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Autore: nitro    02/05/2011    2 recensioni
Questa storia ha partecipato al contest “What if..” di CruellaDeVil (che ringrazio molto!) classificandosi terza. Ho sempre creduto che in un angolino del suo cuore, Ginny serbasse il ricordo di Tom Riddle, del ragazzo che, in maniera un po’ brusca, la aveva forzata a crescere. Ho immaginato cosa sarebbe successo se il diario fosse improvvisamente riapparso tra le mani di Ginny. Si sarebbe lasciata ammaliare ancora da quel ragazzo misterioso o sarebbe riuscita a combatterlo?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Tom O. Riddle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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STUCK IN A MOMENT

 

Capitolo uno: Memories

 

Il gran desiderio di un cuore inquieto è di possedere interminabilmente la creatura che ama o di poterla immergere, quando sia venuto il tempo dell'assenza, in un sonno senza sogni che non possa aver termine che col giorno del ricongiungimento.
 

Albert Camus
 

 

Il vento del Nord soffiava gentile sulla brughiera. Accarezzava dolcemente i lunghi steli d’erba dei prati rigogliosi, ammantando le colline di una veste ondulata e perfetta.
Le alture si lasciavano cullare dall’incessante spinta della brezza, accogliendola come le madri che per la prima volta stringono il loro bambino al petto.
Ginny incedeva lenta in quel mare di spighe verdi e argentate. Il mantello celeste pastello s’intonava perfettamente con le iridi cristalline e risaltava magnificamente il rosso rubino che illuminava i lunghi capelli. La sua esile figura pareva anch’essa essere sospinta dal vento placido, come un fiore incastonato in quel prato verde. Un piccolo e fragile Nontiscordardime in un mare d’erba.
Ginny adorava passeggiare tra le colline. Gli splendidi paesaggi che si stagliavano innanzi ai suoi occhi le regalavano quella tranquillità che non poteva trovare in nessun altro luogo.
Come il vento, anche la ragazza sfiorava l’erba alta con le mani; si godeva la sensazione di solletico sul palmo della mano.
Sorrise a quel mare di smeraldo che la circondava. Era un colore così bello, ma anche così malinconico. Era il colore degli occhi del ragazzo che amava.
Harry la aveva lasciata per andare a combattere quella che credeva fosse soltanto la sua guerra. Non era riuscito a capire che lei voleva soltanto stargli accanto, sostenerlo e aiutarlo a compiere il suo difficile compito.
Non la aveva voluta.
L’aveva giudicata troppo debole per lottare al suo fianco. Harry pensava di proteggerla, uscendo dalla sua vita, ma la aveva soltanto afflitta con un nuovo dolore.
Eppure quel verde le ricordava anche qualcos’altro, qualcosa che era rimasto ben nascosto sotto le coltri della sua coscienza ma che le trasmetteva segnali di serenità.
I pensieri tristi di Ginny furono interrotti nel momento stesso in cui s’interruppe il dolce declivio della collina. La tranquilla passeggiata terminò bruscamente sull’orlo di una scogliera, che si gettava a precipizio sul mare.
Il distacco da quel paesaggio rilassante fu freddo, ruvido. Ginny si sentì colpire dallo sconforto.
I flutti di quel mare erano neri come il suo animo. Le onde spumeggiavano come fiere rabbiose. Quella bava densa e scura era la viscosa disperazione, in cui Ginny si sentiva sprofondare.
Tutto quel nero corvino le ricordò i capelli di Harry, quei sottili filamenti in cui le piaceva tanto immergere le mani e che le donavano quella stessa sensazione di solletico, che provava accarezzando l’erba.
Provò un irresistibile desiderio di gettarsi da quello strapiombo, voleva immergersi in quel mare e non riaffiorare mai più.
Eppure quel nero le ricordava anche qualcos’altro, una sensazione antica, un senso di pericolo che aveva dimenticato da molto tempo.
Un lungo brivido, procurato da un’improvvisa vertigine, la costrinse a chiudere gli occhi.
Il suo petto si alzava e si abbassava concitatamente, mosso da un profondo affanno.
Lentamente la tachicardia rallentò e il suo cuore ricominciò a battere con un ritmo regolare.
Un sottile alito di vento le solleticò le braccia; la pelle diafana lasciata scoperta dal mantello s’increspò e rispose al leggero tocco.
L’alito era come un respiro sulla pelle. Il soffio di un amante che lusinga l’oggetto del suo desiderio.
Ginny sospirò, voleva godersi fino allo stremo le attenzioni che il vento le riservava.
Quando le sfiorò il collo, le sue labbra si socchiusero in un debole gemito.
Una dolce memoria cullò i suoi pensieri. Dall’ombra del passato riaffiorò una piccola luce. In quella luminescenza c’era una ragazzina dall’aria stanca. Era distesa su un letto di lenzuola candide, reggeva in mano un vecchio libro e ne accarezzava la copertina.
E poi la verità la colpì come un masso che impatta le onde dopo un volo a precipizio dalla scogliera.
Aveva già sentito quel sibilo sulla pelle e la sua memoria le aveva mostrato l’attimo in cui era riuscita a percepirlo per la prima volta.
L’alito lascivo che sentiva sulla sua pelle era il suo respiro.
Il respiro di Tom Riddle.
Quell’oceano di smeraldo non erano gli occhi di Harry, ma le iridi profonde di Tom.
Le onde nere erano quelle dei capelli scuri dell’erede di Serpeverde.
Il vento cominciò a insinuarsi tra le pieghe del suo mantello, a soffiare sempre più forte. Si attorcigliava attorno al suo corpo con le sue spire pericolose, lo sentiva strisciare sulla sua pelle e avviluppare intimamente il suo stomaco. Quell’aria effimera acquisì sempre più consistenza, fino a compattarsi attorno al suo esile corpo.
Ginny aprì gli occhi di scatto.
Due braccia forti la stringevano in vita e la bloccavano contro un solido torace.
Il sibilo si tramutò in una debole risata.
Il vento parlò, e il suono del vento era il suono della sua voce.
 
