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Autore: Martyx1988    01/05/2011    4 recensioni
Ho sempre voluto scrivere una fic su questo fandom e, grazie all'ispirazione dai film e da altre storie, eccola qui. L'hanno sempre chiamata Betty, o Miss Betty, ma una lettera che non doveva pervenire a lei mette in dubbio tutte le poche certezze di una ragazza a cui l'alta società londinese va stretta... Una nave la porterà per mari lontani a ricostruire il suo passato e a mettere le fondamenta ad un futuro inaspettato...
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Sparrow, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Pirati dei Caraibi – Gli eredi del mare
Il Prigioniero

L'ultimo raggio di sole di quell'ennesima giornata scomparve sotto la superficie del mare. Dalla sottile fessura tra le assi della nave vide il cielo stingere dal rosso al viola al blu. Riuscì persino ad intravedere una stella, scompariva e ricompariva a ritmo col rollio della nave.

Da quanti giorni era in quella cella? Aveva perso il conto al terzo, forse al quarto. Là sotto ogni giorno era uguale all'altro, specialmente quando le nubi si addensavano in cielo, dandogli un permanente colorito grigio tetro. Nè poteva prendere come riferimento l'ora del pranzo, perché il pranzo, o meglio, il suo unico pasto, poteva arrivare a qualsiasi ora.

Gente senza regole, i pirati, e senza un briciolo di gratitudine. Era grazie a lui se quella nave poteva ancora solcare i mari e la gattabuia era stata la sua ricompensa. Gliel'avrebbero pagata, in un modo o nell'altro. Sarebbe uscito da lì e avrebbero fatto i conti. Dopotutto, lui era fondamentale per la loro sopravvivenza.

Ma non solo lui.

Gli tornò in mente quel giorno, quando un nuovo mozzo era arrivato sulla nave. Dalla voce sembrava un ragazzino di massimo quattordici anni. Era troppo acuta per un ragazzo più grande, forse troppo acuta persino per un ragazzo in generale.

Ma non poteva essere altro che un giovane mozzo. Le sue istruzioni erano state chiare, non doveva venire ai Caraibi.

I passi sul ponte principale si fecero più frenetici e gli ordini iniziarono a riechieggiare per tutta la nave.

Due parole giunsero distinte alle sue orecchie: Majesty e Charles.

Qualcosa sarebbe cambiato quella notte.


Al primo urlo della vedetta, Morgan saltò in piedi. Non poteva aver sentito male, nè aver sognato.

"La Perla Nera! Dritta di prua!"

Charles aveva mantenuto la sua promessa di raggiungere la nave prima dell'alba.

Morgan venne pervasa da una strana agitazione, un misto di terrore ed emozione che le fece scorrere l'adrenalina a fiotti nelle vene. Senza badare al fatto che era solo in sottoveste, si precipitò fuori dalla sua cabina giusto in tempo per incrociare Henry. Anche lui era stato svegliato da quel trambusto, ma era riuscito a mettersi almeno un paio di brache e una camicia. Morgan lo vide arrossire di fronte al suo abbigliamento, ma non ci fece caso. Non c'era tempo per pensare ai dettagli.

Insieme uscirono in coperta, dove il via vai di marinai e soldati impedì loro di andare oltre la soglia della porta del castello di poppa. Tanto bastò, comunque, perché la Perla apparisse nitidamente davanti ai loro occhi.

I due giovani si guardarono e Henry strinse la mano di Morgan per qualche secondo, prima che la voce di Charles imperasse sopra tutte le altre. I due ragazzi si separarono subito, appena prima che il Commodoro li raggiungesse.

"Non è prudente che restiate qui, Milord, e nemmeno voi, miss Parker" li avvertì, nonostante avesse un tono di voce tutt'altro che preoccupato.

Henry, ad ogni modo, non se lo fece ripetere due volte e condusse Morgan verso la sua cabina. Subito la ragazza si precipitò alle finestre per cercare di vedere la Perla.

"Morgan, sei sempre sicura di volerlo fare?" le domandò il ragazzo, con la viva speranza che l'avere il pericolo alle calcagna avesse fatto cambiare idea alla ragazza.

"Non ho altra scelta. Questa occasione potrebbe non ripetersi più" rispose lei risoluta, senza spostarsi di un millimetro. "Agiremo appena avremo agganciato la Perla. Nel caos che regnerà sulle due navi non si accorgeranno di noi"

"Spero per noi che sia così"

La Majesty effettuò una brusca virata per affiancarsi alla Perla. Le bocche dei cannoni del vascello pirata passarono davanti a Morgan.

