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Autore: Beads and Flowers    15/05/2011    1 recensioni
Se volete deprimervi, se vi sentite sadici, se volete una storia con l' immancabile collegio e triangolo d' amore, se volete essere a conoscenza di alcuni segreti non svelati nella prima saga e avete quell’ irrefrenabile voglia di gelato al cianuro e stufato di postino, allora benvenuti nella seconda saga dei MEREH.
Genere: Comico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Tate contro i MEREH'
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Angolo dell' Autrice.
Vi devo avvertire, questo capitoo è un po’... come dire... deprimente/divertente.
Tenetevi pronti a piangere, ma godetevi il:

Cap. 10
E lode.


Basta... BASTA! Non poteva ammetterlo, non poteva tollerarlo! Professori assenti, alunni spaventati e genitori arrabbiati che reclamavano la sicurezza dei loro pargoli. Il “Parent Hotel” non era mai stato così pieno di genitori apprensivi, tutti scandalizzati dai grugniti e dai gemiti di piacere che provenivano dalla stanza dei genitori dei M.E.R.E.H.
Già, in quello erano riusciti a convircela. I genitori di quei cinque satanisti non potevano che essere un ubriacone ed una prostituta. Ma come avevano fatto a guadagnarsi i soldi per la sua costosissima scuola?
Come avevano fatto quei ragazzi, così visibilmente ignoranti e provenienti dai quartieri bassi, ad entrare nella sua prestigiosissima scuola senza tutti i soldi o le certificazini necessarie?
C’ era solo un modo per scoprirlo.
Andare in un luogo oscuro, che i suoi pensieri raggiungevano molto di rado, ove creature viscide e sporche strisciavano nei loro antri di pura povertà.
Sì, era un sacrificio necessario.
Doveva andare... nell’ ufficio delle bidelle.
 

“Ecco, e ora... apri gli occhi!”
Valeria lanciò uno squittio emozionato, non appena vide la stanza speciale.
Al centro della stanza, proprio lì, vi era Nik che sorreggiava, barcollando, un gigantesco ragalo.
“Oh, Dio, ragazzi... non dovevate...”
“No, infatti, non dovevamo. Facciamo schifo coi regali, lo odierai sicuramente, e poi odierai noi, e poi noi odieremo tutto il mondo, e tuto il mondo odierà noi, e poi costava tanto, ed eravamo indecisi, e la vita fa schifo, e...”
Insomma, dopo un minuto Gabriele si ritrovò con la bocca completamente ravvolta nello scotch.
“Dai, Vale’, apri sto’ pacchetto, nun so più ‘ndo metterlo!”
“S-subitissimo.”
Non appena la carta venne via, ecco apparire un’ altro pacco, più piccolo, e poi un altro, e un altro, e un altro ancora. Poi, all’ improvviso, venne fuori dal pacco un altro pacco più piccolo, ed un altro, e poi un altro, e poi ne venn-
“Taglia corto, narratore.”
Scusa, Valeria. Comunque, quando finalmente scartò l’ ultimo strato di carta, ormai minuscolo, spuntò una piccola e deliziosa microturbina a gas completa di rigeneratorielettrici!
“Ma... ma ragazzi, è... è... è bellissimo!”

Oh, siamo felici che ti piaccia, Valeria. Sul serio, siamo molto contenti: Gabriele continuava a rompere, dicendo che ce l’ avresti tirato dietro, ed incominciavamo ad avere un po’ di mal di testa.

“Posso immaginare. E tu, Federico? Non mi hai regalato niente?”
“L@ c@rt@ cn cui h@bbi@m0 imp@kk3tt@t0 il r3gh@l0! Ci03’, nn t pi@zze!?”
“No no, la trovo veramente... ehrm... scioccante...” mormorò la sorella, ammiccando incertamente alla carta verde e giallo evidenziatore.
“Ma dove l’ hai presa?”
“Sn l3 my v3kki3 mut@nd3 d3ll@ Dolce & Gabbana, sis!”
Valeria e Nik lo guardarono, poi si guardarono tra di loro, poi si guardarono le mani. Infine andarono a vomitare in un angolo.
Proprio in quel momento poco decoroso, entrò (anche se questa è un po’ vecchia) marciando ed urtando la MarciaUrto. La sua espressione imbrociata si tromutò in una smorfia disgustata.
“Che... cosa... state... facendo... qui?”

