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Autore: RobTwili    05/05/2011    4 recensioni
Romania, 1924.
Hiram Patel, fratello di Josiah, fiuta una scia. E' una di loro, di questo ne è certo, ma chi?
Dal testo: «Chi diavolo sei?» bisbigliò una voce in un inglese stentato.
Rimasi immobile, sorpreso.
Poche persone erano riuscite a cogliermi impreparato.
Cercai di girarmi per vedere a chi appartenesse quel profumo, che riconobbi essere la scia che avevo annusato, ma lei fu più veloce.
«Powiedziałem, kim jesteś?» ringhiò avvicinando pericolosamente i suoi denti al mio collo.
Polacca.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Red Damon'
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Questa OS ha come personaggi Hiram e Julet, due dei protagonisti di Do you think you can tell? e Kiss on forehead
 
 
A Human_ che oggi compie gli anni.
Non è Hiram in carne e ossa
(anche perché se fosse qui, mi dispiace ma non lo vedresti! :P)
 ma spero che ti piaccia lo stesso.

 
 
 
 
 
 
 
Romania, 1924.
 
 
Incredibile come quel posto fosse cambiato in meno di cento anni.
L’ultima volta che avevo, avevamo, visitato quel paese, tutto era diverso.
Non sapevo nemmeno che cosa mi avesse spinto a tornare, da solo per giunta, in quel posto che vantava solo storielle locali.
Saltai il fiume con un solo balzo e mi trovai a correre velocemente tra gli alberi.
C’era una temperatura gradevole, l’inverno rigido non era ancora cominciato e c’era solo un leggero venticello che mi scompigliava i lunghi capelli.
Improvvisamente mi gelai, arrestando la corsa di colpo.
Quasi inesistente, portata solo dal vento, sentii una scia.
Uno di noi.
Una di noi.
Era difficile capirlo perché la scia era troppo debole.
Preso da uno strano istinto cominciai a seguirla deviando il mio percorso.
La scia si faceva sempre più forte, dandomi una certezza.
Una di noi.
Cominciai a correre sempre più veloce, un piede davanti all’altro, talmente veloce che il fruscio degli alberi attorno a me mi spronava ad andare avanti.
Un rumore crescente mi fece ghignare.
Scrosciare d’acqua.
La fanciulla si stava rinfrescando nel fiume?
Sentii un ramo spezzarsi dietro di me e improvvisamente mi fermai.
Qualcuno mi aveva seguito?
Non mi sembrava di aver perso la concentrazione così tanto da non aver riconosciuto una seconda traccia oltre a quella della vampira al fiume.
Non feci nemmeno a tempo a voltarmi che qualcosa di freddo si posò sul mio collo.
«Chi diavolo sei?» bisbigliò una voce in un inglese stentato.
Rimasi immobile, sorpreso.
Poche persone erano riuscite a cogliermi impreparato.
Cercai di girarmi per vedere a chi appartenesse quel profumo, che riconobbi essere la scia che avevo annusato, ma lei fu più veloce.
«Powiedziałem, kim jesteś?» ringhiò avvicinando pericolosamente i suoi denti al mio collo.
Polacca.
«Kim jesteś?» chiesi nel mio polacco molto stentato.
La sentii irrigidirsi alle mie spalle e approfittai di quel momento di indecisione per girarmi di scatto e scaraventarla contro a un albero prima di circondarle la gola con una mano.
L’albero protestò contro la forza che avevo usato e lo stesso fece la ragazza, emettendo un gemito misto ad un ringhio.
«Chi sei? Che cosa vuoi?» tornai a chiederle in inglese, sperando che riuscisse a capirlo.
Il mio polacco non era dei migliori.
«Sei un wampir?» domandò cercando di fare forza sulla mia mano per riuscire a spostarla di qualche centimetro dalla sua gola.
«Tu cosa credi?» ghignai schernendola.
Quale umano avrebbe avuto quella forza?
«Jest». Sì. Ovvio.
«Chi sei? Cosa ci fai qui?» chiesi di nuovo percorrendo il suo corpo con uno sguardo che si fece sorpreso ad ogni centimetro che notavo.
Indossava un vestito ambrato, che la fasciava come una seconda pelle perché era completamente zuppo; i suoi capelli erano appiccicati ai lati del viso, umidi anche loro.
Riuscivo ad intravedere tutte le curve del suo corpo e questo mi trasmise un brivido lungo la schiena.
«Niech» bisbigliò come se fosse stata a corto di fiato.
«Perché dovrei lasciarti?». Strinsi di più la presa sul suo collo avvicinandomi a lei.
«NIECH» urlò aggrappandosi al mio braccio.
«Nie. Kim jesteś» tornai a chiederle. Non volevo lasciare la presa e smaniavo sapere chi era.
«Non respiro» rantolò quasi perdendo le forze.
Non riuscii a trattenermi e cominciai a ridere di gusto, non mollando la presa sul suo collo.
