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Autore: Shatzy    06/05/2011    5 recensioni
Era così che ci sentiva, quindi.
Era stato piuttosto scettico all’inizio, l’idea di mettersi in mostra davanti a tutta la sua nuova scuola non lo entusiasmava per niente. O meglio, lo entusiasmava del tutto, ma non era il caso di rovinarsi la sua inesistente reputazione dopo appena una settimana di permanenza alla Dalton. Non dopo tutto quello che aveva passato.

(Cinque volte in cui Blaine si è sentito una rockstar e una in cui ha preferito non esserlo)
Dedicata a Roby - [SPOILER su tutta la serie][Klaine]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: i personaggi non sono miei e la storia non è scritta a scopo di lucro. Le canzoni citate sono dei rispettivi autori (credits alla fine) e il titolo è ripreso da "When Harry met Sally" ("Harry ti presento Sally").

SPOILER su tutta la serie.



Questa storia 5+1 su Blaine è dedicata alla mia folle compagna di fangirlamento insensato notturno, nonché spacciatrice di fiducia di materiale klaine e prima fonte informativa al riguardo.
Grazie infinitamente per tutte queste settimane di risate, di sclero durante lo hiatus e sclero ancor maggiore durante le puntate, di rapimenti premeditati, di parole scritte in maiuscolo che attentano alla nostra ormai persa sanità mentale e di sigle che tanto non capirò mai.
Spero che this could not be the end of everything, altrimenti dovremmo andare anche noi somewhere only we know (che potrebbe benissimo essere tumblr, oppure una certa AU a caso). No ok, questa l’ho scritta solo per farti ricordare quella scena e scioglierti, così da non prestare troppa attenzione alla fanfic XD E boh, spero gradirai, mi sentivo di scriverti qualcosina visto che sei stata sempre tanto carina con me.
E pensa che il regalo più bello te/ce lo hanno fatto RIB in una parola. Endgame.
Buon Compleanno, Roby <3   



When Blaine met Kurt



1

Forever trusting who we are
And nothing else matters


Era così che ci sentiva, quindi.
Era stato piuttosto scettico all’inizio, l’idea di mettersi in mostra davanti a tutta la sua nuova scuola non lo entusiasmava per niente. O meglio, lo entusiasmava del tutto, ma non era il caso di rovinarsi la sua inesistente reputazione dopo appena una settimana di permanenza alla Dalton. Non dopo tutto quello che aveva passato.
Non riusciva bene a capacitarsi di come la cosa fosse nata, quei suoi due nuovi amici, se così poteva definirli, lo avevano preso in confidenza da subito, e avevano insistito così tanto nel fargli assistere ad una performance dei Warblers dopo averlo sentito cantare durante l’ora di ginnastica che non aveva potuto rifiutare.

“E’ normale qui dentro spiare la gente sotto la doccia?” aveva urlato Blaine, cercando quantomeno di coprirsi con l’asciugamano.
“Oh, è più comune di quanto non sembri, la metà dei Warblers, David incluso, è stata reclutata in questo modo. Ora vestiti, ci stai facendo fare tardi”.
“Non mi lascerete alla mia privacy, vero?” provò, totalmente ignorato dagli altri due, persi ormai in chissà quale assurdo discorso.
Blaine sospirò, afflitto, recuperando la sua divisa ordinatamente riposta sulla panca per poi affrettarsi ad asciugarsi. Di persone strane come Wes e David ne aveva conosciute parecchie, nella sua vita da adolescente gay, la cosa non lo stupiva poi molto, tanto che non replicò al “Wes, non pensi sia adorabile?” e nemmeno al “Non me lo dire, ho sempre voluto un amico gay! Hai idea di quanto possa essere utile con le ragazze?”
Erano simpatici, a modo loro. Erano i suoi primi amici.
E se ci mise più tempo del previsto a riconoscere il profondo rispetto nello sguardo dei due dietro quelle vuote parole che dicevano per farlo sentire a suo agio, fu solo perché era qualcosa che non aveva mai visto prima.

