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Autore: NonnaPapera    07/05/2011    2 recensioni
Learco e Menippo la loro amicizia ed il segreto di Learco
Spin off della long Destino
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Destino'
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I motivi del cuore

“Menippo attento” l’urlo di Learco arrivò appena in tempo ad avvisare il compagno di battaglia. Menippo si abbassò e schivò il fendente che probabilmente avrebbe potuto tranciargli la testa di netto. L’infuriare della lotta continuava ormai da più di un’ora. Tutti gli uomini erano stanchi ed affaticati, l’esercito nemico era troppo più esteso per poter sperare di avere la meglio, però con determinazione continuavano a combattere senza ritirarsi, tutti pronti a sacrificare la vita per la causa della libertà. Learco attraversò con fatica il campo di battaglia, roteando la spada e facendosi largo tra gli avversari che parevano non finire mai.
Finalmente dopo innumerevoli sforzi riuscì a giungere al fianco del suo fedele secondo:
“Learco, qui si sta mettendo male, che decisione hai preso?” domandò Menippo mentre appoggiava la propria schiena contro quella del suo comandante, in modo da poter combattere meglio.
Learco si scostò i lunghi capelli bianchi che gli erano ricaduti scomposti sul viso e fissò di sfuggita il suo fratello di sangue negli occhi.
“Non ci possiamo arrendere, se indietreggiamo le donne e i bambini che trovano riparo in quel bosco saranno perduti” affermò ansimando ed indicando il fitto bosco alle loro spalle.
“ Si lo so ma ormai siamo spacciati, siamo troppo inferiori di numero per poterci opporre… figurarsi per riuscire a vincere”.
Learco annuì tetro con la testa, Menippo aveva ragione, non avevano più scampo. In preda all’ansia fece scorrere lo sguardo per tutto il campo di battaglia, in cerca di un’idea, un’ispirazione che potesse portarli alla vittoria.
Ad un certo punto i suoi occhi grigi si fermarono ad osservare un grande carro che stava in cima ad una piccola pendenza.
“Menippo, ho un’idea, raduna gli altri e cominciate ad indietreggiare. Lo vedi quel carro là in alto?” chiese, indicando con la punta della spada il basso promontorio che stava di fronte a loro. Menippo tirò un calcio ad un soldato e si volse per seguire ciò che gli stava dicendo il suo comandante.
“Sì, cosa hai in mente?”
“Quel carro è senza dubbio pieno di polvere nera. Sai quella strana sostanza che da un po’ di tempo a questa parte stanno usando i soldati dei re Alarico per distruggere i villaggi?”
L’uomo annuì,  sapeva a cosa si riferiva Learco… per colpa di quella sostanza esplosiva e distruttiva lui aveva perso sua sorella.
“Ne sei sicuro? Ma se sono in possesso della polvere nera perché non l’hanno utilizzata contro di noi?” domandò Menippo dubbioso.
Learco fece un sorriso stiracchiato “ Perché quell’idiota  del  generale Emiliano è talmente convinto della superiorità schiacciante del suo esercito che pensa di non averne bisogno… Stupido, così manda i suoi uomini al massacro…”  Learco pronunciò l’ultima frase con disgusto. Erano avversari e la stupidità di Emiliano giocava a suo favore, però non riusciva a tollerare un comandante che giocava senza ritegno con la vita dei propri uomini.
“ Allora qual è il piano?” chiese Menippo ansioso.
“Voi vi radunate, mentre  io raggiungo il carro e lo lanciò giù dalla collina dandogli fuoco. Appena vedette il carro arrivare cominciate a scappare nella boscaglia, i nostri avversari vi inseguiranno non accorgendosi del pericolo che sta arrivando e per loro sarà la fine. Esploderanno senza accorgersene… Tutto chiaro?”
“Si” fu la rapida risposta del secondo.
Senza perdere altro tempo Learco si lanciò in una corsa sfrenata abbattendo chiunque si trovasse sulla sua strada dirigendosi verso il carro esplosivo, doveva fare in fretta prima che Emiliano intuisse le sue intenzioni e lo fermasse.
Era quasi giunto sulla collina quando una fitta di dolore gli trafisse la spalla destra. Learco cadde a terra sopraffatto dalla sofferenza mentre si voltava per capire cosa era successo. Davanti a lui il volto adirato e al contempo derisorio di Emiliano lo fissava con sfida.
“Brutto pezzente, credevi di farmela vero? Con chi credi di avere a che fare? Tu sei solo un ragazzetto che fino ad ora è stato molto fortunato, io invece sono un generale al servizio di re Alarico, addestrato nella nobile arte della guerra… contro di me non hai speranza alcuna.” Disse quelle parole come se le stesse sputando e infine, sollevata la lama di un pugnale, l’abbassò mirando al cuore di Learco.
Learco chiuse gli occhi infuriato contro sè stesso. No, non poteva assolutamente soccombere così, si era fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta. Doveva salvarlo, salvarlo a tutti i costi… un giorno sarebbe riuscito ad arrivare davanti a re Alarico, a fissarlo negli occhi e a proteggerlo dalla sua stessa follia.
L’unico scopo della sua inutile vita, l’unico vero motivo per il quale combatteva, era salvare Alarico da sé stesso.
Con un poderoso calcio –che probabilmente ruppe alcune ossa all’avversario- riuscì ad allontanare da se Emiliano.
Senza perdere altro tempo, stringendosi con una mano la spalla ferita, percorse di corsa i pochi metri che lo separavano dal suo obbiettivo.
Con due pietre focaie riuscì dopo alcuni tentativi ad accendere la miccia che pendeva dal carro e poi, raccogliendo le ultime energie che gli erano rimaste in corpo, spinse nella valle il piccolo carro esplosivo.
Pochi istanti, in cui il tempo parve fermarsi, mentre il carretto caracollava verso i due eserciti impegnati nello scontro, infine il grido di Menippo che ordinava ai suoi uomini la ritirata e lo scoppio fragoroso dell’esplosivo.
Quel rumore sordo fu l’ultima cosa che sentì, prima di cadere a terra esausto e stremato dalla ferita.

