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Autore: winry8827    07/05/2011    7 recensioni
Storia partecipante al contest "Flowers for life" indetto da Ss904 e classificatasi terza.
Carlo è un uomo realizzato, che ogni sabato porta i fiori alla sua amata Viola, ma tutto non è come appare.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Miscellanea'
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Storia partecipante al contest "Flowers for life" (http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9652504&p=1) indetto da Ss904 e classificatasi terza
 Nome Autrice Forum: Gabby_8827
Nome Autrice efp: winry8827
Titolo: Non solo una viola
Genere: Drammatico
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot
Fiore scelto: Viola
Note Autrice (Varie ed eventuali): Le parti in corsivo sono i ricordi di Carlo e ciò che dice il fioraio a proposito delle leggende sul fiore è vero.
Introduzione: Carlo è un uomo realizzato, che ogni sabato porta i fiori alla sua amata Viola, ma tutto non è come appare.

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 Non solo una viola

 




 
Carlo era un ragazzo poco fantasioso, ogni sabato passava dal fioraio per comprare delle viole per la sua amata Viola, in realtà se la fanciulla si fosse chiamata Margherita avrebbe scelto l’omonimo fiore.
Mentre si trovava dal fioraio, era nata una stramba e alquanto buffa conversazione.
-Sai Ca che Napoleone regalò un mazzetto di viole a un’amante?
Disse il ragazzo facendo l’occhiolino
-E sai che secondo la mitologia Zeus creò le viole per nutrire una giovenca, che in realtà era una donna –sua ex amante- poi trasformata in bestia?
-Ma che vuoi dire che sono basso o che Viola è una giovenca?
Rispose irritato alle domande dell’amico fioraio, Carlo non era certamente interessato a quei discorsi, senza considerare la sua congenita e immensa suscettibilità.
-Non mi permetterei mai. Ca voglio dire che ogni fiore ha la sua importanza, ha il suo significato e la sua natura, dico solo che dovresti scegliere qualcosa di più adatto per lei.
Poi, in tono più serio, l’amico aggiunse quale fosse il significato delle viole: modestia e pudore, e così si convinsero.
Le viole erano assolutamente i fiori più adatti.
-Senti Giovanni, io mi chiamo Carlo e non Ca
Ribadì il cliente leggermente infastidito.
-Certo avvocà ho capito
Il fioraio non era certamente un uomo acculturato, ma era davvero simpatico e appariscente, eccentrico ed estroverso, forse per questo erano ormai anni che Carlo frequentava quel negozietto.

L’uomo prese in mano il suo mazzolino di fiori e uscì incamminandosi verso la sua meta.
Mentre camminava, ripensava alla sua storia d’amore, alla sua Viola, com’era bella la sua Viola.
Si conoscevano dai tempi del liceo e da allora si amarono.
Il loro amore era vero e sincero.
Il loro amore era qualcosa di eccezionale e impagabile, anche se Carlo non lo diceva mai o mai lo dimostrava apertamente, Viola era per lui la persona più importante.
Viola era tutto, era la sua compagna, era la sua vita e la sua anima, Viola era una parte di se stesso.
Viola era ciò che di più delicato e puro avesse mai conosciuto.
Era come il candore della neve, che ricopre il nero asfalto.
Era l’alba dopo una notte buia.
Era l’odore d’erba appena tagliata.
Era fresca, candida e allegra.
Era la sua più grande certezza.
Viola era il suo opposto, era modesta e sincera ed era bella, incantava la sua bellezza.
Era davvero brava in ciò che faceva, ma nonostante ciò ripeteva
 
-Non sono poi un granché. Carlo non esagerare, lo faccio solo con passione e amore.
Continuava a ripetere lei dolcemente.
Era davvero brava nel suo lavoro, che allo stesso tempo era la sua più grande passione.
-Ma gli artisti non sono egocentrici?
Chiedeva sempre Carlo per imbarazzarla e puntualmente ci riusciva.
La ragazza arrossiva e timidamente rispondeva
-Non tutti, io sono …
-Modesta!
Affermava Carlo, non lasciandole il tempo di concludere la frase.
-Dovresti essere egocentrica e un po’ pazza, e magari indossare un vestitino sexy.
Gli diceva sempre malizioso, ma non riusciva mai a convincerla.
 
