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Autore: La neve di aprile    19/02/2006    9 recensioni
Annika e Orlando, due mondi che si scontrano per caso in una serata di Gala. Una notte che vola leggera, lasciando però segni più profondi di quanto i due potessero mai sperare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Orlando Bloom non è, (s)fortunatamente, di mia proprietà, non è assolutamente mia intenzione offenderlo con questa fic e no, nel caso vi fosse frullato per la testa, non scrivo a scopo di lucro.



Notturno
 



La cosa più lo colpì, era che se ne stava tutta sola in un angolo.
Mentre nel gigantesco salone tutti parlavano con qualcuno o sorseggiavano spumante da calici con steli sottilissimi, lei se ne stava rannicchiata su una poltroncina nell’angolo più remoto della grande sala, mezza nascosta da una pesante tenda in velluto rosso, a leggere. E non leggeva una rivista mondana, di quelle dalla copertina patinata che ha un inconfondibile odore di lusso e soldi buttati al vento per pagine traslucide, no! Leggeva un libro. Non riusciva a distinguerne perfettamente il volto, né tanto meno a capire chi fosse: ciocche castane ricadevano morbide, sfuggendo a dei carinissimi, ma senza dubbio inadeguati, fermagli a forma di margherita. Di tutti i presente, era l’unica a non indossare esageratissimi abiti da sera abbinati a stratosferici tacchi. Con quella gonna al ginocchio piuttosto larga beige, quella maglietta nera a collo alto, le calze a righe molto stile pippi calzelunge e le ballerine basse, di camoscio, sembrava più pronta ad un pomeriggio di shopping che ad una serata di Gala a New York.
Rimase fermo a fissarla per un bel po’, con le mani nelle tasche dei pantaloni dal taglio elegante e la cravatta leggermente allentata, fino a quando la sua agente non venne a chiamarlo, cinguettando allegramente che era arrivato il momento della conferenza stampa e che fissare il vuoto (Non si era accorta della ragazza, evidentemente) non avrebbe contribuito in alcun modo a fare una buona pubblicità al film.
« Chi è quella? » chiese con un soffio alla donna al suo fianco, elegantissima nel suo completo nero di Chanel, alludendo alla misteriosa invitata, ancora assorta nella lettura.
« Tu sorrisi e non preoccuparti, se è qui vuol dire che conta. » sibilò in risposta quella, con un sorriso a quarantadue denti, dando un’occhiata all’angolo. « Però indubbiamente non ha un briciolo di gusto e una gran faccia tosta per presentarsi così.. Oh, carissima! Lieta di vederti, finalmente, in questa ressa non ti avevo ancora riconosciuta, sono davvero desolata. Splendido abito, tesoro, splendido abito.. » La donna smise di prestargli attenzione e si immerse in un fitto scambio di falsità con una giornalista e un’aspirante stellina del piccolo schermo lì accanto, con continuava a lanciargli languide occhiate, provocantissima un abito indecentemente scollato rosso fiamma.
Sedendosi davanti ad una schiera di giornalisti armati di penna e blocchetto, scosse il capo pensando a quella schiera di adolescenti pseudo attrici o ballerini che fossero, disposte a tutto per un po’ di gloria. Sorrise cordiale, salutando quella folla di lupi travestita da agnellini, dando così il via a quell’abituale bombardamento di domande che precedeva l’uscita di ogni film.
« Ci dica, signor Bloom, com’è stato recitare in un film diretto dallo stesso regista di un kolossal come “The Gladiator”? » iniziò un omino tarchiato con piuttosto visibili segni di una calvizia precoce.
« Beh..lei come si sarebbe sentito a dover scrivere il pezzo più importante della sua vita assieme ad un colosso del giornalismo? » chiese a sua volta Orlando Bloom, sporgendosi in avanti sul tavolo con un sorriso sornione sul volto.
« Beh, nervoso immagino. » rispose l’ometto, perplesso.
« Ecco, moltiplichi il tutto per dieci e forse potrà avere una vaga idea di come sia sentito durante le riprese. »
La sala rise, mentre il giovane riprendeva a parlare, pacato.
« No, scherzi a parte, è stata un’esperienza indescrivibile, un vero onore poter lavorare affianco di una personalità così importante. » rivolse un’occhiata a Ridley Scott sorridendo, per poi tornare sulla folla di giornalisti, che si agitava per fare un’altra domanda. La menager di Orlando si materializzò al suo fianco, sorridendo come al suo solito, scegliendo una donna piuttosto in sovrappeso.