Ne era rimasto sorpreso: un Glee Club davvero apprezzato da tutti, senza prese in giro o comportamenti al limite della violenza. Anzi. I Warblers erano effettivamente le rockstar della scuola.
Wes e David lo avevano praticamente costretto a fare un’audizione, minacciando di far sapere al mondo il suo piccolo segreto.

“…Il fatto che sono gay?”
“Wes si riferiva alla tua collezione di CD e poster di Katy Perry”.
“Esatto. Un ragazzo non sarà mai in grado di cantare una sua canzone”.
“Io ci riesco!”
“E allora dimostracelo”.

Ed era così che ci si sentiva, quindi, ad essere libero di mostrare se stesso, la propria voce, il proprio carattere o al proprio orientamento sessuale – “Noi siamo etero” gli aveva detto subito Wes, scrollando le spalle. ”David ha la pelle scura, io ho un sorriso perfetto e tu hai degli strani capelli ricci. Siamo nati così, non ci possiamo fare niente”.
Sentire su di sé quegli sguardi di accettazione, di stima, pieni di quel rispetto che si stava già guadagnando, notare come gli altri partecipassero alla sua canzone, battendo il ritmo con una mano o un piede, ascoltare qualcuno che lo accompagnava in un coro improvvisato, e quei sorrisi sinceri… Era la prima volta che si sentiva così. Non c’era più motivo di nascondere se stesso o il suo talento di fronte agli altri, non c’era motivo di avere paura. In quella gabbia lussuosa che era la Dalton poteva mostrare ciò che teneva dentro. Talento. Energia. Carisma.
Finalmente aveva trovato qualcosa per cui ringraziare suo padre: il trasferimento lo aveva liberato, e non sarebbe mai tornato indietro. Mai.
Mentre la sua esibizione giungeva al termine, con le ultime note perfettamente intonate e un sorriso aperto sulle labbra, pensava che era così che ci si sentiva, una volta in pace con se stessi.
Era così che ci si sentiva ad essere una rockstar. Ed era certo che non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
Nulla.

“Blaine Anderson, con voto unanime ti diamo il benvenuto tra i Wablers”.




2

Let the music take us over.
we'll fall into forever, all is right,
’cause I got you where I want you.

“Cos’erano quelle occhiate?”
“Cosa?”
“Cos’era tutta quella performance, vorrai dire, Wes”.
“Esatto! Cos’era tutta quella performance?”
“Non so di cosa stiate parlando…”
Gli altri due si limitarono a guardarlo in modo eloquente, con un’esatta espressione scettica sui volti. Blaine sospirò, allentandosi di poco la cravatta.
“Era solo una prova” spiegò, poco convinto perfino con se stesso.
“Davanti alla spia del McKinley” commentò Wes.
“All’adorabile spia del McKinley” precisò David.
L’altro arrossì leggermente dall’imbarazzo, decidendo che era il momento di cominciare i compiti. Tutto, pur di evitare quel discorso con quei due. “Era una sorta di sfida, dovevamo pur fargli vedere quanto siamo bravi come rockstar, no?”
No, sembravano dire le sopracciglia alzate dei suoi amici, ancora profondamente scettici. Eppure non mancò di notare il sorrisetto d’intesa che andava formandosi sulle loro labbra. Un ghigno, più che altro.
“E devo consegnare la relazione di letteratura entro domani, quindi ora sparite” li cacciò aprendo svogliatamente un libro, e stranamente i suoi amici non fecero troppe storie, scomparendo oltre la porta mentre ridevano.
Non sapeva bene che gli era preso, Kurt – non c’era niente di male se dopo appena due ore cominciava già a chiamarlo per nome nei suoi pensieri, vero? – lo aveva in qualche modo stimolato, forse perché era la prima persona fuori la Dalton per cui poteva esibirsi. Sì, era sicuramente per questo motivo se tutta la sua performance – Teenage Dream, cavolo!, era Katy Perry! Doveva dare il massimo! – l’aveva rivolta a lui, di certo non c’entravano quei due occhi azzurri da cui non era riuscito a staccarsi nemmeno per un secondo.
Era bello cantare per qualcun altro, una volta ogni tanto, era gratificante rendere partecipe qualcun altro del proprio talento, soprattutto se era uno come Kurt, che sicuramente apprezzava, e che sicuramente aveva una voce dal tono dolce e delicato e-
Il suono del suo telefono lo riportò alla realtà, e ci mise qualche secondo per ritrovarlo sotto la valanga di fogli sul tavolo. Non riuscì ad evitare un sorriso quando notò il mittente del messaggio.
Grazie del caffè. Kurt.
Avere un pubblico gli piaceva, essere al centro dell’attenzione rafforzava il suo ego così seriamente messo a dura prova nella sua vecchia scuola. Essere la migliore rockstar della Dalton era qualcosa di elettrizzante e totalizzante.
Ma per la prima volta, forse, si era reso conto che essere una rockstar per qualcun altro, oltre che per se stesso, era molto, molto meglio. Era come se fosse tutto al proprio posto.




