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Autore: Any Ikisy    10/05/2011    3 recensioni
L’ora di apertura del negozio era giunta; non l’aveva realmente attesa, si era semplicemente incantato ad ascoltare il rumore degli ingranaggi dell'orologio appeso al muro –Shinji non si annoiava facilmente.
Camminò sino alle porte del negozio, che aveva precedentemente sbarrato, per voltare il cartellino e aprire ufficialmente con una certa indolenza.
Avrebbe trascorso il pomeriggio immerso tra i propri pensieri ed ogni complesso che, bene o male, ogni adolescente che si rispetti affronta; immerso nella solitudine ch’egli stesso si era creato attorno.
[ VIII classificata al Queen Contest indetto da Himechan84 ]
[ V classificata al Parole e Luoghi Contest indetto da Roe ]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaworu Nagisa, Kensuke Aida, Shinji Ikari, Toji Suzuhara
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Nick Autore: Any Ikisy
Categoria scelta: Neon Genesis Evangelion
Titolo: Sottile Scambio di Favori
Genere: Introspettivo, Slice of Life, Generale, Friendship
Rating: Giallo
Protagonisti/Pairing: Kaworu Nagisa, Shinji Ikari, Kensuke Aida, Toji Suzuhara [KawoShinji]
Avvertimenti: Shonen-ai, One-shot, AU, Lime
Citazione scelta (queen contest): Friends will be friends
Prompt scelto (parole e luoghi contest): Abbandono
Luogo scelto (parole e luoghi contest): In una discoteca
Note d’Autore: La storia ha partecipato a due contest; è stata giudicata, la prima volta, simultaneamente a Metro di paragone, classificandosi per altro nella stessa posizione. Ha partecipato nel frattempo ad un altro contest, la cui classificazione sembra migliore… la storia resta ad ogni modo uguale. A voi.

 

 

 Banner Queen ContestBanner Parole e Luoghi Contest

 

SOTTILE SCAMBIO di FAVORI

 

 

Contrariamente a quanto si poteva pensare, un negozio di dischi offriva un notevole conforto per chi era avvezzo alla noia: le luci al neon e il ritmo ripetitivo delle canzoni commerciali che la radio diffondeva in quel periodo non davano modo alle percezioni di captare il buio che avanzava o il ticchettio dell’impersonale orologio appeso alla parete; distinguere il tempo scorrere, in qualche modo, non era concesso nella discoteca. Tutto semplicemente scivolava via con tranquillità.

Shinji amava la tranquillità –un po’ meno i giorni in cui iniziavano le svendite e il negozio di affollava.

Aveva imparato che doveva alzare lo sguardo quando lo scampanellio concitato proveniente dalla porta lo avvertiva che qualcuno stava entrando, per poi salutare e tornare alla rivista che leggeva placidamente dietro la cassa –era ormai abbastanza esperto da sapere che la maggior parte della gente che varcava quella soglia dava una rapida occhiata solo per passare il tempo.

Quel giorno, notò distrattamente, fuori dalla finestra i platani oltre la strada venivano piegati da un vento tutt’altro che indulgente; le cime quasi si sfioravano prima che una folata particolarmente intransigente le scuotessero nuovamente.

S’incantava molto spesso ad osservarli, assorto da nulla in particolare, ma probabilmente ciò che faceva più spesso era pensare –e penare, nella sua misera condizione di essere umano ancora distante dalla realizzazione.

Shinji Ikari, per l’amor del Cielo, aveva solamente diciassette anni: a quell’età sarebbe stato impossibile per lui non porsi patetici quesiti esistenziali sul proprio futuro.

«Buongiorno.»

Voltò indolentemente il capo, riscuotendosi solo dopo essersi accorto che a parlare era stato un ragazzo dall’altra parte del bancone. Si chiese quando fosse arrivato, dato che non lo aveva nemmeno visto entrare, e al contempo sgranò comicamente gli occhi.

«Sa-salve! Posso essere d’aiuto?» fece, accomodante, sperando di rimediare alla propria mancanza di attenzione nei riguardi dello sconosciuto.

«Vorrei ascoltare un brano di questo album, è possibile?»

«Certo, quale traccia?»

«La numero quindici, grazie.»