« Dopo l’esperienza vissuta recitando “The Lord of the Rings”, ha trovato difficoltà nel recitare un ruolo così diverso? »
« Beh, sarebbe sciocco negarlo, ma penso sia la norma per ogni attore, inceppare in qualche difficoltà nell’affrontare un personaggio nuovo, con caratteristiche diverse rispetto ai precedenti. È qui che si nasconde la bravura del singolo artista, nel saper cogliere le sfaccettature, nel riuscire ad entrare nello spirito del personaggio e carpirne gli aspetti più nascosti. »
« Ad esempio…? » continuò la donna, scrivendo freneticamente su un blocchetto dall’aria vissuta con una penna tutta mangiucchiata.
« Ad esempio, il rapporto tra Baliano e suo padre. » Orlando si passò una mano tra i capelli, con fare disinvolto « E’ un rapporto conflittuale, senza ombra di dubbio, vista la mancanza di un qualsiasi legame affettivo. Eppure qualcosa, di quel poco tempo passato assieme, in lui rimane, un sentimento che può esser paragonato ad una profonda ammirazione mista a risentimento, per un abbandono non desiderato. »
« Un rapporto amore-odio, insomma. » concluse la giornalista.
« Precisamente. »
« E il rapporto tra Sibilla e Baliano come può esser definito? » chiese una voce femminile dal fondo della sala con un accento tedesco piuttosto spiccato « Mera attrazione fisica o amore? »
Orlando cercò di vedere chi avesse fatto quella domanda, senza però riuscire a scorgere nessuno, nella folla, che potesse avere una voce tanto giovane.
« Beh, senza dubbio il rapporto tra Baliano e Sibilla è molto confuso, molto ingarbugliato in quanto lui non vuole tradire la moglie morta in alcun modo e Sibilla, dal canto suo, è già sposata.. »
« Quindi Baliano non considera l’andare a letto con Sibilla un tradimento. » lo interruppe di nuovo la voce, che tradiva una certa nota di divertimento nelle parole.
« Beh, io.. » Orlando era in difficoltà: in suo aiuto intervenne una donna piuttosto bella, dagli occhi incredibilmente azzurri e i capelli castani, mossi.
« In quel momento Baliano vive una grande confusione interiore.. » iniziò a dire, calamitando su di se l’attenzione della sala e dando al ragazzo un attimo di sosta. Rivolse un’occhiata sconcertata alla sua agente, per poi bere un lungo sorso d’acqua, nervoso.


*



Un’ora e molte domande dopo, Orlando poté finalmente alzarsi da quella scomodissima sedia e sgranchirsi le gambe. Sfidando le occhiate tutt’altro che amichevoli della sua agente, svicolò un nutrito gruppetto di giornaliste dai sorrisi smaglianti e la pelle troppo tirata, scivolando all’esterno della sala, nell’irreale silenzio di un corridoio.
La soffice moquette rossa attutiva i rumori dei suoi passi e la luce soffusa disegnava bizzarre ombre negli angolo, sulle tende di velluto elegantemente raccolte ai lati di grandi finestre affacciate su una frenetica New York. Uno spiffero gelido gli raggiunse il volto, diverse svolte più avanti: una porta finestra era socchiusa e una minuta figura se ne stava appoggiata alla balaustra di un piccolo balcone interamente rivestito di marmo bianco, accuratamente lucidato.
Era la ragazza del libro, che fissava un cielo privo di stelle. Si appoggio con la spalla destra al vetro della porta socchiusa, ad osservarla in silenzio, senza trovare le parole da dire.
« Mi domando cosa tu ci possa trovare di bello nell’osservare le persone senza nemmeno salutare. È maleducazione, sai? » esordì ad un certo punto la ragazza, con una voce dal forte accento tedesco. Era la stessa che aveva posto la domanda bastarda durante la conferenza, ne era sicuro. Quel modo di parlare era inconfondibile.
« Anche mettere in difficoltà perfetti estranei, non è buona educazione. » osservò a sua volta, avvicinandosi a lei che ancora gli dava le spalle.
« Era il giusto prezzo da pagare. » fu la serafica risposta.
« Per che cosa? »
« Te l’ho detto prima, mi pare. Per avermi fissata a lungo senza dire una parola. Specie mentre stavo leggendo.. »
Prima che lui potesse dire qualsiasi altra cosa, lei si voltò. Aveva un bel volto, dai lineamenti graziosi. Occhi scuri, trucco praticamente assente e un sorriso spontaneo.
« Sono davvero così mozzafiato? » osservò ironica di fronte al suo improvviso silenzio, per poi tornare a guardare la città davanti a loro.