3

But you won't get to see the tears I cry
Behind these hazel eyes

“Kurt, ehi! Che ci fai qui? Ti stai perdendo i festeggiamenti in stile Warblers, sappilo!”
Kurt si voltò verso il suo leader, con un mezzo sorriso imbarazzato. Il corridoio era silenzioso, tutto il contrario delle stanze dove i due gruppi vincitori stavano festeggiando il risultato.
“Blaine… Che ci fai tu qui?” si ritrovò a chiedere.
“Ti stavo cercando” sorrise. “Pensiamo di andare a cena tutti insieme, più tardi, e non sono ammesse scuse di alcun tipo” sentenziò, allungando la mano. Quando vide che Kurt non aveva l’intenzione di afferrarla, spostando invece il peso da un piede all’altro, a disagio, la ritirò, confuso. “Allora, che ne pensa il nostro nuovo acquisto della nostra esibizione alle Locali?” si ritrovò a chiedere, cambiando discorso.
E lo sapeva che erano stati assolutamente impeccabili.
“Oh, sei stato perfetto, Blaine, come sempre” chiarì Kurt, con uno sguardo a metà tra l’adorazione pura e qualcosa che sembrava delusione.
L’altro si limitò a un sorriso pieno di soddisfazione, prima di riprendere il discorso: “Allora? Se ti siedi accanto a me sull’autobus possiamo discutere dell’abbigliamento dei giudici, che ne dici?” propose, e in uno slancio di sicurezza prese saldamente la mano dell’amico nella sua.
Kurt arrossì, poté notarlo benissimo – e lo trovò adorabile -, ma non gli sorrise in quel modo dolce che tanto gli piaceva, né tantomeno mosse un passo nella sua direzione. Rimase lì, immobile in mezzo a quel corridoio ora troppo silenzioso, con la mano nella sua. “Ho… Ho promesso a Finn e agli altri di stare con loro, stasera” ammise con lo sguardo rivolto al pavimento, arrossendo ancora di più.
“Oh” Blaine non sapeva davvero cosa dire. Strano, le parole non gli erano mai mancate, si era sempre ritenuto un ragazzo spigliato e sicuro di sé, eccetto in un campo. Non che fosse quello il caso, lui e Kurt erano solo amici.
“Mi dispiace” si affrettò ad aggiungere l’altro, guardandolo ora negli occhi.
E Blaine capì che di fronte a quello sguardo era totalmente inerme. “No, figurati! È la tua famiglia, e… be’, sono i tuoi amici. Ci vediamo lunedì a scuola, ok?” chiese, quasi a volere una conferma inutile.
Ed erano ancora lì, in quel corridoio, mano nella mano, senza riuscire a dirsi effettivamente qualcosa di sensato.
“Certo. Lunedì” confermò Kurt.
“Mi fai sapere quando arrivi a casa? Cioè, se vuoi, ovviamente” si corresse, dopo che le parole gli erano uscite dalla bocca senza alcun preavviso.
“Mi fai sapere se ci saranno sopravvissuti alla cena di stasera?”
Blaine gli strinse la mano, rispondendo più apertamente al sorriso abbozzato di Kurt.
Rimasero qualche secondo più del necessario lì, immobili, prima che entrambi, nello stesso momento, lasciassero andare la mano dell’altro. Kurt sillabò un secondo “Mi dispiace”, prima di voltarsi e correre verso la stanza delle New Directions. Blaine guardò l’angolo dietro cui era sparito l’amico, prima di fissare il palmo della sua mano, vuoto.
Non capiva davvero qual era il problema. Avevano vinto una competizione, presto sarebbero andati alle Regionali, e questo era un sogno che si avverava. Anche perché il merito era principalmente suo, lo sapeva bene. Si era guadagnato il palcoscenico con il suo talento, cosa c’era di male? Perfino suo padre sarebbe stato orgoglioso di lui, se solo Blaine avesse avuto il coraggio di dirgli della gara.
Non riusciva a capire quella sensazione spiacevole da dove nascesse, era come se mancasse qualcosa. La gloria riservata alle rockstar l’aveva appena provata, ed era inebriante, era davvero il momento di perdersi a riflettere su cose di così poco conto? Doveva proprio rovinarsi la vittoria?
Non sapeva se era l’espressione delusa che aveva visto sul viso di Kurt, o il fatto che non fosse lì con lui a festeggiare, insieme al resto del gruppo. Quello che sapeva era che essere una rockstar da solo non aveva molto senso.
La sua mano ora era terribilmente fredda.




