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Autore: Miss Demy    30/04/2011    14 recensioni
Quel giorno compiva sedici anni, una data importante per tante ragazze; non si era più bambine ma non si poteva dire di essere donne; era un’età di passaggio, una delle età più complicate in cui si lotta con se stesse riscoprendosi diverse, notando il proprio corpo cambiare sempre di più quasi fino a non riconoscerlo. Era un’età critica ma che si sarebbe rimpianta quando gli anni sarebbero cominciati a divenire tanti, troppi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ami/Amy, Taiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Premessa: questa è la prima volta che mi accingo a scrivere su un personaggio che non sia Usagi. Il motivo di tale scelta è una. Con questa shot rendo i miei più cari e sinceri auguri ad un’amica speciale che stimo moltissimo come persona, come autrice e disegnatrice.
Tantissimi Auguri carissima SailorMerury84!
Spero che questo piccolo omaggio possa essere gradito da tutti voi. Purtroppo Ami non è uno dei miei personaggi preferiti e non conosco bene neppure Taiki in quanto ho visto la quinta serie non molto volentieri, per questo ringrazio l’autrice e amica EllieMarsRose per la sua consulenza! 
L'immagine è realizzata da SailorMercury84, e donatami proprio in omaggio a questa mia shot. Grazie mille! Fatemi sapere cosa ne pensate, ve ne sarei grata!
Buona lettura!


 

disegno-equazione-d-amore 

Equazione D'amore

 

Era il 10 Settembre: un giorno qualunque per molti ma non per lei.

Quella mattina la sveglia aveva suonato come tutti i giorni settimanali alle 7.00 e, come tutti gli altri giorni, aveva alzato lentamente le palpebre, stiracchiandosi sul materasso rivestito da lenzuola di fresco cotone azzurro.

Inspirò profondamente, trattenendo l’aria nei polmoni prima di rilasciarla, realizzando che un nuovo giorno era arrivato, un giorno che aggiungeva un gradino in più a quel suo percorso chiamato vita.

Indossò la sua divisa scolastica e, dopo un’abbondante colazione genuina con succo di frutta e pane tostato, uscì perfettamente in orario per recarsi a scuola.

Il cielo era limpido quella mattina, il sole accarezzava il suo viso riscaldando le sue gote e le braccia scoperte; il leggero venticello spettinava la sua chioma blu facendo scivolare alcune ciocche proprio davanti ai suoi occhi turchesi.

Durante il percorso verso l’istituto, si ritrovò a riflettere su se stessa e sul suo futuro. Lei, Ami Mizuno, aveva sempre dedicato la sua età adolescenziale allo studio, alle ricerche extrascolastiche e al suo desiderio di diventare un buon medico.

Era molto ammirata ma anche molto invidiata da tanti compagni; spesso messa in disparte e trattata con freddezza per quella sua voglia di spingersi a fare di più e farlo per bene che spesso la faceva apparire, agli occhi degli altri, diversa, in un mondo tutto suo in cui oltre ai libri non c’era spazio per nessun altro.

Quando i suoi coetanei uscivano, dopo la scuola, per una passeggiata in centro; Ami tornava a casa per studiare e, quando finiva, ripassava le materie per i giorni successivi.
Quando in estate le sue amiche andavano al mare e giocavano sulla spiaggia divertendosi con la spensieratezza tipica dei loro anni, Ami rimaneva sotto l’ombrellone con un bel libro per portarsi avanti con il piano di studi dell’anno scolastico avvenire.
Quando, nel fine settimana, le ragazze si riunivano al Crown per prendere un frappé, Ami portava sempre con sé alcuni appunti da ripassare.