Qui, lì. Il Cosmo è la nostra casa, noi siamo il Cosmo, il Cosmo siamo noi. Ma se il Cosmo non è altro che un puntino, come possiamo noi essere qui o lì?

“Nun credo che fosse illo o’ punto suo, Kla’.”

Uff! A nessuno sono mai interessati i miei pensieri filosofici/hippy.

“NON E’ QUESTO IL PUNTO!!! COSA DIAVOLO STATE FACENDO??!!”
“Ehrmm... una festa. Oggi è il mio compleanno...”
“Ma davvero? E’ il tuo compleanno? E chi ti avrebbe dato l’ autorizzazione di festeggiare, eh?!”
“Muthafucka, era na’ festa a surpresa, nun pensavamo che te a’ saresti presa!”
“La sorpresa, signorino Veccachetepisto, la potrebbe avere un ragazzo malcapitatamente allegrico alle ciliege dentro a quel dolce, per esemio.”
“Ma in quel dolce non ci sono le ciliege...” mormorò Roberta, grattandosi la testa,  con fare pensoso, con un coltello incrostato di sangue “Da’ quest’ imprensione? Non dev’ essere venuta molto bene. Strano, però. Quel Gianpiero AstaViola aveva un’ aria così appetitosa...”
“...Comuuunque, oggi ho fatto un po’ di ricerche dalle bidelle,  e ho scoperto esattamente come voi siete entrati nelle mia scuola.”
“...”
“...”
“...E allora? Ha pagato il mio fratellone, no?”
“ESATTO! E questo è completamente illegale! Dei minori non possono fare una cosa del genere!”
“...”
“...”
“...E allora?”
“COME, E ALLORA?! Ma non vi rendete conto che quelle due povere anime dei vostri genitori rischiano d’ andare in galera?!?!”
“...E allora?”
“....E allora... ho chiamato la polizia.”
“...E allora?”
“...E allora verranno a prendervi.”
“...E allora?”
“E ALLORA, BRUTTO SOTUTTOIO CHE NON SEI ALTRO, VERRETE RINCHIUSI, PER IL RESTO DEI VOSTRI GIORNI, IN UNO SPORCO LABORATORIO! CONTENTO?!”
Poi accadde qualcosa.
Grazie al cavolo, accade sempre qualcosa. Anche quando apri il frigo per prendere il latte accade qualcosa!
Diciamo che accadde qualcosa di sensazionale: Nik aprì la bocca, ma, al posto del solito rap di scarsa qualità, ne uscì un grido acutissimo. Talmente acuto, che non solo il vetro delle finestre, ma anche i muri della classe speciale in cui si stava svolgendo crollarono.
“Nik, brutto figlio di un rapper, non ti sembra di esagerare? Così finirai per ammazzarci tutti!”
Gabriele ebbe un’ illuminazione.
“Nik, ehi, Nik! Non ascoltare quella metallara da strapazzo: continua, continua pure quanto ti pare!”
“Fratellone, non avrai così tanta paura di alcuni polizziotti indifesi?!”
“Nun è illo, Bummetto! Ma io ce so stato pe’ 6 anni in chel posto... Ho vesto mi’ mamma e mi’ papà morì in modi terribili, nun lascierò che ce portino de nuovo via!”
“...Va bene, fratellone, ma... ma non ti sembra di esagerare? Insomma, sono solo un po’ di poliziotti, li facciamo fuori in tre secondi.”
“Oh, no. Tuo fratello ha più che ragione a preoccuparsi, ragazzino.”
I M.E.R.E.H., tra gli sguardi curiosi ed confusi degli ArdeTasto, si voltarono lentamente verso la Preside.
“...In che senso?”
“Be’, ad esempio, dovrete vedervela con loro.”
Dal lato sinistro delle macerie spuntarono tutti i genitori degli alunni senza più insegnanti.
“E con loro.”
Dal lato destro, invece, comparve un esercito di bidelle.
“E loro.”
Alle sue spalle, come zombi da una tomba, barcollavano sette professori, guidati dalla vendetta.