Shinji afferrò la confezione che gli veniva posta con una certa remissività, prima di accertarsi che non vi fossero copie già scartate; ne svolse quindi l’involucro e inserì il CD nel lettore musicale.

Vi era una particolare offerta per celebrare i successi dei Queen a distanza di vent’anni –in memoria della morte di Freddie Mercury, per la precisione– perciò non si stupì non appena lesse il nome della custodia.

«Ah- Greatest Hits II… credevo che le copie fossero già esaurite.»

«Suppongo sia un caso fortuito dunque, il mio.»

 

Another red letter day.
So the pound has dropped and the children are creating.
The other half ran away
taking all the cash and leaving you with the lumber…

I primi versi si propagarono all’interno del locale con rapidità; il giovane che aveva di fronte socchiuse gli occhi e sorrise serenamente, forse colto da una nota nostalgica.

Shinji si prese qualche istante per studiare le fattezze di quell’individuo che, nonostante la brezza autunnale, indossava una camicia bianca a maniche corte –probabilmente si trattava di una divisa scolastica, ma questo non giustificava l’assenza di una giacca sulla sua schiena.

Aveva un ampio sterno e un collo esile e sottile; era sicuramente più alto di lui ma non lo dava a vedere. I suoi capelli bianchi –suonava assurdo, visto che avrebbero potuto avere la stessa età– sfioravano con delicatezza le spalle, allo stesso modo della frangia che cadeva sulle ciglia, altrettanto chiare.

Persino la sua pelle insolitamente pallida ricordava un cencio –aveva un nome particolare quella condizione genetica: albinismo, pensò.

«Che meraviglia il canto, senza dubbio l’apice della cultura umana. Non lo credi anche tu… Shinji Ikari?¹»

Lo vide sporgersi oltre il bancone per leggere il suo nome dalla tesserina di riconoscimento che aveva appuntato alla maglia; gli sorrise cordialmente e notò che la sua voce era del tutto pulita e virile.

«Questa canzone, in particolare, esprime con una certa chiarezza ciò che unicamente a parole non sarebbe stato altrettanto facile comunicare.»

Annuì, «Lo penso anche io; questo gruppo ha gettato le basi del rock e del metal…»

L’altro replico: «Mi riferivo al testo, in verità.»

Ascoltò distrattamente, sistemando con calma il fodero per passarlo al laser ed attendere che il computer riconoscesse il cofanetto; spese un paio di secondi per rispondere, trovando che facesse in qualche modo parte del suo lavoro.

Quale opinione poteva fornire a riguardo? Ad un estraneo, poi.

«Personalmente non trovo l’amicizia così potente, né tantomeno indispensabile. Insomma, in fondo è solo uno scambio reciproco di favori…»

Afferrò una bustina di plastica e attese che lo scontrino venisse emesso mentre osservava per la prima volta gli occhi color carminio del ragazzo –insolito, ma si trovò affascinato dalla profondità di quelle iridi.

«Che visione pessimista. Qualcuno deve averti profondamente ferito per portarti una tale sofferenza…»

«Uhm.» abbassò lo sguardo incerto, sulla difensiva.

«Ritengo che l’amicizia appartenga alla categoria di sentimenti che non possono essere semplicemente spiegati con parole: serve un’esperienza vivida, per questo mi farebbe piacere incontrarti nuovamente, Shinji Ikari. Parlare con te ancora un po’, se fosse possibile.»

Non capì cosa volesse dire, né il motivo per cui si sentiva così assorto dalla sua presenza e dal suo modo elegante di porsi, ma semplicemente accettò i soldi che gli venivano allungati e restituì l’articolo; le loro dita si sfiorarono e ne avvertì l’inaspettato calore.

«Hai una penna?»

«Certo…» gli diede quella con cui stava risolvendo un rebus prima del suo arrivo.

Lo vide voltare la ricevuta che aveva pescato dal sacchetto per iniziare a scrivere sul retro una serie di cifre; non capì che si trattava di un numero di cellulare finché non lo ebbe tra le mani.

«Ma… tu…»

«Perdona la scortesia: non mi sono presentato. Io sono Kaworu. Kaworu Nagisa.»