 

Quando Learco si riprese il sole ormai era calato da un pezzo e la luna brillava magnifica nella sua pienezza.
Si sollevò avvertendo subito un dolore sordo alla spalla, ma non ci badò.  Girò lo sguardo curioso per capire dove fosse. Era sdraiato su di una brandina e la luce della luna filtrava attraverso la stoffa di una tenda.
“Ben svegliato fratello” la voce di Menippo gli arrivò un po’ ovattata alle orecchie per via della spossatezza che si sentiva addosso.
La mano del suo secondo si poggiò sul suo petto, nella tacita richiesta di farlo sdraiare nuovamente e Learco l’accontentò.  Menippo sorrise di questa sua strana remissività –che non faceva parte certamente del carattere testardo e ombroso di Learco- e lo coprì con una coperta di lana.
“Allora?” domandò Learco impaziente.
“Vittoria” si limitò a confermare l’altro.
Learco sorrise compiaciuto e chiuse gli occhi, troppo stanco per aggiungere altro.
L’amico vedendolo assopito, in silenzio, lasciò la tenda per andare anche lui a riposarsi.

“Vi prego permettetemi di unirmi alla vostra causa” il viso sporco e rigato dalle lacrime di un giovanissimo Menippo lo fissava supplichevole. Ormai era più di un anno che lui: Learco, combatteva contro le truppe regolari di re Alarico e il suo scalcagnato esercito trovava ogni giorno nuovi uomini disposti a dare la vita pur di spodestare il tiranno dal trono.
Menippo quel giorno era riuscito a trovare il suo piccolo esercito ed ora, inginocchiato davanti a lui, lo stava supplicando di poterne fare parte.
Learco lo fissò scuro in volto, quel ragazzo doveva avere si e no vent’anni, anzi probabilmente erano coetanei. Non se la sentiva di coinvolgere una persona tanto giovane in quell’assurda guerra… lui sapeva quanto si soffriva sui campi di battaglia e non voleva assolutamente che altri patissero la stessa sofferenza se non era assolutamente necessario, perciò chiese:
“Che motivo hai di unirti alla nostra causa?”
Menippo sollevò lo sguardo e poi con decisione rispose:
“Il motivo che spinge tutti voi a combattere… la sete di giustizia, il desiderio di libertà, la disperazione del dolore”
Learco lo fissò sospirando, gli occhi persi in pensieri indecifrabili.
“L’odio nei confronti di re Alarico?” chiese infine.
Menippo scosse forte il capo.
“Su ordine di re Alarico ho perso i miei genitori, uccisi dalle guardie durante una raccolta di tasse, l’unica persona che mi rimane è mia sorella  Amelia”  disse indicando col dito una ragazza poco più piccola di lui che se ne stava in disparte tremando spaurita ma con lo sguardo alto e fiero “però non lo odio, i miei genitori erano molto credenti, mi hanno insegnato a non portare rancore… semmai lo compatisco, malvagio e tiranno com’è sarà certamente un essere solo… No, io voglio combattere al vostro fianco non per desiderio di vendetta, ma per poter assicurare un futuro degno di tale nome a mia sorella… voglio la possibilità di crescere i miei futuri figli in serenità…”
Learco lo fissò sorpreso , cercando di scorgere negli occhi scuri del suo interlocutore l’ombra del rancore, però non riuscì a leggervi null’altro se non la fiera determinazione e il desiderio di libertà.
“Sicuro che i motivi che spingono il tuo cuore siano questi?” domandò comunque insistente.
Menippo arcuò un sopracciglio:
“Ognuno di noi è spinto da motivi differenti, i miei non sono meno importanti o meno nobili dei vostri… Se posso chiedere, quali sono i motivi che spingono voi alla lotta?”
Learco si irrigidì, quel ragazzo ne aveva di coraggio per andare a fare una domanda simile a lui, il famigerato capo della resistenza  ed inoltre era stato preso alla sprovvista, cosa doveva rispondergli? Nessuno degli uomini che combattevano con lui sapeva il reale motivo del suo desiderio di vittoria su re Alarico. I suoi occhi grigi si scurirono mentre per la prima volta, da più di un anno, abbassava il capo incapace di sostenere uno sguardo:
“ I motivi che spingono me sono molto meno nobili dei tuoi… io lo faccio solo per egoismo, inseguo una felicità che non so se riuscirò mai a raggiungere… D’accordo, benvenuto nella resistenza Menippo” e così dicendo si allontanò voltando a tutti i presenti le spalle.

Learco si svegliò di soprassalto madido di sudore e febbricitante.
Perché aveva sognato l’incontro con Menippo? Ormai erano passati tre anni. Tre lunghi anni in cui attraverso le battaglie, gli stenti e il dolore, il loro legame si era rafforzato talmente tanto da renderli come fratelli.
Eppure ogni volta che nello sguardo pulito dell’amico leggeva la sua determinazione a un futuro migliore si sentiva tremendamente in colpa. Nonostante tutto lui non aveva avuto il coraggio di confessare a Menippo che cosa in realtà lo spingesse alla lotta. Come avrebbe potuto ammettere che a spingerlo era l’amore… l’amore per quel tiranno che passava sotto il nome di re Alarico?
Non riusciva più a restare in quella tenda, gli pareva di soffocare, perciò si rivestì con fatica ed uscì iniziando a vagare, incurante della febbre e del dolore.
Camminò senza meta per un tempo indefinito e ad un certo punto si ritrovò, senza sapere bene come, nel grande spiazzo che quel giorno era stato teatro della loro battaglia.
Tutto il prato, rischiarato dalla debole luce della luna piena, era bruciato per via dell’esplosione che lui stesso aveva provocato. Quello scenario di desolazione e di morte gli ricordava tanto la condizione del suo povero cuore. Fece vagare lo sguardo annebbiato dalla febbre per tutto il prato, scrutando con dolore ogni singolo filo d’erba nero e bruciato. Ad un certo punto la sua attenzione venne catturata da un piccolo puntino bianco che faceva bella mostra di sè in mezzo a tutto quel grigiore.
Si avvicinò sulle gambe traballati e si chinò per osservare meglio quel miracolo. Una piccola margherita, un fiorellino quasi insignificante era riuscita a sopravvivere a quella strage. Era lì, con la piccola corolla chiusa per il riposo notturno, sopravvissuta ai piedi ferrati dei cavalieri, agli zoccoli dei cavalli, al fuoco dell’esplosione.
Tutto intorno a lei era morte ma nonostante tutto era sopravvissuta.
Sorrise.
Quella margherita rappresentava così bene i suoi sentimenti per Alarico… quell’amore che caparbio continuava a provare nonostante tutta la distruzione che lo circondava.
In fondo non era così difficile amare Alarico, certo ora era divenuto un mostro –anche se non ne capiva il perché- ma un tempo non era così, era tutto diverso.
Allungò una mano ed accarezzò lievemente la corolla delicata della margherita mormorando in un singhiozzo:
“…Alarico…”