“Su, Ami, rilassati un po’; tu studi troppo!” le ripeteva spesso Usagi, togliendole i libri dalle mani e travolgendola nella sua ingenua allegria.
Ami aveva sempre messo lo studio davanti a tutto, anche davanti a se stessa e a quegli anni paragonabili a un bocciolo di rosa bianca che va odorato subito, che va ammirato nella sua bellezza e purezza all’istante, prima che il tempo renda i petali ingialliti e secchi facendogli perdere quella caratteristica di freschezza. Quell’anno, l’anno in cui compiva sedici anni, c’era però qualcosa di diverso in lei, qualcosa di nuovo, di inspiegabile, di inaspettato, che le nasceva dentro al cuore e si espandeva in tutto il suo corpo. Era una sensazione mai provata e lei non sapeva dare un nome a quelle emozioni che la tormentavano da ormai parecchi giorni.


Usagi corse per tutto il corridoio col respiro affannato; anche quel giorno era in ritardo e probabilmente la professoressa la avrebbe punita facendole passare l’ora fuori dall’aula. Si stupì quando vide i suoi compagni davanti alla porta della classe; rallentando il passo e regolarizzando il respiro, capì che l’insegnante sarebbe mancata anche quel giorno. Entrò in classe per posare la sua cartella e, alla finestra, con le mani unite all’altezza del ventre, Ami osservava con lo sguardo pensieroso il cortile della scuola.
Anche se Usagi era un’esperta di insufficienze, anche se non era di certo quella che si poteva definire un genio, non le fu difficile capire che dietro quel volto candido acqua e sapone sempre dolce che esprimeva sensibilità, dietro quegli occhi dalle mille sfumature turchesi così rassicuranti, sicuri di sé e delle proprie capacità, dietro quei sorrisi pieni di tenerezza che le donava dopo ogni brutto voto; Ami non era realmente sicura di sé, spesso era indecisa, piena di dubbi, molte volte aveva bisogno quei sorrisi pieni di conforto per sé, aveva bisogno di essere presa per mano e di sentirsi dire che non era da sola, che – anche se era diversa – era importante per quelle quattro ragazze che considerava amiche, compagne.
Un sorriso le uscì spontaneo quando vide che la principessa di Mercurio continuava a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra poggiando una mano sulla fredda vetrata senza accorgersi di lei e del suo sguardo pieno d’affetto su di sé.
“Buon compleanno Ami-chan!” esclamò correndole incontro e abbracciandola energicamente con un sorriso sincero sulle labbra.
Ami era timida, introversa, non amava essere al centro dell’attenzione e non era abituata a quelle dimostrazioni d’affetto.
Poggiò – imbarazzata - le mani sulla schiena dell’amica dai lunghi codini dorati, sentendo le guance calde e immaginando che sicuramente si erano colorate di porpora.
“Grazie, Usa-chan” rispose sottovoce, anche se, dentro di sé, sapere che qualcuno si era ricordato di lei le aveva procurato un piacevole calore al cuore.
“Allora, che programmi hai per oggi?” domandò la ragazza dagli occhi azzurri e gioiosi. “Non dirmi che devi studiare!”
Quella voce così piena di entusiasmo, a volte un po’ stridula ma sempre pronta a pronunciare parole colme di attenzioni, la fece sentire proprio come aveva bisogno di sentirsi: meno sola.
Ami sorrise portando una mano all’altezza del cuore e abbassando lo sguardo.
“No, Ami, non puoi studiare anche oggi!” Usagi non voleva sentire ragioni; Ami meritava un po’ di svago il giorno del suo sedicesimo compleanno. “E poi, domani è sabato, non c’è scuola!” cercò di essere più convincente possibile. “Oggi pomeriggio ce ne andiamo a fare un giro in centro” continuò immaginando i negozi e le vetrine che avrebbero guardato. “E poi stasera non dimenticare la festa che abbiamo organizzato al Tempio!”
Ami distese le labbra facendo uscire una timida risata. “Usa-chan, sei gentile” disse, “ma la prossima settimana c’è il test di algebra.” Notò il viso diafano dell’amica apparire dispiaciuto e patteggiò: “Facciamo così, oggi studio per il test e ci vedremo stasera al Tempio.”
Usagi annuì a malincuore prima di andare a sedersi al suo posto.