4

I just wanna have you always near
You are the one It's not just for fun

“Ehi!”

Blaine si accanì ancora una volta contro la porta, inutilmente.
“Ehi! Se c’è qualcuno là fuori faccia qualcosa! Wes! David! La prossima volta che vi vedo vi uccido!”
Un altro colpo, ma la porta in legno massiccio non si mosse, né tantomeno si aprì.
Sbuffò, prima di lasciar perdere del tutto. Evidentemente non c’era più nessuno nel corridoio, e non sapeva quando e se qualcuno sarebbe tornato a controllare l’aula di canto.
“Kurt, mi dispiace, non so come sia potuto accadere” si scusò, avvicinandosi all’altro seduto sul divano in pelle. La luce del tardo pomeriggio che entrava dalle grandi finestre della stanza gli illuminava la pelle chiara in un modo che Blaine trovò affascinante. Molto.
“Come vuoi che sia accaduto, Blaine? Ci hanno chiuso qui dentro volontariamente” rise Kurt, per poi fare posto sul divano al ragazzo.
Ragazzo che sbuffò, di nuovo. “Credo ne abbiano abbastanza del nostro duetto”.
Kurt sgranò gli occhi, chiedendo allarmato: “Dovremmo cambiare idea?”
“Dovremmo ucciderli tra atroci sofferenze” chiarì Blaine, seppur con un mezzo sorriso.
“Ma dai… Solo perché ci hanno chiuso qui…” provò l’altro, leggermente imbarazzato. “Poteva andare peggio” concluse, fissando con interesse il pavimento.
Blaine sorrise, prendendogli entrambe le mani tra le sue. “Non avrai problemi se torni a casa più tardi del previsto? Non ho idea di quando ci tireranno fuori di qui” chiese, apprensivo.
Kurt scrollò le spalle, bene attento a non perdere il contatto con le mani di Blaine. “Ho detto che in questi giorni sarei stato più impegnato con le prove per le Regionali, sto tornando sempre più tardi del previsto”.
“Be’, non solo per quelle”.
Kurt arrossì velocemente, e solo notando quel colorito improvviso Blaine fece caso a ciò che le sue stesse parole implicavano, arrossendo a sua volta.
“Nel senso che… be’…”
“…Stiamo facendo pratica” concluse per lui l’altro.
Si ritrovarono in un silenzio stranamente imbarazzato, dopo quelle prime giornate tra carezze delicate e baci veloci, poi si guardarono negli occhi per scoppiare a ridere l’attimo dopo. In fondo non c’era mai stato imbarazzo tra loro, non era il caso di cominciare adesso.
“Allora, pronto per conquistare il tuo primo pubblico?” chiese Blaine, lasciandogli le mani e mettendo in ordine gli spartiti sparsi sul tavolino di fronte. Dovevano proprio smetterla di lanciare i fogli in aria ad ogni prova, era snervante rimettere tutto in ordine dopo.
Kurt annuì piano, non del tutto convinto, con quei suoi grandi occhi sgranati. “Sicuro…”
L’altro sorrise, intenerito. “Spaventato?”
“Chi, io? Solo perché è la prima volta che canto un assolo in una competizione importante? O perché lo canto con te?”
Blaine gli si avvicinò, accarezzandogli piano una guancia. “Vedrai, dopo non potrai più fare a meno di sentirti una vera rockstar” ammise.
