Film > Altro
Segui la storia  |       
Autore: sistolina    03/05/2011    1 recensioni
Fanfiction ispirata al film The Dreamers - I Sognatori di Bernardo Bertolucci.
Dieci anni sono passati dagli avvenimenti del film: Matthew è diventato uno scrittore famoso pubblicando un libro sulla sua esperienza a Parigi e non sa più nulla di Isa e Theo, ma il caso vuole che sia invitato proprio a Parigi per presentare il suo libro.
Una volta lì capisce che, forse, è venuto il momento di concludere quella storia...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Dead Walkers


Non c’è travestimento che possa alla lunga nascondere l’amore dov’è, né fingerlo dove non è.
(François De La Rochefoucauld)


Te l'avrei succhiato anche gratis – sorrise l'altro ripiegando lentamente le banconote che gli aveva appena dato. Notò che aveva un sorriso giovane, troppo giovane per uno che faceva le marchette all'angolo della strada. Troppo giovane per chinarsi di fronte a vecchi porci lascivi nei vicoli puzzolenti. Troppo giovane per guardarlo in quel modo, come se avere incontrato lui, quella notte, fosse un regalo gradito. Non avrebbe dovuto esserlo.
Quanti anni hai? - gli chiese estraendo una Gauloises senza filtro dalla tasca posteriore dei jeans. Il ragazzo lo fissò interdetto, i grandi occhi azzurri dilatati per la paura. Si passò nervosamente una mano fra i capelli biondo paglierino, lunghi fino alle orecchie, fin troppo puliti per uno che faceva quella vita
Cosa sei? Uno sbirro? Sono maggiorenne e vaccinato. Vuoi vedere i documenti? - lo sfidò.
Theo aspirò una generosa boccata di fumo e lo fissò. Troppo giovane e basta.
Easy tiger – non si era nemmeno reso conto di aver parlato inglese. Conosceva il perché, esattamente come la pianta sa sempre dove si trova il sole. E sfidò la natura stessa di quel pensiero, ricacciandolo indietro caparbiamente – Non ti scaldare, era solo per sapere – gli porse il pacchetto, e il ragazzo estrasse due sigarette. Ne tenne una fra le labbra mentre infilava distrattamente l'altra dietro l'orecchio. Un anellino di quello che sembrava argento gli brillò al lobo. Troppo giovane.
Diciannove, venti fra una settimana – vent'anni. Cristo, ricordava ancora perfettamente la sensazione. Il potere, la fame, il bisogno di avere tutto, subito, ancora prima di chiederlo. Quel ragazzo, malgrado tutto, poteva permettersi di guardare dall'alto in basso chiunque, anche lui. Poteva prostituirsi per il motivo che voleva, anche se dubitava fossero i soldi, ma era comunque lui a vincere. Ogni volta che un quarantenne frustrato, un cinquantenne arrapato, un sessantenne disperato si avvicinava a lui, lo abbordava, lo pagava, lo guardava, lui vinceva. Vinceva perché era giovane, era bello, era vivo, e lo sarebbe stato malgrado tutto, malgrado il sesso a pagamento, malgrado lo schifo o l'umiliazione, lui aveva tempo. Non c'era sofferenza al mondo che valesse quel tempo.
Eppure lui, Theo, aveva dimenticato quanto potesse essere bello. Aveva dimenticato quanto potesse essere prezioso. Aveva dimenticato ogni cosa da quando lei se ne era andata. Perfino a vivere.
Come diavolo fai a fumare questo schifo? -
Spero mi ammazzi presto – ribatté semplicemente soffiando via il fumo.
Come ti chiami? - Theo sollevò un sopracciglio
Vuoi inciderlo su un albero in un cuore? - il biondo rise, di una gentile innocenza che non avrebbe dovuto appartenergli. Così lontana da lui, così vera che gli fece sentire freddo sulla spina dorsale. Aveva mai riso così lui?