Ginevra…
 
La ragazza scosse il capo con disperazione. Non voleva sentire oltre. Cominciò ad agitarsi e ad ansimare.
Sfuggire da quella presa salda era impossibile, si divincolava con tutte le sue forze ma non riusciva a liberarsi.
Il vento la sferzò con un sibilo deluso. Le braccia attorno al suo corpo svanirono e Ginny fu nuovamente sola.
Ginny si voltò lentamente, timorosa di percepire con la vista ciò che fino a quel momento aveva soltanto stimolato il suo udito e il senso del tatto.
Le sue preoccupazioni si trasformarono in una triste realtà, non appena posò gli occhi sul ragazzo che le sorrideva a pochi passi da lei.
Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto quel sorriso e Ginny ricordò quanto fosse meraviglioso e disarmante. Le labbra carnose di Tom si curvavano in un ghigno sghembo. Ciò che l’aveva sempre colpita era la fierezza che ostentava, ma in quella superbia si poteva scorgere un pizzico di tristezza mal celata.
Ginny non sapeva dare una spiegazione alla presenza di Tom. Ogni centimetro del suo corpo aveva una consistenza terrena, ma se si guardava con attenzione, si poteva vedere oltre la sua figura, l’erba mossa dal vento.
Ginny scosse la testa e il sorriso di Tom si eclissò.
 
Perché mi respingi?
 
Ginny richiuse gli occhi di scatto; strinse forte le palpebre e sperò di essere sola quando le avrebbe riaperte. Il suo fu un vano tentativo, lui era sempre là e le sorrideva, pieno di aspettative.
« No! Tu sei morto! Vattene! »
Tom fece un passo verso di lei.
 
Non sono mai morto per te, vero, Ginevra?
 
Non riuscì più a parlare, Ginny muoveva le labbra ma i suoni si rifiutavano di uscire. Aveva l'intenzione di urlargli quanto si sbagliasse, voleva riversargli addosso tutto l’odio che aveva covato per anni, ma non ce la fece.
Tom mosse un altro passo nella sua direzione.
 
Tu mi hai riportato qui. Ero soltanto una reminescenza, ma i tuoi ricordi mi hanno dato nuova consistenza. Hai ricordato i miei occhi, il mio respiro… me.
 
Ormai i loro corpi erano a pochissima distanza l’uno dall’altro. Per toccarsi sarebbe bastato che uno dei due alzasse una mano.
Ginny non riusciva ad allontanare lo sguardo da lui. Era rapita dai lineamenti scolpiti ma allo stesso tempo dolci di Tom. Le sopraciglia scure decoravano finemente i due pozzi smeraldini che brillavano di sagacia, il naso dritto si stagliava fiero sui suoi zigomi alti e nobili. La linea dura della mascella incorniciava perfettamente le sue labbra carnose.
 
Il tempo della lontananza è giunto al termine. È arrivato il momento di ricongiungerti a me. Svegliati Ginevra… svegliati… svegliati…
 
La voce profonda del ragazzo la riportò alla realtà. Si rese conto di quanto le fosse vicino, troppo vicino. Tom protese le braccia per attirarla verso il suo corpo.
Ginny sussultò e fece un passo indietro ma non trovò la terra a sorreggerla. Sotto di lei c’era soltanto il vuoto lasciato dal precipizio.
Chiuse gli occhi e attese l’impatto con le onde che l’avrebbero inghiottita. Quel contatto brusco, tuttavia, non arrivò; non si sentì avviluppare dall’acqua scura.
La superficie che aveva urtato era dura e asciutta.
Ginny non aveva il coraggio di aprire gli occhi, era confusa e frastornata; nelle sue orecchie rimbombava ancora la voce invitante di Tom.
 