“Preferisco essere una diva” precisò Kurt, facendo ridere Blaine. “Sei sicuro che ti vada bene? Dividere il palco con me. Non lo hai mai fatto” domandò poi piano, spostandosi leggermente da quella vicinanza improvvisa. Non che gli dispiacesse, anzi, ma non riusciva a mettere in fila due pensieri coerenti a quella distanza dalle labbra di Blaine, figurarsi ad esprimerli a parole. “Non che abbia mai avuto intenzione di rinunciare a questa occasione di stare sotto i riflettori, sia chiaro”.
E in effetti, in quel momento, Blaine sembrò riflettere per la prima volta su cosa significasse quel duetto con Kurt. Dividere la scena, dividere la gloria, dividere il proprio posto in vetta. Eppure, in quel momento, non gliene importava assolutamente nulla.
Si limitò a sorridere, sinceramente, pensando a quanto le cose potevano cambiare in poco tempo. “Assolutamente” gli rispose, prima di sfiorare le sue labbra con le proprie.
Kurt si ritrasse appena, guardando la porta. “Pensi che dovremmo dirglielo? Agli altri, intendo. Dire che…”
“Che stiamo insieme?” concluse, mentre l’altro annuiva piano. “Penso avremmo dovuto dirglielo subito, almeno ora non ci ritroveremmo chiusi in questa stanza per chissà quanto tempo ancora” ammise, sbuffando per l’ennesima volta e distanziandosi da Kurt. “Non riesco a crederci che l’abbiano fatto! Dovrebbero essere i nostri amici!”
“Considerando che ci hanno lasciato i telefoni, e che l’unico che possiamo chiamare per farci liberare è qualcuno da Lima, visto che nessuno dei Warblers intende rispondere, direi che abbiamo ancora un paio di ore di autonomia” precisò Kurt, facendo un rapido calcolo.
Blaine lo guardò perplesso, per poi avvicinarsi di nuovo. “Dici che possiamo esercitarci ancora?” propose, indicando gli spartiti sul tavolo.
“Dico che è un’ottima idea” confermò, passandogli le braccia intorno al collo.
E no, non era un gran problema dividere la scena con Kurt. Era piuttosto bravo nei duetti.




5

One thing I can tell you is you got to be free.

Non riesco a decidere cosa indossare domani. Troppe opzioni, finalmente.

Dopo appena due ore da quando lo aveva aiutato a riportare a casa tutto ciò che gli era servito alla Dalton – e i libri sembravano davvero infiniti, oltre che pesantissimi – Blaine si trovava nell’aula di coro, appoggiato a una delle grandi finestre della stanza, così intento a fissare il suo telefono da non far caso nemmeno al vociare in sottofondo.
Erano passate appena due ore, diamine!, com’era possibile che Kurt già gli mancasse così tanto?
Eppure, non era riuscito ad impedirsi di scrivergli un semplice messaggio, ricevendo una ben più che aspettata risposta, considerando quanto Kurt amasse la moda. Se lo immaginava perfettamente con tutti i suoi vestiti sparsi sul letto mentre tentava di abbinare i capi in modo estremamente vistoso.
Blaine sorrise. La divisa proprio non faceva per lui.

Mi fido del tuo istinto. Sarai bellissimo.
E voleva davvero, davvero, essere lì per aiutarlo a scegliere.

Mi chiami domani dopo la scuola? Sicuro che non possiamo proprio vederci?