No, voglio mandarti un biglietto d'auguri a Natale – si strinse nelle spalle – io mi chiamo Julien – un'auto accostò al marciapiede e strombazzò; una manciata di ragazzi, dall'aspetto troppo giovane anche per poter entrare in un bar, si avvicinò ammiccando alla portiera del passeggero. I due, appoggiati all'incrocio del vicolo, lanciarono un'occhiata distratta al guidatore che si guardava febbrilmente intorno – un verginello – dichiarò Julien spegnendo la sigaretta contro la fredda pietra del muro dietro alle sue spalle – non sa chi scegliere, ha paura degli sbirri, probabilmente stasera farà cilecca per la tensione – sogghignò guardandolo fisso negli occhi – tu hai l'aria di uno che bazzica qui spesso invece – Theo inspirò
Ognuno ha i suoi hobby -
Sei sposato – non era una domanda – tua moglie lo sa? - stava decisamente cominciando a fare troppe domande
Non c'è niente da sapere. Faccio quello che mi piace, non ha niente a che fare con lei – Theo non era mai a disagio. Era una cosa che non lo toccava. Non era mai stato a disagio, nemmeno quando Isabelle lo aveva costretto a masturbarsi davanti a lei e Matthew, nemmeno quando li aveva sentiti fare l'amore a pochi metri da lui, quando aveva sentito la verginità di sua sorella strappata via da un americano idealista con gli occhi più grandi che avesse mai visto. Mai.
Chi riguarda allora? Da chi scappi? - quella era la prima volta che si sentiva così, come se qualcosa che non era imbarazzo, confusione o senso di colpa, ma li era tutti insieme, gli solleticasse il petto. Lo era perché il suo viso era apparso fra i suoi pensieri con una naturalezza così disarmante da seccargli la bocca. Aveva vinto alla fine il bastardo. Contro ogni logica razionale si era preso quello che voleva. Malgrado i suoi tentativi, e Isabelle, il dolore, la disperazione e la colpa; malgrado la rabbia e Theo, malgrado la stessa natura umana, Matthew aveva vinto.
Theo sogghignò...aveva vinto, e non lo avrebbe mai saputo.
Si voltò verso il ragazzo senza smettere di sorridere, senza sapere nemmeno il perché stava lasciando che lui vedesse il fondo di quello che i suoi occhi dicevano. Semplicemente gli permise di guardare la dolorosa consapevolezza di un uomo che dell'incoscienza aveva fatto la propria ragione di vita. Ma lui era tornato, e a poco valeva aggrapparsi all'umanamente intelligibile. Non c'era niente. Prima di lui. Dopo di lui. Nemmeno lei.
Aspirò una feroce boccata di fumo, la trattenne finché non sentì la testa leggera, e la lasciò uscire assieme ad un sospiro liberatorio.

David si aggrappò con le dita esangui al lenzuolo, e si afflosciò sul materasso con un sorriso appagato e gli occhi chiusi. Matthew si lasciò cadere stancamente accanto a lui, afferrando un bicchiere d'acqua ghiacciata sul comodino; ne bevve un lungo sorso, poi osservò una goccia scivolargli lungo il petto, giù, fino all'ombelico. La guardò scorrere come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto, mollemente acciambellato in se stesso e nella consapevolezza, appiccicosa e calda, del resto della sua vita.
Era andata così, David l'aveva perdonato: si era incazzato come mai in vita sua, gli aveva tirato contro un vaso di fiori orribile, e terminata la sua scena madre era scoppiato a piangere disperatamente, abbracciandolo. Matthew si era sentito una merda, non tanto per come lo aveva lasciato, ma per come stava tornando a riprenderlo, come se non avesse altra scelta. Si era fatto ampiamente perdonare, tre volte. È ampiamente tre volte? Si chiese.
Si lasciò scorrere l'ultimo sorso d'acqua ghiacciata giù per la gola, e pensò che per Theo non sarebbe stato affatto “ampiamente”. Poi pensò che Theo stava probabilmente scopando sua moglie, ridendo ancora di lui, e smise di chiedersi quanto, per lui, fosse “ampiamente”.
Si alzò, sentendosi la pelle che si staccava dal corpo, un disagio strisciante di essere se stesso, come se vivere in lui fosse troppo da sopportare, e prese a gironzolare per l'appartamento, con la stessa idea di dove stava andando di un cane che si morde la coda.
