Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |      
Autore: izayoi007    03/05/2011    2 recensioni
"...- Sas’ke…- lo chiamò piano. Questi non diede segno di averlo sentito, semplicemente fece qualche passo avanti, si chinò e prese faticosamente fra le braccia il corpo dell’amico. Silenziosamente, se lo caricò in spalla e, come se niente fosse, cominciò a camminare in direzione del villaggio, incurante del sangue di Naruto che gli impregnava sempre di più la divisa da jonin..."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
qqq

Capitolo 1. “Losses”

 

 

 

 

 

“…Mama, life had just begun
But now I've gone and thrown it all away
Mama, ooo
Didn't mean to make you cry
If I'm not back again this time tomorrow
Carry on, carry on, as if nothing really matters…
…Too late, my time has come
Sends shivers down my spine
Body's aching all the time
Goodbye everybody - I've got to go
Gotta leave you all behind and face the truth…”

[From “Bohemian Rhapsody”- Queen -]

 

 

                 

 

 

 

Quand’era bambino, prima che la consapevolezza del suo futuro ruolo in quel mondo, e prima che il peso di ciò che questo comportava gli gravasse sulle spalle come il macino più grosso mai visto al mondo, aveva sempre pensato che il rosso fosse un colore meraviglioso.
Il rosso era il sole del colore al tramonto, delle rose, delle labbra di una donna – di sua madre all’epoca – o del fuoco del camino di casa. Insomma, lo aveva sempre associato a qualcosa di positivo.
Poi, con il passare del tempo, la crescita e ciò che essa comportava, gli impegni e la realtà cominciarono a farsi veri, reali e concreti. Non più qualcosa che avrebbe dovuto affrontare solamente “dopo”.
Si faceva sentire il peso della responsabilità che il suo ruolo di ninja e di genio esigevano; così, improvvisamente, la sua opinione personale e il suo modo di vedere la realtà cambiarono brutalmente.
Quando suo padre morì, e lui lo trovò lì, sul pavimento della cucina, dopo essersi tolto la vita per la vergogna, gli fu impossibile non associare il colore rosso al sangue che circondava il suo corpo privo di vita.
E fu lo stesso quando il sangue di Obito schizzò sulla superficie rocciosa dei massi che l’avevano travolto e ucciso. Oppure quando vide il viso del suo maestro impallidire, mentre il sangue defluiva rapidamente e il suo corpo diventava sempre più freddo e privo di vita, dopo aver sigillato Kyuubi.
E fu così anche tutte le volte che un compagno o una persona cara, o chiunque altro, moriva davanti a lui.  
D’improvviso, il rosso non fu più qualcosa di caldo e rassicurante, divenne qualcosa che odiava; non era più il colore del sole al tramonto, o delle rose, o delle labbra di una donna, o ancora del fuoco del camino di casa.
Tutto ciò che era stato fino ad allora, di colpo, non lo fu più. Divenne solamente rosso sangue. 
La sua repulsione tornò viva, a tormentarlo, negli occhi di Sasuke, il suo allievo prediletto, quando venne preso di mira da Orochimaru, e in quelli di Naruto, figlio del suo amato maestro, tutte le volte che perdeva il controllo e si lasciava andare alla furia cieca di Kyuubi.
Anche in quell’esatto momento, come sempre, forse ancor di più, odiò il rosso, e l’unica associazione che gli perforava il cervello era quella con il sangue.
Mentre fissava, pallido e incredulo, il corpo senza vita del suo allievo biondo, ai suoi piedi in un lago di sangue, Sakura che piangeva disperata, tentando di rianimarlo, e Sasuke che, in piedi come lui, fissava il suo migliore amico senza nemmeno vederlo davvero, perso in chissà quale doloroso mondo di desolante angoscia, non poté fare a meno di fare, ancora una volta, quell’associazione mentale spontanea.
E nonostante non fosse la prima volta, nonostante non fosse il primo, come tutte le volte, non riusciva ad evitare di esserne travolto, devastato dalla rabbia e dalla frustrazione e dall’angoscia dettata dalla perdita.
Era come essere continuamente sbattuto a terra da un pugno in pieno viso e rialzarsi ogni volta, protendendosi in avanti per riceverne ancora.
Oggi poi, fa ancora più male; Naruto è – era – così cresciuto che ormai era quasi identico al padre, indi per cui, fu come rivedere la morte di Yondaime - del suo maestro, del suo eroe - per la seconda volta. E il sapere di non essere riuscito a impedirlo ancora, per la seconda volta, rese il tutto più doloroso e frustrante.
Ed ora che anche Naruto era diventato un po’ come un altro eroe, per lui e per tutti i suoi amici, si sentii ancora peggio.
Ingoiò il groppo che gli si era bloccato in gola e inspirò, cercando di non tremare. Abbassò lo sguardo e si avvicinò a Sakura, tentando di allontanarla, visto che, non volendo accettare la realtà, la ragazza si ostinava a immettere chakra nel corpo del compagno.
La afferrò per la vita e cominciò a tirarla verso di sé. Com’era prevedibile, Sakura si ribellò, cominciando a scalciare e dimenarsi.
- Mi lasci! Kakashi-sensei, che fa?! Mi lasci! Se non lo curo, Naruto morirà! – cominciò a gridare, isterica. Lui serrò le labbra sotto la maschera e lanciò un’occhiata al cadavere sotto di loro.
- Sakura, calmati! – tentò pacato, aumentando  lievemente la presa sulla ragazza – Ormai è inutile, non c’è più nulla da fare! Naruto è morto! -. A quell’ultima frase, Sakura si bloccò di colpo con gli occhi sbarrati. Poi, come se la consapevolezza di quello che era la realtà, l’avesse colpita solo in quel momento, si voltò e, aggrappandosi con quanta più disperazione fosse possibile, al suo sensei, incominciò a piangere sempre più forte, tremando e singhiozzando così tanto che per un attimo Kakashi temette che avrebbe smesso di respirare e gli sarebbero venute le convulsioni. Gli si stringeva addosso con tanta angoscia, che le sue mani erano sbiancate a tal punto da far scorgere la muscolatura e le ossa al di sotto di esse. 
Non voleva essere così brutale, solitamente sapeva essere più “diplomatico”, ma in quel momento era talmente sconvolto anche lui che nella sua testa si affollavano pensieri tutt’altro che eloquenti.
Voltò lo sguardo verso l’altro suo allievo; Sasuke ora non stava fissando più Naruto, aveva il capo chino e i capelli della frangia gli nascondevano il viso.
- Sas’ke…- lo chiamò piano. Questi non diede segno di averlo sentito, semplicemente fece qualche passo avanti, si chinò e prese faticosamente fra le braccia il corpo dell’amico. Silenziosamente, se lo caricò in spalla e, come se niente fosse, cominciò a camminare in direzione del villaggio, incurante del sangue di Naruto che gli impregnava sempre di più la divisa da jonin.