La parola fuoco riecheggiò tutt'attorno.


Alla prima bordata, la cella venne invasa da miriadi di schegge di legno. Dovette coprirsi il viso con le braccia per evitare che qualche pezzo di legno andasse a conficcarglisi negli occhi.

Le cannonate si susseguirono, poteva vedere distintamente le scintille dei cannoni avversari dalla falla che la prima bordata aveva creato nello scafo.

Con grande fatica a causa del rollio della nave, aumentato per le cannonate, si mise in piedi e si ripulì del legno che aveva addosso. Dalla falla vide la polena della Majesty. Le due navi erano perfettamente affiancate e poco mancava alla seconda raffica di cannonate.

Si allontanò dalla fiancata giusto in tempo. Una palla di cannone prese in pieno la poppa della Perla, sradicando le celle, compresa la sua. Quando riaprì gli occhi, infatti, vide le sbarre di metallo completamente ripiegate verso l'esterno e la porta della cella era saltata via.

Era libero.


Henry riuscì a spostare Morgan dalle finestre appena in tempo per evitare la prima bordata proveniente dalla Perla. Buona parte della sua cabina venne fatta a pezzi, della scrivania e della porta non era rimasta traccia e oltre la soglia si sentivano i gemiti dei primi feriti dello scontro.

"Morgan, stai bene?" chiese Henry, in apprensione.

La ragazza si guardò attorno qualche secondo, quindi fece cenno di sì col capo. Si rialzò poi rapidamente e si ripulì come meglio potè, seguita da Henry.

Sbirciando fuori, vide che il loro ponte era completamente deserto. Si rivolse allora a Henry con la stessa spavalderia di poco prima.

"Andiamo, non c'è nessuno"

Uscì dalla stanza senza attendere risposta e Henry non potè fare altro che seguirla.

La cabina del Commodoro era in fondo al corridoio e anch'essa non era stata risparmiata dal primo giro di cannonate. Al posto della parete di legno non c'era altro che un enorme buco, la scrivania era ribaltata e in buona parte era stata portata via dalla cannonata, e così era anche per il letto del Commodoro e per il resto della mobilia.

Morgan si avventò rapida su quel che restava dello scrittoio, ma scoprì con disappunto che i cassetti erano tutti chiusi a chiave.

"C'era da aspettarselo" commentò Henry dopo l'ultimo tentativo di forzare un cassetto.

Morgan rispose tirando un calcio alla scrivania con rabbia.

"Adesso che facciamo?" domandò poi, in agitazione.

"Non lo so" fu la titubante risposta di Henry. "Temo che non possiamo fare nient'altro. Ci abbiamo provato, Morgan"

Ma la ragazza non ascoltò nemmeno l'ultima affermazione e riprese a strattonare i cassetti, più per disperazione che per altro.

I cannoni ripresero a tuonare e la nave trmò da prua a poppa. Morgan ed Henry mantennero a stento l'equilibrio appoggiandosi allo scrittoio, ma quando le bordate colpirono anche la poppa, mancando di poco i due ragazzi, Morgan perse l'appiglio e cadde a terra. Il rollio della nave le impedì poi di rimettersi in piedi e la fece rotolare fino alla grossa falla nella parete della cabina.

Prima di cadere nel vuoto, riuscì a sentire il debole richiamo di Henry, poi, più presto di quanto immaginasse, si ritrovò sommersa dal mare, con le narici piene d'acqua e irritate dal sale. Nonostante l'intralcio della camicia da notte, Morgan fu in grado di tornare in superficie con poche bracciate.

Le due nave la sovrastavano con prepotenza e davano l'impressione che si sarebbero scontrate l'una contro l'altra, schiacciandola tra i loro ventri.

Guardandosi intorno in cerca di un appiglio per tornare a bordo, Morgan notò una scaletta a pioli sul fianco della Perla, che portava direttamente a bordo attraverso una falla quasi delle dimensioni di quella da cui era caduta. Senza pensare a cosa avrebbe fatto dopo, i arrampicò lungo il fianco fino alla falla e ricadde sul ponte che faceva da magazzino per le cibarie e da armeria. Subito individuò la scala che portava alle prigioni, ma la scoprì bloccata da numerosi pezzi di legno e altri detriti. Non poteva fare altro che risalire in coperta.