Learco stava camminando per le sale del palazzo cercando ovunque il suo allievo.
Come al solito il giovane principe spariva e si nascondeva da qualche parte, perso in chissà quali sogni fantastici, senza ricordare che doveva seguire le lezioni.
Decise di cercarlo fuori in giardino, ormai il tempo si stava facendo più piacevole e quasi certamente il piccolo Alarico non si era lasciato scappare la ghiotta occasione per uscire a divertirsi.
Infatti , poco più tardi , lo trovò intento a giocare con l’acqua che sgorgava della fontana.
Aveva quattordici anni ed ormai stava crescendo, però molto spesso si comportava ancora come un bambino. Non era uno stupido anzi , la sua intelligenza acuta e puntuale lo aveva sorpreso piacevolmente molte volte. Però una parte fondamentale del suo carattere era quella straordinaria semplicità con la quale affrontava la vita e i piccoli problemi che ogni giorno la sua posizione gli portava.
Learco osservò il viso fresco e solare del ragazzo stendersi in un sorriso dolce e caldo, mentre con una mano schizzava l’acqua addosso al levriero che gli scodinzolava accanto.
“Giovane signore” lo apostrofò Learco appena gli fu vicino “Non vi pare di aver dimenticato qualcosa?” chiese con una punta di ironia nella voce.
Alarico sollevò lo sguardo arrossendo leggermente per l’imbarazzo e poi cacciò fuori la lingua scherzosamente.
“Hai ragione, mi dispiace di averti fatto perdere del tempo, però oggi è una così bella giornata che i libri e lo studio mi sono passati d mente” mormorò il ragazzo mentre con una mossa agile si metteva in piedi sul bordo della fontana e ne percorreva in equilibrio tutto il perimetro.
“Mio signore, ora è il caso di rientrare, tra l’altro rischiate di farvi male se continuate a giocare così” ribatté Learco, un po’ in apprensione per la sorte del suo pupillo.
“Suvvia Learco, a sentirti parlare nessuno penserebbe mai che tu abbia appena cinque anni più di me… ti comporti come un vecchio”
A quelle parole Learco, punto sul vivo, si irrigidì. Si rendeva conto che quando stava con Alarico tendeva ad essere troppo rigido, però quello era l’unico modo che era riuscito a trovare per tenere nascosti i sentimenti profondi che provava nei confronti del suo principe. Ormai era già da un po’ di tempo che si era reso conto di amare Alarico.
Amava tutto di lui, la sua purezza, la sua intelligenza, la freschezza con cui affrontava ciò che la vita gli presentava, sempre senza lamentarsi  o senza imporsi. Seppure molto giovane il fascino di Alarico gli aveva stregato il cuore. Ecco perché con il suo atteggiamento intransigente cercava disperatamente di mantenere le distanze. Lui era solo un misero insegnate, mentre Alarico il futuro erede al trono… tra di loro non poteva nascere nulla.
Uno schizzò d’acqua lo colpì in pieno viso distogliendolo dai suoi pensieri.
Alarico era caduto nella fontana!
“Maestà…”
Alarico riemerse ridendo di gusto per il bagno fuori programma, ma appena si accorse dello sguardo serio di Learco si zittì abbassando lo sguardo:
“Mi spiace… Learco potresti aiutarmi ad uscire?” chiese infine mesto.
Learco sbuffò nella speranza di  poter trattenere un sorriso che gli saliva alle labbra, allungò la mano che prontamente venne stretta da quella del ragazzo.
Stava per tirarlo su quando Alarico lo tirò verso di sé, facendogli perdere l’equilibrio e trascinandolo con sé , costringendolo ad un tuffo nell’acqua gelida. In un istante si ritrovò completamente bagnato con del muschio strano e puzzolente che gli sporcava il naso.
“Maestà!” esclamò esterrefatto e sconvolto.
Alarico dal canto suo,  per nulla pentito, si stava sbellicando dalle risate sbattendo i piedi e schizzando ripetutamente il povero Learco.
“Oddio Learco ti dovresti vedere, sei buffissimo conciato così…”  e riprese a ridere incapace di smettere.
Learco sbuffò infastidito poi preso da un desiderio di vendetta improvviso, afferrò uno dei pesci che giravano spaventati nella fontana e con gesto rapido lo infilò dentro la tunica di Alarico.
Il ragazzo non se ne accorse subito, ma poi iniziò a muoversi come un forsennato, tentando di scrollarsi di dosso l’ospite indesiderato.
Ora era Learco a non riuscire più a trattenersi dalle risate.
Il principe lottò ancora per alcuni istanti con il povero pesciolino rosso, fintanto che non riuscì a farlo scivolare nuovamente nell’acqua.
Ora che erano entrambi più tranquilli, Learco si perse ad ammirare il viso del suo allievo. I lineamenti fanciulleschi e morbidi, ormai da qualche tempo stavano lasciando il passo a forme molto più pronunciate e virili. La bellezza di Alarico, con quei capelli corvini appiccicati al volto e la tunica che ne delineava i muscoli accennati  ma promettenti , era davvero innegabile.
Learco non riuscì a trattenersi ed in un impeto di follia poggiò le sue labbra su quelle del principe.
In quell’istante il rumore di porcellana infranta li fece voltare entrambi.
La piccola serva, vedendoli mentre si baciavano, aveva fatto cadere per la sorpresa il vassoio con il thè.
“Mio sovrano mi scusi non vi volevo interrompere”  biascicò mortificata la ragazza.
Alarico per tutta risposta si alzò e uscendo dalla fontana si diresse verso di lei sorridendo.
“Su non ti preoccupare… va tutto bene, io e Learco ci amiamo, ma avremmo dovuto essere un poco più discreti” e così dicendo si chinò lui stesso per raccogliere i cocci delle tazzine.
Dopo che la ragazza si fu allontanata Alarico si voltò con un sorriso smagliante verso Learco.
“Allora anche io ti piaccio” disse correndo come un forsennato in direzione del maggiore e scagliandosi con tutto sè stesso tra le braccia di quest’ultimo.
Learco non poté fare altro se non aprire le braccia ed accogliere quel ragazzino avventato, per evitare che si facesse male.
“Maestà noi non …” tentò di protestare.
“Suvvia, io ti amo e adesso so per certo che mi ami anche tu… almeno per una volta non rimproverami e baciami… i problemi li risolveremo poi…”
Learco non poté fare a meno di accontentarlo, stringendo a se il corpo bagnato fradicio del ragazzino.