 

It’s not easy love, but you’ve got friends you can trust:
friends will be friends.
When you’re in need of love they give you care and attention:
friends will be friends…

Shinji reputava normale porsi dei dubbi ed avere le proprie opinioni, quindi non si era fatto scrupoli nell’eliminare la possibilità di rivedere quel fantomatico personaggio; fu con sorpresa perciò che qualche sera dopo accettò il suo invito ad uscire.

Si erano dati appuntamento sotto l’insegna luminosa del negozio, prima di recarsi al cinema per guardare un film di fantascienza. Della trama ricordava ben poco, se doveva essere sincero, ma per lo più avrebbe saputo riprodurre ogni tinta che aveva colorato i capelli argentati del suo accompagnatore. Una volta fuori, gli aveva proposto di rifugiarsi in un bar poco distante e avevano trascorso la serata di fronte a una cioccolata calda; si stupì di non aver mai provato una simile quiete prima di allora, nonostante l’avesse cercata fino a quel momento.

Era trascorsa ormai una settimana e Shinji aveva rimuginato per lo stesso tempo sulla questione, fin quando non aveva deciso di uscire con alcuni amici per distrarsi.

In fondo, era stato felice della serata trascorsa e forse avrebbe trovato delle similitudini tra quella sorta di viva allegria che l’aveva caratterizzata e le sensazioni che provava quando si incontrava con Kensuke e Toji –niente di diverso, aveva sperato tacitamente.

Lo aveva semplicemente colto in contropiede, si giustificò, ruotando tra le mani il proprio bicchiere di gazzosa ancora pieno.

Il locale che avevano scelto, nonostante il freddo li costringesse a sprofondare nella sciarpa fino al naso, era un po’ fuori mano perché ci potesse andare abitualmente –Shinji non lo avrebbe comunque fatto; apprezzava però che fosse sempre semi-deserto.

«Che avete fatto in questi giorni?» chiese innocentemente Suzuhara ad un tratto.

«Ho visto la partita di basket in trasferta, l’altra sera.» rispose Aida con prontezza.

Sorseggiò piano dal suo bicchiere, senza dire ad alta voce che aveva avuto un appuntamento con un ragazzo –con Nagisa, per mantenersi impersonale. Non prese nemmeno in considerazione di dire apertamente che era stato bene in quell’occasione e che, potendo, avrebbe persino ripetuto l’esperienza.

Ricordava di come, una volta entrato in contatto visivo con Kaworu, non fosse stato più in grado di liberarsene –non ci riusciva perché non voleva.

Shinji continuò a far tacere i propri pensieri, un po’ a disagio.

In qualche modo, scoprì un certo timore nel provare una tale attrazione per lui: il suo modo di parlare, le attenzioni che gli serbava… non era molto esperto nel campo, ma credeva di piacergli come ad un uomo non sarebbe dovuto piacere un altro uomo –ciò che realmente lo allarmava non era questo, ma che corrispondeva in pieno se doveva essere onesto con se stesso.

«Kensuke, hai presente quando sei attratto da una persona senza saperne il motivo?» chiese eludendo totalmente la domanda.

«Uhm, no. Non mi è mai capitato… Anzi, a pensarci bene, solo con le belle ragazze.»

«Ah, non dire assurdità: sai benissimo il perché in quel caso!» aggiunse schietto Toji; Ikari ebbe un sussulto –la pensavano allo stesso modo, quindi.

Shinji conosceva l’amarezza dell’incomprensione e fino a quel momento avrebbe giurato che gli andasse bene, tuttavia improvvisamente si accorse che non era quella la compagnia che voleva frequentare, né quello in discorso a cui voleva prender parte.

Essendo orfano, non aveva mai avuto alcun tipo di garanzia sull’affetto altrui: poteva solo sperare che le persone attorno a lui lo accettassero per ciò che era. Allo stesso tempo, prestava particolare attenzione affinché non fossero loro a decidere di tradirlo per una sua mancanza o un suo comportamento, del tutto inconsciamente.

Shinji non sopportava l’abbandono, lo sapeva, perciò si legava poco alle persone ed era difficile per lui, se non impossibile, pensare di rinunciare a quel misero contatto umano di cui disponeva.

Non vi era comunque nessuno a sostenerlo, visto che aveva allontanato chiunque, e da solo non aveva la forza di accettare qualcosa come la propria omosessualità.

