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Autore: OpunziaEspinosa    15/05/2011    49 recensioni
Alzo lo sguardo e, fermo sulla porta che non chiudo mai, un ragazzo in sneakers, jeans strappati, maglietta bianca con scollo a V, zainetto nero appoggiato ad una spalla, mi osserva incuriosito.
Dio sia lodato... Questo deve essere il mio assistente.
“Tu devi essere Edward.” Sentenzio alzandomi e precipitandomi allo schedario dove conservo la copia madre della dispensa.
“Sì… sono… Edward…” Mi risponde confuso.
“Avresti dovuto essere qui almeno dieci minuti fa!” Lo rimprovero mentre recupero i documenti che mi servono.
“Chiedo scusa?”
Porca miseria, ma chi mi hanno mandato? Un deficiente?
È il suo primo giorno, è in ritardo, quasi non si è presentato, ed invece di scusarsi, chiedermi se ho bisogno di qualcosa, darsi da fare insomma, se ne sta lì, impalato sulla porta con lo sguardo da ebete.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prima di lasciarvi all’ultimo capitolo vorrei ringraziarvi per le recensioni meravigliose che mi avete lasciato sino ad ora. Non credevo che Misunderstanding avrebbe riscosso tanto successo, invece l’avete adorata ed io non potrei esserne più felice. Scusate se vi ho fatto aspettare così tanto per il capitolo conclusivo, ma purtroppo il tempo è sempre un gran tiranno (ed il blocco dello scrittore dietro l’angolo). È un capitolo “diverso”.  Spero lo amerete comunque. Io l’ho amato.
Grazie ancora.
 
Opunzia Espinosa


 

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CAPITOLO 13  –  Felici e Contenti