Non sarebbe cambiato poi molto, se lo erano ripetuti talmente tante volte da non sentirsi più le labbra, se non consideravano tutti quei baci che si erano scambiati. C’erano le ore dopo la scuola e i week-end, avrebbero avuto fin troppo tempo da passare insieme, tra caffè nel loro bar preferito e musical da vedere a teatro.

Prove dei Warblers.
Scrisse solamente, cercando una scusa che reggesse di fronte alle domande inquisitorie di Kurt, e per fortuna non aveva davanti i suoi occhi azzurri, o avrebbe ceduto in meno di un secondo, e addio sorpresa.
Sabato ci esibiamo nella casa di cura e non vogliamo gatti lanciati da vecchiette che non apprezzano il nostro coro perché non abbiamo provato abbastanza.
Aggiunse velocemente.

Non sarebbe cambiato poi molto, tranne il fatto che Kurt sarebbe tornato nella sua vecchia scuola, tra quelli che aveva sempre considerato i suoi migliori amici, pronto a risplendere sotto i riflettori di New York. Kurt non sarebbe più stato lì, alla Dalton, con lui. Ma più che altro, Blaine era spaventato – terrorizzato – che qualcosa potesse andare di nuovo storto, e che la sicurezza del suo ragazzo potesse essere di nuovo in pericolo.

Mi manchi già.

E in quel momento tutte le sue paure svanirono all’istante, e avrebbe voluto dirgli tutto, tutto quanto – che gli mancava anche lui, da morire, che stava preparando una canzone solo per lui insieme al resto del gruppo, per dirgli quanto era stato importante per loro, e quanto ancora lo era - se non fosse stato per Wes che gli aveva poggiato una mano sulla spalla e per David che gli sorrideva apertamente accanto all’altro, come sempre.
“Kurt si è già stancato di te?” gli chiese in tono scherzoso il primo, accennando al telefono.
“Se lo ha riempito di messaggi come ha fatto con noi per chiederci di preparare questa canzone, non me ne stupirei” aggiunse David.
Blaine arrossì. “Non lo ha fatto” dichiarò, piccato.
I due si lanciarono uno sguardo d’intesa, per poi prendere il telefono dalle mani del loro amico e lanciarlo su un divano lì accanto.
“Ehi!” si lamentò Blaine.
“Oh, andiamo, piantala con questo comportamento da principessa Disney innamorata tutta sospirante, ci stai spaventando” cominciò Wes, prendendolo per un braccio.
“E a dirla tutta non è nemmeno uno spettacolo piacevole per gli occhi” concluse David, afferrandogli l’altro braccio.
“Stavo finendo di rispondere a Kurt!” provò Blaine, inutilmente.
“Ora ci sono le prove da terminare”.
“Altrimenti io e Wes saremo i primi a ucciderti, visto che sono giorni che ci fai rimanere alzati fino a tardi, senza contare le sveglie all’alba”.
“E ancora non hai pensato a una scusa decente, dato che domani dovremo saltare delle ore di scuola, e probabilmente qualcuno si farà qualche domanda sul perché tutti i Warblers saranno assenti nello stesso momento”.
“Ragazzi, dico davvero, era un messaggio importante e devo finirlo”.
“Ehi, Wes, ma ci pensi? Domani saremo delle rockstar di fronte a tutto il liceo McKinley!”
“Sto già tremando al pensiero che l’anno prossimo dovremo aspettarci code interminabili di spie! E non sono disposto a questo” disse conciso, indicando lo stato in cui versava il loro amico comune, “per un altro anno”.
Blaine sospirò, venendo trascinato verso il centro della stanza per l’ultima prova della serata, ringraziando mentalmente i suoi amici per avergli evitato di riflettere troppo. Kurt, in fondo, sarebbe mancato a tutti, non solo a lui, e quello era il momento di concentrarsi sulle prove.
Già, domani sarebbe stato il gran giorno, il trasferimento sarebbe stato effettivo. Di certo avrebbero dato il massimo, tutti quanti, davanti a quegli spettatori imparziali che avrebbero trovato. Blaine avrebbe dato il massimo per Kurt. Era così che faceva una vera rockstar, no?

