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Autore: Gondolin    28/04/2011    7 recensioni
[Bartholomew Cubbins/Jared Leto]
Sapete perché Orfeo, mentre riportava Euridice fuori dagli Inferi, si voltò? Si dice che quella leggenda non parli di un uomo e della sua donna. Si dice che parli di un artista che voleva vedere troppo in profondità, che voleva trasportare il suo inconscio alla luce del sole, dove però sarebbe evaporato. Si dice che si voltò perché non avrebbe potuto sopportare il peso di sapersi diviso in due ed esposto al mondo.
Ma io l'ho fatto. E la mia Euridice continua a dirigere video.
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Room 6277

Rating: PG
Personaggi/Pairing: Jared Leto/Bartholomew Cubbins
Avvertimenti: slash, masturbazione?, questacosaèimbarazzante, probabile OOC cosmico
Challenge e dediche: ~ scritta per lo scorso [info]bingo_italia, col prompt Specchio (il banner è di queenseptienna)
~ per la Specchio!Challenge di [info]unknown_fandom
~ e soprattutto per Sprite. Lo faccio solo per te perché è ormai evidente che sono costituzionalmente incapace di scrivere RPF (aaah, sono scesa alla stazione di San Bartolomeo ieri! Cheppaura!).
Note: Ecco cosa dice Jared sulla canzone The Kill [Bury Me]: "It's really about a relationship with yourself. It's about confronting your fear and confronting the truth about who you are."
Il numero 6277 appare anche nel video di From Yesterday perché sono i numeri che si digitano sulla tastiera di un cellulare per scrivere Mars.
Vi consiglio la relativa pagina di Wiki-ammmore, è veramente istruttiva. Ah, e per la cronaca, lo so che Jared e Bartie sono la stessa persona, eh.
Disclaimer: non mi appartengono, non ci lucro e non insinuo niente.




What if I wanted to break
Laugh it all off in your face
What would you do?


Conobbi Bartholomew Cubbins nel 2005 a Toronto durante le riprese del video di The Kill, e posso affermare con certezza che egli non è, come molti credono, un regista danese albino, né, come sostiene la maggioranza, una mia invenzione pubblicitaria. In effetti, Bartholomew Cubbins non è affatto un'invenzione.
Per questo sta ancora dirigendo i video della band, e per questo ora ho i capelli color puffo. Non blu, mi raccomando: puffo.
Ma andiamo con ordine.
L'albergo dove stavamo girando era fottutamente simile a quello di Shining, e questo mi mandava su di giri. Ma avevo già costretto tutti a rivedere il film almeno tre volte in tre giorni, e sapevo che persino mio fratello mi avrebbe mandato a fanculo se avessi osato proporlo di nuovo. Per fortuna Tomo -quel sant'uomo, che il dio delle chitarre lo protegga sempre- nel vedermi così esaltato mi prese il Blackberry che tormentavo senza scopo da ore e mi schiaffò in mano carta e penna, senza dire una parola. È sempre stato il più eloquente, eppure mi pare di conoscere a mala pena la sua voce. Il messaggio era chiaro, ed io mi misi a lavorare sul testo per una nuova canzone.
Mezz'ora dopo il foglio era già pieno. Peccato solo che il verso fosse uno solo, e che appartenesse a The Kill: “This is who I really am”.
Spaventato, lasciai cadere carta e penna sul tavolo come fossero state velenose. Non erano forse simili ai sintomi di pazzia di Jack Nicholson in Shining?
“Io vado a farmi un giro”, borbottai, lasciando gli altri tre al bar dell'albergo a drogarsi pesantemente di cappuccino.
Camminai per i corridoi, trovandoli tutti deserti per un tempo sorprendentemente lungo. Camminai fino a sfinirmi, ma apparentemente senza mai ripetere lo stesso percorso. Quanto cazzo era grande quel posto? Ovviamente non presi nemmeno in considerazione l'idea di potermi essere perso.