«Non ti serve respirare e lo sai». Avvicinai di colpo il mio viso al suo, trovandomi a pochi centimetri dai suoi grandi occhi color nocciola.
«W jaki sposób?». Mi stava prendendo in giro o non lo sapeva veramente?
«Da quanto sei una wampir?» chiesi improvvisamente curioso.
«W tygodniu». Una settimana?
Lasciai improvvisamente la presa sul suo collo.
Era una novellina.
«Che cosa ci fai qui?». Indicai con un cenno del capo la foresta attorno a noi.
«Cerco odpowiedzi». Cercava risposte.
«Chi ti ha trasformato?». Indietreggiai di un passo continuando a fissare il suo corpo.
«Nie wiem». Non lo sapeva.
«Quanti anni hai?». Cominciava a farmi pena.
«Dwadzieścia dwa». Ventidue.
«Quanti umani hai ucciso in questa settimana?». La prima settimana era la più difficile, soprattutto se non aveva avuto nessuno al suo fianco.
Mi rivedevo in lei, quasi cento anni prima, in attesa di risposte che ero riuscito a trovare solo recentemente.
Io però non ero solo a quel tempo, fortunatamente.
Abbassò improvvisamente lo sguardo, quasi vergognandosi.
Mi fece tenerezza e mi avvicinai a lei, scostandole una ciocca di capelli ancora bagnati dal viso.
«Ehi, non c’è niente di male. Sei nuova e non sai come funziona». Tentai di sorriderle per farle sparire quello sguardo triste.
«Pięć». Cinque. Si spiegava la sua forza. «Avevo fame» sussurrò prima di abbassare nuovamente il viso.
«Su, non è successo nulla di grave. Poteva andare peggio, andiamo». Picchiettai, sorridendo, la mano sulla sua spalla e in meno di un secondo mi ritrovai con il braccio dietro la schiena.
Novellina e suscettibile.
«Gattina, ritira gli artigli, andiamo». Tentai di muovere il braccio con scarsi risultati. «Małych kotów, tylco» sussurrai prima che lasciasse il mio braccio quasi come se avesse preso una scossa.
«Przykro mi». Scusarla? Sì, lo avrei fatto di sicuro.
«Devi rilassarti. Come ti chiami?». Sorrisi di nuovo tornando a guardarla per trasmetterle coraggio.
«Juliet. Człek?» chiese leggermente meno agitata.
«Hiram. Sei polacca, no?». Percorsi i tratti del suo viso rendendomi conto che a prima vista poteva sembrare più una spagnola.
«Tak. Tu?». Mi indicò con un gesto del capo e guardai due rocce poco distante da noi.
«Inglese. Vieni, andiamo a sederci». Cominciai a incamminarmi verso quelle due naturali sedie e sentii i suoi passi leggeri dietro di me.
Per essere una vampira da una settimana aveva decisamente un atteggiamento perfetto.
Quando, dopo essersi seduta, accavallò le gambe, un ghigno si disegnò sulle mie labbra.
«Dovresti vestirti. Camminare con una sottoveste non è una cosa normale, in questo periodo. Se ti trovano dei soldati…». Lasciai il discorso in sospeso non volendo peggiorare la situazione.
«Io non volevo ucciderli» sussurrò incrociando le braccia per coprirsi il seno che si intravedeva dalla sottoveste ambrata.
Mi tolsi la giacca e la posai sulle sue spalle.
«Ti credo, stai tranquilla. Che cosa ci facevi qui?». La osservai stringersi la mia giacca attorno alle piccole spalle.
«Cerco risposte» disse nuovamente.
«Per quello che sei diventata?» sussurrai puntando i miei occhi nei suoi.
Annuì solamente.
«Non troverai niente qui. Ci sono solo leggende locali e un libro scritto bene, devi cercare oltreoceano». Cercai di non scoraggiarla.
«W jaki sposób?» chiese spostandosi una ciocca di capelli dal viso.
Il suo “come” stupito mi fece sorridere.
Doveva imparare ancora molto.
«Devi viaggiare, abbandonare la tua famiglia. Ti è rimasto qualcuno?». Sperai di non aver detto qualcosa di male.
Soprattutto speravo che quelle cinque persone che aveva ucciso non comprendessero la sua famiglia.
Il suo sguardo si abbassò di nuovo, nascondendosi dai miei occhi.
Mi bastò quella risposta.
«Non ti preoccupare, tanto non saresti potuta stare con loro a lungo». Appoggiai lentamente la mia mano sul suo ginocchio nudo.
«Dlaczego?» chiese guardando la mia mano.
«Perché si sarebbero accorti che non eri più tu, che non crescevi o cambiavi, riesci a capire?». Era come se volessi proteggerla, farle capire come funzionava il nostro mondo.
Alzò gli occhi e mi fissò per un tempo che mi parve infinito senza dire nulla.
«Sei da solo?». Sembrava un fiume in piena.
Come se le domande senza risposta fossero state infinite.
«No, c’è mio fratello con me». Pensai subito a Jos, chissà che cosa avrebbe pensato una volta conosciuta quella vampira polacca.
«Oh» sussurrò sorpresa.
«Perché?». Sembrava quasi che la notizia di aver avuto qualcuno al mio fianco l’avesse rattristata.