 

 

 

Tre giorni dopo, si svolsero i funerali.
Tutti gli amici più cari di Naruto erano lì, tristemente riuniti per dare il loro ultimo saluto al giovane ninja biondo. C’era chi ancora piangeva, come Sakura, Hinata, Ino e persino Shizune, e chi si limitava a fissare tristemente la tomba, ancora incredulo. Chi ascoltava il discorso stentato di Tsunade – anche lei, per quanto fosse una donna forte, faticava a non piangere -, e poi chi, come Sasuke, aveva lo sguardo perso nel vuoto e fisso, o chi, come Kakashi, gridava in silenzio, con lo sguardo, il proprio dolore.
Durante tutto il funerale, la mente dei tre membri rimasti del team7, continuava a rivivere le scene che pochi giorni prima avevano visto Naruto, come protagonista della disgrazia.
Fu doloroso ricordare, ma non poterono farne a meno. Ognuno di loro riviveva quegli istanti e continuava a tormentarsi con i classici ragionamenti di chi ha il cuore tormentato dal rimorso.

“Avrei potuto fare qualcosa? ”

“ E se avessi…? ”

“ È stata colpa mia. Se solo non…! ”

Ma era ovvio che tutti quei loro dubbi non avrebbero mai trovato risposta, e loro avrebbero perseguito a tormentarsi a vita, affannandosi nel tentativo di trovarne.
Dopo tutto, come si suole dire “con i se e con i ma, la storia non si fa”. Ad ogni modo, la natura umana è ben strana; pur sapendolo, loro non avrebbero mai smesso di porsi domande.
Nelle loro menti già provate, avrebbero continuato a rivedere Naruto lanciarsi per difendere Sakura e farle da scudo con il proprio corpo, nel tentativo di impedire al ninja nemico di ucciderla. Ed alla fine, era morto lui. La ferita era troppo grande e troppo profonda perché Kyuubi o Sakura riuscissero a rimarginarla in tempo, e seppur tutti loro continuavano a domandarsi se avrebbero in qualche modo potuto evitarlo, la risposta era sempre no, non avrebbero potuto farlo.
Sembrava una morte banale, per uno che anni addietro aveva sconfitto il leader dell’Akatsuki e che fino a qualche giorno prima era un jonin pieno di sogni e speranze, come il resto dei giovani della sua generazione. Ma tutti loro sapevano che non la era stata. Quella era una missione di livello S, ad alto rischio, e il ninja loro avversario era forte, molto. Sakura era in pericolo, era il ninja medico e Naruto aveva svolto il suo dovere, difendendola ( anche se in realtà, molto probabilmente, l’aveva fatto per un motivo che andava al di là di questo. Avrebbe sicuramente fatto lo stesso con Sasuke o Kakashi).  
Non era colpa di nessuno, lo sapevano, ma ognuno di loro non poteva fare a meno di attribuirsi la responsabilità di quando successo.
Un’altra faccia del villaggio, però, quella che faceva parte della vecchia generazione, se non stava festeggiando era solamente per non incorrere nelle ire dell’Hokage, altrimenti si sarebbero sicuramente lasciati andare alla gioia dell’essersi finalmente liberati di Kyuubi.

 

 

 

Nei giorni successivi, tutto tornò più o meno alla normalità.
Il dolore e il lutto per la perdita erano ancora freschi, ma la vita doveva andare avanti, anche se così non fu per tutti.
Sakura si chiuse in casa e non ne uscì più, se non per stretta necessità.
Sasuke non faceva altro che allenarsi, andare in missione e cercare di far finta che quanto era successo non l’avesse turbato più di tanto.
