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Autore: LyndaWeasley    28/04/2011    16 recensioni
«Devo farti vedere una cosa!» avevi esclamato.
Quando arrivammo nella serra non c’era nessuno: solamente io e te. E i Bubotuberi, ma quelli non erano importanti.
«Vieni, guarda!».
Sulla bolla pulsante di una di quelle piante tremende – i Bubotuberi, appunto – era posata una farfalla. Aveva delle ali immense e che sprigionavano colori sgargianti; sembrava finta, un giocattolo.
Tu la guardavi con occhi sognanti, con occhi invidiosi. Un’invidia di quelle buone.
«E’ bellissima» commentasti, «guarda che ali immense. Pensa che, se noi due le avessimo, potremmo andare dove vorremmo. Sarebbe un sogno».
«Katie, ancora con questa storia delle farfalle?» ti avevo chiesto. Non ero seccato, né tantomeno annoiato. Solo che erano passati quattro anni dall’ultima volta che ne avevamo parlato, ed ero rimasto sorpreso, ecco.
«Un sogno non si affievolisce mai, Oliver» avevi detto, seria.

Una storia un po' particolare su una coppia che ho sempre apprezzato molto: varie spiegazioni sono all'interno.
Buona lettura,
Lin.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katie Bell, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A Serena, perché mi appoggia, mi ascolta, e io le voglio un bene dell’anima che spesso non riesco a dimostrarle;
perché è un’amica speciale e perché, senza di lei, molto di quello che sono ora non esisterebbe.
A Sara, perché mi manca un sacco e perché provo per lei un affetto smisurato.
A Gaetano, che è da troppo tempo che non vedo i suoi occhi brillare nel cielo.
E a te, se adori Oliver Baston e Katie Bell.
Enjoy! [Or cry]
*piccolo ringraziamento a Marzia e Somo, che l’hanno letta in anteprima*

 

 

PERCHE’ NON SONO NATA FARFALLA?

 

And then that word grew louder and louder, 
'Til it was a battle cry. 
I'll come back, 
when you call me. 
No need to say goodbye.

 

 

 

 

«Oliver, perché non sono nata farfalla?» mi avevi chiesto in tono tranquillo e sognante, quel giorno.

Ricordo che quando mi avevi fatto quella domanda, ero impegnato in una partita a Sparaschiocco con Lee: non ti ho dato molta corda, perché ero a conoscenza delle tue solite constatazioni assurdamente demenziali e che arrivavano puntualmente nei momenti meno opportuni. Ti piaceva, era una delle cose che ti faceva stare bene. E la tua spiegazione a questa mia osservazione era stata: “perché, Oliver, cosa c’è di bello nell’essere normali? E’ tutto così triste e piatto!”.

E io avevo riso, tirandoti una ciocca di capelli biondi per farti un dispetto... ma non potevo far altro che concordare con te.

La tua fissazione dell’essere farfalla era stata snobbata da me per parecchio tempo, perché sapevo che tanto era una cosa passeggera e tendenzialmente comica; ho lasciato perdere, continuando a divagare ogni volta che tiravi fuori l’argomento.

Poi l’ho fatto, ho scoperto che in realtà c’era davvero qualcosa che ti turbava e, quando te l’ho chiesto, tu mi hai sorriso tristemente.

«Sospettavo che tu pensassi fosse qualche mia solita battuta» avevi detto, rigirandoti una piuma tra le dita, «però vedi, questa volta è diverso».

«Perché vorresti essere nata farfalla? Non ti piacciono le tue trecce bionde?» avevo scherzato, dandoti un gufetto sulla guancia.

«Sono belle e... libere».

«Sì, ma muoiono dopo poco tempo; non vivono abbastanza a lungo da permettergli di fare quello che vogliono» avevo ribattuto.

«Appunto, Oliver, appunto!» avevi esclamato, tutta entusiasta. «Sanno di avere vita breve e se la godono appieno, librandosi con le loro grandi ali e svolazzando lontano da tutto e tutti. Le ammiro moltissimo, ammiro il loro coraggio».

Mentre mi dicevi quelle parole, imitavi il volare di quegli insetti che tanto amavi, fingendo di essere come loro; con le mani in alto facevi dei gesti gentili e delicati, proprio come se avessi delle vere ali. Era strano vederti così fuori dal mondo, sebbene tu sia sempre stata una ragazza completamente diversa dalle altre. Mi faceva sentire... impotente, ecco.

Non avrei potuto fare nulla per soddisfare questo tuo desiderio e mi faceva male.

«Però a me non piacerebbe essere una farfalla» avevo ironizzato, «come faresti senza di me, eh?».

«Ma per me lo faresti, vero? Nasceresti farfalla solo per me!».

E avevi appoggiato la testa sulla mia spalla, sorridente.

 

***

 

Era un’uggiosa giornata di maggio quando tu mi portasti nella serra numero quattro, entusiasta come non mai: ricordo che stavo studiando in biblioteca e tu, senza tanti complimenti, eri apparsa improvvisamente e mi avevi trascinato per la manica fino in cortile.

«Devo farti vedere una cosa!» avevi esclamato.

Quando arrivammo nella serra non c’era nessuno: solamente io e te. E i Bubotuberi, ma quelli non erano importanti.

«Vieni, guarda!».

Sulla bolla pulsante di una di quelle piante tremende – i Bubotuberi, appunto – era posata una farfalla. Aveva delle ali immense e che sprigionavano colori sgargianti; sembrava finta, un giocattolo.

