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Autore: Severia85    06/05/2011    1 recensioni
“Mamma, ma cosa vuol dire donnaccia?”
Storia scritta per l’iniziativa “Mestieri e faccende” del sito Acciofanfiction.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Questa storia è venuta fuori un po' per caso, mentre pensavo di scrivere una storia completamente diversa. Ma ho avuto l'ispiarzione e l'ho assecondata. Buona lettura...

Ieri è morta Alex: l’hanno trovata in casa, riversa sul pavimento; ancora non si è capito se è morta naturalmente o qualcuno l’ha uccisa. Non so se faranno delle indagini: a chi potrebbe interessare?
Ieri è morta Alex e oggi sono andato al funerale. O meglio, sono andato al cimitero perché di funerale vero e proprio non si può parlare: non c’era nessuno, soltanto un mago che officiava e il suo aiutante. Erano ridicoli insieme: il primo piuttosto basso e con una lunga tunica nera che toccava abbondantemente per terra; l’altro era un ragazzo alto, quasi da parere un mezzo gigante come Hagrid, con un’espressione poco sveglia e la veste che gli arrivava soltanto alle ginocchia. L’officiante ha detto due parole poi, insieme al suo aiutante, ha sollevato la cassa e l’ha fatta scendere dolcemente nella buca scavata nel terreno; il ragazzo ha incantato una pala e ha cominciato a riversare la terra nella buca. Io sono stato in disparte, a una decina di metri di distanza, e mi sono chiesto se qualcuno si sarebbe occupato di farle avere una lapide. Me ne sono andato a testa bassa, ben avvolto nel mantello: non mi sento molto bene, ma probabilmente è solo colpa della luna che tra qualche ora sorgerà.

Devo avere avuto più o meno sei o sette anni quando ho sentito parlare per la prima volta di Alex: mia madre parlava con un’amica al mercato e la definì una donnaccia. Io non capii e, a dire il vero, non vi posi neppure molta attenzione. Qualche settimana dopo però, mi capitò di incontrare per strada una ragazza bellissima: era alta e slanciata con lunghi capelli neri che le scendevano morbidi ben oltre le spalle, formando delle piccole onde; aveva gli occhi scuri e la carnagione chiara; portava una tunica a fiori, leggera che fluttuava mossa dal vento. Mi fermai a guardarla, penso con un’espressione piuttosto ebete, eppure lei si voltò e gentilmente mi sorrise. Stavo per andarle incontro, mosso da non so quale istinto, quando mia madre mi tirò per un braccio e mi disse:
“Stai lontano da quella donnaccia!”
Il tono severo di mia madre, che di solito con me era molto dolce, mi trattenne dal parlare e rimasi in silenzio fino a quando non arrivammo a casa. Mentre mia madre preparava il pranzo, mi azzardai a chiedere:
“Mamma, chi era quella ragazza?”
“Si chiama Alex e devi stare lontano da lei, hai capito?”
Io annuii convinto e mi misi a sfogliare un libro, seduto al tavolo della cucina. Una domanda però mi frullava nella testa e, ad un certo punto, la formulai:
“Mamma, ma cosa vuol dire donnaccia?”
Mia madre sospirò, cercando le parole più adatte per spiegare la situazione:
“Una donnaccia non è una ragazza per bene; è una ragazza che si comporta male, d’accordo? E adesso basta: vai a lavarti le mani che è pronto!”

