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Autore: chaplin    02/05/2011    8 recensioni
Ciao! Io mi chiamo Robert, faccio Plant di cognome e ho i capelli biondi!
Su questo tema dovrei parlare sul mio migliore amico, no? Ecco, il mio migliore amico si chiama Bonzo.

- Ebbene, Robert Plant e John Bonham sono compagni di classe, amici di pelle e frequentano la stessa scuola. (Ovvio, sono compagni di classe.) Qui verranno narrate le loro gloriose gesta da ribelli alla 'hop ai dai bifor ai ge' old! End revoluscionplz sono troppo figo ho diciott'anni', peccato che stiano in terza elementare.
Demenzialità, assurdità e crack gratuiti all'interno di questa storia apertamente AU.
Genere: Commedia, Demenziale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia n.4:
E se quello fosse un centopiedi?

Il piccolo biondino, in fondo, era un ottimo studente.
Riusciva a mantenere un atteggiamento educato e alquanto carino durante le lezioni, tanto che alcune supplenti si erano anche messe a lodarlo prima di venire a conoscenza della sua condotta abituale; in classe era un ragazzo tranquillo e in perfetta igiene e le sue medie erano più che ottime – eccezion fatta per la matematica, che stava faticosamente recuperando. Inoltre, nonostante avesse l'abitudine di saltare gli allenamenti, era un piccolo campione nella squadra di calcio della scuola – che aveva l'arrogante abitudine di mandare sempre Bonzo in panchina o in porta per via della sua corporatura robusta rispetto alla media, una media formata a quanto pare da dei piccoli e pallidi inglesotti malnutriti.
Era lo studente perfetto, se si mettevano da parte le piccole ragazzate. Il problema consisteva proprio in quelle ragazzate, che all'inizio ovviamente non aveva ancora iniziato a combinare. I signori Plant avevano sempre sospettato di quel Bonzo su cui avevano tanto sentito parlare dal loro bambino, che lo elogiava come se fosse un mito e ingrandiva a dismisura tutte le sue caratteristiche – dal carattere alla massa corporea.
Dopo il secondo quadrimestre della prima elementare, Robert aveva iniziato a comportarsi in maniera diversa da come i suoi genitori l'avevano educato, ribellandosi e tornando sempre a casa con le mani sporche di terra e decine di code di lucertola in tasca. Non a caso, John Henry Bonham aveva fatto il suo primo ingresso nela classe di Robert proprio verso quel periodo dell'anno, “quando i suoi genitori sono riusciti a permettersi di farlo andare a scuola... Bonzo mi dice che da lui non hanno molti
cerchietti luccicanti! Dev'essere molto brutto...”
Con l'apprensione che le pesava addosso, la madre osservava il figlio sdraiato a pancia all'ingiù sul tappeto nel soggiorno, intento a riempire di scarabocchi le pagine di un quotidiano.

Era solo un bambino, Robert... – e se tutti quei richiami, tutta quella ribellione precoce fosse stato il presagio di un futuro infelice, di un'età adulta sofferta? Annie era seriamente preoccupata.
Stava per andare a preparare un tè quando suonarono alla porta. Robert smise all'istante di fare i baffi sui sorrisi dei politici stampati sulla sottile carta riciclata e, tutto eccitato da una nuova visita, corse come una furia verso la porta urlacchiando “Vado io, vado io!” e facendo sorridere la madre, che alla vista del figlio così loquace non riuscì a trattenere un sorriso affettuoso, rinunciando a tutte le preoccupazioni che la assillavano.
Robert, intanto, sempre urlando “Arrivo!”, aprì tutte le serrature intricate tra di loro della porta, spalancandola. Rimase però stupefatto di fronte al ragazzo che gli stava davanti, con la massa di riccioli scuri china in avanti e le mani congiunte sulle spalle, che stringevano un sacchetto scuro dall'aria pesante.
“Salve, mi chiamo
J... James, James Patrick Page, e sono il figlio di Patricia e James Page, ossia mia madre e mio padre, che mi hanno detto di venire qui a-”
Jimmy?!
Il nuovo arrivato si interruppe di colpo, alzando immediatamente gli occhi. Essi, verdi e piccoli, si illuminarono nell'incontrare quelli grossi e azzurri del ragazzo biondo che, con la mano ancora sulla maniglia della porta di casa, taceva incredulo.
“...
Robert, giusto?” mormorò il bimbo, arrossendo e allargando le sue labbra in un sorriso.
“S-sì... Sì! Sì, sono Robert, sono proprio io!” si mise a ridere, liberatosi di un peso, e la tensione si sciolse in un attimo non appena il biondo si ritrovò tra le braccia dell'altro ragazzo a riempirlo di pacche e domande di ogni genere.
Bastarono poche parole e Jimmy fu dentro casa Plant, piccolo e fragile rispetto a quello che lo circondava.