Tu la guardavi con occhi sognanti, con occhi invidiosi. Un’invidia di quelle buone.

«E’ bellissima» commentasti, «guarda che ali immense. Pensa che, se noi due le avessimo, potremmo andare dove vorremmo. Sarebbe un sogno».

«Katie, ancora con questa storia delle farfalle?» ti avevo chiesto. Non ero seccato, né tantomeno annoiato. Solo che erano passati quattro anni dall’ultima volta che ne avevamo parlato, ed ero rimasto sorpreso, ecco.

«Un sogno non si affievolisce mai, Oliver» avevi detto, seria.

«Lo so, ma-».

«Chissà quanto le rimane da vivere, chissà se è da sola».

Non riuscivo a trovare le parole adatte per esprimere come mi sentivo. Credo... impotente, proprio come l’ultima volta.

Dopo pochi istanti c’era stato un fracasso assurdo ed era successo tutto nella frazione di un secondo: la bolla su cui era posata la farfalla era esplosa, liberando una sostanza gelatinosa che impiastricciò le sue belle e delicate ali. Era chiaro come la sua vita fosse finita in quell’istante: è come se ti rinchiudessero in una stanza senza né cibo né acqua. Moriresti dopo poco tempo e loro, le farfalle, non possono vivere senza l’unica cosa che le rende davvero ciò che sono.

Non scorderò mai la tua espressione, mai.

 

***

 

Credo di non aver mai avuto gli occhi gonfi e violacei come in quell’occasione.

Le lacrime scendevano lente e inarrestabili, come mai era successo prima d’ora; non sapevo nemmeno se i miei occhi erano ancora al loro posto o se avevano deciso di abbandonarmi, come lei. Forse sì, forse l’avevano seguita altrove. Maledetti.

Ed ecco che si era fatta avanti quell’emozione che tanto avevo odiato in passato, e che odio tuttora: l’impotenza. La consapevolezza di non poter fare niente per aiutare qualcuno che amavo e che amo ancora, e ancora e ancora... da sempre.

Da sempre, Katie.

Ora puoi essere ciò che volevi, Katie, sei contenta? Ora le tue ali si sono spiegate e si sono aperte al vento, per poi rinascere belle e colorate come quelle di una farfalla.

Perché sì, tu rinascerai farfalla, come hai sempre desiderato.

E probabilmente io sarò con te.

You'll come back 
when they call you, 
No need to say goodbye.

 

~ Regina Spektor – The Call

                                                                                                                                   

                                                                                                                                     _______________________________

 

 

 

 

 

 

 

● Sinceramente non ricordo se nel libro lei è bionda o mora, e so che ne Il Principe Mezzosangue è bruna, ma a me è rimasta impressa la prima immagine di Katie Bell ne La Pietra Filosofale, in cui è decisamente bionda! Io ho quella visione di lei, spero non sia un problema.

● Definizione di “Bubotubero” tratta da Radiopotter Wiki: Tubero bulboso dall’aspetto gelatinoso (“simile ad una gigantesca lumaca che spunta in verticale dal vaso” [cit.]) di colore nero, ricoperto da bolle purulente. 
Il pus che si ricava da questa pianta, se diluito, è un ottimo rimedio contro l’acne. Per estrarlo bisogna sottoporre i bubotuberi a strizzatura; effettuare questa operazione indossando dei guanti in pelle di Drago. Il pus puro causa gravi lesioni cutanee in forma di gigantesche pustole purulente, a saggiarne gli effetti sarà la povera Hermione; aprendo una lettera minatoria a lei indirizzata, un liquido verde-giallastro dall’acre odore di benzina le finisce sulle mani che immediatamente si ricoprono di dolorose bolle gialle. Ron intuisce immediatamente che si tratta di pus di Bubotubero. 
I gemelli Weasley, probabilmente, utilizzano il pus di Bubotubero insieme ad altri ingredienti (uno dei quali il veleno di Doxy), per creare la polvere Bulbadox (che fa venire le pustole) la testarono su Kenneth Towler l’anno dei loro G.U.F.O.

● Non ho voluto inserire date, ma mi sento di mettere in chiaro un paio di cosette: nella prima parte loro sono chiaramente ragazzini (secondo/terzo anno), nella seconda sono un po’ più grandi (ho esplicitamente scritto che erano passati quattro anni dall’ultima volta) mentre nell’ultima parte ne sono passati altri. Cinque, dieci, venti... lascio a voi la scelta ^____^

● Sì, Katie è morta, ma non so come. Sono partita con l’idea di morte, di scrivere una storia in cui lei raggiungeva il suo scopo: diventare farfalla. E così è stato. Non so quale sia la causa, fate voi.

● Lo stile che ho usato non è il mio solito, ma è fatto appositamente per questa storia. Lo so, ci sono errori grammaticali e coniugazioni sbagliate dei verbi e perfino troppe frasi spezzettate; ma è stato fatto apposta. Scelta personale, diciamo.

 
Mi sono svegliata con la voglia di scrivere qualcosa su questi due e sulle farfalle... è un mio pensiero ricorrente, quindi c’è un po’ di autobiografia qui dentro. Chiamatela pure stanchezza, ecco.
Naturalmente i commenti/critiche sono ben accetti, i vostri pareri non andranno perduti.
Adieu ♥

 

 
   
 
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