L'aria della stanza era viziata, con un vago sentore di sudore e alcool di qualche genere; al di sotto, un profumo di pulito che, coraggiosamente, cercava ancora di resistere alla sopraffazione dell'incuria. Spalancò la finestra che dava sulla strada, e un'afa appiccicosa lo accolse sogghignando delle sue speranze. Ovunque si trovasse, quell'estate a Parigi, sembrava che qualcuno avesse acceso i riscaldamenti. Non era solo il sole a mietere vittime, era proprio l'umida calura soffocante che si appiccicava lungo la gola ad ogni respiro, così tanto e così insistentemente che Matthew aveva pensato di aver infilato la testa in una tinozza di acqua calda per sbaglio. Dal marciapiede salivano odori diversi, mescolati malamente insieme, di fogna, asfalto incandescente e fiori. Lasciò correre lo sguardo sulla città illuminata, e vi si perse con un tale abbandono che quasi non lo vide. Quasi, perché non avrebbe potuto ignorarlo, nemmeno se la Tour Eiffel si fosse alzata da terra e avesse cominciato a ballare.
Theo alzò lo sguardo sulla sua finestra e soffiò fuori il fumo della sigaretta; l'unico saluto che avrebbe avuto da lui. Matthew ebbe la tentazione di chiudere le imposte e lasciarlo dove si trovava, con lo sguardo affilato rivolto alla sua finestra sbarrata, eloquente risposta ad ogni richiesta, illazione, proposta o accusa fosse andato a fare lì. Ma Theo lo precedette voltandogli le spalle con indifferenza, e allontanandosi ciondolando lungo la strada.
Per niente al mondo avrebbe accettato un altro rifiuto da lui, si disse mentre scendeva le scale a due a due coperto solo da un paio di boxer trovati abbandonati sul braciolo del divano.
Che cazzo ci fai qui? - urlò per richiamare la sua attenzione.
L'altro si voltò con una lentezza esasperante, aspirando un po' di fumo, godendoselo appieno, e poi soffiandolo via, dal naso e dalla bocca distesa in un sorriso beffardo
E tu con quella bocca baci tuo marito? - sembrava godersela un mondo, come al solito. Matthew lo fissò in collera, umiliato per quello che entrambi avevano appreso la notte precedente, amareggiato, sorpreso e curioso. Da qualche parte, al di sotto di tutti questi sentimenti, ancora speranzoso. Quelle parole avevano spento ogni altro afflato di speranza sopita in lui che Theo potesse anche solo lontanamente capire, men che mai ricambiare, quella scintilla di passato che rivederlo aveva acceso in lui. A Theo non importava niente della donna per cui aveva lasciato che Isa si uccidesse, perché mai avrebbe dovuto sprecare un solo secondo della sua giornata a pensare a come stava e cosa provava lui, Matthew, di cui aveva palesemente chiarito che non gli poteva importare di meno?
Così soppresse quella speranza, e la spinse sul fondo della vasca, di nuovo, aspettando solo che il tempo, questa volta, togliesse il tappo.
Fottiti – gli sputò in faccia quella parola con la rabbiosa determinazione che segue il rifiuto. E Theo, con la stessa indifferente tracotanza che lo caratterizzava, sogghignò e aspirò il fumo della sua irrespirabile sigaretta francese
Non essere impaziente – lo canzonò
Come mi hai trovato? - era facile deviare il discorso su quei binari neutri, sul futile e il cordiale. Parlare, parlare e ancora parlare, per evitare di dover ascoltare quello che nessuno dei due stava per dire
Ho chiamato la tua segretaria e le ho procurato un orgasmo al telefono. Gliene ho promesso un altro, se mi diceva dove stai – cazzate, un'invalicabile marea di cazzate solo per non ammettere che aveva sprecato del tempo a cercarlo
Quanto sei stronzo – Theo si strinse nelle spalle, lasciando cadere la sigaretta a terra, poi sollevò lo sguardo su di lui, e qualcosa cambiò nell'aria. Matthew non avrebbe saputo come definire la sensazione, il senso di vibrante attesa e silenziosa ansia. Un battito di cuore di troppo.
Sei venuto – lo disse senza inflessioni, senza mostrare emozioni, come un dato di fatto. Si appoggiò ad un albero con le braccia incrociate dietro il corpo, la camicia colorata appiccicata alla pelle, umida del sudore innaturale che era il marchio di fabbrica di quell'estate incandescente. Matthew avrebbe venduto un rene al mercato nero pur di non dover affrontare quell'argomento, eppure doveva, gli era necessario come respirare. Mettere un punto fermo a quella situazione. Smettere di temporeggiare. Tirare via il tappo definitivamente
Già – abbassò lo sguardo sulle scarpe di tela consumate sulle punte.