 

Ma... Figliolo, non ci avevi detto che ti eri fatto dei nuovi amici!”
L'accoglienza da parte di signore e signora Plant fu molto cordiale ed entusiasta, tanto che i due cercarono immediatamente di mettere il piccolo Jimmy a suo agio, facendogli posare la roba sul divano e invitandolo a togliersi la felpa nel caso avesse caldo. Robert sembrava una corda tirata da entrambi i lati – teso e nervoso, continuava a mordersi il pollice con insistenza lanciando occhiate fugaci agli sguardi dei genitori.
“Hai proprio l'aria di essere un bravo ragazzo, sai?” disse il signor Plant, seduto su una sedia in cucina col naso sprofondato in mezzo alle larghe pagine del quotidiano, “E poi sicuramente tu non ti metti a disegnare le corna a quei ragazzi sdentati che pubblicizzano i dentifrici, come fa un certo ometto che abbiamo qui...”
Robert fece un risolino, lasciandosi scompigliare la criniera dorata dalla mano del padre, mentre la signora Plant posò la teiera sul tavolo, sorridendo gentilmente verso il piccolo ospite.
“Allora, hai detto di chiamarti...?”
“James, ma mi chiami Jimmy,” fu la risposta del ragazzo, che ricambiò goffamente i sorrisi.
“Oh, Jimmy! E' un nome davvero molto grazioso... Non trovi, tesoro?”
“Eh, cosa?”
Il signor Plant cadde dalle nuvole, beccandosi un'affettuosa bottarella in testa da parte della moglie. Robert si voltò dall'altra parte per un secondo per nascondersi mentre si spiaccicava una mano sulla fronte. La madre, ignara dell'imbarazzo del figlio, proseguì con le sue domande, versando la bevanda nelle tazze.
“Che dire, sono felice che nostro figlio abbia trovato dei nuovi amici... Ma tu, Jimmy, da quando sei venuto qui? E' la prima volta che ti vedo da queste parti!” Sembrava davvero interessata, e questo preoccupava il figlio.
“Beh, io... Io sono arrivato in zona un po' di tempo fa, il mese scorso, se non sbaglio...” si grattò la testa, in evidente imbarazzo pure lui. “Abito nella terz'ultima casa all'angolo, non si trova molto lontano da qui... Mia madre ha voluto distribuire un po' di dolci in giro per il vicinato, quindi mi ha detto di fare il giro del quartiere dalla prima casa e, niente, sono capitato qui.”
“Dolci?” esclamò allora il signor Plant, che casualmente parve svegliarsi proprio in quel momento; posò il giornale e rivolse al piccolo ospite un enorme sorriso, “E... Dimmi, ragazzo, dove starebbero questi dolci?”
Jimmy divenne tutto rosso e posò sul tavolo il sacchetto alzandolo a fatica, tirò fuori un paio di tortellini di crema che si guadagnarono l'attenzione dell'intera famiglia Plant, compresa quella dell'appena arrivata e piccola Allison che, combattendo la sua timidezza, si mise a guardare i dolci con la bocca aperta, riparata dalla spalla del fratello.
“S-se vi va... Potete prenderli...” disse Jimmy, sorridendo e cercando inutilmente di non balbettare.
“Sì, grazie, ma... Jimmy, non pensi che potrei andare su per farti vedere quella cosa di cui ti parlavo l'altra volta?” intervenne allora Robert, tirando lievemente un braccio dell'amico e alzando gli occhi al cielo di nascosto.
Jimmy all'inizio non capì, poi trattenne una risata e si lasciò trascinare via dall'amico, mentre i genitori e la sorella si misero a guardare la coppia di ragazzini dalle loro spalle, perplessi. Il signor Plant, intanto, s'era portato alle labbra un tortellino.
“Ma Robert!” lo chiamò la madre, “Lascia almeno che lo ringraziamo!”
“Oh, lasciali perdere, Jimmy, e vieni con me!” borbottò Robert, accelerando il passo. Il resto della famiglia si mise a guardare il piccolo Plant che s'allontanava da loro, tra un tortellino e l'altro.
“E' un gran,
mnch, peccato,” disse il padre, a bocca piena. “Avrei voluto ringraziarlo, questi tortellini sono una delizia col tè!”