 
“EDWAAAAAAAARD! AAAARRRRGHHHH!”
Cazzo!
 “EDWAAAAAAARD! PORCA MERDA TORNA QUIIIIII… AAAARRRRGHHHH!”
Cazzo, cazzo, cazzo!
Lo so che Bella sta soffrendo le pene dell’inferno. Lo so che dovrei stringerle la mano, cercare di tranquillizzarla, o magari tamponarle la fronte madida di sudore con un panno umido. Ma non ho nessuna intenzione di tornare da lei. Non dopo quello che mi ha urlato contro negli ultimi dieci minuti! Se ci penso mi viene da piangere.
“EDWAAAAAAARD!”
Ok, forse dovrei tornare da lei.
A passi incerti abbandono l’angolo in cui mi sono rifugiato come un cucciolo spaventato a leccarmi le ferite, e raggiungo il letto dove Bella è sdraiata da quasi quaranta minuti, ovvero da quando è iniziato il travaglio.
“Tranquilla, amore. Respira…” Azzardo timido, ed inizio a scostarle i capelli dalla fronte con estrema cautela.
“RESPIRA UN CAZZO!”  Urla come un’indemoniata. “EDWARD TIRALO FUORI DI Lììììì… AAAAARRRRGHHHH!”
Portatemi chi ha definito il parto come il miracolo della vita. Portatemelo! Perché lo voglio ammazzare. Anzi no. La morte sarebbe un regalo troppo grande. Voglio renderlo testimone di questo mattatoio. Perché, signore e signori, vi svelo un piccolo segreto: un parto non ha nulla di miracoloso. Almeno non questo parto. L’evento che mi vede impegnato nel ruolo di riluttante coprotagonista assomiglia più ad una carneficina! È la scena più truculenta a cui abbia mai assistito! Non sono mai stato così male, neppure quando Jacob Black mi ha sorpreso nel bagno di Bella e mi ha mandato all’ospedale a suon di calci e pugni.
“DAMMI LA MANO!”
“Co…Cosa?!”
La mano?! Oddio no! Non voglio sacrificare anche il mio arto sinistro. Non voglio! Mi serve! Sono mancino!
Quando  è arrivata la prima contrazione, Bella ha afferrato la mia mano destra ed ha cominciato a stringere. All’inizio ho sopportato il dolore con una certa dose di stoicismo ed orgoglio. Voglio dire: sono un uomo e, com’è giusto e naturale che sia, sono qui per sostenere la mia donna in un momento difficile. Ma poi ho scoperto che mia moglie, per quanto minuta, ha la stessa forza di un enorme gorilla maschio. Anzi, peggio: la capacità stritolatrice di una temibile anaconda  amazzonica. Così, alla fine, urlavo in ginocchio insieme a lei.
Alla domanda dell’ostetrica “Signor Masen, tutto bene?” ho piagnucolato  un “Sto malissimo, fa malissimo, lei non può capire…”
Non potevo fare cosa più stupida.
Bella mi ha letteralmente incenerito con lo sguardo e poi ha iniziato ad urlarmi contro tutte le parolacce che conosce. E credetemi: ne conosce davvero tante! Alcune talmente grossolane da far arrossire uno scaricatore di porto!
A quel punto mi sono allontanato e mi sono rifugiato in un angolo della sala parto, cercando di non ascoltare e di non guardare, e ripetendomi che lei non poteva pensare quelle cose di me, che era solo il dolore a farla parlare così, oppure che era posseduta. Ho visto il film L’Esorcista, e so che il Demonio fa dire e fare cose terribili.
Ma ora Bella invoca la mia presenza ed il mio sostegno. Posso lasciarla sola? Una parte di me continua a ripetersi che le donne hanno partorito per migliaia di anni senza l’ingombrante e goffa presenza del proprio compagno e che possono continuare a farlo. Un’altra parte ride della mia mancanza di nerbo e coraggio. Certo che se fossimo negli anni cinquanta sarebbe tutto più facile. L’aspetterei in sala d’attesa, passeggiando su e giù lungo i corridoi, magari con un sigaro in mano pronto ad essere acceso. Sarei certamente nervoso e preoccupato,  ma  sarei tutto intero! Sano ed al sicuro.
“EDWARD, TI PREGO, DAMMI LA MANOOOOO... AAAAAARRRRGHHHH!”
“Amore, sono qui…” Prendo un lungo respiro, dico addio alla mia mano sinistra, e stringo la sua.
“AAAAAAAARRRRRRGGGGHHHHH!” Urliamo all’unisono ad una nuova contrazione.
Ecco, lo sapevo. La fede si è irrimediabilmente conficcata nella carne. L’unico modo che ho per levarla, ora, è tagliarla con una cesoia. Sempre che non mi debbano amputare un dito. Ma perché non l’ho sfilata? Perché?
Io e Bella ci siamo sposati a Las Vegas tre mesi dopo esserci conosciuti. Eravamo ubriachi, ovviamente. Sbronzi al punto tale da trovare un’idea  geniale correre alla Cappella dell’Amore e  scambiarci un paio di anelli in  plastica trovati nelle patatine di fronte ad un prete (o chiunque fosse) travestito da Elvis. Ma non così ubriachi da non capire il significato di quello che stavamo facendo e desiderarlo più di ogni altra cosa. Quella stessa notte  abbiamo concepito il nostro bambino.
Ed ora eccoci qui, nove mesi dopo, nella sala parto del Chicago Hospital, a cercare di far nascere il nostro primogenito.
In seguito allo scandalo del mio mancato matrimonio con Tanya Denali, abbiamo lasciato Seattle e siamo volati a Chicago dove sono nato e cresciuto, e dove vivono ancora i miei genitori. Continuo a lavorare per la Cullen Inc. in qualità di Presidente della sede distaccata. Bella,  invece,  ha abbandonato la pubblicità (un mondo che decisamente non le appartiene) ed ora lavora come fotografa di modelle Pin-Up.
Ancora non sappiamo se nostro figlio sarà maschio o femmina. Non lo abbiamo voluto sapere. Ma a questo punto, dopo quello che ho visto e sentito, comincio a nutrire il vago sospetto che non si tratti di un essere umano, ma  di un mostro a tre teste. Immagino che gli vorrò bene lo stesso.
“Signora Masen, ci siamo quasi. Dia un’ultima spinta.” La esorta il medico.
Bella è accasciata sul letto, esausta. “Non ci riesco…”  Si lamenta con un filo di voce scuotendo lievemente la testa.
“Bella. Bella, amore, guardami.” Intervengo cercando di farle coraggio. “Manca poco, sei stata bravissima, serve un ultimo sforzo, ce la puoi fare…”
“Fallo tu…”
“Bella lo farei, non posso...”
“Edward, ti prego, fallo tu…”
Poverina. È distrutta. Quasi mi vergogno del dolore che anch’io sto provando. Forse non riacquisterò più l’uso degli arti superiori, ma questa donna sta cercando di far passare una palla da basket dalla cruna di un ago!  O forse era un cammello?
“Bella coraggio. Ti tengo la mano…”
“Edward?”
“Sì?”
“Me la fai una promessa?”
“Certo amore, tutto quello che vuoi.”
Bella si tira su, prende un bel respiro e comincia a spingere. E proprio mentre spinge, urla “NON CHIEDERMI MAI PIÙ DI FARE UN BAMBINOOOOOOO!”
Ah… Starà dicendo sul serio o sono solo i dolori del parto a farla delirare?
“Bella…”
“MAI PIUUUUUUUUÙ!”
Mentre cerco di capire qual è la risposta giusta da dare sento un “Eccola!” pronunciato dall’ostetrica, e poi un lamento che si trasforma in un pianto.
Oddio.  È nato. È nato!
Mi avvicino terrorizzato, aspettandomi il Mostro a Tre Teste, e ripetendomi l’amerai ugualmente, l’amerai ugualmente, l’amerai ugualmente. Ma ovviamente non c’è nessun Mostro a Tre Teste ad aspettarmi. C’è solo la nostra bambina, ricoperta di roba schifosa che non saprei definire, ma è bellissima e perfetta ed io sono l’uomo più felice che abbia mai messo piede sulla faccia della terra, perché ho sposato la donna che amo ed ora sono finalmente padre.
 