Mi manchi anche tu. Coraggio. Ti




1

How many roads must a man walk down
Before you call him a man?

Era così che ci si sentiva, quindi.
Le luci accecanti, i suoni alti, dirompenti, e tutte quelle persone, quella confusione inebriante, quelle sensazioni così tanto diverse dal solito. Dall’ombra in cui era rilegato, su quella comoda poltrona uguale alle centinaia di altre della platea, Blaine non riusciva a staccare gli occhi dal palco. Da Kurt.
Era così che ci si sentiva, a stare dall’altra parte.

“Non devi farlo per forza” lo rassicurò Kurt, non risultando convincente nemmeno a se stesso. Ma probabilmente non sarebbe stato in grado di convincersi neanche di quale colore fosse di moda quell’estate, sotto le dolci attenzioni di Blaine.
“E perdermi il mio ragazzo che conquista il suo primo palco a New York?”
“Sei… sicuro che non ti dia fastidio?” e lo sapeva cosa implicava. Un cambio di scuola, un altro Glee Club, e la possibilità di partecipare alle Nazionali, che con i Warblers non aveva avuto.
Ma Blaine sorrise, sincero. “A me importa di te”.  

Durante l’esibizione delle New Directions aveva registrato solo parzialmente quello che gli accadeva intorno – le luci, i suoni, le persone che partecipavano caldamente, come ogni volta, di fronte a quel concentrato di carisma – riuscendo a focalizzarsi soltanto su quei ragazzi che tendevano a cacciarsi nei guai troppo facilmente, e che aveva stranamente cominciato a considerare amici.
Era proprio così che ci si sentiva, a non essere una rockstar.
Quello che era strano, quello che appena un anno prima riteneva impossibile, è che gli andava bene anche essere uno dei tanti, uno spettatore sperduto nella platea che guardava con un sorriso innamorato e sincero la sua diva preferita sotto i riflettori.
Non era così difficile rinunciare a tutto il resto, ogni tanto. Da quella prospettiva, in fondo, poteva vedere Kurt da un’ottica tutta nuova, diversa da quando era solo Blaine a guardarlo dal palco, o da quando gli era accanto, sotto lo stesso riflettore.

“E’ che ce l’abbiamo messa tutta”.
“Ci tenevi davvero tanto, vero?”
Kurt si limitò a sospirare, sedendoglisi impercettibilmente più vicino, su quella panchina appena fuori il teatro. Aveva ancora il vestito con cui si era esibito insieme al resto delle New Directions, e sulle spalle la giacca di Blaine.
“A me non importa, anche se avete perso. Sei stato il migliore, là dentro, e si sono accorti tutti del tuo talento”.
“Questo è vero” ammise Kurt con un sorriso, rivolgendo lo sguardo verso un cielo grigio che probabilmente senza tutte quelle luci artificiali sarebbe stato stellato. La giusta atmosfera romantica, con un po’ di fantasia. Si alzò, prendendo poi un profondo respiro e voltandosi verso l’altro, porgendogli la sua mano. “Se mi paghi la cena in questa ultima notte a New York sono sicuro che potrei sentirmi meglio”.
Blaine sorrise, stringendogli la mano. “Niente che un bravo fidanzato non farebbe”.

Essere una rockstar – per se stesso, per qualcun altro, o con qualcun altro – era tutto ciò che aveva sempre desiderato. Davvero.
Solo che Kurt aveva la capacità di farlo sentire una rockstar anche nella vita di tutti i giorni, ed era certo che a questo non avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
Nulla.











---



Le canzoni citate sono, in ordine:
1. Nothing else matter - Metallica 

2. Tonight - Alex Band
3. Behind these hazel eyes - Kelly Clarkson
4. Don't wanna miss you - Catalin Josan (omaggio al mio tesoro - Leggete I wanna kiss you until the sunrise, è adorabile <3)
5. Come Together - The Beatles
1. Blowin' in the wind - Bob Dylan 
   
 
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