«E tu cos’hai fatto, Shinji? Non hai niente da raccontarci?»

Se semplicemente non ne avesse dato loro un valido motivo, non gli avrebbero voltato le spalle e lui non si sarebbe trovato di fronte alla scelta tra i suoi amici e il ragazzo che gli piaceva –in cambio di una piccola, innocente bugia.

«Niente di interessante.»

 

When you’re through with life and all hope is lost
hold out your hand ‘cause friends will be friends;
right till the end…

 

Durante il cambio dell’ora non era raro che l’insegnante tardasse a raggiungere la classe, dando modo ai ragazzi di avere cinque, a volte sette minuti per parlare col proprio compagno o aprire le finestre per cambiare l’aria, che nel frattempo il più delle volte si faceva viziata e pesante.

Ma l’inverno si avvicinava ed era sempre più difficile resistere alla tentazione di alzarsi e serrare quelle dannate persiane.

«Ehi, leggi qui: parla di Freddie Mercury.»

«Chi, il bassista dei Queen?»

«No, il cantante, scemo…»

Shinji aveva avuto modo di apprendere che Kaworu era un grande amante della musica e, in particolare, dei Queen; aveva continuato ad incontrarlo, nonostante i dubbi che precedevano e seguivano i loro incontri, e capitava spesso che parlassero dei rispettivi interessi –Nagisa, per lo più, teneva acceso ed interessante il discorso, a suo parere.

Qualsiasi cosa vi fosse scritto sull’articolo che Toji aveva allungato a Kensuke, prima che la capoclasse lo sequestrasse, era sicuro di saperla.

«C’è scritto che era gay!»

«Già.»

«No, non ci posso credere…»

Aveva ragione: ne era al corrente; Kaworu parlava più di quanto si aspettasse. Assistente con apatia allo scambio di opinioni, seppur riluttante.

«Oh, ma allora…!»

«Secondo te lo prendeva davvero… in quel posto?» continuò il castano per lui, titubante.

«E che importa?» intervenne totalmente soprappensiero.

Si stupì di non aver solo pensato quelle parole… ma ormai aveva attirato l’attenzione dei due compagni e non avrebbe avuto senso tirarsi indietro: «Voglio dire, è un cantante famosissimo e ha fatto la storia della musica! Che importa se era omosessuale?»

«Sì, infatti hai visto com’era informato Kensuke…» ironizzò il più alto, incrociando teatralmente le braccia con una smorfia.

«Secondo me tu passi troppo tempo in quel negozio. Di’, non c’è stata una svendita sui suoi CD poco tempo fa? Cos’è, non riusciva a vendere più?»

«Vi sbagliate…» soggiunse fievolmente Ikari.

Capitava spesso che si sentisse in quel modo –un verme, uno sfigato, quanti modi vi erano per dirlo?– ma mai in presenza di Suzuhara e Aida; era quella la differenza tra loro e il resto delle persone che gli stavano indifferentemente intorno, no?

«Siete solo due cretini.» brontolò, frustrato.

«Che hai detto?» rimbeccò immediatamente Toji, indispettito.

«Ragazzi, state attirando l’attenzione…» tentò tempestivamente di intervenire l’altro.

Era semplicemente successo, lo aveva detto; Shinji sapeva che non sarebbe stato tanto grave se non si fosse rivolto alla testa più calda della scuola.

Si alzò e si diresse rapidamente nel bagno, per evitare un conflitto aperto in classe, non appena l’insegnante raggiunse la loro aula e gli diede il permesso di uscire.

Stava scappando, ma che importava? Non era la prima volta che succedeva, sapeva che tra non molto avrebbe regolato i conti –Suzuhara picchiava duro, prima di perdonare.

«Ci vediamo fuori, Ikari!»

 

When you’re in need of love they give you care and attention;
friends will be friends.
When you’re through with life and all hope is lost
hold out your hand ‘cause friends will be friends…


Un giorno, con null’altro da fare, Kaworu aveva proposto a Shinji di ascoltare l’album che aveva acquistato –il loro CD, per capirsi.

In particolare, aveva avuto modo di leggere i testi e capirne il significato, quando Nagisa gli aveva suggerito di tradurne uno; più specificatamente, il quindicesimo della lista sul retro.

