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Autore: Piccolo Fiore del Deserto    06/05/2011    6 recensioni
« La leggenda narra che solo una vergine fanciulla può avvicinare tranquillamente un sacro unicorno. A lei sola si presenterà, a lei sola si farà accarezzare. Solo sul suo ventre poserà il suo capo. »
Basta una sola notte per far scoprire ad Alys che non esiste solo il mondo umano, bensì un mondo più misterioso e affascinante.
Un magico incontro la porterà dinnanzi a due strade, ma quale seguire? [Sesta Classificata al Contest "The Last One Fantasy" di schwarzlight]
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Ultimo Unicorno

unicorno



    La sua mamma le aveva sempre detto di non allontanarsi troppo; la foresta era ricca di misteri che non potevano essere compresi e di pericoli dai quali era difficile scappare.
La curiosità e la voglia di raccogliere i fiori più belli per farle un regalo, tuttavia, spinsero Alys a non rispettare il divieto.
Lasciò il sentiero principale e s’inoltrò tra una serie di alberi che, in una giornata di sole limpida come quella, non avevano un aspetto minaccioso, anzi, sembravano invitarla a procedere, rassicurandola.
La bambina raggiunse ben presto un’ampia radura: il verde del manto erboso riluceva alla luce solare ed era adornato da una miriade di fiori di ogni forma e colore. Il bianco delle margherite si alternava al viola dei fiordalisi, al tenue azzurrino dei Non ti scordar di me, fino al giallo chiaro delle primule.
La primavera era la sua stagione preferita: i prati si riempivano di tutti questi colori e lei adorava raccogliere fiori per adornare la loro casetta nei pressi della foresta. Tuttavia, non aveva mai visto un luogo così pregno di colori di ogni genere e i suoi occhi s’illuminarono di colpo.
Dopo un primo momento di pura estasi, iniziò a correre a piedi nudi sul manto soffice del prato, guardando meglio quei fiori sì da scegliere il più adatto per la sua mamma. Era molto indecisa sulla scelta, ma alla fine optò per un bel mazzo di fiordalisi. Iniziò a raccoglierli con cura, mentre canticchiava serena una dolce nenia.
    I minuti passarono in fretta, trasformandosi ben presto in ore, e la luce dorata del sole lasciò ben presto il posto alle tonalità violacee del crepuscolo. Si stava facendo molto tardi ed Alys decise che era meglio tornare subito indietro, prima che il buio totale la sorprendesse e non riuscisse a trovare più la strada di casa.
Avanzò più cauta cercando di rammentare la strada dapprima intrapresa, ma la foresta le appariva più minacciosa e gli alberi, in un primo tempo accoglienti, ora sembravano mostri dalle lunghe braccia pronti a stritolarla non appena vi fosse passata accanto.
Il suo cuore prese a battere con furia accecante, mentre strinse a sé quei fiori raccolti come nel vano tentativo di proteggerli e proteggersi.
Più avanzava, più non riusciva a rammentare quella strada. Era passata davvero di lì? Oh, non era così che la ricordava.
Decise di non perdersi d’animo e scelse un'altra via, ma neanche quella sembrava giusta. Era come perdersi all’interno di un labirinto senza uscita; ma come le era stato raccontato nelle storie, ogni labirinto ne aveva una e doveva assolutamente trovarla.
    
    Altri minuti scorrevano impertinenti. Il tempo sembrava accelerare come a volersi prendere gioco di lei. Alys iniziò ad avere davvero paura. Ogni minimo rumore la faceva sobbalzare; si guardava intorno, come se temesse che, da un momento all’altro, spuntasse fuori un lupo affamato o magari dei briganti. A lungo avevano narrato di avvenimenti infausti per chi si fosse addentrato nella foresta di notte.
Oltre ai normali pericoli di animali o uomini minacciosi, spesso avevano sentito i lamenti incessanti di strane creature, forse spiriti dei morti che non avevano avuto una regolare e santa sepoltura, o chissà che altro.
Al sol pensiero il suo esile corpicino, fasciato da un abitino bianco, iniziò a tremolare come una fragile foglia colpita da un vento spietato.

    Infine la notte giunse.
Non c’erano più luci a illuminare il luogo, se non le tenui stelle e un pallido stralcio di luna, che sembrava sorridere come divertita dalla situazione della bambina.
Alys era ormai stremata. Aveva fame, aveva paura, ed era ormai consapevole che non avrebbe trovato l’uscita di quella sorta di labirinto.
Aveva perso in quel gioco.
Calde lacrime sgorgarono dai suoi occhi castani, mentre cercava ancora di chiamare – come tante volte aveva provato, invano, quella sera – sua madre:
« Mamma, mamma mia… »
Ora la sua voce si era ridotta a un suono flebile, impercettibile.
Si lasciò cadere a terra, sprofondando in quel manto erboso che ora appariva del tutto nero. Non c’era più quel verde chiaro che tanto le piaceva. L’oscurità notturna aveva inghiottito tutto. La notte era diventata la Signora del luogo.
I fiori, raccolti poche ore innanzi con tanta cura, ora scivolarono dalle sue mani, atterrando sparpagliati a terra.
Non le importava più. Si era spinta troppo oltre per essi e ora si trovava in un grande pericolo. Si raggomitolò a terra, avvolgendo il suo corpo con le braccia, come nel vano tentativo di proteggersi e attenuare la paura, ma il suo corpo continuava a muoversi per i singhiozzi causati da lacrime incessanti.
Non seppe quanto tempo restò in quella posizione, ma a farla “ridestare” fu il borbottio proveniente dal suo stomaco.
Era molto piccola, sette tenere estati, tuttavia la disperazione spesso smuoveva anche i bambini. Si alzò da terra, cercando di intravedere se ci fosse un qualche cespuglio intorno a lei.
Suo padre spesso tornava a casa con della frutta o delle strane bacche, simili a mele minuscole, che erano molto gustose. Il tenue fascio di luce della luna le lasciava vedere fin poco, ma poteva bastare per muoversi un minimo.
Avanzò il più silenziosamente possibile, cercando dei cespugli o degli alberi bassi ove avrebbe potuto forse arrampicarsi, e alla fine sembrò quasi che la fortuna per una volta, in quella sera, fosse dalla  sua parte.
Un fascio di luce illuminava un cespuglio colmo di bacche, di cui però non poteva vedere il colore. Si fermò, per un attimo titubante, ma poi l’ennesimo borbottio del suo stomaco la spinse a prendere una decisione. Allungò una manina, facendo attenzione a prenderle senza farsi male, e ne portò due alla bocca, mangiandole con foga.
Il sapore era diverso da quelle che conosceva, tuttavia era ugualmente gustoso e in parte attenuava la gran fame che aveva. Ne prese altre e iniziò a trangugiarle con gusto, fino a quando il suo stomaco sembrò chetarsi.