Mezz’ora dopo Bella è nel suo letto, stringe tra le braccia la nostra bambina ed io le siedo accanto. Il mio cuore sta scoppiando. Letteralmente. D’amore. Per questa donna meravigliosa – e benedico ogni giorno il cielo per avermela fatta incontrare – e per questo esserino, tranquillo ed addormentato.
“Come la chiamiamo?” Chiedo senza smettere di accarezzarle la testolina ed i pochi morbidi capelli.
Bella ci pensa per un po’.
Abbiamo valutato parecchi nomi in questi mesi, ma non ci siamo mai decisi.
“Che ne dici di… Nessie?”
“Nessie?!” Sbotto guardandola storto. “Come il Mostro di Lochness?!”
“Direi che per lei è perfetto… Mi ha fatto soffrire le pene dell’inferno!”
“Nessie… Nessie Masen… Mi piace. Le da un’aria da dura…” Rifletto ad alta voce. E so che lo sarà. Basta che assomigli anche solo per un decimo alla madre.
“Vuoi tenerla?” Mi chiede.
“Posso?” Ho paura di farle male o di farla cadere. Non ho mai tenuto in braccio un neonato. Non so come si fa. Al corso preparto mi sono trovato a stringere un bambolotto, ma non credo si tratti della stessa cosa. Quando mi è scivolato dalle mani e si è spalmato sul pavimento non si è rotto. Ma per quanto Nessie sia una dura, mi pare anche un tantino fragile. Dopo tutto è  uno scricciolo di 2,7 Kg!
Con estrema cautela l’accolgo tra le mie braccia e comincio a coccolarla. È così piccola… E così bella...
“È bellissima.” Mormoro con gli occhi lucidi. “È uguale a te.” Dico a mia moglie.
“Edward?”
“Sì?”
“Tu lo sai che non penso tutte le cattiverie che ti ho detto, vero?”
“Amore,” Cerco di rassicurarla. “Lo so, non ti preoccupare…”
Ma non posso fare a meno di tirare un lungo e liberatorio sospiro di sollievo. C’è solo un’altra cosa che voglio sapere, e poi posso tornare a cullare la nostra Nessie.
“Bella?”
“Sì?”
“Quando mi hai detto… ecco… quando mi hai detto che non vuoi più altri figli… dicevi sul serio?”
Perché io ne vorrei almeno altri due da te. Vorrei un’intera squadra di calcio da te.
Bella mi osserva per un istante che mi pare infinito. Sembra sorpresa, ma poi il suo sguardo si addolcisce ed accarezzandomi una guancia mi dice “Edward, ti amo, potrei fare altri cento figli con te…”
Le sorrido, ed anche Bella mi sorride. Ci scambiamo un bacio e poi torniamo ad osservare la nostra Nessie, che dorme tranquilla tra le mie braccia.

   
 
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