 

Il giorno seguente, Robert non stava più nella pelle al pensiero di presentare Jimmy a Jonesy e Bonzo, tanto che aveva convinto l'amico a marinare le ultime due ore di scuola per recarsi in anticipo alla solita quercia.
Verso le undici, scorse dal muretto due minute figure scure spaesate e confuse, disperse in mezzo al grande cortile fuori dall'entrata principale dell'edificio scolastico. Tra i due, riconobbe con gioia una fluente massa di riccioli disordinati e si mise a urlare e a sventolare la mano in sua direzione, cercando di farsi notare. Poi, storse le labbra.
Era strano vedere Jimmy vestito in quel modo, con quell'uniforme formale – cravattino, giacca e pantaloni scuri con tanto di stemmino sul lato destro del petto e camicia bianca – che irrigidiva il suo corpicino filiforme. Robert era tra quegli studenti che non portavano l'uniforme per la scarsità di
dindini cartacei per permettersene uno – anche se Jonesy aveva i dindini per acquistare l'uniforme ma non la indossava mai; alle varie domande, aveva sempre risposto con un'alzata di spalle, “Sai quanto me ne importa”, diceva. Per una volta, guardando Jimmy, fu felice di non avere quelle cose che gli adulti erano soliti a chiamare soldi.
La seconda cosa che stupì Robert fu il secondo ragazzo: alto, anche lui vestito con l'uniforme scura, con i capelli castani tagliati a spazzola e gli occhi vitrei fissi su un blocchetto su cui la sua mano continuava a muoversi sinuosamente, stringendo con eleganza la penna stilografica. Disegnava.
“Ciao, Robert...” disse Jimmy, sventolando la mano. “Scusa per John, ma tranquillo, se ne va adesso.”
“Ciao,” rispose Robert, “John?”
Jimmy annuì, indicando il ragazzo accanto a lui con un gesto del mento.
“John. Esce a quest'ora perché i lunedì va sempre ad un corso di specializzazione... O sbaglio,
Whistle?”
Il presunto John alzò gli occhi dal suo disegno e guardò l'altro, inserendo il tappo sulla stilografica.
“Sì, in teoria dovrebbe essere un corso di specializzazione alle materie scientifiche.” John parlava molto lentamente, sfoderando un'inaspettata voce precocemente matura, ruvida e sgraziata in confronto ai lineamenti delicati del viso. “Di solito pensano che chi vada a questi corsi sia un genio, uno snob della Madonna o un indiavolato... Ma di solito si tratta anche solo di un tipo un po' fuori dalla norma.”
Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre Robert guardava John senza sapere cosa dire e Jimmy sorrideva, zitto. Ad un certo punto, il ragazzo col blocchetto piegò le labbra sottili e pallide in un piccolo e delizioso sorriso, liberando la mano destra per porgerla al biondo.
“Comunque piacere, sono John. Tu come ti chiami?”
Robert tossicchiò piano prima di mormorargli “Robert...” con riluttanza, stringendogli la destra.
“Robert Anthony Plant, Enty,” aggiunse Jimmy, con un velato filo di orgoglio. “E' simpatico.”
“Credo di aver sentito parlare di un Plant,” affermò il ragazzo, “Sei della terza elementare, no? Parlano di te anche nelle classi delle medie. E parlano anche di un tuo amico che suona le percussioni...” fece una piccola pausa, prima di proseguire dicendo: “Anche l'amico con cui frequento il corso suona le percussioni. Tra un po', forse, gli regalano una batteria. Penso che debbano conoscersi. Su di te dicono un sacco di cose assurde, sai?”
Robert divenne tutto rosso, un po' dall'imbarazzo provocato da una reputazione e una fama che non si aspettava di avere, un po' per una timidezza uscita da non sapeva dove. Stette per un po' a balbettare, incapace di esprimersi in un altro modo, finché Jimmy lo prese per la mano e lo tirò lievemente verso di sé, con un ghigno sotto i baffi.
“Un giorno organizzo un appuntamento combinato!” scherzò lui, piegando la testa di lato e rivolgendo un radioso sorriso in direzione di John, poi verso l'amichetto biondo. “Allora, mi porti nel posto di cui mi parlavi?”
“Ehm...” Gli occhi di Robert passavano da Jimmy a John, in evidente imbarazzo. “Certo! A-andiamo?”
“Andiamo!” Jimmy rise, correndo con la mano sinistra del biondo stretta nella sua, mentre quest'ultimo gli urlava “Jimmy! Jimmyyyy! E' la direzione sbagliataaaa!”
John sventolò la mano mentre li guardava andare, fino a quando una voce dalle sue spalle richiamò la sua attenzione. Si voltò e sorrise verso l'amico, questo in bretelle e felpa grigia, che lo aspettava nascosto dietro ad un albero. Lo prese per mano e fecero assieme la strada verso l'edificio in cui di solito tenevano quel corso.