Scampato alla seconda scarica di cannonate per miracolo, dovette lavorare alcuni minuti per liberarsi dall'intriglio di casse e sacchi in cui era caduto. Si rialzò poi velocemente e vide che l'accesso alle celle era completamente ostruito. Le uniche vie d'uscita erano una grossa falla sul fianco della nave rivolto verso la Majesty – che avrebbe significato tornare nelle grinfie di Charles – e la scala che portava in coperta, dove il trambusto della battaglia gli avrebbe dato più possibilità di fuggire. Fino a quel momento tutto era girato a suo vantaggio. Sperò che questo colpo di fortuna durasse ancora un po' e, per dargli un aiutino, prese in prestito una pistola e una spada prima di salire.

Trovò il ponte in cui dormivano i marinai riempito solo del frastuono prodotto dallo scontro che stava avendo luogo in coperta. I cannoni sembravano aver cessato la loro attività. Al loro posto si sentivano gli schioppi degli archibugi e il clangore delle lame che si scontravano l'una contro l'altra.

La grata che chiudeva l'accesso ai ponti sottocoperta era spalancata, segno che qualcuno doveva essere passato da lì poco prima di lui. Non avendo incrociato nessuno, intuì che quel qualcuno era uscito anch'egli sul ponte.

Affiorò con la testa per valutare la situazione. I corpi a terra erano numerosi, soprattutto quelli con le giubbe rosse e blu della marina. Gli scontri stavano avendo luogo lungo tutto il ponte e perfino sulle paratie e sulle scale che portavano al ponte di comando, dove Charles e Barbossa stavano dando spettacolo. Nessuno, però, parve badare a lui, il che lo spinse ad uscire dal suo nascondiglio. La strada fino al parapetto non era tanta, pochi metri e sarebbe stato veramente libero.

Era quasi arrivato, quando la voce gracchiante di Barbossa, che doveva essersi momentaneamente sbarazzato del Commodoro, sovrastò tutto il resto e raggiunse le sue orecchie.

"Turner!"

Fece appena in tempo a voltarsi per vedere il Capitano puntargli la pistola contro. Qualcosa poi lo urtò al ventre e lo trascinò a terra, appena un attimo prima che la pallottola lo colpisse.

Ripresosi dalla caduta, per un attimo pensò di aver sbattuto la testa troppo forte. Quella che aveva davanti non poteva essere sua madre, era impossibile. Eppure la somiglianza era così impressionante...

"Avanti, alzati!" gli intimò, strattonandolo per un braccio. "Vuoi farti ammazzare?"

Non se lo fece ripetere due volte e si rimise rapido in piedi. Barbossa era di nuovo alle prese con Charles, doveva approfittarne.

La ragazza che lo aveva salvato stava già armeggiando con le cime di prua di una scialuppa. Andò a darle una mano occupandosi di quelle di poppa, ma uno sparo le recise in un colpo solo, lasciando penzolare la barcaccia che sfuggì dalle mani della ragazza.

Si voltarono entrambi verso il punto di provenienza del colpo.

Charles stava avanzando con passo marziale verso di loro, la pistola ricaricata pronta a colpire di nuovo. Doveva fare in fretta.

Salì sul parapetto e intimò alla ragazza di fare lo stesso, afferrò la cima della scialuppa con una mano e la porse alla giovane.

"Tieniti con tutte le tue forze, hai capito?"

Lei annuì convinta.

"Bene, saltiamo al mio tre... TRE!"

Si diedero lo slancio e si allontanarono dal parapetto poco prima che Charles li raggiungesse. Il Commodoro li teneva comunque sotto tiro e stava per premere il grilletto.

Solo allora sfoderò la spada e, con un colpo secco, recise la cima appena sopra le loro mani.


Per la seconda volta in pochi minuti, Morgan fu sommersa dalle acque marine, che zittirono le urla della battaglia sopra di loro.

Intravide lo scafo della Perla poco distante da lei e cominciò a nuotare per allontanarvisi. Si bloccò poco dopo, quando scorse in lontananza una figura nuotare nella sua direzione. Sembrava una medusa dai lunghi tentacoli neri. Quando fu più vicina, però, distinse perfettamente due occhi scuri, un naso e una bocca, finchè la creatura non assunse le sembianze di una donna, mentre quelli che aveva creduto tentacoli altro non erano che le ciocche della sua lunghissima chioma corvina.