« Non sei di qui, vero? » chiese orlando dopo qualche minuti, affiancandola. La fresca aria della sera gli portava un leggero profumo di fiori.
« Nemmeno tu, se per questo. » fu la piccata risposta « Ma no, non sono inglese, se è questo che intendevi dire. Sono di Berlino. »
« E cosa, da Berlino ti ha portata a New York? »
« Uno stupidissimo invito a una noiosissima conferenza stampa. »
« Scusa tanto, eh, se le mie risposte ti sono sembrate noiose. » sibilò lui irritato.
« Permaloso. Non mi riferivo a te. Tu non hai saputo rispondermi, è stato il momento più divertente della serata, figurati. » c’era una sottile nota di risate trattenute nella sua voce, che fece venir voglia di sorridere anche ad Orlando. « Parlavo di tutta questa superficialità. Di questi sorrisi ipocriti. Tanto sento benissimo quello che dicono alle mie spalle.. »
« Questo mondo è fatto così, c’è poco da fare. » si limitò a commentare il ragazzo, laconico, cercando di valutare l’età della ragazza: non poteva avere più di vent’anni.
« Io sono Annika, comunque. » esclamò dopo qualche attimo vivacemente, porgendogli una mano sottile e bianca come la neve. C’era un anello, al dito medio, una fascetta argentata piuttosto grossa. Orlando le strinse la mano, sorprendendosi della forza che la ragazza imprimeva nel gesto.
« Orlando. »
« Oh, lo so.. » commentò ridacchiando « Sei l’unica ragione per cui sono qui, a dire il vero. »
« Oh, beh.. sono lusingato, Annika. »
« Balle. » lo freddò lei con un’altra risata. « So perfettamente cosa stai pensando. »
« Davvero? »
« Si si. »
« Provamelo. »
« Come vuoi. » incrociò le braccia al petto, squadrando Orlando da capo a piedi « Stai pensando “Che coglioni, ecco l’ennesima figlia di papà con un po’ di soldi che pur di conoscermi fa sborsare al caro paparino ingenti somme pur di ricevere un invito e passare l’intera serata a provarci con il suo mito.” » s’interruppe, sorridendo « Sbaglio, forse? »
« Non del tutto. » ammise lui, senza mostrare alcuna traccia d’imbarazzo. Si avvicinò di un passo, sorridendole.
« Correggimi, allora. » disse lei, tornando a guardare la città.
« Sto pensando che se sei qui, allora un motivo c’è perché non penso proprio che una delle tante ragazzine urlanti che mi acclamano e dichiarano al mondo di amarmi sarebbe capace di farmi una domanda tanto acuta come la tua. Mi sto chiedendo chi sei e perché, se non vuoi provarci con me, hai fatto il possibile per attirare la mia attenzione. »
« Io non ho fatto proprio nulla per attirare la tua attenzione. »
« No? »
« Beh, forse un po’ si. Ma sicuramente non per provarci con te! » si ritrasse di scatto, pronunciando quelle parole con un tono acuto, quasi stridulo: Orlando le aveva inavvertitamente sfiorato la guancia, stringendo tra le dita una ciocca dei suoi capelli. Avvampando, si voltò di scatto.
« Un vero peccato, allora.. » commentò lui, posandole le mani sulle spalle e scostandole i capelli di lato, in modo da scoprirle parte del collo sottile.
« Perché? » chiese lei, senza riuscire a muoversi.
« Perché con te ci sarei stato molto più che volentieri.. » sussurrò lui, facendola rabbrividire e trasalire vistosamente.
« Cristo santo! » esclamò lei, scostandosi con un balzo a dir poco felino e addossandosi alla balaustra del balconcino, fissando Orlando sconvolta. Era rossa come un pomodoro, tanto che l’attore non seppe trattenersi e scoppiò in una risata, sotto gli occhi spalancati della ragazza.
« E che diavolo ridi a fare? »
« Aahahahahahah! Non ci posso credere, ci sei cascata! Ahahahahahahah! » aveva le lacrime agli occhi, tanto rideva. Annika rimase attonita per qualche attimo, prima di sentirsi bruciare gli occhi e un nodo stringerle la gola. Urtando piuttosto bruscamente la spalla del ragazzo, piegato in due dalle risate, corse nel corridoio, passandosi una mano sul volto e ignorando il suo nome, chiamato più volte dall’attore.
Non si accorse nemmeno che la stava inseguendo: solo quando lui le strinse un polso, si fermò, fulminandolo, con gli occhi pieni di lacrime.
Si chiese perché vedesse il mondo così sfocato e diede la colpa a una lente a contatto persa, mentre ringhiava, furiosa.