Evviva! Incominciavo a sentirmi sola senza un altro morto vivente a tenermi compagnia.

“Ottima idea, signorina Castofior-”

Signora, prego. Ero sposata.

Franca MarciaUrto strinse la mani in pugni per non assalirla e perdere il controllo di fronte ai suoi sottoposti.
“Stavo dicendo, che la sua è un’ ottima idea. Perchè tanto per cominciare, non giochiamo ad acchiaparella?”
E, con appena un cenno della sua mano, la Preside aizzò quello tsunami di adulti verso i sette ragazzini. Ma, mentre i fratelli ArdeTastoeranto scapparono via urlando,  i M.E.R.E.H. rimasero lì, fieri e spavaldi come sempre, forse anche pronti alla morte.
La battaglia era aperta.
Nik ricominciò ad urlare i suoi urli di guerra, in modo tale che la città, da allora in poi, si chiamò ‘SpezzaSpecchio’. Tutti i frantumi caddero come pioggia sui genitori.
Allora le bidelle lanciarono contro i ragazzi le loro scope e i loro detergenti.
“Ragazzi, dietro di me!”
Gabry si frappose tra i missili e i compagni, salvandoli da lividi certi.
“Grazie, stupido emo.”
“Tanto non ho nulla dentro.”

Ora ci penso io a quelle.

Così dicendo, Klara prese una copia della sua bambola vudoo e, in pochi secondi, lacerò i corpi di tutte le bidelle.
Ma, entre Bum-bum faceva esplodere i genitori rimasti, accadde qualcosa di terribile: la Preside MarciaUrto, con un balzo felino, si slanciò su Roberta. Colta alla sprovvista, la metallara non ebbe il tempo di telecinesare niente contro di lei, e si ritrovòper terra, con un piede dell’ ex-tata sul petto.
“Bastarda...” sibilò la ragazza.
“Non hai più scampo, ragazzina!”
La fredda e distaccata Preside Franca MarciaUrto, con un’ isterica risata da psicopatica, calò con nauseabonda lentezza un’ asta appuntita verso il cuore pulsante della ragazza.
“Preparati, perchè è la tua fine!”
“Noooo! Robeee’!”

Cazzo! Presto, Bum-bum,  fa qualcosa!

“Cosa?”
“Sì, brava, cugina, fionda la responsabilità sul più piccolo, così creperemo tutti!”
La lancia era vicinissima.

Bum-bum! ORA!

“N-non posso! E’ troppo tardi, è tr-”
 

C’ è chi dice che la morte non è altro che un attimo bianco e silenzioso prima di un sogno buio e coinvolgente.
 


...Oh...Dei...

