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Autore: Kricca    10/05/2011    5 recensioni
La one-shot è nata come un tema di epica, poi però ho pensato di pubblicarla, dal momento che era una one-shot conclusa e piuttosto ben scritta. Spero che qualcuno si fermi a leggere e, soprattutto, che commenti. Mi farebbe molto piacere!
Dal testo: "Basterebbe poco per colpirlo, una, due, tre volte, ognuna per ricordare i miei cari uccisi dalla furia dell’uomo con cui ora, ignobilmente, sono costretta a condividere il letto.
Ma sono soltanto una schiava, amante del glorioso Achille."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Spero che sia gradita almeno a qualcuno di voi. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensate. Ringrazio in anticipo tutti coloro che impiegheranno il loro tempo per leggere la one-shot. Commenti sono più che graditi: so che può essere noioso commentare, però per me è un modo per migliorare, critiche comprese!
 
Ormai ho perso il conto di quanto tempo sia passato da quando siamo qui. Nell’accampamento dicono  che siano passati dieci anni, ma forse per me  non è più importante nemmeno quello. Sembrano quasi appartenenti ad un'altra vita i momenti passati nel tempio del dio Zeus, con le altre sacerdotesse e mio padre, quando, a Lirnesso, trascorrevo le giornate a pregare e a prendermi cura di quella che era la mia seconda casa. L’amavo quanto la prima, quella di mio  marito Minete, re di Cilicia; e amavo lui come ogni sposa dovrebbe fare.
Con una smorfia di rabbia penso ad un’altra donna: Elena. Colei per cui fu scatenata una guerra che ha coinvolto tutti i principi achei. Tutti follemente desiderosi in passato di possedere soltanto per qualche minuto una donna tanto bella, da essere disposti a correre in aiuto di suo marito, dopo anni trascorsi ognuno con le propri mogli nei propri regni, per combattere una guerra la cui fine non vogliono preannunciare nemmeno gli dei.
Come sempre però, i ricordi e i pensieri mi hanno distratta, così che non mi accorgo nemmeno di essermi risvegliata nella tenda del mio padrone. Non che questo mi debba stupire, d’altra parte. Forse, ormai, sono tanto abituata a trascorrere nello stesso modo i giorni e le notti, da non distinguere più nulla, da ritenere ovvio svegliarmi nel letto di un uomo che non è mio marito, che non è stato benedetto dagli dei e da mio padre e che da anni oltraggia la mia famiglia chiedendomi di soddisfare ogni suo desiderio. Come se fosse normale che io debba svegliarmi in un letto che non appartiene a mio marito ma all’uomo che ha fatto di me una vedova e una schiava.
Ma questo poco importa. Io sono soltanto Briseide, la schiava di Achille.
Questa mattina, però, qualcosa è diverso: mentre mi alzo dal letto in cui ho adempito ai miei obblighi di serva e concubina, vedo che il mio padrone giace ancora lì, nudo e addormentato. Osservo il suo viso, i lineamenti perfetti ora distesi: in questo momento, l’ira che nei giorni precedenti ha turbato anche il  suo sonno sembrano lontani. Osservo il profilo del suo naso dritto, i capelli chiari sparsi sulla fronte, quelle labbra a me tanto familiari, i muscoli delle braccia evidenti seppure siano rilassati e non tesi nel combattimento, nel sorreggere lo scudo. Percorro con lo sguardo la sua schiena forte, finché ad un tratto vengo distratta dai rumori provenienti dall’esterno. Il divino Achille scenderà oggi in campo? Sebbene non le possa sentire, so che sono questi i dubbi che assillano gli achei. Ieri Agamennone, colui che ha rapito mia cugina Criseide, crudele mostro che ha negato la sua restituzione al padre Crise, ha chiesto al mio padrone uno scambio: per la restituzione di Criseide, il capo supremo di tutti gli achei voleva me.
E Achille? Oh, Achille, il nobile e divino Achille, ha rifiutato, perché oltraggiato nel suo onore: come osava, Agamennone, permettersi di chiedere che la sua schiava smettesse di soddisfare la lussuria di colui che aveva tratto in vantaggio le schiere achee? Come osava togliere al glorioso Achille il suo dono, il suo trofeo per aver distrutto un’intera città?
Achille divino, pari agli dei.
Eppure, adesso, mentre sono seduta sul letto a pochi centimetri da lui, io so quanto ciò sia falso. Quanto poco basterebbe per prendere il pugnale e colpirlo, una, due, tre volte, ognuna per ricordare i miei cari uccisi dalla furia dell’uomo con cui ora, ignobilmente, sono costretta a condividere il letto. Sfioro appena la sua pelle, immaginando di aver veramente preso l’arma che tiene sempre vicino ai soffici cuscini, e di pugnalarlo senza pietà.
Ma sono solo fantasticherie di una povera donna che non ha più motivo o dignità per vivere.
Sono soltanto una schiava, amante del glorioso Achille, così lo chiamano tra gli Achei. La sua fama indiscussa aleggia anche tra i troiani, che temono la sua spada e il suo valore.
Si sveglia, poco dopo, senza guardarmi.
- Portami la colazione – ordina.
Mai un’occhiata, mai uno sguardo, come se le notti trascorse insieme, che si accavallano le une sopra le altre, non fossero mai esistite.
Sono solo una schiava.
La sua schiava.
 

  
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