“Fratello ,finalmente ti ho trovato…”
Menippo gli corse incontro tutto trafelato.
“Ma cosa ti è saltato in mente? Sei convalescente” e così dicendo gli passò una mano sulla fronte.
Scottava.
“Accidenti vieni che ti riporto subito al campo… oltretutto questa zona è pericolosa. Cosa avresti fatto se ti avesse attaccato una pattuglia del re?”
Learco alzò i suoi occhi grigi, leggermente opachi per via della febbre, e sorrise mesto.
“Scusa… ma avevo bisogno di ritrovare il motivo che mi spinge a combattere… alle volte mi pare così inutile”
Menippo lo abbracciò stando attento a non stringergli troppo la spalla ferita.
“Learco, il motivo che spinge te a combattere è il più forte di tutti. Tu non me lo hai mai confessato ma io lo so che combatti mosso dall’amore…”
Il comandante a quelle parole sussultò, salvo poi rilassarsi nuovamente quando Menippo finì la sua frase “Anche se non capisco di chi tu sia così tanto innamorato”
Learco sorrise mesto mormorando un:
“ Si hai ragione il motivo che spinge il mio cuore è amore…” avrebbe tanto voluto finire la frase, e confessare il suo segreto all’amico, però sapeva di non poterlo fare.
Così si limitò a lasciare la frase a metà e a sprofondare il volto nel petto forte di Menippo, lasciando che l’altro lo cullasse.
Con la mente e il cuore rivolti al suo Alarico, il ragazzino semplice e fresco che solo lui conosceva, si addormentò ma non prima di aver rinnovato con sé stesso la solenne promessa di salvarlo.

End



Piccolo spazio privato

Storia partecipante al Flowers for life classificata quinta
e al contest Smok on Water classifica ulitima ç.ç
Questo è uno spin off della long Destino

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