Aveva esercitato goffamente il proprio inglese ma, con un piccolo aiuto, aveva interpretato uno dei brani più famosi dei Queen –ricordava a malapena che parlasse dell’amicizia.

“Gli amici saranno amici”, e ancora, “È facile ora, perché hai amici su cui puoi contare”. Aveva percepito solo in parte il senso di quelle parole; era un passo al di fuori della sua comprensione –lo sentiva vicino, ma non abbastanza.

Di cosa si trattava realmente, uno scambio di favori più elaborato e lungimirante?

Kaworu era dell’opinione che lo avrebbe capito solo nel momento in cui ne avrebbe percepito l’assenza –come un parente che viene a mancare, non importa di che grado.

Era come se dovesse trattarsi di un concetto scontato e allo stesso tempo un dono che in pochi ricevevano; evidentemente il cantante se ne vantava attraverso la composizione.

Shinji non ricordava precisamente le parole di quella canzone, ma quando i pugni urtarono con forza contro la sua mascella ricordò che erano affiorate –accompagnate da una musica familiare– nella sua mente; non aveva reagito in alcun modo, né alle provocazioni né ai colpi –non che vi fosse modo di farlo– aveva solo atteso che il tutto cessasse.

Eppure, dentro di sé, aveva percepito farsi strada una sofferenza che non aveva niente a che vedere col dolore fisico a cui si accompagnavano le sue smorfie. Il temuto abbandono si avvicinava sempre più, assieme alla comprensione e all’angoscia tanto conosciuta che ne derivava.

 

… right ‘till the end,
friends will be friends.
When you’re in need of love they give you care and attention;
friends will be
friends…

 

Shinji era steso sul proprio letto, nella stanza spoglia che condivideva con una pila di appunti da riordinare, l’armadio sgombro e un calendario su cui non era appuntato nessun importante avvenimento.

Il lampadario era spento e la fioca luce del sole, in parte coperto dalle nuvole, creava delle ombre sfuocate sul muro; non erano per niente definite, notò. Il soffitto, la principale attrazione di quella camera, era bianco e freddo. Guardarlo non era per niente stimolante, eppure Ikari lo faceva in continuazione.

Un livido piuttosto vistoso occupava ancora lo zigomo destro, deturpandolo fastidiosamente; passandoci sopra il dito poteva sentire che il sangue coagulato rendeva la pelle molto sensibile.

Stette in quel modo ancora per un poco, ascoltando le sensazioni che in quel momento lo stavano assalendo senza pretendere di ignorarle ancora una volta; “Friends will be friends” risuonò nelle sue orecchie fino a quando non udì distrattamente qualcuno bussare alla porta. A quel punto allungò indolentemente un braccio per coprire il proprio occhio destro e poi rimase fermo, sperando che chiunque fosse se ne andasse presto e lo lasciasse nuovamente solo. Poco dopo, nonostante le sue aspettative, udì distrattamente dei passi ovattati nella propria stanza, prima che Kaworu entrasse nel suo campo visivo.

«Buonasera» esordì semplicemente.

Il sorriso di Nagisa, ogni volta così pericolosamente simile a un ghigno, aveva la capacità di tranquillizzarlo o innervosirlo a seconda dell’occasione –o del modo in cui veniva usato dal suo proprietario. Shinji ne era irrimediabilmente attratto in entrambi i casi.

«Non sembri molto lieto, ti è forse accaduto qualcosa di spiacevole?»

«No, niente.»

«Shinji, la porta era aperta. È stata una tua mancanza o attendevi per caso ospiti?»

Anche quel modo forbito di parlare, che celava una certa apprensione, gli era ormai familiare; si voltò dall’altra parte, dando le spalle al ragazzo e creando spazio a sufficienza per lui nel caso volesse sedersi –non avvertì però alcun movimento del materasso dietro di sé.

Una mano premurosa passò un panno gelido sulla sua guancia –all’interno probabilmente vi erano dei pezzi di ghiaccio.

«Hai avuto ancora a che dire con Suzuhara?»

«Uhm, non è così…»

«Allora probabilmente stai vivendo la perdita di un legame importante. Hai finalmente delineato l’idea di amicizia.»