    La foresta sembrava silenziosa. Forse sarebbe stata fortunata, forse poteva rimanere lì vicino al cespuglio per una notte e alle prime luci avrebbe fatto ritorno a casa. Chissà com’era preoccupata la sua mamma…
Con quel pensiero si addormentò a terra, fino a quando un dolore allucinante sconvolse il suo stomaco.
Si ritrovò a gemere, mentre si accartocciava su se stessa, premendo forte le sue mani sulla pancia come per smorzare il dolore.
Impallidì visibilmente divenendo del colore dell’abitino indossato, tanto che se qualcuno l’avesse vista in quello stato l’avrebbe scambiata per un fantasma.
Per un attimo temette di morire davvero, cercò di muoversi ma invano.
« Mamma… fa male, mamma aiutami… » gridò tra un gemito e l’altro.

    All’improvviso dall’oscurità emerse una candida e limpida luce. Alys spalancò appena gli occhi, mentre giaceva a terra con la schiuma alla bocca e le braccia ancora attorcigliate al busto. Era quello il paradiso tanto decantato dai preti e dai frati intravisti nella sua breve vita? Era dunque morta?
Ben presto, tuttavia, trovò le risposte alle sue domande.
Da quella luce bianca emerse una figura. Non era tuttavia una forma umana, simile a un angelo, bensì assomigliava a un cavallo di modeste dimensioni, di un bianco lucente simile a perla, due occhi piccoli e blu e… un lungo corno che spuntava dalla fronte.
Sbatté le palpebre più volte, incredula, ma non riuscì a proferire parola.
Sentiva le forze venir meno e credeva che ormai fosse finita per lei. Forse ad ognuno giungeva uno spirito diverso.
Lo strano ma bellissimo cavallo le si avvicinò. In un primo momento sembrò titubante, poi porse il muso annusandola un poco. Nitrì un suono simile a un magico canto e lei socchiuse gli occhi, come a volersi beare di tanta bellezza.
Poi, la creatura magica posò il candido e particolare lungo corno sulla sua fronte, e per un attimo Alys si ritrovò a gridare. Una luce accecante, di un bianco opalescente, si liberò dalla sua fronte, e pian piano iniziò a tingersi di colori più scuri: dapprima divenne grigia, poi assunse le tonalità della notte. Alys si accorse che nel mutar il colore, il dolore veniva meno.
La stava guarendo!
Incredula lo lasciò fare, ma alla fine di quell’atto, proprio quando la creatura si staccò da lei, si ritrovò priva di energia ma anche di dolore e perse del tutto i sensi.


*


    Sua madre non riuscì a spiegarle come fosse tornata a casa e neanche lei riusciva a rammentare quel che fosse successo dopo quello strano incontro. Il buio l’avvolse completamente, ma alla fine venne ritrovata riversa a terra proprio dinnanzi alla porta della sua dimora.
I suoi genitori avevano pianto lacrime di gioia nel vedere che la loro piccola era di nuovo a casa, ancora viva. Suo padre la prese tra le braccia e venne adagiata sul suo semplice letto di legno e paglia.
Quando Alys riaprì gli occhi, non riuscì a comprendere nulla, ma il solo vedere gli sguardi luminosi, seppur stanchi, dei suoi genitori le fece dimenticare tutto il resto.
Una volta che fu completamente sveglia e sazia, raccontò tutto ciò che ricordava, fino alla magica figura animale e forse divina che le aveva salvato la vita.
I suoi genitori erano increduli e temettero per qualche attimo nella sanità mentale della propria figlioletta, ma poi associarono il tutto alla sua immensa fantasia e probabilmente alle bacche velenose che aveva mangiato e che forse le avevano causato allucinazioni.
Dopo i primi tentativi di farli ragionare, Alys desistette, ma sprofondò nella tristezza al pensiero che da quel giorno in avanti le fu impedito di tornare nella foresta.
Nonostante la terribile avventura, voleva rivedere quel magico cavallo bianco dal lungo corno. Voleva saperne di più ma decise di ascoltare il divieto. Non voleva star male, né far soffrire di nuovo i suoi amati genitori.

    Passarono i giorni e poi divennero mesi.
Ben presto Alys riuscì a porre in un angolo del suo cuore quel suo desiderio e sembrò dimenticare quell’incontro.

    Altre dieci primavere trascorsero senza che lei potesse tornare da sola nella foresta.
Ormai quella notte era diventata per lei solo uno sbiadito ricordo, o almeno così credeva.
Era ormai diventata una giovane donna; il suo corpo, seppur ancora esile, mostrava delle forme desiderabili, tanto che molti uomini avevano notato ben presto la sua figura. I capelli castani si erano allungati, raggiungendo – quando sciolti – la vita, lisci e morbidi. Il suo volto aveva ancora tratti infantili: piccole labbra a bocciolo, occhi grandi e color delle nocciole, un grazioso naso all’insù. Aveva ricevuto già diverse proposte di matrimonio, ma non si sentiva ancora pronta a fare quel passo. I suoi genitori non la forzavano, sebbene nel loro cuore sperassero di vedere ben presto la loro figlia maritata e piccoli nipotini che scorazzassero intorno alla loro casa.
    
    Un giorno, un giovane del villaggio venne a trovarla, con lo scopo forse di corteggiarla e infiltrarsi nel suo cuore ancora del tutto puro nei riguardi dell’amore.
Dopo qualche istante di esitazione Alys decise di acconsentire al suo invito di passeggiare insieme, e pian piano iniziarono a inoltrarsi lungo il sentiero principale della foresta. Mentre il giovane parlava, Alys si limitava a rispondere solo quando ciò le era dovuto, ma spesso si perdeva a osservare le armonie della natura, i suoi colori, le sue forme. Dopo anni era bello poter di nuovo passeggiare tra quegli alberi e su quel prato verde che sollevava l’odore diverso dei fiori.
Si ritrovarono in poco tempo proprio al centro della radura dove si era persa e bastò un rapido sguardo per far salire alla memoria tutti i ricordi.
Il giovane cercava di chiamarla, ma lei rimase immobile, sorda a ogni parola, rumore o suono. Si rivedeva lì, ancora bambina, tutta gioiosa nel raccogliere i fiori, e poi impaurita quando la notte la colse quasi di sorpresa. Poi…
« Alys? Che succede, stai male? » chiese il giovane, azzardandosi a scuoterla un poco, delicatamente. Bastò quel gesto per far sfumare il sogno ad occhi aperti. Sbatté le palpebre più volte, prima di guardare il “compagno”.
« Io… stavo solo sognando… » mormorò confusa, mentre lui la guardò sconcertato. Forse ancora una volta sembrava pazza.
« Credo che sia meglio tornare indietro. Si sta facendo tardi, e forse sei stanca… Vieni. » la invitò con un gesto ad avanzare e lei non si oppose.
Tornarono, quindi, in silenzio a casa.