« Cosa vuoi? » trattenne il respiro, alla vista degli occhi color nocciola del ragazzo e sentì altre lacrime sgorgarle dagli occhi, come pioggia a primavera.
« Scusarmi. »
« Chi te lo fa fare? Tanto non mi conosci e dopo stasera non ci vedremo mai più. » quasi singhiozzava e sfogare la rabbia con quelle parole, la faceva sentire solamente più triste.
« Annika, Annika.. » sussurrò lui, a disagio nel vederla squassata dai singhiozzi e in lacrime, come una bimba piccola. « Non farmi sentire in colpa.. »
« E tu smettila di farmi piangere! » strillò Annika, continuando a strofinarsi gli occhi, incurante del mascara che colava assieme alle sue lacrime.
« Ferma. » le disse lui, stringendole i polsi « Non posso farmi vedere in giro con un panda. »
« Stronzo. » sibilò lei, tirando su con il naso « Tanto chi vuoi che ci veda qui? »
« Oh, ma io mica parlavo di questo corridoio. Ma sai, se mi presento in un qualsiasi ristorante con una strana mutante, mezza ragazza e mezza panda, allora si, i paparazzi avrebbero qualcosa su cui ricamare qualche adorabile storiella. » sorride, lasciandole andare i polsi e asciugandole qualche lacrima. Lei sorrise, suo malgrado.
« Allora è meglio se vado a lavarmi la faccia. » sussurrò imbarazzatissima, con un filino di voce.
« Mi pare proprio il caso. Qual è la tua stanza? »
« 2035 »
« Oh oh, una piani alti! » commentò lui ironico, strappandole quasi una risata « Dai, ti accompagno.. »


*



« Ma sei davvero sicuro che vado bene così? » continuava a chiedere Annika angosciata, camminando al fianco di un divertito Orlando Bloom in jeans e maglione.
« Senti. Forse non è il caso che andiamo in un ristorante, sei talmente nervosa che finiresti col rovesciarti tutto addosso. »
« Spiritoso. »
« No, dico davvero. E poi, saranno tutti pieni o prenotati.. » sembrava pensieroso, mentre per l’ennesima volta avvicinava a se Annika, che aveva scoperto facilmente incline a distrarsi davanti alla più piccola banalità.
« Mi stai scaricando? » commentò gelida, rifilandogli un’occhiataccia. Sospirando, il ragazzo continuò a trascinarla per l’affollata via di New York, fredda e scintillante di luci. Natale già aleggiava nell’aria e nelle vie, con precoci alberelli ricolmi di addobbi di tutte le forme e le dimensioni.
« Trovato! » esclamò l’attore ad un tratto, facendo entrare Annika in un grazioso locale dall’aspetto confortevole.
« Un tavolo per due. » disse a un cameriere, che dopo un rapido inchino li condusse in un angolo della sala, accendendo la candela al centro del piccolo tavolo. La ragazza arrossì, senza nemmeno rendersene conto e Orlando sorrise, sfilandole il pensate scialle di lane che lei aveva sulle spalle.
Le scostò la sedia, per poi togliersi il cappotto di feltro nero e sedersi a sua volta.
« Allora, Annika. » lei sorrise, guardandosi attorno per qualche attimo. « Mi premetti di offrirti la cena in modo che possa rimediare alla mia terribile maleducazione? »
« Che razza di domanda. » sbottò lei dopo qualche attimo « La cena è il minimo, è il dopocena che mi interessa. » sorrise, provocante, sporgendosi appena sul tavolo.
« Mh, impari in fretta, vedo. »
« Del resto ho avuto un ottimo maestro. »
« Si, posso capire, chiunque potrebbe imparare da me. »
Scoppiarono a ridere, sotto gli occhi perplessi di un giovane cameriere che stava portando loro i menu. Rimasero in silenzio per qualche attimo, facendo scorrere gli occhi ora sui libricini rilegati in pelle ricolmi di nomi di pietanze, ora sui loro volti, ma mai nello stesso momenti. Come in un perfetto incastro, non si incrociavano mai, limitandosi sospirare –lei- e sorridere –lui-.
« Toglimi una curiosità » disse lui, dopo che le loro ordinazioni furono prese. Lei sorrise, alzando lo sguardo dalle sue mani « Cosa ci facevi alla conferenza? »
« Te l’ho detto, sono stata invitata. »
« Ah.. » spiazzato, si strinse nelle spalle, come a voler archiviare la questione, ma lei non glielo permise.
