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Autore: Ninfea Blu    18/05/2011    23 recensioni
Oscar ha delle sorelle, lo sappiamo. Questa storia parla di una di queste sorelle, una che non conosciamo, perchè la Ikeda non ha pensato a una possibilità del genere. Danielle ha davvero molto in comune con Oscar... stessi capelli, stessi occhi. Qui parlerò dei suoi sentimenti, del suo rapporto con Oscar e inevitabilmente con l'amico Andrè che potrebbe, in qualche modo, mettersi fra loro. Perchè Danielle, gemella identica ma più femminile della nostra madamigella, potrebbe avere il coraggio di essere tutto quello che non è Oscar...
Aggiunte fan art cap. 7 - cap. 12
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Spirito inquieto (cara sorella…)

Spirito inquieto (Cara sorella…)

 

 

 

Mi chiamo Danielle Marie Angélique, contessa di Recamier.

Il mio nome non vi dirà niente probabilmente, ma tra un attimo capirete.

Per tutti coloro che mi conoscono, parenti o amici occasionali, sono solo Danielle.

Ebbene, sono la quinta figlia di uno dei personaggi più illustri e discussi tra i militari di Francia, il generale Jarjayes, uomo chiacchierato in società, non certo per causa mia.

Sono nata venticinque anni fa, in una sera di temporale, nella casa atavica dei miei genitori poco distante da Versailles, come tutte le mie sorelle.

Le figlie del generale Jarjayes.

Tutte femmine, tutte bellissime e destinate come donne a sposarsi per generare figli e perpetuare illustri discendenze nobiliari. Ma non basta; ci sono altre tradizioni di fondamentale importanza che vanno portate avanti nella famiglia di un generale fedele alla corona di Francia, e queste, solo l’erede di sesso maschile le può assolvere.

Così, per sei volte, mia madre docile, ha vissuto l’ansia e l’attesa che finalmente arrivasse questo agognato figlio maschio… e invece… ogni volta ha dovuto sopportare la colpa di aver generato un’altra femmina e leggere con timore, la delusione mista alla rabbia sul volto del generale, nostro padre. Chissà quanti dubbi e quanti dolori hanno torturato il suo cuore di madre.

 

Dai racconti della mia balia, quella strana sera d’inverno, un temporale infuriava battendo violentemente contro le imposte del nostro palazzo; tuoni e fulmini squarciavano il buio, mentre mia madre era in travaglio accudita dalla vecchia governante.

Mia madre era angosciata da un triste presentimento: forse aveva paura per la creatura che stava per mettere al mondo; sentiva che tutte le forze della natura stavano cantando il preludio alle difficoltà che avrebbe dovuto affrontare nella sua vita.

E ancora non immaginava quanto sarebbe stata bizzarra la sorte che mise al mondo due delle sue figlie. Le ultime di sei fanciulle indesiderate, per la gioia di nostro padre.

 

Nostra madre, Madame Jarjayes, ci ha amate tutte, colmandoci di quell’affetto che il generale non concedeva liberamente; ma forse di più, o solo in modo diverso, ha amato Oscar per la stessa ragione, quella figlia che le è stata tolta troppo presto, che più delle sue sorelle reclamava quell’amore di cui tutti i figli hanno bisogno.

 

Sono di poco più vecchia di Oscar; pochi minuti hanno determinato le nostre esistenze così differenti.

Ho i suoi capelli biondi e identici occhi di un blu ceruleo, inquieti e profondi come il mare della Normandia; sono la sua gemella, quella che è stata allevata come una donna normale e l’ultima con cui lei abbia giocato da bambina.

Anzi, sono l’unica, perché le altre più grandi di noi si sono sposate e hanno lasciato la casa natale molto presto, quando noi eravamo ancora piccole.

Anch’io, come loro, mi sono sposata molto giovane; avevo quindici anni, ero una bambina in confronto a mio marito, un trentacinquenne maturo con un notevole bagaglio d’esperienza.

Ho partorito i suoi figli, due creature che sono tra le cose più belle che abbia avuto dall’unione con l’uomo che sono stata obbligata a sposare.