    Quella stessa notte, Alys non riuscì a dormire. Si girò molteplici volte sul letto, ma dinanzi a sé comparivano sempre i ricordi ben nitidi di quell’incontro.
Decise di alzarsi e, cercando di fare il meno rumore possibile, prese un mantello scuro e se lo pose sulla semplice veste bianca usata per dormire. Portò con sé anche una lanterna, in modo tale da illuminarle il cammino.
Aveva deciso di tornare lì. Di nuovo. Per comprendere, per sapere.
Lasciata la sua casa, si ritrovò ben presto sul sentiero principale. La notte era silenziosa ed in alto le stelle apparivano quasi sfocate di fronte alla luminosità fulgente della luna che appariva nella sua forma completa.
Si fermò qualche istante, come impaurita, ma poi una strana forza, che non riusciva a comprendere, la spinse a proseguire.
In pochi minuti giunse nel punto esatto in cui si era ritrovata nel pomeriggio, e iniziò a guardarsi intorno.
Gli alberi, illuminati dalla luce lunare, apparivano meno minacciosi che in passato. Sotto i suoi piedi, i fiori sembravano essersi richiusi, dormienti. Si udiva solo il lento scrosciare del fiume a pochi passi dalla radura, e il lieve fruscio del vento che sembrava sussurrare al suo orecchio.
Restò immobile presa da una strana eccitazione. Aveva voglia di rivedere quella creatura, di capire se tutto ciò che aveva visto fosse davvero frutto di allucinazioni o pazzia.
D’un tratto, però, il silenzio fu spezzato dal suono di mille voci. Sembrava come un canto non umano. Il vento si fece quasi più violento, sferzando sul suo viso e attraversando il suo mantello, facendola rabbrividire, indossando - al di sotto - solo quella veste leggera.
Un’altra folata s’intrufolò furtiva nella lanterna, munita di una semplice candela, che ben presto si spense.
Alys non riuscì neanche a gridare per il terrore che l’avvolse. Lasciò cadere la lanterna e si guardò intorno, come nel cercare una via di fuga, ma i suoi piedi erano ben saldi a terra.
Il suo cuore palpitò ferocemente in petto, il suo corpo tremò ulteriormente.
Era di nuovo sola.
Impaurita.
Ancora una volta aveva commesso una vera follia.
Eppure non scappò.
Attese come nella speranza di incontrarlo di nuovo.
Attese fino a che dal ruscello emerse una luce fievole, che pian piano si fece sempre più luminosa, assumendo diverse tonalità, come se tutti i colori del mondo volessero apparire uno dopo l’altro dinanzi ai suoi occhi.
Restò a bocca aperta, gli occhi sgranati e il cuore che sembrava chiamare a sé la creatura magica, ma…

Ben presto la luce mutò, prendendo le sembianze di un essere quasi umano della sua altezza. Socchiuse gli occhi per qualche istante, cercando di vedere meglio oltre la luce accecante, fino a quando quella figura si fece più piccola, divenendo quasi una bambina dall’aspetto d’adulta.
Alys non riuscì a dire parola alcuna.
La figura minuta avanzò di qualche passo verso di lei, ma guardandola meglio, Alys rabbrividì ulteriormente di paura.
Quella che sembrava inizialmente una donna splendida, ora appariva come uno di quegli esseri fatati di cui tanto avevano parlato i menestrelli del villaggio, ma aveva un aspetto del tutto diverso dalle favolose fate che tanto sognava di incontrare un giorno.
Era simile a una donna molto bassa, completamente scura, dai lunghi capelli neri simili a radici intrecciate, che giungevano fino a terra. I suoi occhi, in netto contrasto con il resto del corpo, erano di un azzurro molto chiaro, che sembravano rifulgere. Non aveva piedi, bensì una fiamma bluastra simile a un fuoco fatuo, che la faceva quasi sollevare dal terreno. Fiori di diversa natura adornavano i capelli e avvolgevano il suo corpo come un vero vestito.
Si fermò appena a pochi passi di distanza, osservandola con quegli strani occhi luminosi. Alys voleva scappare, ma qualcosa nel volto della creatura fatata, l’attraeva. Poteva sembrare orrenda, diversa da tutto l’immaginario tipico delle fate, sempre viste come splendide creature, ma quel volto così scuro e particolare sembrava sorriderle, rassicurante. Avvertiva uno strano potere in quel corpo così minuto e un’immensa e antica saggezza.

« Infine sei giunta. In molti avevano creduto che avessi ormai dimenticato tutto, ma io ero convinta che questo giorno sarebbe arrivato. Non è possibile dimenticare un tale incontro, non è vero? »
Alys s’accorse che quella voce pacata e venata da una punta d’ironia apparteneva a quella creatura, sebbene non muovesse minimamente le labbra. Era un flusso di pensieri che veniva trasportato dal vento, ma era chiaro, trasparente come l’acqua e non sfuggevole. Non riuscì a rispondere, pietrificata.