Cercava di auto convincersi che Naruto era solo un idiota e che a lui non interessava minimamente se era morto. Eppure, quando ci ripensava – sempre – non poteva fare a meno di serrare i pugni, e le palpebre e prendere a pugni la prima cosa che gli capitava sotto tiro.
Kakashi guardava i suoi due allievi distruggersi e lasciarsi andare allo sconforto, sempre di più, senza sapere come fare per farli risalire la baratro profondo in cui erano sprofondati.
Avrebbe voluto tendere una mano e aiutarli a riemergere, il problema era che quella mano sembrava non raggiungerli mai.
Andava ogni giorno a trovare Sakura e cercava in ogni modo di confortarla come poteva, ma nulla pareva scuoterla più di tanto. Supervisionava costantemente gli allenamenti di Sasuke, ma il giovane Uchiha, non sembrava neppur voler accettare il proprio dolore.
Lui stesso, in fondo, si sentiva palesemente tormentato e, seppure avesse affrontato quell’esperienza diverse volte, non vi era in alcun modo qualcosa che potesse impedirgli di soffrire ad ogni dannata occasione.
Eppure lo sapeva: erano ninja, la loro vita era costantemente in pericolo. Le perdite erano inevitabili e non poi troppo rare.
Questo si disse quel giorno mentre, guardando Sasuke martoriare una povera pianta con le sue tecniche di fuoco, tentava di trovare le parole giuste da dire al suo allievo per farlo uscire da quella nicchia di dolore solitario in cui si era rinchiuso.
- Cosa ti ha fatto di male quella povera pianta, Sasuke? Di questo passo ridurrai l’intera foresta ad un mucchietto di cenere! – tentò di scherzare, bonario.
Sasuke gli rivolse un’occhiata neutra e poi riprese da dove si era interrotto.
Kakashi sospirò e si preparò ad affrontare il discorso.
- Sasuke, hai fatto abbastanza, per adesso. Fai una pausa. – finse di concedergli, ma il moro mugugnò un  “non ancora” e proseguì, imperterrito. Ma per Kakashi era quello il momento, indi per cui lo afferrò per un braccio e lo costrinse a fermarsi.
- Ammazzarsi di lavoro non lo riporterà in vita, Sasuke. – constatò diretto.
Il moro lo fissò con astio, quasi l’avesse offeso.
- Di che sta parlando? – fece, fintamente ingenuo – Mi sto comportando come al solito, il dobe non centra. – puntualizzò, punto sul vivo. Kakashi fece una smorfia ed un gesto vago con la mano.
- Non prendermi in giro. – lo rimproverò – Sappiamo entrambi che stai soffrendo per la morte di Naruto e che sfoghi il dolore fra allenamenti e missioni. -.
Un lampo di dolore attraversò gli occhi del più giovane, che voltò il capo, stizzito.
- Ragazzo, è del tutto normale soffrire per la perdita di qualcuno che ci è caro. Naruto era un tuo compagno, ed il tuo migliore amico, non è necessario che ostenti indifferenza quando il tuo animo affoga nel dolore. È inutile e deleterio. – disse, con tono pacato e una mano appoggiata sulla sua spalla.
Sasuke abbassò lo sguardo. Rimase qualche istante in silenzio, dopodiché, trasse un profondo sospiro.
- Vorrei rimanere solo. – annunciò a voce bassa. Il maestro annuì e fece per allontanarsi, ma prima di abbandonare del tutto quel luogo, Kakashi fu sicuro di aver intravisto un bagliore argentato brillare al riflesso con il sole, sulla guancia del suo allievo.