Lo sapevo – avrebbe voluto sputargli in faccia, ma si limitò ad alzare lo sguardo
Stronzo. Cosa pensavi di dimostrare eh? Che sei ancora un fico? Che puoi fotterti chi vuoi e quando vuoi? Che hai ancora ventanni? COSA VUOI DA ME THEO?! - la bile era salita alla gola e non sarebbe più tornata giù. Lui non era così, lui non sapeva fottersene degli altri e fumarsi una maledetta sigaretta. Lui le sentiva le cose cazzo!
L'altro rimase immobile una manciata di secondi, premendo la punta delle scarpe sulla sigaretta accesa. C'impiegò una vita, minuziosamente, concentrato e attento che non rimanesse nemmeno una scintilla. Sembrava in trance.
Alla fine, quando si degnò di alzare lo sguardo su di lui, scrollò le spalle.
Bon – disse in francese, con noncuranza
Al diavolo – imprecò Matthew. Theo sorrise malignamente, avvicinandosi a lui di un passo
Non cambi proprio mai eh?! Sempre a rincorrere qualcosa che non avrai mai... - glielo disse per ferirlo, per schiacciarlo e sottometterlo, come faceva con tutti. Mosse ancora un passo, e fu distante a malapena un respiro. Si avvicinò, così tanto che Matthew poteva avvertire il suo fiato che odorava di fumo, e la schiuma da barba, e qualcos'altro, sapone, forse – Ma quand'è che la smetterai eh? Quand'è che la pianterai di sognare il tuo finale perfetto? Quando crescerai un po' Matthew? Quando cominceranno a caderti i capelli? Quando ti opereranno alla prostata, quando? Quando il tuo maritino dovrà cambiarti i pannoloni? -
Vattene all'inferno – sibilò
Io ci sono già – lo afferrò per l'orlo della camicia e lo baciò, a labbra serrate, con rabbia. E lo spinse via – vattene a casa Hendrix, il tuo maritino ti aspetta – tirò fuori un'altra sigaretta e se la porto alle labbra – Hai da accendere? - chiese dopo un secondo.
Matthew espirò frustrato e arrabbiato. Lo fissò negli occhi, e per un attimo cercò il ragazzo che aveva conosciuto un assolato pomeriggio d'estate davanti alla Cinematheque Française. Non era mai stato innocente Theo; nemmeno a ventanni. Nemmeno mai, pensava Matthew talvolta. Non puoi essere innocente quando hai una sorella come Isabelle. Non puoi essere innocente quando il peccato è scritto a lettere cubitali nel tuo DNA. Non puoi essere innocente quando ami il sangue del tuo sangue come nessuno dovrebbe mai amare la propria gemella. Eppure lui non aveva mai superato quella soglia: aveva giocato, aveva vinto e aveva perso, ma era rimasto sempre più in là, dove la vera sconfitta non sarebbe mai arrivata. Era rimasto a guardare dall'alto, con quel suo sorriso storto e oscurato dallo sguardo implacabile dell'arbitro. Aveva giocato sempre una partita truccata perché non ci aveva mai messo il cuore. Isabelle lo amava, ma Theo aveva amato di più se stesso. Avrebbe amato sempre se stesso.
Fanculo pure tu – Si voltò e cominciò a camminare
C'è un posto che devi vedere – gli urlò Theo quand'era ormai ad un passo dal portone. Matthew non si voltò, né si fermò. Spinse la pesante porta verde scuro e fece per entrare – non puoi andartene di nuovo senza salutare... - sapeva che avrebbe fatto centro, lo sapeva. Lo sapeva, e aveva aspettato l'ultimo secondo, dell'ultima notte, dell'ultimo giorno della sua permanenza per dirglielo. Bastardo.
Inspirò, si voltò e soffiò fuori l'aria con rabbia
Fammi almeno mettere una cazzo di camicia! - Theo sorrise, fra i denti una sigaretta appena iniziata, negli occhi un lampo di vittoria. Il burattinaio aveva tirato nuovamente i fili.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Altro / Vai alla pagina dell'autore: sistolina