« Il mio aspetto forse t’impedisce di parlare? A lungo gli uomini hanno sempre creduto che gli spiriti dei boschi, o quelle che voi chiamate “fate” fossero simili a donne dalla bellezza sublime, ma in quanti le hanno veramente vedute nel loro vero aspetto? Mi preferisci forse così? »
Alys stava per mormorare qualcosa, ma le fu impedito. Lo spirito chiuse di colpo gli occhi e in pochi istanti subì una vera e propria mutazione, assumendo l’aspetto di una donna più alta di lei, dai lunghi capelli scuri e mossi, la pelle olivastra e due occhi blu. La bocca scarlatta formava un sorriso malizioso, e il suo corpo formoso e prosperoso era appena coperto da una veste violacea cosparsa di fiori.
Alys non riusciva a credere ai suoi occhi. Quella creatura era incredibilmente splendida.
« Io… »
« Sì, noi spiriti possiamo mutare il nostro aspetto come vogliamo, anche se questo ci costa un dispendio notevole di energie, tuttavia dipende anche dal grado e dall’anzianità. È così che t’immaginavi una fata, non è vero? »
Alys assentì, arrossendo appena e, dietro di lei, udì il suono d’innumerevoli risate, ma girandosi non vide nulla.
« Le mie sorelle e i miei fratelli amano prendersi gioco di te, a quanto pare. » lo spirito sorrise divertito, come a farsi beffe di lei. « Se non ti dispiace, però, preferirei parlarti nella mia vera forma, giacché non è l’aspetto fisico di una persona a renderla migliore di altre, non credi? »
« Sono d’accordo con voi, nobile spirito… » riuscì appena a dire, confusa, irritata dalle risate canzonatorie, ma anche affascinata da una tale magia.
« Nobile spirito, non è male essere appellata così, ma puoi parlare tranquillamente con me, come a una confidente, un’amica… » disse di nuovo la “fata”, riassumendo la sua vera natura.
« Oh, va bene. » rispose Alys, torturando con le mani un lembo del suo mantello scuro, ma almeno si stava chetando un poco.
« Hai molte domande da fare, non è vero? Lo avverto. Come del resto io avrei molto da spiegarti, se tu vorrai stare a sentire. »
Alys si fece forza e, finalmente, cercò di modulare una frase intera senza esitazioni.
« Se non sono indiscreta, posso sapere chi siete, oh, perdonami… chi sei esattamente? »
Avrebbe voluto chiedere di lui, o forse anche quella volta quel nobile spirito aveva mutato aspetto, trasformandosi in uno splendido esemplare d’unicorno.
La “fata” proruppe in una risatina, come se avvertisse i suoi pensieri, e prese a muoversi a mezz’aria.
« Io sono la figlia della Notte, mia amata madre che sorge al calar del sole. Sono la prediletta. Colei che può custodire in sé aspetti di tutti gli elementi della natura, nonché della Madre stessa.
Il mio corpo è scuro come le tenebre. I miei capelli sono radici della terra. Un fuoco fatuo avvolge le mie gambe e mi solleva. Simili alle acque i miei occhi, e un vento carezzevole la mia voce. Io sono Malìa e tu sei la piccola Alys, vero? »
Alys l’ascoltò con la dovuta attenzione e si ritrovò ad impallidire nell’accorgersi di essere di fronte non solo a uno spirito, ma anche a uno dei più potenti. La figlia della Notte. Inoltre, conosceva anche il suo nome!
« Sì, sono Alys, ma… come sai il mio nome? E… sei forse tu quel magnifico animale magico che mi apparve dieci anni fa? » chiese tutto d’un fiato, non volendo rimandare ciò che più le premeva, oltre ad altre mille domande, ovviamente.
La figlia della Notte rise e ancora una volta per parlare non mosse minimamente le labbra.
« Io so molte cose, bambina. Sono a conoscenza di particolari del mondo che neanche il più anziano degli esseri umani sa. Ti ho vista qui, dieci primavere or sono, ma non ero io quell’unicorno. È vero, noi spiriti possiamo mutare forma a nostro piacimento, ma mai assumere l’aspetto del nostro animale più sacro e venerato. »
I suoi occhi scintillarono, mentre divenne più seria. Alys si sentì ulteriormente curiosa, avida di sapere. Chi era allora? Avrebbe potuto incontrarlo di nuovo?
« Io penso che Grympur sia felice di vederti di nuovo, finalmente. » sorrise e una luce luminosa avvolse completamente la radura.


*


    Nell’attimo in cui Alys riaprì gli occhi, folgorata da quella luce intensa, lo vide.
Grympur, l’unicorno, era di nuovo dinanzi ai suoi occhi in tutto il suo magico splendore. Si sentì pervadere da un’emozione intensa, mentre lottava contro la tentazione di sfiorarlo.

« Alys »
Udì un suono molto dolce invocare il suo nome. Per un attimo si guardò intorno incerta, ma ben presto comprese che era proprio lui a parlarle.
« Puoi parlare e capire le mie parole? » chiese, incredula.
« Sì, posso farlo, ma solo con chi desidero. » rispose Grympur, muovendo il capo e scuotendo la sua criniera avorio.
Alys sentì le gote accendersi e colorarsi di una tenue tinta rossastra per l’imbarazzo o forse anche per l’onore che quella magica creatura le riservava.
« Sono onorata che tu mi permetta di udire la tua dolce voce. » disse, chinando appena il capo, come a volersi inchinare a cotanta importanza.
Per un attimo rimasero in silenzio, osservati unicamente dallo sguardo vigile di Malìa.
Grympur, dopo qualche istante, le si avvicinò e alzò il suo muso verso il volto di lei. Non era alto come un cavallo, anzi forse era più simile a un pony, ma con un’eleganza che non aveva rivali.
Alys scrutò in quegli occhi blu e rimase fortemente attratta dal sacro animale. La tentazione di sfiorarlo era così tanta, che infine avvicinò la mano al suo muso, con la speranza di poterlo accarezzare per capire anche se fosse solo una visione.
Grympur osservò il suo gesto e poi, colpendo piacevolmente la ragazza, si lasciò sfiorare, strofinando lui stesso il muso su quella rosea mano umana.

« La leggenda narra che solo una vergine fanciulla può avvicinare tranquillamente un sacro unicorno. A lei sola si presenterà, a lei sola si farà accarezzare. Solo sul suo ventre poserà il suo capo. »

La voce di Malìa s’insinuò in quel contatto. Alys ascoltò le sue parole, ma guardò ancora con intensità l’unicorno.
Come per saggiare la veridicità delle parole della Figlia della Notte, Alys si sedette a terra, sul morbido prato, e Grympur la scrutò attentamente, ma bastò solo qualche istante per far avverare le parole: posò infatti il suo capo sul grembo di lei, e lei sorrise, iniziando ad accarezzarlo e sentendosi davvero onorata e fortunata a poter compiere un atto simile.