 

 

 

 

 

 

Sangue.
C’era tanto sangue, tutt’intorno a lui. Ne aveva persino sulle mani e sui vestiti, e non capiva da dove venisse.
Strofinò fra loro le mani, nel tentativo di levarlo, ma il rosso sui suoi palmi e sulle dita sembrava aumentare sempre di più, anziché sparire. Cominciò a sfregare con sempre più foga e disperazione, e fu allora che si svegliò urlando.
Inspirò ed espirò più volte, nel tentativo di regolarizzare il respiro accelerato. La fronte era madida di sudore e aveva gli occhi sgranati e sconvolti. Persino le lenzuola del suo letto erano umide.
Si passò una mano sul viso, cercando di riprendersi; era una settimana, ormai, che faceva sempre lo stesso maledetto incubo, tutte le notti.
C’era tutto quel rosso, tutto quel sangue. Gli sembrava che nella sua vita non vi fosse altro colore che quello, a perseguitarlo.
Si alzò e si rivestì in fretta, deciso a non addormentarsi più. Afferrò il giubbetto da jonin ed uscì; magari una passeggiata notturna gli avrebbe schiarito le idee.
A passo lento, attraversò tutto il villaggio e così, quasi inconsciamente, si ritrovò davanti alla tomba di Naruto.
Con una certa sorpresa, notò la sagoma di Sasuke, ritta in piedi davanti alla lapide.
Sembrava, dall’intensità con cui fissava la lapide, quasi che volesse perforarla con il solo sguardo. Comprese poi, dalla leggere ruga d’espressione e la fronte impercettibilmente aggrottata, che doveva solamente essere particolarmente turbato.
Si avvicinò silenziosamente, per non disturbarlo, anche se sapeva sarebbe stato inutile. Infatti, quando gli fu pressoché a fianco, senza nemmeno voltarsi, il moro esordì dicendo:
- Questa notte l’ho sognato. Non è la prima volta, - gli confidò, e non fu necessario chiarire a chi si stesse riferendo. Però era strano: non era il tipo da aprirsi così… Probabilmente la questione lo turbava parecchio.
- È una settimana che mi capita. Se ne sta lì, davanti a me, completamente ricoperto di sangue e mi chiede continuamente di aiutarlo. So che non si riferisce al fatto di salvargli la vita…è qualcos’altro, ma quando è sul punto di rivelarmi di che si tratta, mi sveglio. -.
Kakashi non seppe che dire, erano più o meno nella stessa situazione: entrambi facevano sogni rosso sangue quindi, semplicemente, tacque.  
- Probabilmente è dovuto solo al dolore della perdita – constatò, razionale, dopo un po’.
Sasuke si limita ad un breve e lento cenno di assenso con il capo, pensoso.
Vi fu qualche altro minuto di silenzio, poi il maestro riprese la parola.
- Come sta Sakura? – chiese, pacato. Sasuke fece spallucce: non la vedeva dal giorno del funerale.
- Mh, capisco…-. Entrambi non erano uomini loquaci. Solitamente era Naruto a controbilanciare il loro mutismo con il suo entusiasmo e la sua parlantina.
- Beh?! Siete proprio due musoni! Ah! Si vede che manco io! -. Ecco appunto, avrebbe detto proprio qualcosa del gen…ehi! Cosa diavolo…?!
Entrambi, al suono di quella voce, si voltarono velocemente, e quando ebbero inquadrato di chi si trattasse, non poterono fare a meno di ritrarsi, shockati.
- Salve, Kakashi-sensei! Sas’ke! È un pezzo che non ci si vede! -. Il più grande spalancò l’unico occhio visibile, atterrito, e lo puntò fisso sull’uomo davanti a sé.  Questi sorrideva impacciato, con una mano poggiata dietro la nuca.
- Naruto, tu…com’è possibile?! Tu dovresti essere…-