Una sorte comune a tante nobili fanciulle di buona famiglia, la mia.

Ricordo benissimo il giorno del mio matrimonio, non si può certo dire che sia stato romantico.

Credo che mio padre lo abbia pianificato in fretta, anche per allontanarmi velocemente da Oscar.

Dei mesi precedenti, ricordo ancora tutti i preparativi; la dote, il trambusto, la presentazione alle rispettive famiglie, tutte cose che Oscar aveva disertato con la scusa dei suoi impegni a corte.

E poi, l’emozione consumata di mia madre, avvezza da sempre al cerimoniale, e più ancora, quella genuina e commovente di Nanny.

“Sembra ieri che giocavate nel giardino con vostra sorella. E pensare che madamigella Oscar ha la vostra età, è bella quanto voi, ma si preoccupa solo di tirar di scherma con quel buono a nulla di mio nipote!!”

Forse in quel momento, avrei volentieri scambiato la mia vita con la sua.

Piansi praticamente quasi tutto il tempo e non perché ero emozionata dalla gioia.

Piansi di rabbia e di paura, di ansia e delusione.

Nel candore della mia innocenza, avevo creduto a lungo nel principe azzurro, ma sapevo che il mio futuro marito, il conte di Recamier, conosciuto solo poco tempo prima, non lo era davvero. Era un vecchio per me.

Fu un fidanzamento lampo che durò il tempo necessario a sbrigare tutte le formalità del caso, intervallato da poche e rapide conversazioni di rito tra me e il mio futuro marito, sotto l’attento controllo di mia madre che vegliava su quegli incontri come richiedevano le convenienze della buona società.

 

All’epoca delle mie nozze, Oscar già da un anno occupava la carica di capitano delle Guardie Reali, al servizio della giovanissima Delfina di Francia, la futura regina.

Non dimenticherò mai la sua espressione di quel giorno; era sinceramente dispiaciuta e preoccupata per me, ma anche sollevata di non dover subire quella medesima sorte. E pensare che neppure lei aveva accettato con rassegnazione di indossare l’uniforme, quasi un anno prima; probabilmente, a distanza di tempo, vedeva quella scelta sotto una luce diversa.

Avrei potuto essere al posto di Oscar, se mio padre avesse concepito un attimo prima quell’idea malsana, di allevare l’ultimogenita come un maschio.

Invece di ventagli e crinoline, ciprie e belletto, nella mia vita ci sarebbe stata la spada, l’esercito e forse un uomo come André al mio fianco.

La folle decisione era stata presa in un attimo dal nostro augusto genitore; quando la governante lo informò della nascita di due femmine, mio padre aveva strappato l’ultima nata alle braccia della balia e l’aveva sollevata in alto, come se volesse sfidare Dio, manifestando il suo proposito incredibile, stravolgendo ogni legge di natura.

Forse sono stata fortunata o forse no, perché tra le altre cose, ho sempre invidiato a mia sorella la sua libertà di azione e pensiero. Che sia stato nostro padre o il caso a decidere delle nostre sorti, ha dato a lei delle possibilità che nessuna donna del nostro tempo potrebbe mai avere né conquistare.

Il ruolo di potere che ricopre le permette di fare e dire ciò che vuole e pensa, in un mondo dominato essenzialmente da ideologie maschili, che non concede spazi alle donne.

Ora è Colonnello delle Guardie Reali, comanda il primo reggimento del regno di Francia, è rispettata e tenuta in grande considerazione dallo stesso sovrano e da molti generali dell’esercito che riconoscono il suo valore, magari solo perché è la figlia del generale Jarjayes.

Nessuna donna normale potrebbe godere di un simile privilegio in questa società; ma Oscar è un caso unico in tutta la storia.

 

Io ho dovuto adottare strategie più sottili e raffinate per affermare me stessa in questo mondo. A una fanciulla nobile e di alto lignaggio viene insegnato che dovrà sempre restare al suo posto, che sia in un convento di clausura o consorte di un uomo.