 

Jonesy e Bonzo, Jimmy... Jimmy, Jonesy e Bonzo!”
Robert, con le ginocchia nude affondate in mezzo all'erba e le foglie dorate ai piedi della quercia, si sfregava le mani, tutto rosso dall'emozione, mentre Jonesy e Bonzo sfoggiavano delle facce incredule, entrambi con la schiena appoggiata contro il tronco dell'albero centenario.
Jimmy, che nel frattempo si era levato di dosso la giacca scura dell'uniforme e il cravattino e aveva deciso di tenere aperta la camicia, s'era messo a guardare i due con un sorriso meravigliato sul visino chiaro, quasi divertito dalle facce dei due e anche piuttosto incuriosito.
“Cavolo, Robert mi ha parlato molto di voi due...” rise, candido, “E finalmente vedo il celebre Bonzo!”
Il nominato ebbe un sussulto e abbassò lo sguardo, con le guancie roventi. Le labbra di Jonesy si piegarono in un sorrisino pacato e divertito.
“Celebre? Oh, beh...” e rise pure lui, nervoso. “Non pensavo che la gente parlasse di me, ehm.”
“Ho sempre voluto provare a rivolgerti la parola, anche solo per chiederti se avete davvero distrutto un'aula, tu e Robert.”
Bonzo sussultò una seconda volta e i suoi occhi andarono a finire verso Robert, che nel frattempo s'era allontanato e fischiettava tranquillo frugando nell'erba alta alla ricerca quadrifogli. Il bruno sbuffò sonoramente, scuotendo la testa, innervosito. Jimmy lo guardava, in attesa di una conferma.
Mmmmbah, insomma, niente di che, non è come credi o come qualcuno ti ha probabilmente raccontato... Era successo un casino assurdo e, niente, ci hanno trovati in mezzo ai detriti dell'incidente. Abbiamo fatto delle cose, ma non è tutta colpa nostra!!” affermò, annuendo.
Jimmy scoppiò a ridere, e stavolta guardò in direzione di Jonesy, corrugando la fronte.
“Io... Io ti conosco.” disse, per una volta sicuro di quel che stava dicendo.
Jonesy annuì e rispose in maniera cortese, “Sì, sei il nuovo arrivato... Mi avevano parlato di te, e comunque ci siamo visti in uno di quei corsi pomeridiani. Tu frequenti quello di disegno, se non sbaglio...”
“Esatto.” Jimmy sorrise, stringendogli la destra. “Robert mi dice che sei
bravo con la musica, un giorno mi farai sentire qualcosa?”
“Perché no?”
I due si scambiarono una cordiale occhiata, timidi com'erano.
Bonzo, quasi annoiato di non ricevere attenzioni, fece un sonoro sbadiglio, e proprio in quel momento Robert si decise a tornare, tutto sporco di terra e con un'aria ancor più malridotta di prima. Gli si stava staccando un cerotto dal ginocchio, ma lui sembrava non essersene accorto.
“Aaaaahhhh, ho trovato un quadrifoglio! E ho trovato anche
questo!”
Jimmy, Jonesy e Bonzo si alzarono per avvicinarsi al biondo, che ora s'era accucciato per guardare da vicino le cose che aveva raccolto. Jonesy inghiottì un po' di saliva alla vista di quella strana creatura nera e lunga e sottile che il piu' piccolo stringeva tra il pollice e l'indice.
“Ma
bleah, quello è...”
“... un centopiedi, vero?”
“Millepiedi, idiota.” Uno sbuffo. “I centopiedi manco esistono...”
Robert mise su il broncio, facendo la linguaccia all'amico bruno.
“Guarda che i centopiedi esistevano, nella preistoria! Erano cattivi e velenosi e se ti pungevano morivi!”
“C-
COSA?!
Jonesy era diventato blu, mentre Jimmy continuava a stare zitto ad osservare.
Bonzo non era tanto impressionato dalla scena. Almeno, cercava di non esserlo.
“Oh.” commentò, fingendo indifferenza ma continuando a lanciare fugaci occhiate verso il vermiciattolo scuro ogni volta che gli capitava.
Jimmy allora decise di intervenire, un po' per calmare le acque: “No, no... Questo è un millepiedi, davvero. Ha gli anelli, e i mille piedi hanno il corpo formato da anelli. In scienze avevo studiato delle cose in proposito, ma ora non ricordo...”