- Morto? Sì, lo so. -. Ci fu qualche istante di silenzio, in cui Kakashi continuò a spostare lo sguardo dal biondo alla lapide, sempre, più pallido e sconcertato. Sasuke, semplicemente, fissava il biondo con gli occhi lievemente sgranati.
- Non puoi essere Naruto! – sbottò d’un tratto, con aria seria e vagamente irritata – Credi davvero di poterci prenderci in giro?! Se questo è uno scherzo, è di cattivo gusto!  Dimmi chi sei, prima che ti faccia pentire di esserti preso gioco di noi! -. Nel mentre, portò cautamente una mano al kunai all’interno del suo marsupio e Kakashi fece altrettanto.
- Oh! Oh! Calma, sono io, Sas’ke! Non mi riconosci? Ammetto che è un po’ strano, ma sono io, Naruto! -. Il moro emise una specie di ringhio e strinse ancor di più la presa sull’arma; era evidente che non gli credeva.
Il sensei si fece avanti ed pose cautamente un braccio davanti all’Uchiha.
- Calma, Sasuke, - lo riprese, poi si volse verso il biondo – se sei davvero tu, Naruto, mi spieghi come fai ad essere qui? -. Anche se il suo tono era controllato, una nota d’ansia tradì lievemente la sua ostentata sicurezza.
Quello scosse il capo in risposta e scrollò le spalle.
- Non ne ho idea! – ribatté, con aria sinceramente confusa – Insomma, io ero…ehm…morto! Non so come faccio ad essere qui! L’unica cosa che so, e che non posso andarmene. Mi sento…come dire…come se mi mancasse qualcosa…-.
- Spiegati meglio. – lo incitò l’altro.
- Sì, ecco…è come se mi fossi dimenticato qualcosa, qualcosa di molto importante e non potessi andarmene se prima non la ottengo! Solo che non ricordo cosa! – rispose angosciato.
- Fammi capire: non puoi “riposare in pace” perché c’è qualcosa nel nostro mondo che ti tiene legato ad esso e non potrai andartene fin quando non l’avrai capito e non te lo sarai procurato? -. Naruto annuì vigorosamente.
- Solo tu potresti essere così idiota, perciò non puoi essere altri che Naruto. – sospirò Sasuke, e finalmente convinto, lasciò andare la presa sul kunai. Anche Kakashi si ritrovò a concordare con le sue parole, indi si rilassò.
Era evidente che entrambi, specialmente Sasuke, erano molto turbati da quello strano avvenimento, però, al contempo, molto felici di poter rivedere il compagno.
- Ehi, teme! Non ti permettere di insultarmi! – gridò Naruto. Ed anche lui, dalla luce che illuminava il suo sguardo, lo sembrava.
- Tsk! Mi permetto eccome, usuratonkachi! -. E siccome entrambi non erano soliti dimostrarsi affetto a vicenda con parole o gesti gentili, lo dimostrarono nel loro solito modo: litigando.
Continuarono così per qualche minuto, ormai però, l’alba stava sorgendo e i tenui raggi mattutini cominciarono ad illuminare il paesaggio tutt’intorno a loro. Fu a quel punto, nel momento in cui entrambi sembrano aver quasi accettato la cosa e Naruto stava per dir loro cosa supponeva, gli mancasse, che scomparve. Proprio come nei sogni di entrambi.

 

 

 

Salve, gente! Come state? Sì, è parecchio tempo che sono sparita dalle scene di EFP. Chiedo venia a tutti coloro che stanno seguendo le mie storie e vi avviso che sto cercando di porre rimedio alla mia mancanza pubblicando nuove storie ( in giacenza nel mio computer da tipo due anni…) e aggiornando le vecchie, possibilmente per concluderle. Spero mi seguirete con lo stesso calore dimostrato in precedenza o che siate pronti, nel caso in cui non abbiate mai letto nulla di mio, ad accogliermi in un angolino dei vostri interessi legati alle storie di EFP.  Saluti, Izayoi007

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: izayoi007