Perse innocenza e ingenuità, non ho mai voluto sottostare a questa regola, ed essendo ben dotata di quelle tipiche armi femminili quali fascino e seduzione, unite ad un marito piuttosto assente, ne ho fatto un uso intelligente allo scopo di potermi muovere in società con sicurezza e libertà.

Al contrario di me, Oscar, allevata come l’erede legittimo della famiglia Jarjayes, non dovrà mai sottostare alla volontà di un marito, e quindi, subire le attenzioni di un uomo che non ama.

Non sentirà mai la necessità di tradire, come faccio io, per cercare al di fuori del legame coniugale quello che manca nella tua vita, con la consapevolezza che comunque, quello che hai in quel momento è solo qualcosa di effimero.

E come tradisco, io subisco l’onta del tradimento, senza sentirmi umiliata da una consuetudine comune tra molte coppie legate per interessi e non per amore. Oscar non dovrà mai scendere a compromessi del genere per la sua felicità.

 

 

Da bambine nonostante l’indole diversa, andavamo d’accordo ed eravamo molto legate; lo siamo ancora oggi del resto, ma abbiamo avuto poco tempo per giocare insieme, per ovvie ragioni.

In realtà, nostro padre faceva in modo che Oscar non frequentasse troppo a lungo le sue sorelle maggiori; era necessario evitare che ricevesse influenze troppo femminili. Probabilmente lo giudicava un pericolo alla formazione della sua carriera militare. 

Ma crescere vicino ad Oscar non è stato facile neanche per me; le difficoltà ci sono state, subito.

La prima fu quella di convincere una bambina di essere un bambino, avendo davanti la tua copia esatta che ti somiglia come una goccia d’acqua e ha un aspetto troppo femminile; sarebbe stato impossibile per Oscar non avere più di qualche dubbio sulla sua identità, ma certe cose non si possono nascondere a lungo e con l’arrivo dell’adolescenza tutto è diventato più complicato.

Per Oscar fu inevitabile scontrarsi con la sua natura oltre che col padre severo e intransigente, che non voleva recedere dal suo proposito aberrante; fare di una donna un soldato.

Fui tentata più di una volta di dire ad Oscar la verità, ma temevo molto di più la reazione di mio padre. Alla fine, l’ostinazione del generale raggiunse il suo scopo ottimamente.

 

Paradossalmente io e Oscar eravamo le più belle tra le figlie del generale; chi ci vedeva crescere insieme, attraverso me, poteva intuire chiaramente la promessa delle splendida donna che sarebbe diventata Oscar. Ma tutti, famigliari e membri della servitù, avevamo l’ordine di trattare Oscar come un maschio. Lei era una fanciulla che si atteggiava come se fosse stata davvero un ragazzo, convinta di esserlo; la delicatezza del suo sguardo, che nell’età adulta si è fatto più duro e tagliente rispetto al mio, strideva con il passo deciso e marziale, con la voce perentoria.

Le veniva richiesto di essere coraggiosa, forte, non doveva mai cedere alla paura; quante volte l’ho vista trattenere il pianto stoicamente, in un modo che era addirittura eccessivo per una bambina della sua età.

Ma davanti a nostro padre non doveva mai dimostrarsi debole, la pena sarebbe stata la sua ira.

Non so se la natura o il fato siano stati concilianti, ma incredibilmente mia sorella dimostrava di avere tutte quelle doti che ci si sarebbe aspettati di trovare in un maschio, l’erede tanto desiderato dal generale.

Col tempo, e non senza sforzo, ho visto Oscar arrivare a dominare la sua natura e soffocarla sotto le sue severe vesti maschili.

Comunque vicino a lei, anch’io subivo l’influenza di un’ indole da maschiaccio irriverente e non nego che certe volte, avrei voluto essere come lei. Oscar, ribelle per natura, assumeva questo atteggiamento molto spesso quando nostro padre era assente.

Fin da bambina, aveva l’abitudine di dire apertamente e senza remore quello che pensava, e agiva di conseguenza, con grande disappunto di nostra madre, che tra sensi di colpa, timori e sentimenti contrastanti, mal si era sempre adattata al capriccio del marito di allevare mia sorella come un ragazzo. Il generale non avrebbe certamente apprezzato i suoi toni insolenti e trasgressivi.

