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Autore: LoveShanimal    06/05/2011    5 recensioni
La sveglia sotto il mio cuscino iniziò a suonare. Era il volume minimo, in modo da far svegliare solo me, e non tutta la casa, nel caso in cui mi fossi addormentata.
La presi tra le mani e la spensi. Vidi l’ora.
4:00.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One Shot è uno dei miei piani diabolici, su cui ho davvero riflettuto, per andare al concerto.. ma non credo sarò mai capace di metterlo in atto! I nomi delle ragazze citate, non sono inventate. (Nel caso non volessero essere citate, metterei il nome puntato, basta che me lo diciate!). Spero non vi annoi. 
Buona lettura! :) 



“Sto giù. Scendi!” Sbisbigliai nel buio della notte, stringendo all’orecchio il mio cellulare.
“Ok. Posa il motorino in garage. Ma sei sicura di quello che fai? Puoi tornare a casa e vederti il prossimo concerto!” rispose Rosa dall’altra parte della cornetta.
“Sono sicurissima. A parte che ho comprato il biglietto da un bel po’, e poi non voglio aspettare il prossimo, voglio questo!” le dissi per la centesima volta. Era un amore di ragazza. Non ci conoscevamo nemmeno da così tanto, però mi stava aiutando, e comunque cercava di farmi fare la cosa giusta.
“Va bene. Fai come ti ho detto l’altra volta. Cerca di non fare troppo casino! Scendo subito e andiamo da Maria.”
Maria. Un altro amore di ragazza. Erano tanto gentili da appiopparsi una palla al piede come me. Rosa scese, mettendo in bella mostra la sua maglia fatta apposta per il concerto. Si era scervellata con photoshoop per pomeriggi interi per fare una maglia perfetta, e ci era riuscita. Era meravigliosa e per giunta le stava stupendamente. Dubito che ci sia qualcosa che non le stia bene addosso. È una ragazza sui venti anni, abbastanza alta, molto proporzionata. È una di quelle ragazze tanto belle che ti sembrano uscite da una sfilata di moda. La prima volta che la vidi sulla foto di facebook non mi sembrava vera, pensavo che una persona così si vedesse solo sulle riviste. E la cosa che amavo di più erano quei capelli rossi. Prima o poi li avrei avuti anche io!
Ero tanto emozionata che quasi non la smettevo di muovermi, pur non avendo dormito nemmeno un minuto quella notte. Nemmeno se avessi voluto avrei potuto dormire. Stavo facendo una delle cose che mai avevo pensato di fare: scappare di casa.
 
 
Mezz’ora prima.
La sveglia sotto il mio cuscino iniziò a suonare. Era il volume minimo, in modo da far svegliare solo me, e non tutta la casa, nel caso in cui mi fossi addormentata.
La presi tra le mani e la spensi. Vidi l’ora.
4:00.
Con estrema lentezza, mi tolsi le coperte di dosso e scesi giù dal letto. La sera prima mi ero coricata con i vestiti addosso, per non fare troppo rumore. Infilai le scarpe, presi la borsa, e lasciai un bigliettino per i miei genitori sul mio cuscino.
 Sto bene. Non preoccupatevi. Quando torno, al massimo domenica mattina, accetterò la punizione che mi merito.
Aprii la porta e scesi veloce le scale, con il cuore sottosopra.
 
 
Maria mi schioccò le dita davanti la faccia più volte, ridendo. Anche lei era molto bella, e anche lei aveva venti, ventuno anni. Mi chiedo cosa ci facessi io lì in mezzo. Stonavo completamente tra quelle due bellissime ragazze. Loro si conoscevano da più tempo, andavano addirittura nella stessa università.
Non era la prima volta che ci incontravamo, però. Io, per non so quale fortuna, abito a dieci minuti da Salerno, in una piccola città che avevo più o meno sempre odiato. Chi l’avrebbe mai immaginato che mi avrebbe dato l’opportunità di incontrare due Echelon come loro.
Chi avrebbe immaginato che, abitando lì, c’eravamo potute incontrare in un bel bar per chiacchierare con una bella coppa di gelato davanti.
“Scusa, ero sovrappensiero.”
“L’avevo notato!”
“Sei sicura.. sicura?” aggiunse Rosa.
“Si, non ti preoccupare! Per i Mars faccio questo e altro!”
Entrambe sorrisero, comprendendo quanto fossero importanti per me. Queste sono cose che solo se sei Echelon puoi capire.
 