Ami, invece, rimase a guardare fuori dalla finestra fin quando entrò in aula lui, il nuovo compagno di classe: Taiki Kou.
In quel momento avvertì una strana sensazione di calore al cuore, sentì i battiti accelerare e una stretta al centro dello stomaco. Cosa stava accadendo? Perché la semplice presenza di quel ragazzo dai lunghi capelli castani e dallo sguardo magnetico a volte enigmatico le procurava quelle emozioni nuove, mai provate prima, e difficili da gestire? Lei, Ami Mizuno, il genio della scuola, la ragazza col quoziente intellettivo più alto e con un curriculum scolastico brillante; lei, Ami, la numero uno in quanto a intelligenza e razionalità, messa in difficoltà da uno sguardo, lo sguardo di Taiki. Non poteva affrontare quelle sensazioni nuove come una semplice equazione, non poteva razionalizzarle, comprenderle. Cosa poteva fare allora? Non lo sapeva.

“Buongiorno” le disse lui, guardandola negli occhi dopo essersi avvicinato alla finestra.
“Buongiorno Taiki” rispose sentendo le guance calde; lo vide mentre faceva scivolare le mani dentro le tasche dei pantaloni blu rimanendo assorto nei suoi pensieri con lo sguardo verso il cielo limpido.
Dio, quant’era bello di profilo! Il suo viso sempre serio gli donava un aspetto maturo, rassicurante, in grado di offrire protezione; i suoi occhi castani e profondi mostravano uno sguardo astuto, riflessivo.
Taiki non era il semplice bel ragazzo, la solita Star per cui tutte le ragazzine impazzivano; no, Taiki oltre ad essere affascinante era anche uno studente studioso, volenteroso, intelligente. Un connubio perfetto per far cadere nella trappola dell’irrazionalità pure Ami.
“Allora, Ami, pronta per il test di algebra?” Taiki ruppe il silenzio continuando ad osservare il cortile della scuola dalla vetrata.
“Beh, ecco, io credo di dover ancora ripassare alcune regole” rispose guardando il suo viso illuminato dai raggi di sole.
Lui si voltò, incontrando quegli occhi timidi e profondi in cui avrebbe potuto perdersi; inspirò profondamente e, con tutto il coraggio che riuscì a trovare, osò:
“Ecco, io mi domandavo” iniziò con una mano sulla nuca pronta a confermare la sua timidezza, “se oggi pomeriggio ti andava di ripassare assieme.” Iniziò a sentire il suo cuore tamburellare e sperò che lei non si accorgesse di quell’effetto strano che solo lei era in grado di suscitargli.
“Ho un testo universitario in cartella, potremmo studiare da lì alcune regole meno chiare” si affrettò a specificare, cercando di convincerla ed evitare una delusione.

Ami arrossì, sentendo un calore che si espandeva in tutto il suo corpo, una sensazione di benessere mai provata prima.
Annuì sorridendogli con tutta la dolcezza che da sempre la contraddistingueva, la stessa dolcezza che non era sfuggita neppure a lui, la Star irraggiungibile per molte ragazze. “D’accordo” acconsentì, “se per te va bene, facciamo dopo la scuola a casa mia.”
Lui non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto. “Perfetto!”