Viola era pudica come una donna medievale.
Viola era così, era bella e pudica, era un’artista modesta e poco appariscente.
Era una ragazza semplice con le mani perennemente sporche di pittura.
Le sue esili dita erano un arcobaleno che carezzava delicatamente il volto del suo amore più grande.
Era davvero unica la sua Viola.
 
 
Carlo camminava lungo una strada, mentre raggiungeva la sua meta un triste sorriso si dipinse sul volto.
Non poteva non abbandonarsi ai ricordi, ma ormai il tempo gli aveva regalato la serenità e la gioia, con il passare del tempo era riuscito ad apprezzare quei ricordi e a non maledirli.
 
-Amore mio smettila di insistere!
Lei lo osservava rossa in volto, con una larga maglia grigia usata come camice, sorridendo imbarazzata.
Non avrebbe mai indossato nulla di provocante, non era il suo stile, si sentiva a disagio solo parlandone, ma Carlo non avrebbe mai smesso d’insistere.
Era bellissima quando arrossiva.
Le gote rosse e uno sguardo abbassato celavano un velo di vergogna.
 





Arrivato, sorrise dicendo
-Sono venuto anche oggi amore mio
Guardò la fotografia poggiata sulla lapide e carezzandola sussultò.
-Ti amo come sempre Viola.
Poggiò i fiori sul marmo e si chinò per parlare con la sua amata scomparsa, proprio come faceva ogni volta.
Una parte della sua anima era morta con la ragazza, e quel poco di vita che gli rimaneva era legato all’abitudine di portarle dei fiori e parlarle, come se fosse viva.
-Oggi ho scoperto che le viole simboleggiano la modestia e il pudore, non conoscevo il loro significato, ma tu questo già lo sapevi.
Si passò una mano sul volto tentando di calmare la sua emozione
-Sono anni che ormai compro questi fiori e li porto qui su questa stupida lapide solo perché hanno il tuo nome o meglio tu porti il loro, e solo oggi ho scoperto quanto questi maledetti fiori ti somiglino.
 
Carlo ricordava le notti insonne passate all’ospedale, ricordava la sua Viola rannicchiata nel letto di quell’asettica stanza, la ricordava sofferente e ansimante per il dolore.
-Perché non vai a casa. È inutile che tu rimanga.
Ripeteva Maria, la madre della ragazza.
-Vai a riposare Carlo, ci sono io con lei.
Lui non riusciva a lasciarla sola, non poteva farlo e mai lo avrebbe fatto.
Non lo fece.
Infatti, rimase con lei fino a quando la malattia, dopo averla consumata, la spense.
 
Cercò invano di trattenere una lacrima e con voce tremante sussurrò
-Mi manchi amore mio
Si rialzò in piedi, traballando per il dolore, quel luogo era la casa dell’eterno riposo dei morti e dell’eterno dolore dei vivi.
Per lui il cimitero era al tempo stesso una gioia e uno strazio.
Sapere che lei fosse lì lo rincuorava, perché sapeva dove andare quando sentiva la necessità di parlarle, ma quel luogo rappresentava la morte della sua amata.
Era lì, nel cimitero, non sarebbe mai più uscita da quella casa, non l’avrebbe mai più rivista e abbracciata, non avrebbe mai più sfiorato la sua candida pelle, non l’avrebbe mai più baciata, mai.
Lei era lì, era morta, e a tale consapevolezza Carlo mai trovò alcuna consolazione.
La sua Viola ormai viveva solo nei fiori, quei piccoli e delicati fiori che lui le portava ogni sabato al cimitero, tutti tranne uno, ne portava sempre uno con sé per sentirla più vicina.
Lui era la sua Viola.










































  
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