“N-nun ce posso crede’...”
“C-che cosa ho fatto.” il bambino scoppiò a piangere.
Davanti agli sguardi increduli di tutti, i frantumi di Mitruccio spiccavano come fiori in inverno. Fiori che Roberta aveva amato così tanto.
“M-Mitruccio?”
“...”
“Parlami, Mitruccio, parlami!”
“...”
“Perchè non dici nulla?!”
“...”
“MITRUCCIO!!!”
Gabriele le s’ avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla.
“Lascialo andare, Roby.”
“NO! NO, NON VOGLIO! MITRUCCIO!”
“...”
“VAFFANCULO! CAZZO! MITRUCCIO, SVEGLIATI! T-ti prego...”
“...”
Roberta s’ alzò, barcollando, e respinse la mano di Gabriele. Poi, con due occhi rossi di lacrime e rabbia, fissò la MarciaUrto.
“Adesso.... Adesso sì che sono incazzata.”
Le mostrò i pugni, o meglio, le borchie, da cui i chiodi scattarono nella direzione della donna. Due la colpirono, facendola cadere a terra, morta.
“M-ma cume ce sei riuscita, Robe’?!”
La ragazza lo squadrò, ancora furiosa.
“Erano proiettili.” disse semplicemente.
“...Aaaah!”
“3hi, r@g@’, v’ h@bbi@mo p0rt@t0 d3i rinf0rzi! :)”
“Non è stato così difficile, a dire il vero!”
I M.E.R.E.H. si voltarono verso i due ArdeTasto, i quali avevano, alle loro spalle, un’ orda di alunni stanchi di quella scuola così severa. I professori scapparono tutti, solo Assunta MainFretta riuscì a nascondersi dietro ad una colonna. Ma, proprio in quel momento, passò di lì un... un... un piccione norvegese! Che le fece cadere sulla testa un... un... un panettone!

Autrice:Contenti?
M.E.R.E.H.:Sìììì!


Qualche minuto più tardi, la Tetrapack necessitò di molte supplenze, poichè gli ultimi professori erano tutti deceduti.
 

 

Mai.... Nem is John Johnson
End Ai com from London
Ai liv in a haus nir ve stescion

“BUM BUM!”

Ve pipl Ai mit uen Ai walch dawn ve strit
Sei: ‘Hello’
End Ai sei: ‘Hello’
End vei sei ‘Uat’s yor nem?’
End Ai sei....
Mai.... Nem is John Johnson
End Ai com from London
Ai liv in a haus nir ve stescion

“BUM BUM!”

Ve pipl Ai mit uen Ai walch dawn ve strit
Sei: ‘Hello’
End Ai sei: ‘Hello’
End vei sei ‘Uat’s yor nem?’

“Ok, ok. Basta canticchiare queste deprimenti canzoncine. Siamo arrivati a Castofiore.”
“Ma dai, Gabrie’! Ce stemo ad eserceta’ con l’ inglese de ManyBroccoli!”
“Appunto: è deprimente.”

Oh, guardate come i miei sudditi ci accolgono!

Tutti i Castofioresi si erano rintanati in casa.

Che dolci!

“Già, ma mai dolce quanto la mia Linaria. Non vedo l’ ora di rivederla!”
“Contace, Bummetto. Contace...”
E il rapper strizzò l’ occhio a Roberta. Una volta arrivati al Maniero, Bummino corse nella casa, per cercare la fidanzatina.
“Linaria? Linaria? Linaaariaaa!!??”
“Garda ‘n po’ ca’, Bummi’! C’ è ‘n biglietto sur tavolo!”
“Un biglietto? Fa un po’ leggere...


Mio caro, carissimo Bummino,
A quanto pare, i nostri sentieri non sono fatti per coincidersi per noi.
Oggi è venuto un prete, a casa nostra, e mi ha offerto d’ andare in America Latina, ove vi è un villaggio di poveri figli abbandonati dal Signore, che utilizzano quei tristi farmaci, comunemente detti ‘droghe’. In sostanza, sono diventata una missionaria.
Spero che le nostre vite si rincrocino, in futuro.
Sempre tua,
Linaria.


“Me spiace, Bummì.”
“...”
“Bummì?”
“...Da questo momento in poi... da questo momento in poi io... iogiuro che l’ unica cosa che dirò sarà ‘Bum’, come voto del nostro amore.”
“Davvero?”
“Bum bum!”
“Che bello riavette ca tra noi, yoyo yo yoyoyoyoyoi!”
“...Bum...”
“OK, è ufficialmente ricominciata la vita di sempre. Se permettete, vado nella mia stanza a tagliarmi con dei calzini.”