Presto la campanella suonò e i ragazzi si prepararono a seguire la lezione di inglese. Usagi, con un gomito sul banco e la mano sulla guancia a sorreggerle il viso, continuava a disegnare sul suo quaderno, intrecciando all’interno dei cuoricini le U alle M. Sospirò ripensando al suo Mamo-chan, poi, voltandosi verso il banco dell’amica dai capelli blu, ricordò il suo sorriso durante la conversazione con Taiki, la luminosità che sprigionavano i suoi occhi era inconfondibile; soltanto quando si provano certi sentimenti è possibile scorgere tanta luce, soltanto quando il cuore batte forte è possibile sprigionare radiosità come faceva Ami e come succedeva anche a lei quando era insieme al suo principe. Non era un genio, ma in quel tipo di situazioni era imbattibile.
Strappò pian piano, senza far rumore, un pezzo di foglio bianco e scrisse un breve messaggio. Quando la professoressa si voltò per scrivere sulla lavagna, appallottolò il fogliettino tirandolo alla sua sinistra sul banco di Taiki.
In quel momento l’insegnante si voltò e, adirata, urlò:
“Tsukino Usagi, fuori!” con il volto rosso distendendo un braccio verso l’uscita dell’aula.
La ragazza dai lunghi codini sospirò tenendo lo sguardo basso prima di alzarsi e trascinare lentamente i piedi fuori dalla classe. Almeno, per una volta, era per una giusta causa!

Taiki, curioso, aprì il bigliettino sgualcito, aggrottando la fronte; solo dopo aver letto il messaggio sbatté le palpebre più volte continuando a fissare il pezzo di carta sentendo di nuovo una sensazione di puro benessere propagarsi nel suo corpo.

Le lezioni sembrarono finire presto quel giorno e gli studenti lasciarono le aule dirigendosi verso casa.
“Andiamo?” Taiki, con la cartella di cuoio in mano, si avvicinò a Ami osservandola mentre riponeva con cura i suoi quaderni all’interno della sua cartella.
Gli sorrise, con timidezza, affrettandosi a prendere gli ultimi libri e lasciare il banco vuoto.

Il ritorno verso casa fu silenzioso; Ami si sentiva a disagio, non ne conosceva il motivo, di solito era rilassata con i compagni, soprattutto quelli con cui condivideva l’interesse per lo studio e per i progetti futuri; eppure Taiki, se da un lato la faceva sentire protetta con i suoi modi di fare sicuri di sé, anche se la faceva sentire meno diversa grazie alla sua intelligenza e volontà negli studi, dall’altro lato la metteva in difficoltà, riusciva a renderla ancora più timida ed introversa. Erano sensazioni contrastanti, come segni opposti dello stesso numero che in un’equazione si annullano; eppure la stretta al cuore rimaneva, i battiti continuavano ad accelerare incessantemente. Quel giorno compiva sedici anni, una data importante per tante ragazze; non si era più bambine ma non si poteva dire di essere donne; era un’età di passaggio, una delle età più complicate in cui si lotta con se stesse riscoprendosi diverse, notando il proprio corpo cambiare sempre di più quasi fino a non riconoscerlo. Era un’età critica ma che si sarebbe rimpianta quando gli anni sarebbero cominciati a divenire tanti, troppi. Per Ami quel giorno era un dì normale; un anno in più per lei significava semplicemente un anno in meno al raggiungimento del suo sogno di diventare medico. Eppure, per la prima volta, capì che le sarebbe piaciuto ricevere gli auguri da parte di Taiki, essere al centro delle attenzioni non solo di Usagi o delle altre ragazze, ma di un uomo che la facesse sentire importante, speciale. Un suo bacio? No, no, arrossiva al solo pensiero!
E invece lui non sapeva neppure che quel giorno fosse il suo giorno.