    Malìa li lasciò soli a condividere quel momento.
Alys non aveva paura della notte ora né della foresta. Non le importava dei briganti che potessero arrivare né di altri pericoli. Si sentiva al sicuro con Grympur posato sul suo grembo, e desiderava unicamente che la notte durasse il più a lungo possibile per non staccarsi da lui.
Si sentiva pervadere da uno strano sentimento mai provato prima, e ciò la faceva stare davvero bene.
Ma, come per ogni momento migliore, il tempo sembra farsi beffe e trascorrere più velocemente.
Il cielo iniziò a schiarirsi un minimo; il nero sfumò pian piano nel grigio, mentre la luna sembrava scendere all’orizzonte.
La magia sembrò svanire come la notte.
« È il momento di tornare nel nostro mondo. Il giorno sta occupando il posto della mia amata Madre, e noi creature della notte non possiamo restare qui, così come Grympur. »
Le parole di Malìa gettarono Alys in un tale sconforto da farla piangere. Guardò l’unicorno con il quale aveva trascorso piacevoli ore, e incontrò il suo sguardo.
« Potrò vederti ancora? » domandò, ma non fu lui a rispondere.
« Potrai farlo ogni notte che vorrai, purché tu mantenga il giuramento di rimanere vergine. Se un giorno dovresti innamorarti di un mortale e avere dei rapporti più profondi con lui, svanirà il tuo legame con Grympur e, con esso, la possibilità di rivederlo. »
Alys restò turbata e senza parole.
Doveva decidere se rinunciare alla normale vita umana e andare così contro il volere dei suoi amati genitori, o rinunciare a quella magica creatura che tanta gioia le aveva donato in quella notte e che in passato aveva salvato la sua vita.
« Sei pronta a giurare? » riprese Malìa, fissandola con i suoi folgoranti occhi azzurri, ai quali si unirono quelli più scuri dell’unicorno.
« Mi vuoi ancora dolce Alys? »
La sua dolce voce fu come una carezza sul suo viso e un bacio sul suo cuore.
« Non posso ancora giurarvi nulla, se non che per il momento resterò vergine, come da voi richiesto. Ma non posso andare contro il volere dei miei genitori, né causare loro ulteriore dispiacere… »
Grympur scosse la folta criniera, forse dispiaciuto.
« Prenditi il tempo per decidere, fanciulla. Quando ti sentirai pronta, potrai aspirare anche ad accedere al nostro mondo. So che non è facile, ma dovrai fare una rinuncia molto importante nella tua vita. O il tuo mondo o il nostro. Non ci sono alternative. »
Alys cercò di obiettare, ma dalla sua bocca non uscirono dei suoni articolati e con senso.
Si limitò ad annuire col capo. Non sarebbe stato facile per lei rinunciare a uno dei due mondi.
« A presto, dunque. »
Sia Malìa sia Grympur furono avvolti da due luci differenti. Una moltitudine di colori si riflesse nella luce dello spirito; una candida e calda avvolse l’unicorno che non smise di guardare la fanciulla, fino a che non lo vide più.
« Segui le lucciole. Loro t’indicheranno la via. » la voce soffusa e lontana di Malìa si destò ancora nell’aria, seppure lei fosse del tutto scomparsa.
Alys si ritrovò dunque sola e un connubio di emozioni contrastanti le avvolse il cuore. Meraviglia, Amore, Dolore, Incertezza.
Dopo qualche istante di dubbio, riprese la lanterna e, seguendo le lucciole che erano apparse proprio dinanzi a lei, ritrovò la via di casa.

*


    Ogni notte faceva ritorno alla radura; ogni notte Grympur le veniva incontro e adagiava il suo capo sul suo ventre, lasciandosi accarezzare con dolcezza.
Malìa spesso li lasciava soli, liberi di parlare o di rimanere in silenzio a godersi quelle poche ore che li separavano dal sorgere di un nuovo giorno.
Dopo quella prima notte, non la tormentarono più con la domanda ma Alys notava negli occhi del suo – ormai – amico un filo di tristezza e speranza nel poter forse vivere un giorno per sempre insieme.
Tuttavia era dura decidere.
Non aveva mai raccontato ai suoi genitori ciò che le era accaduto, poiché temeva di sentirsi additare di nuovo come una pazza in preda ai deliri. Era sicura dell’amore che provavano per lei, ma sapeva anche che certe cose erano solo frutto di fantasie per chi non avesse visto tutto con i propri occhi.
Sua madre, però, notò ben presto in lei un cambiamento.
Notò la stanchezza che la coglieva il giorno, come se non avesse dormito bene.
Notò l’incertezza nei suoi occhi, il desiderio che la notte giungesse presto e cercò di farle domande.
In un primo tempo Alys tentò di non rispondere in maniera chiara, ma ben presto comprese che così facendo alimentava unicamente i dubbi e le preoccupazioni di sua madre.
Una mattina, quindi, dopo l’ennesima domanda, iniziò il racconto, consapevole che rischiava molto; e, infatti, sul viso della madre sorse ben presto un’aria incredula e sconcertata.
« Avevi già raccontato di un simile incontro da bambina, ma pensavo che la fantasia giungesse al termine una volta adulta. Cosa ti succede, figlia mia? Sei stata di nuovo al bosco senza il nostro permesso e hai preso strane erbe? »
« No, madre. Non sto inventando nulla. Non è frutto della mia fantasia, non lo è mai stato. Ciò che ti sto raccontando è tutto vero. »
« Dovrò raccontarlo a tuo padre, ma se continuerai con queste fantasie, rischierai molto… ».
Il tono usato da sua madre era visibilmente addolorato. Non voleva che a sua figlia succedesse nulla di male, ma non poteva credere veramente alle sue parole.

Alys si sentiva triste.
Sua madre, la sua unica vera confidente, non le credeva.
Suo padre l’aveva quasi aggredita, invitandola a pensare seriamente a un matrimonio anziché a simili sogni, ma non poteva sapere che ben presto avrebbe dovuto prendere una decisione che poteva comportare anche il doverli lasciare per sempre.
Li amava profondamente, ma si sentiva anche delusa dai loro atteggiamenti, anche se in parte poteva comprenderli.
Avrebbe voluto davvero riuscire a convincerli, ma non poteva continuare a parlarne. Presto o tardi l’avrebbero davvero vista come una folle, e magari spedita in chissà quale posto dove trattavano di questi casi.

    Trascorsero i giorni ma Alys non riusciva a prendere una decisione.
Per Malìa non sembrava essere un problema. In uno dei loro ultimi incontri, le aveva spiegato che a Nocturnia, il mondo fatato in cui viveva, il tempo passava molto più lentamente che nel mondo reale, e lì erano tutti immortali. Potevano quindi attendere ancora, finché lei avrebbe rispettato quell’unica regola.
Grympur, dopo un primo momento di tristezza, aveva lasciato il posto unicamente alla speranza e ogni notte tentava di raccontarle maggiormente del suo mondo e di scaldarle il cuore con parole di apprezzamento.
Tra di loro stava nascendo un legame forte e indistruttibile, se non da lei stessa.
Non sapeva se poteva definirlo amore; forse era un sentimento che andava oltre. Spirituale sicuramente, e non materiale o corporeo come poteva essere quello tra due esseri mortali.
Era qualcosa di magico che non riusciva a spiegare con semplici parole umane. Poteva solo provarlo. Sentiva il suo cuore essere avvolto da una patina sottile e calda.
Qualcuno aveva mai raggiunto la felicità?
Lei, con Grympur, l’aveva ottenuta.
Bastava fare ancora solo un grande passo per averla in modo completo.
Doveva scegliere.