Io, invece, vado a dar da mangiare al mio coniglietto nero e a pettinare le mie bambole.

“Io... io credo che andrò a fare quella cosa.” mormorò Roberta, ed uscì nel giardino dall’ erba secca ed incolta.
“Assetta ‘n attimo, vengo co’ ti’.”
“OK.”
Fecero il giro del Maniero e si ritrovarono in un luogo ombroso, con dei pezzi di pietra maculati di muschio che spuntavano qua e là.
“N’ do’ la voi?”
“Lì.”
Scavarono a lungo, poi calarono nel buco un mucchietto di pezzi di ferro. Infine, Roberta telecinesò un pezzo di pietra da lì vicino. Su di esso, tra il muschio centenne, si scorgevano delle lettere e dei numeri:

Lo-    n-   Castofi- 
1724-1750
Sposo della rag-  del demonio

Nik aiutò Roberta a pulire la lapide e, con la forza della sua voce, incise le seguenti parole:

Mitruccio
Fabbricato nel 2000 - Distrutto nel 2011
Arma dalla pericolosità e tenerrezza
verso colei che amava.

“Grazie, Nik... è bellissimo, non trovi?”
“Già. Ma recordate, Robe’, che ‘a vita va avanti.”
“Dici? Non credo che incontrerò mai più uno come lui... Avrei dovuto ascoltarti, se non fossimo tornati in dietro, tuttoquesto non sarebbe successo.”
“Dai, Robe’, mo’ me sembri una versione femminile di Gabrie’, pe’ canto sei depressa, e me fa ‘n po’ de strizza. Ma nun deve pensa’ così: avemo tutti imparato tutti. E poi, pensa ‘n po’ a canto ce semo divertiti!”
“Eh eh! Già! Abbiamo sterminato un’ intera scuola, messo in fuga tutti quei genitori, formato un esercito di alunni... mi sono persino fatta odiare da Federico, perchè durante la battaglia s’ è rovinato la manicure.”
“Ahahahah! Te recordi come pe’ poco nun te minacciava de morte?”
“Ahah! Vorrei che l’ avesse fatto! Così avrei avuto una scusa per ucciderlo.”
“Comunque, ista è ‘a prova che chiunque tu sia: ricco, povero, gajardo, perdente, intelligente, rincojonito, mostro dai poteri destruttivi... ‘a scola è brutta proprio pe’ tutti.”
“Credo che fosse questo che la Preside MarciaUrto... no, tutte le Presidi, non capiscono.”
“Me sembra proprio così.”
“...”
“...”
“...Comunque, ora l’ unica cosa che voglio, ma proprio l’ unica, è...”
“...Sì?”
“...Una bella vacanza.”
 
Angolo dell' Autrice.
E fu così che terminò la seconda saga. Ragazzi, mi spiace veramente un sacco per Mitruccio, ma mi sembrava l’ unico modo per terminare quello stupido triangolo. Comunque, per chiunque abbia il coraggio di leggere la terza saga, verrà presto pubblicata. Ma, attenzione: se avete intenzione di partire per un qualche luogo, qualsiasi esso sia, vi avverto che ne scriverò in modo tale da farvi cambiare immmediatamente idea. Ve l’ assicuro: finirete per rimanere a casa, sotto le coperte e con un pollice in bocca, con seri complessi d’ esistenza, dopo aver letto la terza saga dei M.E.R.E.H. Una Tata esperta in manicomio, un’ altra severa nel mondo dei professori/morti/viventi/cosi. E la Tata schizzofrenica? Come andrà a finire? Dove andranno di preciso i nostri cinque prodi? Che fine hanno fatto gli ArdeTasto? Come si mangia il kæstur hákarl?
Se volete una risposta a queste e a molte altre domande non perdetevi la terza ed ultima saga dei M.E.R.E.H. : In Vacanza con i M.E.R.E.H.
   
 
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