“A che pensi?” Taiki ruppe la tensione che si era creata.
Ami scosse la testa, portando le mani davanti alle gambe a tenere il manico della cartella. “Niente” rispose con lo sguardo basso sul marciapiede.
“Sicura?” Lui la guardò sorridendo e lei, voltandosi verso di lui, in quello sguardo scorse complicità. Si lasciò andare.
“Non ti capita mai di sentirti…” cercò le parole più adatte ma solo una era in grado di ricomprendere i suoi pensieri. “Diverso?”
Lui stropicciò le labbra in una smorfia iniziando a riflettere; continuò a fissarla e ad ammirare i suoi lisci capelli che il sole rendeva dai riflessi lucenti e simili a una distesa d’acqua. “Hm?”
Ami alzò le spalle. “Sì, cioè, non ti capita di sentirti diverso dagli altri solo perché diversi sono i tuoi interessi?”
La Star fece uscire una garbata risata piena di consapevolezza. “Vuoi dire incompreso?” corresse, “esagerato? Non in grado di godersi la vita?” Una pausa. “Sì, mi ci sento!” confidò con voce che diveniva sempre più serena e a suo agio.
Anche lei pian piano iniziò a rilassarsi, a sentirsi meno rigida e timida; Taiki non solo era un ragazzo bello, intelligente e studioso, era anche un ragazzo che la capiva, che riusciva a decifrare i suoi pensieri e a condividerli. Taiki era il ragazzo che, oltre a farle battere il cuore, a farle provare sensazioni inaspettate e che la rendevano leggera e in pace con se stessa, capiva i suoi dubbi e le sue perplessità da un solo sguardo. Lui era come lei, nei suoi occhi poteva ritrovare la sua stessa luce pensando ai suoi progetti, nei suoi discorsi poteva riascoltare le parole che lei stessa pronunciava quando parlava del suo futuro. Erano due anime speculari, complici, incontrate per caso e consapevoli di appartenersi e di completarsi inevitabilmente.

“Guardo Seiya e Yaten e noto il loro modo di divertirsi e di godersi la loro età” riprese perdendosi in quegli occhi così profondi e sinceri, “eppure io non riesco a essere come loro, non mi cambierei con loro.”
Ami sentì il suo cuore mancare un battito per quelle parole in cui credé di ascoltare se stessa, un brivido le percorse la schiena vedendo che gli occhi ambrati di lui erano ancora fissi su di sé, eloquenti anche quando il silenzio li accompagnava.
“Non ti cambierei nemmeno io, Taiki” pensò arrossendo istintivamente.

Una volta giunti a casa, iniziarono a studiare seduti sulla moquette attorno al tavolino della camera della ragazza. Ogni tanto lei sollevava gli occhi dal libro osservando di fronte a sé il ragazzo concentrato a risolvere gli esercizi di matematica; li riabbassava subito sperando di non essere colta in flagrante e riprendendo a ripassare le regole dal grosso volume universitario. L’atmosfera che si era creata la faceva stare bene; non era la prima volta che studiava con un compagno ma era la prima volta che studiare era diventato un bellissimo piacere da condividere con qualcuno che avrebbe voluto rivedere spesso anche al di fuori della scuola e dei test. E fu la prima volta che studiare le risultò difficile, la tentazione di osservarlo perso nei suoi ragionamenti coi quali cercava di risolvere le equazioni era troppo forte, lui era irresistibile con lo sguardo fisso sul quaderno e le labbra che mi muovevano tacitamente per tenere a mente i calcoli.
Per una volta capì Usagi e le sue distrazioni quando studiavano tutti assieme a casa di Mamoru… No, no, Usagi era un caso a parte, rifletté poi.

Taiki alzò gli occhi dal proprio esercizio incontrando quelli della ragazza.
“C’è qualche problema?” domandò con voce calda e vellutata che rese agitata Ami.
“Ecco, vedi, non riesco ad applicare questa regola all’equazione” si giustificò subito anche se le dispiaceva apparire meno brava di lui in una delle sue materie preferite.
Lui le si avvicinò per poter dare un’occhiata al problema e a Ami non fu difficile inebriarsi di quel profumo così forte e intenso che la deconcentrò ancora di più dalla regola matematica.
Avrebbe voluto che il tempo si fermasse, desiderava che quel momento durasse più a lungo possibile ma non poteva accadere; il tempo scorreva in fretta e lei sapeva benissimo persino quanti secondi vi erano all’interno di un giorno.
“Mmm…” rifletté lui portando una mano sotto al mento e picchiettando la punta della penna nera sul quaderno. “Sinceramente questa non riesco ad applicarla neppure io” confessò.
Si guardarono negli occhi e, persi per un istante nei loro reciproci sguardi pieni di complicità, si lasciarono andare in una sana risata.