Finally found myself
Fighting for a chance
I know now, this is who I really am


Quando intravidi un'ombra che svoltava in un corridoio adiacente a quello dove mi trovavo fu la semplice curiosità che mi spinse a voltarmi, e non il bisogno di trovare un'uscita da quel luogo che mi avrebbe invece attanagliato di lì a poco. Seguii l'ombra senza uno scopo preciso, sentendomi anche un po' sciocco. Ma ogni volta che mi pareva di essermi avvicinato, questa sfuggiva, come a farlo apposta. Quella sciocca curiosità si trasformò in un una corsa.
Finché non me lo ritrovai alle spalle. Ero sicuro di aver visto le code di un frac sparire in fondo al corridoio di fronte a me, eppure i passi giungevano innegabilmente da dietro. Mi voltai, e non avrei dovuto.
Sapete perché Orfeo, mentre riportava Euridice fuori dagli Inferi, si voltò? Si dice che quella leggenda non parli di un uomo e della sua donna. Si dice che parli di un artista che voleva vedere troppo in profondità, che voleva trasportare il suo inconscio alla luce del sole, dove però sarebbe evaporato. Si dice che si voltò perché non avrebbe potuto sopportare il peso di sapersi diviso in due ed esposto al mondo.
Ma io l'ho fatto. E la mia Euridice continua a dirigere video.
All'epoca non sapevo nulla di tutto questo, e lui, semplicemente, mi venne incontro. Avanzai anch'io di qualche passo, ma l'inquietudine iniziò a farsi insostenibile sotto quello sguardo fisso, dell'esatto azzurro dei miei occhi, cerchiato dallo stesso trucco nero e incastonato nello stesso volto che mille e mille volte avevo visto allo specchio.

What if I fell to the floor
Couldn't take all this anymore
What would you do, do, do?


Quando iniziai a farmi domande, fu l'inizio della fine.
Perché un me stesso in smoking mi stava venendo incontro con aria tanto minacciosa? Io mi amavo, ero in pace col mondo, il mio karma era positivo e non facevo uso di droghe: non c'era nessun motivo plausibile al mondo per cui dovessi trovarmi in un simile trip da allucinogeni e subconscio malato!
Reso coraggioso dalla paura presi per il bavero quella mia brutta copia -non metterei mai uno smoking, mai!- e lo sbattei contro il muro. L'unico risultato che ottenni fu un sorrisetto strafottente, e poi di essere messo a mia volta spalle al muro. I nostri nasi -il mio naso, porca miseria!- quasi si sfioravano e il suo peso mi teneva schiacciato alla parete.

Come break me down
Marry me, bury me
I am finished with you


“Non mi riconosci, Jared?”, domandò con tono addolorato.
Io scossi il capo, incapace di utilizzare la stessa voce che proveniva dalle sue labbra.
“Sono Bartie. È davvero un peccato che tu non ti ricordi di me. Forse eri troppo concentrato su altro per accorgerti del vecchio Bartholomew Cubbins, ma io sono sempre stato qui. Tra l'altro... ti ho mai detto che adoro Shining?”

What if I wanted to fight
Beg for the rest of my life
What would you do?


Scossi ancora il capo, e serrai gli occhi. Cosa diavolo era? Era me, ma non era me. E continuava a tenermi spalmato contro il muro.

You say you wanted more
What are you waiting for?
I'm not running from you


Con gli occhi chiusi però la situazione sembrava diversa. Quasi piacevole, quasi familiare. Non era certo la prima volta che mi trovavo in una posizione simile, né che mi sentivo sfiorare il collo e le guance dall'alito di qualcuno premuto addosso a me. Familiare, già. Bizzarro che per sentirmi così dovessi escludere dal mio campo visivo il volto che invece per me lo era di più: il mio. Prima di allora non mi era mai dispiaciuto guardarmi allo specchio, ed ero anche piuttosto fiero di essere tanto fotogenico.
Ma non avete mai pensato che le fotografie sono pezzi di voi che se ne vanno in giro senza alcun controllo? Alcune popolazioni credono addirittura che con uno scatto si possa rubare l'anima ad una persona. Edgard Allan Poe scrisse un racconto in cui un ritratto succhiava la vita alla modella.
Chissà, forse Bartholomew era la somma di tutte le parti di me che mi erano sfuggite fra la folla.