 
Andammo alla stazione di Salerno, e salimmo sul treno che doveva portarci a Roma. Se solo fossi dovuta andare da sola, mi sarei persa. Probabilmente avrei preso un treno che mi avrebbe portato da tutt’altra parte.
Peccato solo che non ci fosse anche Jessica con noi. Sarebbe stata una bella occasione per incontrare anche lei.
Il mio primo concerto con alcune delle Echelon migliori che avessi mai incontrato. Che sogno.
Mi portai il palmo delle mani davanti la bocca, aperta a fare uno sbadiglio. La stanchezza iniziava a farsi sentire.
“Dai dormi. Faremo dei turni, e ti chiameremo quando sarà il momento del tuo. Su, che sei stanca.” Più che la ragione, fu il sonno a farmi acconsentire. Non volevo approfittare troppo della loro gentilezza, ma una giornata dura mi aspettava, e se avessi voluto resistere per tutto il concerto avrei dovuto per forza dormire, anche solo un pochettino.
Mi addormentai, cullata dal pensiero che solo poche ore mi dividevano dal mio sogno più grande.
 
 
Un tamburellare leggero iniziò sulle mie spalle.
Piano piano aprii gli occhi, e la luce mi accecò.
“Ei c’è già il sole? – dissi sgranchendomi – ..avreste dovuto chiamarmi prima, anche a me tocca un turno di guardia!”
“E infatti ti ho chiamato per questo. È appena finito il mio, ed adesso inizia il tuo. Non fare troppo rumore, Maria ha il sonno leggero e deve dormire. Ha fatto il primo turno di guardia, e quando mi ha svegliata era semidistrutta.. povera! – mi guardò mentre mi stropicciavo l’occhio - .. sei sicura di farcela? Posso continuare io se vuoi..”
“Nono, ce la faccio. Dormi pure.” Le sorrisi.
Cercò di mettersi più comoda possibile sulle poltroncine del treno.
“Notte!” bisbigliai. La vidi sorridere e la lasciai in pace.
Mentre cacciavo il termos dalla borsa rimurginai sul sogno che avevo appena fatto. Come al solito, come ogni notte dell’ultimo periodo, sognai i Mars. Addirittura la sera prima della beatificazione del Papa avevo sognato una conferenza stampa a cui anche loro erano stati invitati, e io gli sedevo vicino come se nulla fosse. Cosa cavolo c’entravano il Papa e una band? *
Ricordavo solo la figura di Shannon che mi porgeva la mano, e poi nulla. Un buco nero occupava tutto il resto.
Mentre mi scervellavo, mi versai un bel bicchierino di caffè. Da sola non ce l’avrei mai fatta a resistere tutta la giornata. Avevo preparato tre volte la macchinetta gigante e l’avevo travasato nel termos rosso.
Iniziai a girare il liquido nel bicchierino, e un pensiero si fece spazio nel mio cervello. Erano le sette. Quanto ci avrebbero messo ad accorgersi che ero scomparsa?
Nemmeno fossi telepatica, la tasca del mio pantaloncino iniziò a vibrare.
Mamma.
Santo Tomo. E adesso che le dicevo?
Mi alzai, per non disturbare Rosa e Maria, e mi allontanai arrancando per il treno per non cadere. Avevo un equilibrio pari a zero.
Premetti il pulsante per aprire la conversazione, e prima di tutto abbassai il volume a uno. Le urla si sarebbero sentite per tutto il vagone altrimenti.
“Pronto..?”
“PRONTO? PRONTO? IO TI STACCO LA TESTA STUPIDA CHE NON SEI ALTRO! MA COSA TI SALTA PER QUEL CERVELLO? DOVE SEI?”     
“Mamma stai calma. Sto in treno. Sto bene”
“In treno? Ma tu sei pazza! Quei tre ti hanno fuso il cervello! Quando torni facciamo i conti!” mi vennero le lacrime agli occhi. Sapevo che avevano ragione, ma non provavano a fare neppure un passo nella mia direzione.
“Ci sei ancora?” disse, mentre la rabbia sbolliva.
“Si mamma, ci sono. – dissi tra le lacrime – Ti ho detto che sto bene. Sto con brave persone. Sono molto affidabili. Ormai è fatta, non posso tornare indietro. Ti chiamo più tardi per dirti come sto.” Mi mordevo il labbro per trattenere le lacrime, ma era tutto inutile. I passeggeri iniziarono a guardarmi curiosi, e io mi nascosi vicino la porta per sfuggire ai loro sguardi.
“Va bene. Stai attenta. E ormai che ci sei, goditela questa esperienza. Fammi sapere.” Chiuse il telefono, e capii che dovevo dimenticarli. Mi sarei rovinata la giornata pensando a loro per tutto il tempo. A questo punto, era meglio viverla al meglio, perché la punizione sarebbe comunque arrivata.
Tornai al posto, e non sapendo come ammazzare il tempo, presi il mio piccolo Mp3 rosso e iniziai ad ascoltarli. La voce di Jared si insinuò nelle mie orecchie, e un senso di pace mi invase.
Se avevo loro, avevo tutto.
 