Non saprei dire quanti anni avesse Alex: a me è sempre parsa uguale, nonostante il passare del tempo. Ricordo di averglielo chiesto una volta, ma lei mi rispose soltanto che un po’ di trucco e qualche buona pozione possono fare miracoli.
Comunque, avrebbe dovuto avere circa dieci anni in più di me perché all’epoca del nostro primo incontro lei, appena maggiorenne, si era trasferita da sola in una piccola casa alla periferia del nostro villaggio. Nessuno sapeva da dove venisse e nessuno conosceva la sua storia, invece tutti sapevano bene il lavoro che faceva per mantenersi. E questo aveva provocato un vero e proprio scandalo nel nostro piccolo villaggio, che aveva fama di essere un luogo tranquillo e sicuro.
Io, personalmente, scoprii che lavoro faceva soltanto l’estate precedente al mio primo anno ad Hogwarts: me stavo seduto su una panchina del parco a leggere un libro da solo, (la mia condizione di lupo danneggiava decisamente le mie relazioni sociali, soprattutto con i miei coetanei) quando sentii un gruppo di ragazzi più grandi che parlavano di Alex e ridevano lascivi; il nome della ragazza attirò la mia attenzione per cui, pur mantenendo lo sguardo fisso sulle pagine del libro, le mie orecchie erano puntate in direzione dei ragazzi. Fu allora che imparai quale fosse il mestiere più antico del mondo e cominciai a capire che cosa volesse dire mia madre quando si riferiva ad Alex come ad una rovina famiglie.
Definire che cosa provai in quel momento mi risulta alquanto difficile: da una parte condividevo il disprezzo di mia madre e degli altri abitanti del villaggio, dall’altra però, nel mio cuore ancora di bambino, mi chiedevo come una strega così bella e gentile potesse fare un tale mestiere. E poi: perché? Era mai andata ad Hogwarts? Che cosa le avevano insegnato?
Quell’estate mi ritrovai spesso a gironzolare, sempre da solo, nei dintorni della casa di Alex: la guardavo da lontano, senza mai avvicinarmi troppo, nella speranza di vederla anche solo di sfuggita. A volte, scendevo al torrente e ne seguivo il corso finché non arrivavo ad una grande ansa da cui si poteva vedere il retro della casa: stavo lì per ore, chiedendomi con una certa curiosità che cosa vi stesse accadendo all’interno. Se avessi potuto immaginare che Alex sapeva che la spiavo, sarei corso via e non mi sarei mai più fatto vedere. E sarebbe stato un vero peccato. La casa di Alex da fuori sembrava molto piccola, fatta apposta per una persona sola, ma ricordo che l’interno era invece molto spazioso e luminoso, in quanto Alex lo aveva reso tale grazie ad una serie di incantesimi. Ho passato molto tempo sul divano di quella casa perché Alex mi aveva assicurato che i clienti li portava sempre in camera da letto.

Ripensare al nostro primo colloquio mi fa ancora arrossire: è accaduto nell’estate del 1972. Il mio primo anno ad Hogwarts si era da poco concluso con un bilancio sorprendentemente positivo: non solo mi ero dimostrato un mago piuttosto in gamba, ottenendo ottimi voti negli esami finali, ma avevo trovato anche degli amici. Salutare James, Sirius e Peter era stato abbastanza doloroso, tuttavia ci eravamo promessi di scriverci spesso durante l’estate. Ora, devo dire che nonostante la lontananza da casa, le mie notti ad Hogwarts, (soprattutto quelle più nuvolose, quando la luna se ne stava ben nascosta) erano trascorse spesso in compagnia di Alex: la sognavo e alla mattina mi svegliavo con il pigiama bagnato.
Non saprei dire con esattezza perché quella ragazza, che avevo incontrato solo di sfuggita, mi ossessionasse tanto: forse era soltanto la sua bellezza magnetica o il suo sorriso gentile o, come diceva mia madre, era capace di fare incantesimi che ti annebbiavano la mente.
Fatto sta che appena tornato a casa, ripresi a gironzolare nei pressi di casa sua.
Un pomeriggio me ne stavo nascosto dietro ad un albero, incerto se Alex fosse o meno in casa, quando una voce alle mie spalle mi fece sussultare:
“Deduco che tu sia tornato da Hogwarts.”
Voltandomi, incontrai il suo viso leggermente abbronzato e i suoi occhi scuri: avrei voluto scappare, invece rimasi immobile vicino all’albero.
“Dai, vieni dentro.”
Lo disse con tono allegro e spensierato, come se stesse invitando un amico a bere un the. Io, naturalmente, continuai a restare immobile, mentre la mia mente vagava tra mille pensieri: alcuni non sta bene raccontarli, altri invece mi vedevano vittima di qualche sortilegio malefico.
“Allora? Su coraggio, mica ti mangio.”
Non so dove presi il coraggio per muovermi ed entrare in casa, tuttavia mi ritrovai seduto sul divano del salotto di Alex, piuttosto nervoso, mentre lei andava a prendere del succo di zucca ghiacciato.
“Non ho soldi.” Ci tenni a precisare, quando Alex tornò con i bicchieri.
Non potrò mai dimenticare il modo in cui mi guardò: un misto tra delusione, rimprovero e dolcezza. Qualcosa di unico.
“Non voglio attentare alla tua virtù, voglio solo conoscere il ragazzo che passa le sue estati a spiare casa mia.”
Fu il pomeriggio più imbarazzante della mia vita, ma, una volta rotto il ghiaccio, gli incontri successivi furono piacevoli, anche se, ci tengo a sottolinearlo, abbiamo sempre e solo parlato.