    Una notte si avventurò di nuovo lungo il percorso che conduceva alla ormai amata radura, e lì ad attenderla c’era Grympur. L’osservò da lontano, chinare il capo verso il ruscello per bere un poco di quell’acqua pura.
Poi avanzò fino a raggiungerlo, e sprofondò una mano sulla criniera d’avorio, con dolcezza, mentre un sorriso sorgeva spontaneo sulle sue labbra.
« Alys. »
Adorava sentire il suo nome mormorato da lui. Sembrava così bello, così dolce.
Adorava la sua voce come nessun’altra al mondo.
« Sono qui, come ogni notte, mio caro amico. » rispose, sfiorando il muso del sacro animale con le sue labbra, in una sorta di casto bacio.
« Sono felice di vederti, come sempre. »
« Il piacere è anche mio, ovviamente. »
Andò a sedersi su un lato del prato, lasciando che l’animale si adagiasse a terra, posando il capo, come sempre, sul suo grembo.
« Mia dolce Alys, hai deciso cosa fare? Non è mio desiderio imporre nulla, né metterti fretta, ma la curiosità logora anche un essere come me. »
Era la prima volta che glielo domandava, dopo il loro secondo vero incontro, e lei si sentì di nuovo combattuta.
« Non sai quanto mi piacerebbe poter condividere ogni momento con te e vivere nel vostro mondo che, dai vostri racconti, sembra essere veramente magico, ancor meglio di tutte le mie fantasie di bambina. » si fermò un attimo estasiata al ricordo delle immagini create dalle parole, dalle storie narrate da Grympur e Malìa, poi sospirò tristemente e riprese « ma è difficile per me abbandonare quella che è la mia vita, e i miei genitori che hanno fatto tanto per me… »
« Ma loro non vogliono credere alle tue parole. Ti reputano pazza, e ben presto potrebbero costringerti a non venire più qui. Scopriranno le tue avventure notturne e per noi sarà la fine. »
« Lo so… »
Non riuscì a dire altro. Le parole dell’amico erano veritiere, ma una forte incertezza la turbava.
Rimasero in silenzio, lasciando che solo i suoni della natura emergessero.

    Ma Alys non poteva sapere che quella notte non era giunta da sola.
Un gruppo di cinque briganti l’avevano seguita, incuriositi da una donna che osava aggirarsi da sola in quel luogo, con quell’oscurità. Inizialmente forse pensavano di poterla aggredire, ma quando videro l’unicorno, restarono senza fiato.
Rimasero quieti dietro a dei cespugli, cercando di organizzarsi.
Tutti avevano dei coltelli ma due di loro erano degli esperti con l’arco.
Bisbigli furono trasportati dal vento e fecero raddrizzare le orecchie a Grympur che si guardò attorno allarmato.
Tuttavia, fu troppo tardi.
Nel momento esatto in cui si stava alzando, una freccia sibilò nell’aria e rapida e letale si conficcò proprio al petto dell’animale che nitrì dal dolore.
Alys urlò spaventata e, quando si accorse dell’arma, il grido divenne pura disperazione.
Cercò di alzarsi e aiutare l’amico, ma lui iniziò a muoversi e rizzare le zampe anteriori in alto, come nel vano tentativo di scrollarsi di dosso la freccia.
« Grympur scappa, vai via. » gridò disperata Alys, cercando intorno a sé qualsiasi cosa potesse esserle utile per difendersi. Ma non trovò nulla.
L’unicorno non ascoltò la sua voce, non aveva alcuna intenzione di lasciarla sola e priva d’aiuto. Posò di nuovo a terra le zampe, ponendosi proprio dinanzi a lei, e cercò con lo sguardo gli assalitori.
Una seconda freccia sibilò nell’aria ma questa volta centrò una zampa dell’animale che, già dolorante, ricadde a terra per un momento.
A quel punto i briganti emersero dal loro nascondiglio e con un grido si avventarono sui due, inermi.
Alys avvertì la paura sconvolgerle le membra, un brivido freddo lungo la schiena che scorreva poi dritto verso il cuore.
Grympur non si allontanò. Cercò di alzarsi con molta fatica, e di tenersi pronto a scontrarsi con quei mortali privi di scrupoli.
Iniziò a muovere il muso cercando di far loro del male anche con il lungo corno appuntito, o di alzare le zampe nel tentativo di spingerli indietro.
Un primo brigante cadde ferito sotto il peso dei suoi zoccoli, ma gli altri due si avventarono su di lui, con lame affilate e il desiderio di facili guadagni negli occhi. Erano spinti anche dalla fame e dalla sete di sangue.
Grympur tentò di assalirli di nuovo: mosse il capo con furia e anche le zampe, ma pian piano avvertiva la debolezza scaturita anche dalle frecce ancora conficcate nel suo corpo.
Alys non riusciva a muoversi, come impietrita.
Solo quando una terza freccia, proveniente dagli ultimi due briganti rimasti ancora lontani, colpì ancora una volta la magica creatura, sentì come la forza della disperazione spingerla a reagire.
« NO! Lasciatelo, lasciatelo stare! » gridò con tutta se stessa, mentre tentava di avanzare verso i briganti.
Grympur, però, glielo impedì.
Le lanciò un rapido sguardo nel quale poteva leggere tutto.
No, lui non poteva morire per lei, per proteggerla.
Già una volta l’aveva salvata, ora stava a lei far qualcosa.
Non avendo armi, tentò di usare l’unica carta possibile.

« Malìa aiutaci. Figlia della Notte vieni in soccorso del più sacro dei vostri animali. Ti prego… »
Lacrime affiorarono ai suoi occhi, mentre invocava a pieni polmoni l’aiuto dello spirito, che però sembrò non ascoltare subito il suo richiamo.

Intanto i briganti sembrarono avere la meglio. I due con archi e frecce ne scagliarono altre: alcune finirono sul prato, altre colpirono ancora una volta l’unicorno. La sua forza era riconosciuta come la sua purezza ma, nonostante ciò, iniziava ormai ad essere visibilmente ferito e stanco, tanto da accasciarsi a terra.
Riuscì solo a nitrire ancora verso quei mortali, come nel tentativo di fare loro paura.
Alys continuò a invocare Malìa e proprio non riusciva a comprendere perché tardasse; rinunciò e si accasciò sopra al povero amico ormai gravemente ferito.
« No. No. No! »
Cercò con tutte le forze di non staccarsi dal corpo dell’animale, di non permettere che quegli uomini lo finissero. Sperava in cuor suo di poterlo ancora salvare e non ascoltò neanche le parole di lui, che tentava di allontanarla, di volerla ancora proteggere nonostante tutto.
« Non me ne vado. Non ti lascio qui. Se tu muori, io non posso continuare a vivere, lo capisci? »
« Alys va via, ti prego. Non posso sopportare che ti facciano del male. Sono stato bene con te, ma ora devi scappare. Fallo. »
« No. Non me ne vado senza di te, perché solo ora ho capito che voglio vivere con te. Non posso rinunciare a te. »
I briganti sembrarono fermarsi, come non comprendendo il discorso. Riuscivano ad udire, infatti, solo le parole di Alys.
Grympur sembrò non parlare più, ma ansimava per il forte dolore, tuttavia anche quello, di fronte alle sue parole, sembrò cessare per un istante. Le rivolse un sorriso, o qualcosa che aveva la parvenza di un sorriso, e lei ricambiò tra le lacrime.
« Sapevo che questa sarebbe stata la tua scelta. »
Quella scelta sembrò dargli un maggior vigore, tanto che, spingendola di lato, tentò di nuovo di alzarsi.
Solo allora i briganti si mossero di nuovo, sconcertati.
Uno dei briganti bloccò Alys, mentre gli altri si avventarono sull’unicorno.
Tra urla, lacrime, nitriti e suon di zoccoli, scintillio di lame e sibilo di frecce, alla fine i briganti ebbero la meglio, riscontrando tuttavia ferite, anche profonde. Il loro avversario aveva dimostrato davvero valore, ma era caduto.
Alys guardò tra le lacrime Grympur a terra che non riusciva più a reagire.
Il rantolo del suo respiro indicava che ancora non era morto, ma presto la fine sarebbe stata vicina se non fosse successo qualcosa.
« Su bellezza, è solo un animale che può portarci tanti soldi. Guarda ora che gli facciamo e poi potremmo divertirci insieme. » disse lascivamente il brigante al suo orecchio, osando sfiorarla sul viso, grezzamente.
Alys cercò di divincolarsi. Non le importava di lei. Senza Grympur sarebbe stata disposta a morire, ma non voleva perderlo. Non voleva credere che sarebbe finita così.
Tre dei briganti tenevano fermo l’unicorno, come se temessero che ritrovasse ancora un briciolo di forza, mentre un quarto sollevò un coltello affilato, per poi puntarlo verso il corno.
« Questo ci frutterà davvero molto. » ghignò, mentre i suoi occhi si accesero di una luce malvagia. Alys non poteva sopportarlo.