La donna fece per parlare, e le sue parole riecheggiarono tra i flutti del mare.


Se allo scrigno vuoi arrivare

due chiavi al mare devi donare.

Nelle acque che il tocco fuggono

devi immergere il primo dono,

poichè qui la Dea vuole

cio che il cuore in corpo muove.

All'Oceano dalla battaglia scosso

dona invece ciò da cui il cuore è mosso.


La figura scomparve insieme all'eco della poesia e in Morgan tornò prepotente in bisogno di riprendere aria.

Dopo poche bracciate verso la superficie, si sentì afferrare con forza per un braccio e trascinare di lato, quindi verso il pelo dell'acqua.

Emerse in uno spazio angusto, andando a sbattere contro qualcosa di duro. Era sotto la scialuppa ribaltata.

"Stai bene?" le chiese il ragazzo di fronte a lei.

Per la prima volta, Morgan potè guardarlo in faccia per più di un secondo e senza qualcuno a metterle fretta. Nulla del suo viso le sembrava familiare, ma doveva essere colpa del buio, che lasciava intuire solo alcuni tratti del suo viso; e, dopotutto, Barbossa si era rivolto a lui quando aveva gridato il suo cognome poco prima.

"Sì, sto bene" rispose semplicemente alla fine.

"Conviene allontanarci, allora"

Afferrata una delle panche della barcaccia, il ragazzo iniziò a nuotare e ad allontanarsi dalla battaglia. Morgan lo aiutò finchè le gambe le ressero. Quando si accorse che riusciva a stento a stare a galla, il ragazzo si fermò.

"Dovremmo essere al sicuro, ora"

Si immerse ed uscì dal guscio della scialuppa, quindi la ribaltò e aiutò Morgan a salirci sopra, seguendola a ruota.

Le due navi non erano molto distanti, ma nessuno sembrava interessato alla loro fuga.

Il ragazzo prese comunque i remi e iniziò a vogare con rapidità per interporre ancora più distanza tra loro e Charles.


Più la guardava e più quel dubbio gli assillava la mente. Dopo aver escluso a priori che fosse sua madre, gli era rimasta un'unica possibilità, un unico nome che identificasse la ragazza di fronte a lui.

Forse sentendosi osservata, lei voltò lo sguardo, prima puntato alle luci delle navi, uniche luci oltre alle stelle che illuminavano quella notte. Solo allora si accorse che tremava da capo a piedi e che aveva le labbra viola. Anche lui iniziava ad avere freddo, doveva ringraziare il continuo vogare se era riuscito a non percepirlo fino a quel momento.

Non poteva però lasciarla morire di freddo. Se le sue supposizioni erano vere, nessuno di loro due doveva morire di freddo. Ma cosa poteva fare? Era notte fonda e non si vedeva terra all'orizzonte, le navi erano ormai irraggiungibili e nulla sulla scialuppa veniva utile per ovviare al freddo pungente.

Quasi in risposta ad una sua muta preghiera, la barcaccia si fermò d'improvviso con un forte scossone che sbilanciò entrambi. Si voltò e, con enorme piacere, scorse la sagoma di una palma nella notte buia, poi di un'altra e di una terza vicino.

"È davvero la mia notte fortunata" pensò a voce alta, poi scese dalla barca e si godette qualche istante il contatto con la sabbia fine della spiaggia.

La ragazza lo affiancò poco dopo, con le braccia strette in vita per riscaldarsi un minimo.

"Dove c-credi che s-siamo?" gli chiese mentre batteva i denti.

"Lontani da Charles, questo è l'importante" le rispose, quindi l'abbracciò. "Perchè sei venuta qui?"

Se all'inizio aveva lasciato da parte la sorpresa per quel gesto e si era abbandonata al calore che quell'abbraccio le stava donando, quella domanda la obbligò a staccarsi dal ragazzo per guardarlo in volto. Possibile che sapesse?

La fissò intensamente, con un'espressione imperscrutabile che voleva dire tutto e niente.

"Jack?" riuscì solo a dire dopo istanti eterni. "Sei davvero tu?"

"Solo se tu sei davvero Morgan"

Morgan non rispose, ma gli gettò di slancio le braccia al collo. Finalmente l'aveva trovato. Finalmente era con suo fratello. Finalmente era con la sua vera famiglia.