Taiki alzò la manica della giacca blu e guardò l’orologio che indossava al polso sinistro. “Sono le 19.30, devo proprio andare adesso” disse richiudendo il suo quaderno e mettendolo dentro la sua cartella.
Ami sentì un forte bruciore al petto, una morsa sempre più fastidiosa; quell’atmosfera di pace e serenità, in cui sentiva la complicità con Taiki crescere sempre di più in maniera spontanea, si stava dissolvendo.
Avrebbe voluto averlo lì, e non solo per risolvere equazioni o ripassare regole matematiche; lo voleva con lei, per lei, per condividere ogni istante della sua vita con lui. In quel momento fu chiaro: si stava innamorando di lui.
“Ascolta Taiki, volevo domandarti una cosa” osò sfacciatamente chiedere stupendosi della sua stessa audacia inaspettata. “Hai impegni per questa sera?” continuò sperando che lui desse una risposta negativa; gli avrebbe detto della festa al Tempio e lo avrebbe invitato ad andare con lei.
Lui richiuse la sua cartella prendendola per il manico e, voltandosi a guardare la ragazza dagli occhi timidi e pieni di speranza, rispose:
“In realtà sì, ho accettato l’invito da parte di un’amica.”
La principessa di Mercurio sentì un tuffo al cuore, un vuoto all’anima. Perché? Cos’era quella sensazione di angoscia e dispiacere al solo pensiero che Taiki avrebbe passato una serata con un’amica? Che genere di amica era? Già la odiava.

“Perché me lo domandavi?” riprese lui aggrottando la fronte e dirigendosi verso l’ingresso, seguito dalla ragazza.
Lei scosse la testa, ormai non aveva più importanza. “No, niente di importante” mentì col cuore che le batteva forte, “vorrà dire che continuerò da sola a cercare di risolvere l’equazione.”

Più Taiki osservava lo sguardo della ragazza diventare istintivamente triste, più si accorgeva dei suoi splendidi occhi dalle sfumature del blu perdere la luce che riusciva ad accecarlo ogniqualvolta le stava accanto, e più il calore al cuore cresceva rendendolo vivo.

Ami sperò che lui le proponesse di ripetere lo studio pomeridiano, lo desiderò fino all’ultimo ma lui non lo fece. Uscì dall’appartamento dicendo soltanto:
“Buon week end, Ami”, prima di accennare un sorriso e allontanarsi sempre di più giù per le scale.
Ami richiuse la porta alle sue spalle lasciando che le lacrime uscissero dai suoi occhi intensi e pieni di speranza straripando come un fiume in piena.
“Che stupida che sono” ripeté più volte tornando nella sua stanza dove era ancora presente quel profumo unico di lui.
“Con tutte le ragazze belle e intelligenti, perché dovrebbe perdere tempo con me?” continuò a riflettere mentre le fitte al petto aumentavano.
Si lasciò cadere sul letto affondando la testa sul soffice cuscino; portò le mani davanti al viso come quasi a nascondere a se stessa che stava succedendo davvero, che anche lei era preda dell’irrazionalità che la spingeva a provare sentimenti non controllabili, non gestibili, inaspettati ma che portavano con sé una miriade di sensazioni che le scaldavano il cuore e a volte sembravano bruciarlo del tutto.
In quel momento capì cosa le mancava; aveva quattro amiche che considerava come delle sorelle, che le volevano bene, che la ammiravano e stimavano per quello che era; aveva una brillante carriera scolastica, era lodata da tutti i professori della sua scuola e di certo sarebbe diventata un ottimo medico; però capì che non avrebbe mai avuto lui, l’unico ragazzo che era riuscito a far battere il suo cuore. Scosse la testa, era meglio evitare di continuare a piangere, non avrebbe risolto nulla.