Lo amava, ma lo temeva e avrebbe fatto quasi di tutto per compiacerlo, tranne che rinunciare alla compagnia costante del nipote della nostra balia, quel bambino che le era stato messo accanto come riferimento maschile cui ispirarsi.

Ad esempio, Oscar non accettava di non poter mangiare in compagnia di André; se si tentava di spiegarle che lui era semplicemente un membro della servitù e come tale, doveva stare con gli altri servi, lei, da quella piccola testarda che era, confutava ostinatamente quella teoria.

“André è un amico, anzi, è come un fratello per me; se posso mangiare con le mie sorelle, non vedo perché non dovrei mangiare con lui.”

Si impuntava talmente tanto, che riuscì ad ottenere di poter pranzare con André quasi ogni giorno. Il generale probabilmente l’assecondò in questo capriccio, convinto che la compagnia costante di quel ragazzino, potesse accentuare il suo temperamento maschile.

 

E io crescevo ed ero affascinata da lei; siamo gemelle, di conseguenza i nostri caratteri per certi versi erano e sono molto simili. Ci assomigliavamo, nonostante le nostre educazioni, fossero assai differenti. Alle mie bambole molto spesso preferivo correre e saltare sui prati, ero esclusa solo dai giochi con le spade. Ma mi divertivo a guardare lei e André duellare, tifando ora per l’una, ora per l’altro. Avevamo una vecchia palla di pezza e ci divertivamo come pazze a lanciarla e lei pretendeva sempre che André si unisse ai nostri giochi. In un certo modo le invidiavo anche il rapporto che aveva con lui; ero gelosa della loro amicizia sincera, profonda, il loro essere sempre complici.

Posso dire con certezza di non aver mai avuto la gioia di una vera amicizia nella mia vita.

Certo, Oscar a volte cercava comunque la mia compagnia, o quella delle sorelle maggiori, quando quelle poche volte che accadeva, le capitava di litigare col suo compagno “d’armi”.

Da bambini non si tenevano il broncio a lungo in realtà. Erano già troppo uniti anche allora per restare separati più di qualche ora. In fondo André era davvero l’unico amico che mia sorella avesse. Ho visto Andrè crescere con lei, vedevo la loro amicizia crescere forte e vigorosa giorno dopo giorno. Oscar non ha mai legato con i ragazzini della sua età, forse perché era intelligente e sveglia almeno il doppio della metà dei suoi coetanei. Lei non ha mai concesso ad altri, ciò che concedeva a quel fedele e silenzioso attendente.

 

Tante volte mi sono chiesta perché…

 

Perché nessun altro nella nostra famiglia, né le sue sorelle o sua madre, abbiano mai goduto della sua confidenza? Dipendeva forse dalla sua educazione maschile?

Anche, certamente.

Con la maturità, avrei capito anch’io da cosa dipendeva quello strano attaccamento che si era instaurato tra loro attraverso gli anni; quella comprensione un giorno mi portò a temere che potesse accadere quello che tra servi e padroni non potrà essere mai, senza comprendere che mi stavo preoccupando di qualcosa di cui io per prima, sarei stata vittima.

 

 

Continua…

 

 

Questa volta mi sono imbarcata in un’ avventura che potrebbe essere superiore alle mie capacità; ho quasi inventato un personaggio (una delle sorelle di Oscar, gemella per giunta, un’ idea che mi intrigava). È da un po’ che mi frullava in testa questa storia, mi decido solo ora a pubblicarla. Mi preme essere realistica e verosimile per quanto mi sia possibile e l’aiuto di lettori attenti sarebbe prezioso e ben accetto; se notate strafalcioni o situazioni che non vi convincono o vi sembrano deboli vi pregherei di farmelo sapere. Non abbiate remore a dirmi cosa pensate. Cercherò per quanto possibile di correggere la mia storia.

Spero che le premesse vi siano piaciute e che mi seguirete in questa novità. Un saluto a tutte.

 

   
 
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