Svegliati…
 
Si sentiva stringere alla vita, eppure il ragazzo non era precipitato assieme a lei.
Si concentrò per alcuni secondi e calmò il suo respiro, poi cominciò a tastare con le mani il terreno sotto di sé. Era liscio ma presentava delle piccole imperfezioni, simili alle venature della corteccia.
Si fece coraggio e aprì gli occhi. Nella penombra distinse chiaramente le sagoma di due letti e un grosso armadio a muro.
La sua guancia era appoggiata al pavimento di legno della sua stanza, nella torre di Grifondoro.
Era a Hogwarts.
La stretta alla vita era provocata dalle lenzuola che si erano attorcigliate malamente attorno al suo corpo.
Si liberò da quella stretta e si rialzò. Toccò la sua camicia da notte, poi toccò la testiera del suo letto; voleva assicurarsi che il mondo attorno a lei fosse reale.
Si accorse immediatamente che qualcosa non andava, c’era qualcosa di diverso.
Tutto ciò che toccava, che vedeva e che percepiva, era fin troppo nitido e reale.
Ginny portò le piccole mani affusolate sul capo e strinse i suoi capelli ramati.
Più si sforzava di capire cosa ci fosse di sbagliato nel mondo attorno a lei, più si rendeva conto che quel qualcosa che non andava era dentro di lei.
Non provava le sensazioni di chi si risveglia dal sogno di una notte, si sentiva come se si fosse risvegliata dopo un sonno durato qualche secolo.
Tutti i suoi ricordi precedenti quella notte apparivano sfocati. Ginny cercava di ricordare ma vedeva solo un mondo ovattato, come se stesse osservando tutto da oltre un vetro.
Non tutti i ricordi erano così vaghi, soltanto gli avvenimenti dopo il suo primo anno a Hogwarts…dopo l’incidente con il diario.
Ginny non capiva, era come se avesse dormito per circa cinque anni e si fosse svegliata all’improvviso.
Per cinque anni aveva vissuto accanto alla sua famiglia, ai suoi amici e a Harry; lo ricordava, ma capì immediatamente che quella ragazza non era la vera Ginny. Si era lasciata trascinare dagli eventi senza reagire. Perché ora percepiva tutto più chiaramente?
Cosa l’aveva destata dal suo sonno?
C’era qualcosa, però che la sconvolgeva ancora di più. Il sogno di quella notte non era stato soltanto strano, ma era anche stato il suo primo sogno da molto tempo. Ginny non aveva più sognato, dopo che il diario era stato distrutto. Non era più riuscita a rilassare la mente e a dormire con serenità. Non riuscì però a capire se l’assenza di viaggi onirici fosse veramente tale o fosse lei che non era mai riuscita a ricordare, una volta sveglia. La memoria offuscata di quel periodo della sua vita le impediva di dare una spiegazione.
S’inginocchiò a terra e abbassò il capo, era affranta e confusa.
Qualcosa attirò il suo sguardo.
Accanto al suo piede c’era un oggetto scuro e sgualcito.
Ginny strinse le palpebre per mettere a fuoco, ma quando capì cosa giaceva accanto a lei, si ritrasse come un gatto immerso nell’acqua gelida.
Il diario di Tom Riddle la osservava.
Ginny poteva comprendere chiaramente la bramosia che quell’oggetto provava nei suoi confronti, e quella brama risvegliava in lei l’ossessione e la voglia di possederlo.
Una piccola goccia di liquido caldo solcò i lineamenti gentili del suo viso.
Raccolse con un dito la lacrima e la osservò. Non si era nemmeno accorta che stava piangendo.
Una crudele ansia cominciò a scuoterle il petto e la trascinò in un pianto disperato, quasi isterico.
 
Ginevra…
 
Di nuovo la sua voce calda. Il diario la chiamava. Ginny sentiva che la voleva. Lui la voleva.
Istintivamente si protese verso il libro. La sua mano si fermò a pochi centimetri dalla copertina slabbrata.
Sentì un piacevole formicolio alla mano. Un sottile filo di elettricità partiva dal diario e le accarezzava la pelle.
Era inutile lottare contro lo struggimento che la animava.
Rassegnata, raccolse il diario e se lo strinse al petto, come si farebbe con un vecchio amico di cui si è sentita particolarmente la mancanza.
Lo guardò a lungo e percorse tristemente con lo sguardo i bordi del buco lasciato dalla zanna di Basilisco.
In quel punto Harry aveva affondato il colpo fatale, che aveva messo fine a ciò che lei, inconsapevolmente, aveva cominciato.
L’inchiostro, fuoriuscito come sangue da quella ferita, aveva lasciato un macabro alone nero sulla copertina di pelle.
Ginny si chiese se in quelle pagine ingiallite ci fosse ancora una qualche traccia di lei e di ciò che vi aveva scritto all’interno.
Toccò i bordi lacerati dello squarcio, ma non riuscì a proseguire oltre e ad aprire il diario.
Una luce verdognola si dipanò dal foro e inondò tutta la stanza. Tutto intorno a lei fu colpito dalla luminescenza e divenne sempre più indistinto.
Ginny si sentì trascinare da quel fascio abbagliante. La tirava verso il basso come le mani di un bambino, che vogliono richiamare a sé il corpo confortante della madre.
La luce era talmente forte da impedirle di vedere e quindi di reagire. Il suo corpo e la sua mente precipitarono in un vortice di particelle scintillanti. 

 

   
 
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