrappolato in una menzogna non aveva aiutato Chris a trarre reale conforto dalle parole dell’amico.

All’improvviso, senza rendersene conto, era andato avanti e con lui tutto il resto della sua famiglia, lo spettro aleggiava sulle loro teste e nei loro cuori, ma non li opprimeva più come un macigno.

Quella sera avrebbero festeggiato la riuscita della loro prima missione con Jordan, nonostante non fossero tutti presenti.

Alexander si era presentato puntualissimo sotto casa sua, mentre il biondino si infilava la leggera giacca di pelle ed apriva il cancello, pronto ad uscire ed ad affrontare col sorriso quella serata, cosa che invece il medico non sembrava troppo disposto a fare, visto lo sguardo arcigno che mostrava con la visiera del casco alzata. Chris era salito sulla moto salutandolo caloroso e spiegandogli dove si trovasse il locale dove avrebbero passato la serata e poi aveva passato tutto il tempo del viaggio a stringere Alexander per la vita, beandosi del suo calore.

Appena arrivati Morgan, Allison e Jordan li attendevano quasi all’entrata, mentre la fila per entrare nel locale si sfoltiva velocemente.

“Ehilà Chris siamo qui, siete in ritardo!” gli aveva urlato immediatamente Allison, saltellando su dei tacchi vertiginosi. Allison prima di lui era la solare del gruppo, svolgeva le mansioni logistiche, era alta appena un metro e sessanta ed aveva dei foltissimi ricci castani ad incorniciarle un dolce viso ovale, l’opposto di Jordan, alta almeno un metro ed ottanta, corti capelli a caschetto neri ed il volto sempre incolore. “Non siamo in ritardo siete voi in anticipo, dite un po’, lo ricordate Alexander?” i ragazzi annuirono  e dopo qualche saluto di circostanza entrarono nell’affollato locale, cercando un tavolo dove appoggiare la loro roba.

“Allora ragazzi, che prendiamo da bere?” disse appena sistematasi Allison, mentre sfogliava un menù assorta. Jordan scosse le spalle, leggiucchiando con la castana il menù, mentre Morgan ed Alexander si guardavano con un’ostile apatia, cosa che avevano fatto dal primo momento in cui si erano conosciuti. Non sapeva il motivo, ma per quei due di andare d’accordo non c’era verso: erano molto simili nei modi di fare e nelle abitudini, ma se Alexander era molto posato e riflessivo, Morgan era più diretto ed irruento, soprattutto se perdeva la calma e questo piccolo dettaglio bastava a farli detestare amabilmente. “Io direi di cominciare con un bel brindisi a Jordan e quindi una bella bottiglia di prosecco!” propose allora Chris, mentre aspettava che i due amici gli facessero un po’ d’attenzione. “Sì, fai un po’ come vuoi” lo liquidò immediatamente Morgan, mentre Alexander annuiva, levandosi la giacca elegante e rimanendo con una morbida camicia bianca.

“Ed allora brindisi sia!” Allison era saltata sul divanetto entusiasta, sotto lo sguardo stralunato di Jordan, che cercava di tirarla giù.

 

La serata non era stata per nulla movimentata, Chris era riuscito a ballare con Allison e Jordan, ma dopo un po’ aveva dovuto rinunciare a muoversi come voleva, dato che il locale era stato preso d’assalto. Mentre tornava al loro tavolo aveva incrociato Morgan al bar, che gli aveva confermato che tutto era tranquillo e che probabilmente avrebbero sofferto di altra immobilità per qualche tempo. Christopher aveva accolto la notizia con favore, mentre si fermava sul profilo forte di Morgan, alto più o meno come Alexander, ma più grosso di lui, era bello, nonostante non fosse propriamente un adone come magari poteva essere visto il migliore amico.

Qualche spintone dopo, Chris era riuscito a raggiungere il tavolo, solo per ritrovarlo vuoto, sbuffando, aveva letteralmente trangugiato quello che rimaneva del superalcolico che aveva ordinato dopo il loro brindisi e con la testa leggera si era messo alla ricerca del gruppo. Diverse mani lo bloccarono lungo la via, ragazze e ragazzi che lo invitavano a ballare, lui declinò gentilmente tutti gli inviti, prima di decidere che in realtà, il perdersi nelle braccia di qualcuno, lo interessava, a patto che fosse soltanto per qualche fulgido ed eccitante momento.