Ami arrivò al Tempio in perfetto orario; sebbene non fosse dell’umore adatto, nonostante il dispiacere al solo pensiero che per Taiki sarebbe rimasta solo una semplice compagna di classe; le sue amiche avevano organizzato una festa per lei, non poteva disdire. Loro erano importanti per lei, erano preziose, grazie a loro si sentiva piena di attenzioni e di affetto.
Nel suo abito nero di velluto sopra il ginocchio, aprì le porte scorrevoli che conducevano alla stanza di Rei. La camera era al buio, per un attimo pensò di essere in anticipo o che Usagi si fosse confusa nel dirle l’orario; più probabile la seconda ipotesi, pensò.
La perplessità durò solo pochi attimi; le luci a neon vennero accese rendendo la stanza di un giallo caldo che si rifletteva sul parquet e sul tavolino basso pieno di leccornie preparate da Makoto.
“Buon compleanno, Ami-chan!” esclamarono all’unisono le quattro ragazze andandole incontro.
Sentiva una bella sensazione di gioia e armonia dentro di sé; l’affetto, i sorrisi, le belle parole pronunciate per lei, solo per lei, per un po’ la distrassero dai suoi pensieri, dalla sua incognita che avrebbe reso la sua vita un’equazione risolta.

“Su, sorridi, Ami-chan; oggi è un gran giorno per te!” Usagi, con un sorriso che le illuminò gli occhi azzurri come il cielo limpido, la prese per un braccio facendola accomodare attorno al tavolino; Ami si sedette accanto a Rei e Minako, continuando ad osservare la ragazza che corse fuori dalla stanza seguita dal fluire dei suoi lunghi codini e dallo svolazzare della sua gonna rosa confetto. Per un attimo desiderò essere come lei; Usagi aveva il suo Mamo-chan, lo aveva da sempre, sul Silver Millenium era il suo principe che aveva preferito perire in guerra pur di proteggerla; due anni addietro, sotto le vesti di Tuxedo Kamen, lui la aveva salvata dal Dark Kingdom sacrificando la sua stessa vita; Mamoru la amava davvero tanto e lei sapeva che la avrebbe amata anche in futuro. Usagi era sbadata, spesso combinava pasticci di ogni genere, troppe volte si lasciava vincere dalla pigrizia e di certo studiare non era una delle sue più grandi passioni. Però Usagi aveva l’Amore; quello vero e incondizionato, ma soprattutto, ricambiato. Per pochi attimi sperò che anche lei potesse vedere ricambiato quel sentimento che le faceva scalpitare il cuore dentro al petto e le faceva sentire piacevoli fitte allo stomaco. Per una volta nella sua perfetta vita di ragazza prodigio, desiderò essere come Usagi, avere l’amore come la sua Principessa.
Sospirò ripensando a Taiki a quell’appuntamento di cui le aveva parlato; chissà dov’era, chissà chi era quella amica che avrebbe ricevuto le sue attenzioni, ma soprattutto, chissà cosa aveva in più tale ragazza da avergli fatto brillare gli occhi, come due stelle, al solo pensiero del loro incontro serale.
Usagi ritornò nella stanza; Ami con lo sguardo basso, assorta nei suoi pensieri, notò le sue ballerine argentate proprio davanti a sé; non erano sole. Accanto ai piedi della ragazza, c’erano due scarpe blu, molto più grandi di quelle della amica, un modello maschile che lei conosceva benissimo.
“Non può essere…” pensò sgranando gli occhi e sentendo un tuffo al cuore.
Sollevò lentamente il volto scorgendo sempre di più quella figura così familiare che le fece mancare il respiro, fin quando, con la testa alta, scorse quegli occhi così intensi, profondi, dalle mille sfumature d’ambra che quella sera sembravano più luminosi che mai.
“Buon compleanno Ami” augurò lui con un timido sorriso sulle labbra.
Ami arrossì lasciando uscire un sorriso di rimando che comprendeva infinite emozioni di pura felicità; si alzò e, continuando a perdersi nelle profondità delle sue iridi, rispose:
“Taiki, non pensavo di vederti qui!” portando una mano all’altezza del cuore come a voler cercare di rallentare i battiti sempre più veloci e irregolari.
Il ragazzo non rispose, abbassò per un attimo le palpebre e, quando le rialzò, domandò: “Ti andrebbe di fare due passi fuori?” facendo cenno col capo.
“Certo” fu la risposta di lei.