Malìa…  

Il suo grido finalmente sembrò sortire l’effetto sperato. Dalle acque si levò un lamento, e poi una luce dai colori più svariati fluttuò nell’aria.
Nel cuore di Alys si accese una speranza. Forse si poteva fare ancora qualcosa, forse Malìa avrebbe potuto curarlo portandolo nel loro mondo e, questa volta, sarebbe andata per sempre con loro, lontana da quei mortali crudeli, capaci solo di provocare un intenso dolore per motivi futili o meno.
Gli uomini rimasero sconcertati dall’arrivo di quella strana luce. Chiusero gli occhi per qualche istante, ma non smisero di tenere strette le loro “prede”.
Malìa comparve nell’aspetto di una creatura splendida, come l’aveva vista la prima volta che era mutata dinanzi ai suoi occhi.
Non c’era traccia della creatura minuta. Sembrava una perla del mare, una sirena, una donna simile a una dea.
La Figlia della Notte iniziò a intonare un canto, al cui richiamo presto risposero altre figlie.
Dalle acque emersero altre creature, simili a fanciulle umane di una bellezza sconvolgente; il vento sferzò forte trasportando eteree figure femminili, che danzavano nell’aria.
I fiori sembrarono sbocciare, anche con l’oscurità, e da essi emersero figure più minute, ma ugualmente deliziose, aventi i colori della terra e della natura.
Fuochi fatui azzurrognoli comparvero dal nulla, e dalle loro lingue, sbucarono altri spiriti femminili i cui arti erano simili a fiammelle.
Alys rimase sorpresa, ma non quanto i briganti che guardarono quelle strane creature, allibiti.
Tutte le figlie della notte e degli elementi iniziarono a intonare un canto seducente e ammaliante, mentre si avvicinavano ai cinque mortali, avvolgendoli all’interno di un cerchio come nel tentativo di non farli scappare.
Quello che teneva Alys, la lasciò andare, estasiato da cotanta meraviglia. Si avvicinò a Malìa, sistemandosi meglio, come a volerla colpire con un fascino che non gli apparteneva minimamente.
Gli altri sembrarono avvicinarsi alle altre fanciulle soggiogati da quella magia alla quale non riuscivano a sottrarsi.
Alys sorrise tra le lacrime. Gli spiriti stavano riuscendo ad allontanare quegli uomini, e presto Grympur sarebbe stato portato via, al sicuro.
Ma… una voce maschile, graffiante, spezzò anche quella speranza.
« Faccio un lavoretto e sono vostro. »
Sembrò resistere a quella magia, e con un gesto deciso scagliò la lama del coltello sul corno dell’animale, staccandolo di netto.

Per Alys il mondo era finito.

Il suo grido di disperazione si unì a quello di estremo dolore di Grympur.
Dal punto esatto in cui il corno era stato tagliato, fuoriuscì una luce intensa e bruciante, che ustionò la mano del brigante, che aggiunse il suo grido.
Poi una semplice parola risuonò nell’aria, come un eco che non aveva mai fine.
Uccidere. Uccidere. Uccidere.
Il grido di battaglia delle figlie della notte: uccidere.
La foresta fu invasa da una serie di urla stridenti, provenienti da ognuna delle “fanciulle” che in un attimo rivelarono ben presto la loro vera natura.
Ogni spiritello assunse i colori dei vari elementi di cui erano figli.
Gli spiriti dell’acqua attinsero le tonalità del verde e dell’azzurro, lunghi capelli bianchi simile a spuma avvolgevano i loro corpi liquidi, e gli occhi erano completamente candidi come neve.
Gli spiriti del fuoco attinsero le tonalità del rosso e dell’arancio, i capelli erano fiamma viva, così come il corpo non aveva più sembianze umane ma era avvolto da una sorta di fuoco fatuo dal quale erano emersi.
Gli spiriti dell’aria divennero di un blu molto scuro; i capelli sferzavano l’aria, simili a fruste color dorato, e volteggiavano trasportate dal vento.
Gli spiriti della terra assunsero le tonalità del verde scuro, i capelli simili a radici marroni, le gambe simili a tronchi d’albero.
Infine, Malìa riacquistò il suo vero aspetto, e lesta si scagliò contro il brigante che le aveva fatto delle avance.
Gli prese il collo tra le mani scure e i suoi occhi lo guardarono con un’ira divorante.
Spalancò le labbra in maniera inverosimile, e da esse uscì un flusso scuro che avvolse completamente l’uomo, facendolo urlare dal dolore e dal puro terrore. Spine acuminate, simili a quelle delle rose, forarono il corpo dell’uomo, da cui occhi iniziarono a sgorgare lacrime nere.

Le sue sorelle, tuttavia, non furono meno spietate.
La radura, dapprima silenziosa e quieta, divenne un vero e proprio campo di battaglia.
Sferzate di vento gelido si scagliarono contro uno dei briganti, simili a colpi di frusta che non si arrestarono fino alla sua morte; spire di fuoco avvolsero il terzo brigante, facendolo ardere come una torcia umana; mentre il quarto si ritrovò avvolto dalle sorelle d’acqua, le cui voci risuonarono simili a risate crudeli, quando da ogni parte del suo corpo iniziò sgorgare il loro elemento, prosciugandolo del tutto.