So perché al funerale non c’era nessuno oggi: io ero l’unica persona amica di Alex. Suo padre se ne era andato quando lei era ancora una bambina e non ne aveva mai più saputo nulla; sua madre e suo fratello invece erano morti nell’incendio della loro casa, mentre Alex frequentava l’ultimo anno ad Hogwarts: la madre di Alex manteneva la famiglia confezionando pozioni e un giorno qualcosa era andato storto. Da quel momento, Alex si era ritrovata completamente sola e senza un soldo. Un vicino di casa che si era offerto di aiutarla, l’aveva in realtà violentata; così Alex era fuggita, aveva tentato di guadagnare qualcosa con le pozioni, come faceva sua madre, ma non aveva avuto molta fortuna e aveva dovuto cominciare a vendere se stessa. Mi raccontò questa storia con voce tranquilla, come si riporta un aneddoto curioso, ma una volta terminato il racconto scoppiò in lacrime. Feci del mio meglio per consolarla, ma fallii miseramente. E forse fu proprio per rincuorarla o per distrarla che le raccontai la mia di storia e le svelai il segreto della mia condizione. Non mi guardò con disgusto, né tentò di allontanarmi, anzi mi abbracciò e piangemmo insieme le nostre sorti avverse.
Durante i mesi di scuola ci scrivevamo spesso: Alex si informava dei miei studi, delle mie amicizie e soprattutto della mia salute; io le chiedevo come andava la sua vita, ma ottenevo sempre risposte vaghe e sfuggenti.
Ho provato più volte a convincerla di smettere quel lavoro degradante, senza però ottenere successo: Alex di solito alzava le spalle e mi diceva che ormai la sua brutta fama non le avrebbe permesso di praticare un lavoro onesto. Pensarla insieme ad altri mi ha sempre messo di cattivo umore e non perché la desiderassi io stesso, ma perché sapevo che Alex soffriva. Non mi raccontava mai i suoi incontri, eppure i suoi occhi velati di tristezza mi svelavano la verità.
Solo una volta mi chiese se volevo fare l’amore con lei: avevo diciott’anni e da qualche mese lavoravo al Ministero con il terrore che qualcuno scoprisse la verità sulla mia condizione di lupo e mi licenziassero. Non seppi mai se Alex mi avesse fatto quella proposta perché pensava che io la desiderassi, o perché lei desiderava me, un uomo che le voleva bene e che, per una volta, l’avrebbe fatta sentire amata. Comunque rifiutai, con la scusa che la luna piena era vicina e il mio istinto animale avrebbe potuto ferirla. In realtà, non me la sentivo di stare con lei, di farle quello che tanti uomini le facevano; avevo paura di ferirla nello spirito più che nel corpo; avevo paura di essere come tutti gli altri e di non riuscire ad amarla come meritava. Dal momento in cui avevo cominciato a frequentarla avevo iniziato a considerarla più come una sorella che come un’amante ed anche i miei sogni su di lei si erano interrotti. Anche lei a volte mi confessava che le ricordavo il fratellino, il quale avrebbe più o meno la mia età se fosse stato ancora vivo.

Ci siamo incontrati spesso io e Alex in questi anni: era una strega in gamba e mi aiutava spesso con gli incantesimi più complessi; è da lei che sono andato quando è morto James, quando ho creduto che Sirius ci avesse traditi e avesse ucciso Peter; sono andato da lei anche quando il Ministero ha decretato che i lupi mannari non potessero più lavorare; è stata Alex a convincermi ad accettare il lavoro ad Hogwarts ed è sempre stata lei a prendersi cura di me dopo le notti di luna piena, in particolare quando i miei genitori sono morti; sono andato da lei anche qualche mese fa, quando è morto Sirius: ha cacciato via un cliente mezzo ubriaco per accogliermi e consolarmi. Sempre in quello stesso salotto, sempre su quello stesso divano.
Ieri Alex è morta: possibile sia stata uccisa da qualche Mangiamorte? Per quale motivo? Forse si è rifiutata di andare a letto con loro? Non c’era il Marchio Nero sula casa, però. Che fosse malata? Me lo avrebbe detto. O forse no? Sto cercando di ricordare com’era l’ultima volta che l’ho vista: più pallida del solito? Più stanca?
Ora non ha molta importanza, perché ieri Alex è morta.
Mi chiedo se ha sofferto…

Questa notte sono tornato al cimitero, davanti al cumulo di terra ancora umido. Sto piangendo e non c’è nessuno che possa consolarmi. Tutti i miei amici sono morti: prima James e Lily, poi Sirius ed ora è morta anche Alex. Non mi sono mai sentito tanto solo. E non posso che pensare a quante altre persone mi porterà via questa maledetta guerra.
Chissà dov’è ora Alex? Chissà se ha ritrovato la sua famiglia? E io? La rivedrò un giorno?

  
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