 
Arrivammo a Roma che erano le otto. Facemmo una corsa per arrivare alle Capannelle, e non ci stupimmo di trovare già qualcuno appostato ad aspettare. Anzi, le nostre previsioni erano state molto più pessimistiche.
Mangiammo, giocammo, e conoscemmo persone nuove.
Molti mi dicono che sono stupida, che sono ingenua. Come posso fidarmi così di persone conosciute in internet? Fosse stato un altro caso, davvero non mi sarei fidata. Ma erano Echelon. Erano mie sorelle, miei fratelli. Come facevo a dubitarne? Soprattutto quando si parlava di persone come Rosa e Maria?
 
 
Alle nove, finalmente, si aprirono le porte. Non avevamo il Golden Ticket, ma trovammo comunque posti molto avanti. Con un po’ di fortuna, Jared si sarebbe buttato dalla nostra parte.
Ovviamente non arrivarono subito, e ci fecero aspettare molto per essere degnati della loro presenza.
Mi venne quasi un colpo a guardare Shannon. Cavolo, era bellissimo. E quella sua batteria, quel suo modo di suonarla. Li amavo, amavo tutto di loro.
Tomo, per fortuna, si era fatto ricrescere la barba. Avevo paura di vederlo ancora con la faccia spoglia e solo due baffetti sul labbro superiore. Sarei salita sul palco e lo avrei preso a padellate.
E Jared. Beh, era Jared. La sua voce.. credo che non la dimenticherò mai. Non dimenticherò mai il suo modo di coinvolgere il pubblico, la sua danza sfrenata, il suo modo di vestirsi buffo. Non dimenticherò mai quella serata. Quando aprirono con Night of the hunter, iniziammo a cantare come delle forsennate. Urlavamo, ridevamo, ci emozionavamo. E soprattutto al suo “Everybody jump now” iniziammo tutti a saltare. Non mancarono piedi che schiacciavano i miei, e i miei che schiacciavano quelli altrui, ma era uno spettacolo che toglieva il fiato. Sembrava un insieme di tante piccole di onde, che cercavano di toccare il cielo.
E per la prima volta, quella notte, anche io ci riuscii.
 
 
A beautiful lie. Attack. Vox Populi. This is war. Closer to the edge. Durante quest’ultima Jared saltò tra il pubblico, e arrivò anche di fronte a noi. Quasi buttammo a terra le ragazze davanti a noi per terra per toccarlo.
Tutte quelle canzoni, sentite milioni di volte, sembravano far breccia nel mio cuore come la prima. Le conoscevo a memoria, ma era come se non le avessi mai sentite. Mi facevano emozionare, mi facevano arrivare il cuore a mille battiti al minuto.
Il momento più esilarante della serata fu quando Jared lanciò del “sangue” su tutti noi. Io mi misi a ridere, ma Rosa quasi sbiancò. Non me ne accorsi subito,  ridevo per le macchie rosse sulla mia faccia. Ma quando mi girai verso di lei la vidi con occhi sgranati.
“Rosa?? Ti senti male?” dissi preoccupata. Anche Maria si girò, e assunse un’espressione eco della mia.
“Mi.. mi..” balbettò, senza muoversi di un millimetro.
“Mi cosa?” la scossi leggermente.
“Mi si è sporcata la maglietta? Guarda se mi si è sporcata la maglietta!” quasi iniziò ad urlare.
Io mi sarei messa a ridere, se la sua faccia non fosse stata bianca cadaverica.
“No.. nemmeno una macchiolina!” ebbe il coraggio di abbassare la testa, e di controllare da sé le condizioni attuali del suo indumento.
Tirò un sospiro di sollievo, poi si girò verso Jared e con un’espressione incavolata, come mai avevo visto in vita mia, iniziò ad urlare: “DIVA! SE MI SPORCAVI LA MAGLIETTA, VENIVO LI’ E TI RAPAVO I CAPELLI A ZERO! ANZI, TI SPACCAVO IL BLACKERRY!” io e Maria ci guardammo e iniziammo a ridacchiare, mentre tutti intorno a noi ci guardavano scioccati.
 