Nella calca, due occhi neri che lo fissavano, lo catturarono e lo spinsero a gettarsi nella folla,  per raggiungerli. Nel giro di qualche minuto era tra le braccia di un uomo sulla trentina d’anni, non stupendo, ma con un fisico asciutto e degli occhi fin troppo penetranti.

Chris non avrebbe ricordato molto di quei momenti, soltanto che avevano ballato, si erano strusciati l’uno sull’altro ed avevano deciso che avrebbero cambiato luogo, spostandosi nell’appartamento a qualche isolato dal locale del misterioso uomo dagli occhi color della notte. Ricordava bene gli occhi di Morgan, che lo guardavano gelidi mentre lo vedeva uscire accompagnato dal locale, ricordava la sensazione di sbagliato che aveva provato vedendo quello sguardo, ricordava bene la sensazione di leggerezza che lo aveva preso allo stomaco, una vola entrato nell’elegante macchina nera dello sconosciuto, di cui non ricordava nemmeno il modello.

Quella notte per Christopher fu l’oblio, mentre abbracciava l’uomo di fronte a lui, si rese conto che aveva soltanto bisogno di dimenticarsi per qualche istante del gruppo, di Alexander, di Jennifer e di se stesso. Chris capì che non era possibile, nonostante la nuvola dell’alcool l’avvolgesse e lo sconosciuto sopra di lui facesse del suo meglio per farlo stare bene.

Si sentì intrappolato, prima che l’eccitazione lo cogliesse e smettesse di ragionare.

 

La mattina dopo si alzò all’alba, raccolse i vestiti in silenzio e contò le chiamate di Morgan e Alexander sul cellulare. Sette chiamate, avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni e bugie, ancora bugie. Mentre si infilava i pantaloni strettissimi e la t-shirt l’uomo con cui aveva condiviso la notte si svegliò, aprendo gli occhi neri e sospirando di piacere, stringendogli un braccio alla schiena.

“Mi abbandoni così, senza salutare?” Chris sorrise, piegandosi su di lui e depositandogli un casto bacio sulle labbra socchiuse, senza rispondergli veramente.

“L’avevo capito che eri sfuggente e selvaggio, ma non credevo fino a questo punto…” aveva continuato l’altro, mentre Christopher ridacchiava, ancora senza rispondere. “Io sono Marcus, credi ci sarà la possibilità per noi di rivederci?” chiese allora l’uomo, mentre il mercenario si alzava dal letto, finendo di vestirsi, infilandosi le scarpe e sparendo oltre la porta della camera da letto senza rispondere. “Ehi…non mi hai risposto, posso sapere almeno il tuo nome?” Marcus si era alzato dal letto in boxer rincorrendolo all’uscio, Chris si girò verso di lui riflettendo qualche secondo. “Millecinquecentoventitre” rispose allora Christopher guardandolo negli occhi, aspettando la sua risposta. “Mi stai prendendo in giro, guarda che io ero serio…” ma il biondo abbassò il capo, ghignando e salutandolo con un cenno della mano. “Lascia stare, Marcus, magari un giorno ci rincontreremo in qualche bar e lo rifaremo…” disse allora semplicemente, mentre usciva fuori dall’appartamento, chiudendosi leggero la porta alle spalle.

Dopotutto era a quello che si riduceva, un numero, una menzogna, un momento di distacco totale dalla vita di sempre.

Lui doveva soltanto obbedire, era da anni che non faceva altro.

 

 

 

 

Note:

Contractors è il termine inglese per definire le milizie private, usato al posto di mercenario, ritenuto dispregiativo.

I mercenari generalmente sono soldati assoldati per prendere parte a qualche guerra, io su questa storia mi sono presa un po’ di licenza!

Negli USA le milizie private sono legali, a differenza della maggior parte dei paesi europei, per saperne di più vi rimando alla pagina ‘mercenario’ di Wikipedia.

 

Note dell’autore:

E’ sempre difficile cominciare una nuova storia.

Il primo capitolo è una di quelle cose che mi mette in crisi, si deve dire poco, presentare personaggi, alcune relazioni. Questa storia prenderà una nota molto vivace da subito, l’immobilità mi annoia, quindi potremo divertirci subito!

Mi scuso in anticipo perché non sarò veloce con gli aggiornamenti, ho una fan fiction in corso di Axis Powers Hetalia e l’università da concludere!

Un bacio a tutti quelli che hanno letto, aspetto i vostri commenti!

 

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