    
    Alys non osservò nulla. Non si curò minimamente delle urla disumane che spinsero l’intera foresta a destarsi prima dell’alba.
Il suo sguardo, ormai vacuo, era totalmente rivolto al corpo ormai privo di vita del suo amato Grympur.
Avrebbe voluto credere che fosse solo un terribile incubo dal quale destarsi e ritrovarsi di nuovo con lui, magari proprio in quel mondo magico nel quale poteva avere libero accesso, se solo lo avesse deciso prima…
Si sentì terribilmente in colpa. Forse se avesse effettuato presto la sua scelta, non sarebbe successo nulla del genere.
Ma ormai non poteva fare nulla.
Anzi, nel momento esatto in cui vide un ultimo essere umano ancora vivo, seppur completamente terrorizzato, comprese che c’era ancora qualcosa da fare prima di lasciarsi andare alle tenebre.
Colse lo scintillio di una lama a poca distanza da sé, e raccolse subito il coltello, avvicinandosi all’uomo.
« Ora la pagherai cara. » sibilò, e dentro lei si accese la stessa furia omicida che sembrava caratterizzare il luogo e anche lei rispose al grido di battaglia.
Uccidere, lei doveva farlo.
L’uomo, colto alla sprovvista, non riuscì a scappare o difendersi. Alys si scagliò contro di lui, affondando la lama del coltello con tutta la sua forza, dritta al petto.
Era la prima volta che uccideva e mai avrebbe pensato di farcela realmente, ma la disperazione donava forza, e con essa si poteva attuare la giusta vendetta per un torto subito.
L’uomo stramazzò a terra ed Alys lo fissò, come volendo notare tutto il suo dolore e ogni singolo ultimo istante della sua vita.
Quando finalmente esalò il respiro finale, Alys ricadde a terra, avendo perso anche l’ultima forza residua. Si sentiva debole e incredibilmente triste. Senza Grympur la sua vita ormai non aveva più senso.
Posò il capo sul suo corpo, così come tante volte aveva fatto lui, e si lasciò andare a un pianto disperato, che non poteva però trovare consolazione alcuna.
Quando ormai non c’era più nessuno da uccidere, Malìa le si avvicinò, rimanendo per qualche istante in silenzio, consapevole del suo dolore.
Gli altri spiriti rimasero intorno, in un muto cerchio, in attesa di vedere l’evolversi degli eventi. Sui volti particolari e grotteschi di ognuno di essi si leggeva una profonda tristezza e anche un senso di smarrimento.
« Alys, mi dispiace non essere giunte prima, ma il nostro mondo ha delle regole come il vostro. Non possiamo impedire agli uomini di compiere le loro scelte, giuste o sbagliate che siano; ma se vanno contro le nostre regole, se uccidono i nostri animali sacri, allora possiamo intervenire. Ti sembrerà sciocco, ma quante cose del vostro mondo sono folli ai nostri occhi. »
Si fermò, e il silenzio fu scosso solo dai singhiozzi senza tregua di Alys, ancora accoccolata sul corpo del suo unicorno.
« Il mio cuore è straziato a una visione simile, come quello delle mie sorelle e della nostra Madre Notte. Grympur era l’ultimo della sua specie e per noi è una perdita che si può paragonare a quella che ora stai provando. »
« Malìa non ti accuso di nulla. Non posso criticare il vostro mondo, quando nel mio esistono persone così crudeli e senza cuore. Ho sbagliato a non scegliere prima e ora Grympur è… » un singhiozzo la scosse di nuovo, non riuscendo a dire quella maledetta parola, come non volendolo accettare. « ma ora la mia scelta l’ho fatta. Rinuncio alla mia vita mortale per seguirlo. Io seguo te, mio amato Grympur. »
Prima che potessero fare qualcosa, Alys prese lo stesso coltello con cui il brigante aveva tagliato il corno, e lo portò proprio al suo cuore. Nel momento prima di affondare la lama, sorrise per l’ultima volta.


*


    Alcune figlie della notte posarono con gentilezza il corpo privo di vita di Alys a terra, proprio al centro della radura. Altre, con a capo Malìa, vi trasportarono accanto ciò che restava di Grympur, adagiando il suo capo sul ventre di lei, compreso il suo corno.
Gocce scarlatte di sangue macchiavano il bianco puro dell’abito di Alys e del manto di Grympur. Quelle creature erano l’immagine della forza e della purezza.
Quelle creature avrebbero continuato a vivere insieme per sempre.
I corpi degli assassini furono gettati fuori dalla foresta, mentre una protezione fu creata tutt’intorno alla radura, così che nessuno da quel momento in poi avrebbe più potuto metterci piede.
Malìa fece disporre le sorelle in un cerchio attorno ai due corpi. Tutte iniziarono a sollevare le loro braccia verso il cielo, richiamando la loro madre affinché l’incanto potesse avere l’effetto desiderato.
La Notte rispose alla loro invocazione.
Dalle stelle scivolò della polvere dorata, mentre la luna nascondeva il suo volto. Quella polvere scese verso terra, avvolgendo completamente i corpi di Alys e Grympur. Ben presto iniziò ad essere modellata dalle abilità magiche delle figlie della notte, fino a che sorridenti – seppur nel dolore – osservarono il lavoro concluso.
Intorno ai loro corpi fu eretta una sorta di statua di marmo bianco, raffigurante Alys seduta a terra, come sovente faceva, e Grympur ancora intatto che posava il suo capo sul ventre di lei.
Quello era l’ultimo regalo della Notte e delle sue figlie all’ultimo magico unicorno, e al suo dolce amore.




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Parole scelte: Notte – Uccidere - Magico
 
Note dell’autore: Il nome Grympur è nato dall’associazione di due parole Gallesi:  Grym = forza ; Pur = puro (O almeno così mi ha detto il Google Traduttore :P). Gli altri nomi e le descrizioni delle Figlie della Notte sono di mia invenzione.
Inoltre, la storia parte proprio dalla leggenda dell’unicorno, secondo cui solo una vergine avrebbe potuto avvicinarlo, in quanto al sol vederla lui avrebbe posato il suo capo sul suo grembo. Da questa “immagine” è nato tutto.  



Ecco finalmente l'ultimo contest al quale ho partecipato (non so se parteciperò ad altri contest, probabilmente lo farò solo quando avrò l'ispirazione subito.), e devo ammettere che sono felicissima del giudizio.
Il contest è "The Last One Fantasy" ideato da schwarzlight, che ringrazio infinitamente sia per il giudizio che per l'idea, che mi è piaciuta moltissimo :)

Sono arrivata Sesta su Dodici, ma il punteggio era piuttosto alto.
Che dire... non so se vi potrà piacere, ma se volete lasciate pure un commentino :)

Dopo di questa non so fra quanto pubblicherò nuove storie, perché per le long preferisco concluderle prima di postarle. Be', si vedrà. Non scomparirò di certo! :)

Ah già, un ringraziamento anche ad Elos per il magnifico banner! :D



   
 
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