 
Quando Jared annunciò l’ultima canzone della serata iniziai a piangere. Search and destroy. Cantavo più forte di prima, pur essendo tanto stonata da sembrare una gallina strozzata, e comunque la mia voce era solo un flebile rumore in mezzo a quell’oceano di voci. Un coro, un coro tanto omogeneo da sembrare di una sola persona. Un coro vivo.
Cantavo, ma volevo che durasse per sempre. Ogni nota era tanto bella quanto faceva male, perché sottraeva a quel poco tempo che rimaneva altri secondi, portando la serata sempre di più verso la fine.
Guardai Shannon. Amavo il suo modo di suonare, la grinta che ci metteva nel battere le bacchette su piatti e tamburi. L’avevo sempre visto in foto o in video, ma adesso che mi stava a qualche metro di distanza non l’avevo mai sentito così lontano. Come quando avevo saputo del loro concerto ma i miei genitori mi avevano detto di no. La cosa più brutta era avere l’opportunità di realizzare i propri sogni tanto vicina da sfiorarla, ma tanto lontana da sapere che non potrà mai avverarsi.
Piansi ancora più forte, mentre cantavo sempre più piano le ultime parole della canzone.
A million little pieces. A million little pieces to start.
 
 
Iniziammo a correre sempre più veloci fuori dallo stadio. La band ci aveva salutato tutti, ed ero riuscita ad acchiappare anche una delle bacchette che Shannon lanciò su di noi. Quasi non mi ammazzai, e non ammazzai quelle attorno a me, ma ci riuscii. Ero felice come mai in vita mia.
Rosa mi prese la mano, e io afferrai quella di Maria, così non ci saremmo perse.
Avevano architettato un modo per incontrarli, almeno per avere una foto e un autorafo. Dovevamo solo correre più veloce che potevamo.
Uscimmo, e invece di dirigerci vicino ai cancelli dove tutte le Echelon andavano ad aspettarli, deviammo per un’altra via. Faceva tutto un giro intorno alle Capannelle, e praticamente arrivava al parcheggio da dove sarebbero usciti i Mars con il loro bus. **
Probabilmente non ci saremmo riuscite ad arrivare in tempo, perché la strada era lunga e noi eravamo stanche. Ma ci incitavamo tutte e tre a vicenda per non mollare.
Avevamo non più di mezz’ora per arrivare alla meta, e dopo venti minuti ancora non la vedevamo neppure da lontano.
“Dove sta?” “Ci siamo perse?” iniziammo a chiedere io e Maria, ma Rosa disse sicura di fidarsi di lei. Ci fidammo, e facemmo benissimo. Dopo due minuti ecco l’enorme cancello del parcheggio, e urlammo di gioia. Purtroppo, avevamo il fiato corto ed eravamo stanchissime. Vedemmo in lontananza un bus che partiva. Più si avvicinava, più disegni della band si facevano nitidi sulle fiancate. “NO! Non dopo tutta questa fatica!” urlò disperata Maria. Veniva nella nostra direzione, e non sapevamo che fare. Io mi fermai, provai a riflettere qualche secondo e provai a fare l’unica cosa che li avrebbe costretti a fermarsi: mi piazzai al centro della strada, con le mani sui fianchi e uno sguardo di sfida. ***
Preferivo finire sotto le ruote di quella macchina, più che tornare a casa senza un loro autografo.
Inizialmente iniziai a sudare freddo, quando vidi la macchina non accennare a fermarsi. Ma ecco che, a pochi metri da me, decellerò e si arrestò di colpo.
Si aprì una porta, e uscì Shannon, bello come il sole.
“Ma che ca..” imprecò guardandoci sbalordito.
Mi accasciai a terra, morta di paura. Mi ero vista davvero travolta da quel veicolo.
Tante voci mi corsero incontro, e tra tutte sentii quella del batterista: “Ma questa è proprio pazza! Perché si è piazzata così di fronte al nostro bus?” disse verso Rosa.
“Non lo so. – era leggermente rotta la sua voce. Fossi stata io, mi sarei ammutolita dall’emozione. Cavolo, parlare con SHANNON LETO! – noi avevamo solo programmato di venire nel vostro parcheggio, non di farvi fermare a costo della vita!”
“State dicendo che uscite dal concerto? Avete fatto tutto questo giro per venire da noi?” disse, più sbalordito di prima. Credo che una delle due annuì, perché continuò: “Cavolo, siete tutte matte. Venite con noi nel bus, siete distrutte. Vi rimetterete un po’, non resistereste un minuto a camminare ancora. E poi con questa mezza svenuta non andrete lontano.”
Ridacchiarono, e io mi unii a loro. Stavo per entrare nel bus dei Mars? Volevo che mi pizzicassero le guance, solo per provare che tutto ciò fosse vero.
Qualcuno mi alzò in braccio, non so dove trovò la forza. Con sforzo alzai la testa, e trovai la faccia di Shannon. Il mio cuore iniziò a battere impazzito, e accennò a calmarsi solo quando mi deposero su una delle poltroncine. Mi portarono un bicchiere d’acqua, e mi sentii subito meglio.
“Ei stai bene?” con un sorriso caldo, si abbassò alla mia altezza.
“Si..” dissi, intontita.
“Non sembra!” disse, prendendomi in giro.
“No sto bene, davvero. Solo che..” mi morsi il labbro.
“Che?” mi incitò a continuare.
“CHE TU SEI SHANNON LETO!” gli occhi mi si illuminarono, e gli saltai al collo, ritrovando il vigore non so come.
Rise. Che bel suono che era. Iniziai a frugare nella borsa, presi il mio CD e la mia penna. Mi feci firmare un autografo, poi corsi ad abbracciare Jared e Tomo e feci aggiungere alla prima anche le loro firme. Era un sogno.
Anche Rosa e Maria si erano attrezzate, e chiedevano autografi e foto. Iniziai a farne alcune a tutti, dal gruppo intero a piccole coppie. Maria non aveva occhi che per Tomo, e io e Rosa ci dividevamo i fratelli Leto. Mi feci autografare anche l’mp3 da Shannon con il pennarello indelebile.
 