Look in my eyes
You're killing me, killing me
All I wanted was you


“Non puoi negare che io sia un bell'uomo, in effetti”, la voce beffarda di Cubbins ruppe l'incanto in cui mi ero rifugiato per un istante. Eppure brandelli di sogno mi annebbiavano ancora il cervello, come se quel corpo premuto sul mio fosse davvero quello di un bell'uomo con cui avevo scelto di passare la notte.
Bartholomew però riprese a parlare: “Ti piace essere al centro dell'attenzione, ti piace saperti ammirato, ti piace veder realizzate le tue idee. Eppure non ami le tue idee. Non ami la tua arte. Per te è solo un mezzo per sentirti amato. Non ti asserviresti mai alle idee, che pure sono di gran lunga più nobili del tuo bel faccino. Del nostro bel faccino”, precisò, facendomi scorrere un dito sulla pelle, lungo la linea della mascella.
Avevo i brividi.
“Io sacrificherei anche la vita all'arte, invece. Se dovessi buttarti da un grattacielo per salvare ciò che abbiamo creato, io lo farei”.
Mi vennero i sudori freddi. Ma faceva anche faceva un caldo infernale, in quell'hotel.
Cubbins ridacchiò. “Siamo agitati, mh?”
Mi prese il mento fra il pollice e l'indice e si avvicinò ancora di più. Avevo paura che saremmo diventati -o forse tornati ad essere- tutt'uno se avesse ulteriormente diminuito le distanze. E io non ce lo volevo uno così dentro di me! Mi somigliava troppo.
Invece non accadde niente di mistico o di trascendentale, se non si considerano le sue labbra sulle mie, cioè le mie labbra sulle mie, cioè come baciare uno specchio come fanno i ragazzini per cercare di capire che effetto fa, solo che era maledettamente più reale, e anche se le sue labbra erano fredde, erano anche morbide, e la sua lingua era vera, ed era anche la mia lingua. E ci dovrebbe essere qualche legge della fisica che impedisce queste cose, ma per qualche motivo, quel giorno, quella legge era in sciopero. Forse se fossi stato una persona più sensata, mi sarei staccato e sarei corso via. Ma nonostante la paura che mi faceva quel Cubbins, non riuscivo a provare disgusto. Anzi, ero sottilmente attratto da quella sua sicurezza, quella sua ostentata mancanza di umanità.
Mi persi mille volte, e mille volte mi ritrovai. Non credereste quanto il nostro stesso corpo ci sia sconosciuto.
Quando mi prese i polsi e me li bloccò sopra la testa, contro il muro, non sentii le mie mani, ma quelle di uno straniero. I suoi denti che mi mordevano le labbra erano i miei, eppure erano estranei. La sua lingua, che mi scendeva lungo il collo in mille brividi languidi, non poteva essere la mia.
Mi baciò per un tempo infinito, dilatato, sproporzionato. Un tempo fuori di sé come non ne avevo mai sperimentati. Poi mi lasciò andare senza una parola, ed io scivolai sul pavimento, e lì rimasi, seduto, guardandolo allontanarsi fino a sparire dietro un angolo. Mi presi la testa fra le mani.
Da quel momento iniziai a temere gli specchi. Ogni mattina anche solo farmi la barba era un supplizio, perché nei miei occhi vedevo i suoi, e in ogni mio gesto lui. In realtà non tornò spesso, ma sapere che poteva farlo era un supplizio che mi teneva in costante tensione.
Ma ora nemmeno gli specchi mi spaventano più, perché la prima volta che l'ho visto, Bartie aveva i capelli neri, e poi io sono fuggito in avanti e mi sono mascherato; l'ultima volta anche lui aveva una cresta color melagrana. Ma io ora ho i capelli color puffo e non ho paura di scambiarmi per lui. Io non ho niente a che vedere con Bartholomew Cubbins.

I tried to be someone else
But nothing seemed to change
I know now, this is who I really am inside

  
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