Fu a quel punto che lo sentì avvicinarsi, per sussurrargli all’orecchio «Sono felice che tu abbia finalmente capito.»

Shinji, al contrario, non lo era per niente.

«Avrei preferito continuare a ignorarlo se faceva così male…» sussurrò a se stesso, con un certo rammarico; si sentiva triste, malinconico come non lo era da molto tempo –aveva fatto il grosso errore di lasciar trapelare dietro la propria barriera troppi elementi, forse.

«Non è giusto sottostimare ciò con cui si ha quotidianamente a che fare: c’è il rischio di dimenticarne l’importanza… inoltre esistono iniquità, afflizione, solitudine e dispiacere: non serve tentare di dimenticarli rifugiandosi in se stessi come stai facendo.»

Shinji non riteneva che una buona comunicazione servisse fintanto non si fosse trovato nella situazione di interagire con gli altri, eppure per un momento avrebbe voluto possedere una capacità di esprimersi che lo liberasse da quella situazione senza ferire o essere ferito da nessuno.

«Non ti senti colpevole comunque?»

«Per cosa?»

«Per averli tenuti all’oscuro della nostra relazione.»

Non capì; glielo si leggeva in faccia.

«Se, come sembra, sono persone così importanti per te, non avresti quantomeno dovuto informarle?» Kaworu si sedette al suo fianco, con calma, mentre parlava.

«Avevo paura delle loro reazioni, ne ho tuttora… e poi non credo che a loro interessi.»

«Non ti fidi di loro, non apri il tuo cuore eppure soffri quando non riescono ad entrare in sintonia con te.»

Ecco, pensò Ikari: quello era un sorriso che avrebbe evitato volentieri di notare.

Era serafino e sfrontato –da poco aveva appreso l’arte di interpretarlo– ma allo stesso tempo godeva della comicità della situazione, anche se era data proprio da un suo turbamento –il tutto era un po’ macabro, in effetti.

«O dovrei forse pensare che non merito le tue attenzioni, Ikari?»

«Mh?»

«Non ho alcuna rilevanza nella tua attuale vita? Non sono di alcun rilievo?»

Shinji sussultò appena e un vago rossore colorò le sue guance; prima di cercare un diversivo, sentì che il discorso stava prendendo una piega vantaggiosa per l’altro ragazzo –manovrare un colloquio era la migliore abilità che aveva mostrato da quando lo conosceva.

Era vero che non aveva mai parlato di Kaworu a Kensuke e Toji ma, forse proprio in quel momento, si rese conto di averci pensato innumerevoli volte, soffrendo sempre per la decisione di tacerne incondizionatamente.

Non era vero che Nagisa gli fosse indifferente –come poteva farglielo capire, però?

«Ad ogni modo, non è ancora finita…»

Più che prestare attenzione alle parole, Ikari percepì vagamente che quelle labbra sottili si stavano avvicinando piano al suo viso; arrossì vistosamente –non poteva confondere il calore delle guance che si infiammavano in quel modo– e prese un respiro profondo, pensando che fare coming out non poteva cambiare di molto la sua situazione –sicuramente non in peggio, viste le premesse.

Non capì realmente quando Kaworu lo avesse raggiunto e sovrastato sulle lenzuola sfatte –si vergognò della propria inerzia, nel poco tempo che la sua mente rimase lucida, prima di sentire nuovamente quelle labbra voluttuose sulle proprie per un nuovo contatto.

Non era la prima volta che si scambiavano effusioni, non aveva motivo per cui esitare in quel modo, eppure era semplicemente più forte di lui. Poteva trattarsi di uno sbaglio, ma in qualche modo il comportamento affettuoso di Kaworu aveva significativamente arginato questa possibilità.

Provò una certa repulsione nel considerare quel momento dato da un semplice concatenamento di favori, perciò si concentrò maggiormente su quella sensazione travolgente –e in qualche modo tentò di dimenticare la freddezza che serbava a Suzuhara e che gli procurava dispiacere da un po’ di giorni.

Avvertì il respiro accelerare, assieme al battito del proprio cuore, e distinse il sussulto che aveva appena abbandonato le proprie labbra con titubanza –era davvero così in balia di Kaworu?