La stretta di lui attorno alla sua vita si attenuò e Jack le prese il volto fra le mani, scostandole i capelli bagnati dall'acqua di mare e dalle lacrime. Anche gli occhi di Jack erano lucidi di pianto, ma il suo volto era sorridente e radioso.

"Razza di incosciente, che sei venuta a fare qui?" tentò di rimproverarla, ma la gioia di averla di nuovo al suo fianco era di gran lunga più grande del disappunto.

"È stata la tua ultima lettera... e quella della mamma"

Morgan si lanciò in un racconto dettagliato degli avvenimenti che l'avevano portata ai Caraibi, spiegò delle lettere mai recapitate e del suo viaggio sulla Perfesone prima e sulla Perla dopo, di come era finita sulla Majesty e del suo iniziale piano per liberarlo. Quanto a Jack, non si perse una parola di quella storia pazzesca e pensò che solo una come Morgan poteva fare cose del genere. Dopotutto, era figlia di sua madre, come poteva non somigliarle nell'aspetto e nel carattere?

"... E poi Barbossa ha urlato 'Turner' rivolgendosi a te e l'ho visto puntarti la pistola contro e allora mi sono lanciata giù dalle scale per toglierti dalla traiettoria e... beh, il resto lo sai"

Morgan prese fiato, aveva raccontato tutto respirando solo il minimo indispensabile.

Nel frattempo si erano seduti sulla spiaggia e, a furia di gesticolare per dare più enfasi alle sue parole, il freddo le era passato quasi del tutto.

Jack rise brevemente alla fine di quel racconto dettagliato.

"E, per curiosità, cosa pensavi di fare dopo avermi liberato?" le chiese quindi, scompigliandole i lunghi capelli.

"Ecco... veramente non ci ho pensato" ammise lei, con aria colpevole. "Probabilmente contavo sull'esperienza del tenente Turner" ammiccò poi, suscitando un'altra risata nel fratello.

"Non so se sarebbe bastata in quella situazione. Non mi hanno addestrato a sfuggire a ben due navi nemiche!"

"Ma perchè Barbossa ti ha rapito, dopo che l'hai liberato?" domandò allora Morgan.

"Per istinto di sopravvivenza, credo" rispose lui, abbandonata del tutto l'allegria. "Deve aver pensato che fossi la via più breve per arrivare a nostro padre, e quindi al solo uomo potenzialmente in grado di dare del filo da torcere a Charles. Inoltre gli ha tolto l'enorme vantaggio che aveva sulla Fratellanza"

"Gli ha tolto una delle chiavi" specificò Morgan.

"Quindi lo sai"

La sorella annuì, e subito le tornò in mente quello che aveva sentito dopo essere saltata dalla Perla in mare.

"Jack, è possibile che abbia sentito qualcosa mentre ero sott'acqua?" gli chiese, titubante.

"Qualcosa tipo?"

"Tipo una poesia"

Gliela recitò tutta, facendo fatica solo a ricordare i primi versi, dopo i quali le parole le uscirono dalla bocca come se le avesse sempre sapute.

Alla fine dell'ultimo verso, tutti e due rimasero in silenzio, Jack a fissare il mare e Morgan a fissare suo fratello.

"Hai visto qualcosa mentre sentivi tutto questo?" chiese ancora Jack, dopo qualche secondo.

"Sì, una donna. Aveva la pelle scura e i capelli neri, credo"

Jack annuì. "Penso allora che Calypso ti abbia voluto indicare il modo per trovare il cuore di nostro padre"

"Ne sei sicuro?"

"Sicuro no, ma altrimenti che senso avrebbero quei versi. Tutto riconduce al cuore e l'unico cuore di fondamentale importanza in questo momento è quello del capitano dell'Olandese"

"Pensi che qualcun altro abbia sentito la poesia?"

"Non lo so, Morgan". Jack scosse la testa, sconsolato. "Spero vivamente di no"





Eccomi tornata!
Ho dovuto bazzicare un po' per mare per riuscire a finire questo cap, non mi convince molto, ma spero che a voi piaccia lo stesso :)
Buona lettura e...eccovi Henry Archibald Coward III e Jack Weatherby Turner (come li vedo io, s'intende...ps: per Henry è stata una faticaccia, spero apprezzerete ;P)
   
 
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