Ma almeno è un millepiedi.
Robert rimase un po' deluso, gli altri due parvero molto sollevati.
Poi, senza preavviso, Bonzo diede un rapido colpetto sulla nuca del castano che stava seduto accanto a lui, gridando “
Ce l'ha Jones!” e sfrecciando via in mezzo al prato, tra una sguaiata risata e l'altra.
Anche Robert corse via, trascinandosi dietro Jimmy per il polso, ridendo e ansimando già dai primi passi.
Jonesy alle prime si mise a piagnucolare, offeso, ma alla fine decise di buttarsi pure lui nel gioco.
Passarono il resto del pomeriggio così, correndo e giocando a prendersi, a nascondino, raccontandosi storie di ogni genere, recitando filastrocche inventate al momento che narravano della remota Terra di Mezzo e di hobbit e di elfi e di guerre. Si sdraiarono in mezzo alle foglie secche cantando alcune di quelle canzoni “da adolescenti” che trasmettevano nelle radio popolari, quelle canzonette da un minuto e mezzo che ascoltavano in casa mentre la mamma preparava il pranzo. E quando arrivarono le sei e iniziò a far buio, parvero tutti e quattro stupiti da quanto veloce poteva diventare il tempo, quando voleva.
Sulla via di ritorno nelle rispettive case, a bordo della bicicletta di Jimmy, Robert si strinse al collo dell'amico, il vento che si scontrava coi loro visi.

 

 

 

A/N: Ebbene sì, sono riuscita ad aggiornare. Incredibile, nè?
Su questo capitolo non ho molto da dire, oltre al fatto che HNNNG ECCOCI QUI CON JIMMEH; E' UFFICIALE, ORA. <33
La cosa buffa è che ho scritto questa cosa ascoltando in continuazione i Deep Purple. Scrivevo di bimbi e di ambaradan tra bimbi mentre Ian Gillan cantava
AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHH o robe simili. Sono strana.
Oh, ma cazzo, ho
un sacco di cose da dire su questo fottuto capitolo! Come, ad esempio, ecco una guest star! Qualcuno ha capito di chi si tratta? E' così evidente, dai! Su Jimmy, insomma, lascio quassotto un disegno che feci trent'anni fa su come lo immagino nei panni d'un giovine bimbo innocent... giovine bimbo. Mi sono accorta di renderlo incredibilmente dolce in qualsiasi cosa faccia. x'D
Comunque, con questo capitolo si conclude la parte introduttiva di questa storia, e spero di procedere più velocemente coi capitoli – si entra nell'azione, ora. Quindi, sì,
ACTION! TA-TA-TA-TATATATATA-TA-TA (no, aspè, non sono nella sezione dei Queen).
Alla prossima, grazie a chi ha recensito gli scorsi capitoli (sono riuscita a rispondere, dio quanto son ganza) ma grazie anche a chi legge soltanto e a chi segue questa storia e l'ha aggiunta tra le seguite o le preferite o –
insomma, grazie e alla prossima. <3

  
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