Fu persino cosciente dei passi che risuonavano in lontananza, ma Nagisa stava abbassando la cerniera dei suoi pantaloni per introdurvi la mano con controllata impazienza e non poteva trattarsi di un suo proble-

«Ma cos-?»

«Shinji! Che stai facendo?!»

E se dal canto di suo quella situazione sarebbe risultata difficile da spiegare –un tantino, se lo concesse– non vi fu alcun dubbio per Kensuke e Toji.

Tutt’altro, trovare Shinji steso sotto un altro ragazzo –stava ghignato, lo aveva visto!–, preda per altro delle sue mani, dava spiegazioni più che sufficienti ad entrambi per capire come mai Ikari avesse offeso Suzuhara apertamente dopo il commento sull’articolo. Bisognava ammettere che la scena appariva semplicemente –come dire?– naturale, a quel punto.

D’altro canto, Aida aveva solo accompagnato il suo amico a scusarsi: non sopportava troppo a lungo le situazioni pesanti ma, per un attimo, tutto ciò che gli venne in mente di fare fu sbattersi una mano in faccia con enfasi. Come avevano potuto non accorgersi delle preferenze sessuali di Shinji in tutto quel tempo? La colpa era in parte anche sua, in fin dei conti.

 

When you’re through with life and all hope is lost,
hold out your hand ‘cause right ‘till the end
friends will be friends

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ citazione di Kaworu, puntata ventiquattro.

Grazie a DenaDena e a Himechan84 per i banner;

Friends will be friends © Queen

 

 

Giudizio ~ Queen Contest indetto da Himechan84 [Òttavo posto]



Grammatica e sintassi: 9/10
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Stile: 9/10
Gradimento personale: 3/5
Utilizzo della citazione: 5/5
Totale: 45/50


Non conoscevo il fandom di Evangelion, ma ho letto qua e là sia la trama, che la caratterizzazione di alcuni personaggi: a quanto ho capito una delle peculiarità dell’anime è una forte introspezione nei personaggi, cosa molto interessante direi, e motivo che ho trovato ricorrente anche nella tua fic. Devo dire che pur capendo ben poco, guardando la puntata 24 come da te consigliato, ho amato subito il personaggio di Kaworu. Nonostante sia un “angelo” e dunque il nemico, sceglie di sacrificarsi per il bene dell’umanità, è un personaggio complesso, particolarmente intelligente, e che nella tua storia, a mio parere sembra un po’ rappresentare la coscienza di Shinji. Il protagonista è un personaggio disilluso per quanto riguarda i rapporti umani e l’amicizia in particolare, ma sembra che con Nagisa abbia un rapporto molto particolare: del resto Kaworu sembra quello che riesce davvero ad entrare in sintonia con lui, a fargli cambiare l’opinione cinica che Ikari ha del rapporto di amicizia visto come mero scambio di favori, gli fa capire che solamente la mancanza del rapporto gliene farebbe comprendere la vera importanza. E’ un peccato che nonostante il rilievo che Kaworu ha ai fini della storia, compaia solamente per pochi minuti, sembra un personaggio davvero interessante e da scoprire. Comunque brava anche a te! Nonostante alcuni piccoli errori di sintassi hai uno stile pulito e corretto che scorre piacevole alla lettura.
Complimenti!

 

 

 

 

 

La storia è stata gentilmente betata da Urdi, il mio generoso angelo custode momentaneo. Si è presa la briga di leggerla, correggerla, rileggerla corretta per accertarsi che non ci fossero altri problemi… ed è arrivata ottava e quinta. Mi piace solo per la fatica e l’energia che ci ha speso.

Se può consolarla, non appena leggerà, sappia che la storia è dedicata interamente a lei; con tanto affetto (e tanta pazienza).

 

Grazie infinitamente, tata ;)

 

Per il giudizio del secondo contest, a cura di Roe, potrete controllare tra i commenti: si è messa a disposizione per fornirmelo in questo modo, sotto mia richiesta.

 

Nella sezione ‘Evangelion’ esiste solo una fan fiction sotto l’avvertimento -Yaoi- e ciò che ne risulta non è altri che Shonen-ai. La differenza può sembrare sottile, ma esiste.

Questa è Shonen-ai. La prossima sarà Yaoi.

È un avvertimento.

 

Any Ikisy ♥

 

  
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