«Drobiazg». Niente. Non era niente, era decisamente qualcosa.
«Juliet, posso e voglio aiutarti, puoi parlare di tutto quello che vuoi, ok?» sussurrai avvicinandomi e inginocchiandomi davanti a lei perché non fuggisse più dal mio sguardo.
Scosse la testa in segno di diniego e provai a farla parlare ancora una volta.
«Se vuoi puoi seguirmi, correremo un po’, ma so di un ospedale dove possiamo rubare un paio di sacche di sangue. Vieni a casa con noi e ti spieghiamo bene come funziona». Era l’unica possibilità che potevo offrirle.
Che poi nemmeno era quella la nostra casa.
Ci eravamo trasferiti in Turchia solo per un breve periodo di tempo.
Saremmo ripartiti per l’America nemmeno un mese dopo.
«No. Rimango qui» mormorò toccando in punta di dita la mia mano.
«Puoi venire con noi, non ci sono problemi» cercai di sembrare allegro e non mi fu di certo difficile.
Mi sarebbe piaciuto avere compagnia con noi, in fin dei conti Milicent non c’era sempre e Juliet sembrava promettere bene sotto molti punti di vista.
«No». Era decisa e non me la sentivo di insistere.
Forse voleva un po’ di tempo per pensare, per capire che cosa fosse giusto e sbagliato.
Non la conoscevo e non sapevo nemmeno come era diventata una di noi.
«Va bene. Se cambi idea segui la scia, arriverai in Turchia. Buona fortuna». Sorrisi accarezzandole una guancia e la vidi socchiudere gli occhi, come se quel gesto le fosse mancato. «Mi raccomando, indossa velocemente i vestiti, credo presto arriveranno dei soldati» scherzai.
Annuì appena e dopo un ultimo sorriso fugace cominciai a camminare lentamente, tra un albero e l’altro, perché se avesse voluto seguirmi non avrebbe di certo faticato.
Un albero, due alberi, tre alberi, al sessantesimo albero capii che il mio istinto per la prima volta si era sbagliato.
Credevo che quella vampira mi avrebbe seguito, che avrebbe imparato a vivere la sua nuova non-vita assieme a noi, assieme a me.
Forse era così che dovevano andare le cose.
Forse il nostro cammino si era incrociato per caso e le nostre strade si erano subito divise.
In fin dei conti non poteva essere il mio Demone Rosso, era una vampira anche lei.
Eppure…la trasformazione non era completata del tutto, e c’era stata un po’ d’attrazione, avevo sentito la sua scia per caso, l’avevo seguita e non l’avevo uccisa…troppe casualità.
«Hiram, usługiwać». Aspettare?
Invertii la rotta di colpo, andando a sbattere contro il suo corpo ancora leggermente umido.
«Devi chiedermi qualcosa?» bofonchiai confuso.
«Tak. Vengo con te, posso?» chiese imbarazzata.
Un sorriso si posò spontaneo sulle mie labbra.
«Jasne! E poi io la mia giaccia non la regalo mai a nessuno. Però sarà meglio che tu ti metta degli odzież, non mi sembra proprio il caso che tu corra con quella sottoveste». Alzai un sopracciglio facendo scivolare lo sguardo sulla sua generosa scollatura.
Non era molto più bassa di me ma riuscivo ad avere un angolo di inclinazione perfetto.
«Maniak» ridacchiò colpendomi un braccio con fare scherzoso.
«Che c’è? Sono pur sempre un uomo» dissi per difendermi e involontariamente alzai le spalle.
«Nie». Si fermò superandomi e puntò il suo indice sul mio petto. «Non ti conosco». Assottigliò lo sguardo e ridacchiai.
Per quello ci sarebbe stato tempo.
 
 
 
 
 
Prima di tutto: il polacco non lo so, quindi tutto quello che c’è scritto lo devo al traduttore di Google (che come tutti sappiamo è inaffidabile al massimo quando si tratta di tradurre frasi), per questo ho tentato di inserire solo parole.
Se qualcuno sa il polacco e ha notato degli errori mi faccia sapere! :)
Seconda cosa: la storia non è betata, mi scuso quindi per eventuali errori.
Terzo: be’, credo sappiate già (almeno per chi ha letto Do you think you can tell? Come va a finire tra Hir e Jul, non ho mai fatto mistero che il vampiro dagli occhi azzurri sia uno dei miei personaggi preferiti e l’incontro con Jul (come tante altre cose) era uno degli episodi che ho sempre voluto narrare.
Ho spiegato anche alcune cose direttamente collegate a Liz e Jos, anche se le capirete non appena comincerò Kiss on forehead, e lo farò, è una promessa! :)
Ringrazio chiunque voglia lasciarmi una parolina e soprattutto chi ha letto! :)
 
Ps.: il titolo vuoi dire ‘Chi sei?’ in polacco, almeno lo spero! :)
 
 
Questa è Juliet con la sottoveste, come l'ho immaginata:
   
 
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