Iniziammo a ringraziare con le lacrime agli occhi la nostra band. “Era il minimo che potessimo fare per tutto quello che avete fatto per incontrarci. Cavolo, non ho mai visto nulla del genere!” disse Jared, e tutti iniziammo a ridere.
“Fosse solo questo..” mi lasciai scappare, con un sorriso amaro sulle labbra.
“In che senso?” disse Tomo.
Mi morsi ancora il labbro, e Rosa rispose al posto mio. “Annarita.. beh, non aveva proprio il permesso di venire al concerto. In poche parole, è scappata di casa.” Loro sgranarono gli occhi, e io sorrisi.
“Non è nulla. Sarei disposta a stare in punizione fino alla maggiore età pur di rivivere quello che ho vissuto stasera!” si guardarono negli occhi, e ci regalarono anche una felpa per ciascuna. Iniziai di nuovo a piangere. “Grazie grazie grazie!” urlammo in coro.
La serata non poteva andare meglio di così. In lacrime, ci salutammo. Loro sorridevano, noi piangevamo. Ci promettemmo di vederci al prossimo concerto, magari quando anche i miei genitori consentivano.
Mentre scendevamo gli scalini, Shannon mi chiamò. Mi girai, e me lo trovai a un centimetro dalla faccia. Neppure il tempo di vedere il suo sorriso, che annullò la distanza tra noi due e le sue labbra si posarono sulle mie. Fu un bacio breve, ma tanto dolce e bello.
“Volevo solo che questa serata per te fosse indimenticabile! Alla prossima!” disse, quando, troppo presto, si staccò da me. Mi fece l’occhiolino, e mi spinse giù dal bus.
Incredula, li guardai allontanarsi.
Anche passandola tutta chiusa in casa, quella sarebbe stata l’estate più bella della mia vita. Avrei accettato qualsiasi punizione, dopo aver vissuto quell’esperienza.
Al prossimo concerto, Mister Leto.
 
 
* Questa cosa è vera, il giorno prima della beatificazione del Papa li ho davvero sognati ad una conferenza stampa con lo stesso, e c’ero anche io. Seduta comodamente su un divanetto verde in mezzo ai fratelli Leto!
** Questa cosa me la sono inventata. Non so nemmeno dove o come siano le Capannelle. Quindi se a qualcuno venisse in mente di seguire quello che ho scritto io, vi dico già da prima che credo sia impossibile! xD
*** Non vi consiglio di fare nemmeno questo ._.

See you soon! :) 
  
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