Fuori dalla stanza l’aria era fresca, pura; il fruscio degli alberi sembrava un suono rilassante che accompagnava quella passeggiata; la vista panoramica era incantevole, le luci illuminavano la città, compresa la torre di Tokyo; in lontananza la vasta distesa d’acqua veniva rischiarita dagli argentei riflessi della Luna. Un brivido percorse il corpo di Ami, percepibile da Taiki.
Lui tolse la giacca e la adagiò sulle spalle della ragazza che rimase spiazzata da quel gesto tanto gentile e inaspettato.
“E così, oggi compi sedici anni; mi spiace non averti fatto gli auguri stamane.” Taiki cercò di smorzare la tensione e l’imbarazzo che leggeva chiaramente dalle gote color porpora della ragazza dai capelli simili al cielo di notte.
Lei scosse la testa sorridendo e, d’istinto, dettata soltanto dal cuore, rispose: “Non importa, sei qui con me adesso.” Si pentì subito per quel ‘sei qui con me’; si era esposta troppo, che figura avrebbe fatto? Non ebbe però molto tempo per riflettere perché sentì le mani di lui sul colletto della giacca, intrisa del suo profumo, che lei aveva sulle spalle.
Lo fissò, potendosi specchiare in quegli occhi carichi di una nuova luce che avrebbe sconfitto l’oscurità, sentendo il proprio corpo riscaldato da un calore che avrebbe voluto provare per il resto della propria vita.
“Ami, ho ripensato all’equazione” riprese lui, “non so come risolverla ma sono certo di una cosa.”
Lei lo ammirava senza proferire parola e lui, sorridendo per quegli occhi così dolci e ingenui da farlo sciogliere come neve al sole, proseguì:
“Ho voglia di risolvere tutte le equazioni che mi si presenteranno insieme a te”, avvicinando il proprio viso sempre di più a quello candido della ragazza e premendole le labbra sull’angolo della bocca.
Era una dichiarazione? La proposta per un appuntamento? Ami era così spiazzata ma allo stesso tempo così felice che lasciò che tutti i suoi sentimenti vagassero liberi dentro di sé non curandosi di razionalizzare tutto.
“Lo vorrei anche io, Taiki” fu in grado solamente di dire con voce tremante.
Strinse con le mani la camicia bianca del ragazzo all’altezza della schiena e, alzandosi sulle punte, posò le sue morbide e rosee labbra su quelle sottili e calde della sua Stella.
Lui la avvolse in un tenero abbraccio rassicurandola e facendole capire che anche lui lo desiderava anche se non aveva osato. Fu un bacio dolce, casto, innocente ma in grado di farli sentire al centro del mondo; c’erano solo loro due, insieme, in grado di capirsi, di riflettere l’uno nell’altra le proprie sensazioni, speranze, ambizioni future. Si completavano ma erano capaci anche di comprendersi perché uguali nella loro diversità.
Molte equazioni magari avrebbero avuto bisogno di tempo, di impegno, di razionalità per essere risolte; però, ce ne era una che era possibile svolgere mettendo la ragione da parte e lasciandosi trasportare da una cascata di sentimenti freschi, sinceri, dettati dall’istinto e scanditi dai battiti dei loro cuori.

 

FINE


 

 



 

   
 
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