« Tu non hai ancora capito chi sono. »
« Touché. L’ammetto, non ho idea di chi tu sia. »
« Lo sospettavo. » confermò lei « Questo perché non sembri il tipo di persona che passa molto tempo in una libreria. »
« Due a zero per te. »
« …prevedibile. Perché se altrimenti ci andassi, sapresti che io sono.. »
« ..Annika Lowhen, si, ti dico che è lei! Laggiù, con il sosia di Orlando Bloom, non ho dubbi! » disse una voce dal fondo della sala, con tono piuttosto concitato.
Orlando sgranò gli occhi.
« Tu sei quella Annika Lowhen? » chiese, sforzandosi di non gridare.
« Precisamente. » annuì lei, con un sorriso sul volto.
« Questo vuol dire che hai..»
« Scritto un libro che vende piuttosto bene, si. »
« No, hai diciassette anni! Gesù, potrebbero prendermi per un pedofilo! »
« .. » Lei non disse nulla, abbassando lo sguardo. Sospirò solamente, scuotendo il capo, prima di esordire, amareggiata.
« Questo cambia forse qualcosa? Sapere che ho diciassette anni ti sconvolge tanto? Non mi pare che fino a cinque minuti fa ti abbia causato qualche grosso problema o sbaglio? Sono una ragazza come tante con le quali sei uscito, l’essere forse un po’ più giovane non mi rende poi così diversa. »
« No, non è questo il problema. »
« E allora? Non riesco a capire. »
« Lascia stare, per favore. Parliamo d’altro, non vorrei fare un’ennesima gaffe e rovinare la serata. »
« Mh, d’accordo. »
« E sorridi, su. Sei molto più carina quando ridi! » le fece un buffetto sulla guancia, strappandole un sorriso vivace.


*



« Mamma mia, ho la pancia piena! Da domani dieta stretta, se voglio entrare nei jeans! » esclamò Annika qualche ora dopo, appena uscì dal locale assieme ad Orlando.
« Si, in effetti mi sembri un po’ più tonda.. » la punzecchiò lui, pizzicandole i fianchi. Lei fece un piccolo salto, scoppiando poi a ridere e cercando di colpirlo con la minuscola borsa che si era portata dietro.
« Se non fosse che mi hai offerto la cena ti picchierei a sangue per questo, maledetto! »
Lui le sfuggì, correndo via.
« Lumaca, non riesci nemmeno a prendermi! » la provocò, ridendo allegramente.
« Tze. Sono superiore a queste cose, io. » disse con aria altera, sfilandogli accanto con il mento leggermente sollevato.
« Oh oh! Chiedo umilmente perdono, principessa! »
« Oh, Ernil nin! Non dite sciocchezze! »
« E-ernil nin? » chiese lui confuso.
La faccia di lei si rabbuiò per qualche attimo, mentre strusciava la punta della scarpa destra a terra. Poi, come se nulla fosse, riprese a parlare.
« Che elfo scadente. Non parli nemmeno elfico! » riprese a camminare, continuando a parlare assieme al ragazzo. Ma man mano che s’avvicinavano all’imponente albergo, si fecero sempre più silenziosi, come se un peso gravasse nei loro cuori. Tristezza, nell’immaginare un futuro che non ci sarebbe mai stato.
« Orlando.. » disse fermandosi improvvisamente.
« Dimmi. » si fermò a sua volta, qualche passo più avanti, voltandosi verso di lei che fissava il marciapiede.
« Ti posso chiedere un favore? »
« Certo. »
« Certo, capisco benissimo se ti rifiuterai di farlo, è una sciocchezza degna di una bambina come me, in fondo.. »
« Annika, avanti, chiedimelo.. »
« Promettimi che non penserai che sono pazza. »
« Troppo tardi.. »
« Stupido, dico davvero. » qualcosa nella voce di lei, gli strinse il cuore.
« Si, te lo prometto. »
« Credi.. credi che potresti.. potresti tenermi per mano fino all’albergo? » chiese tutto d’un fiato, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Orlando rimase spiazzato per qualche attimo, prima sorridere. Lei continuava a fissare l’asfalto ai suoi piedi.
« Che razza di richiesta.. ti prego scusami, non volevo. » aggiunse dopo qualche attimo, passandogli accanto. Lui le strinse la mano, delicatamente, trattenendola.
« Piccola testarda, ascolta almeno la mia risposta prima di scappare via a piangere. »
« Io non stavo piangendo! » esclamò lei con un sorriso che andava a cancellare ogni ombra di tristezza dal suo volto pallido.
« No, certo che no. » la beffeggiò lui, incamminandosi assieme a lei, che non rispose, sorridendo dolcemente. Era felice. Anche se era solo per finta, anche se si stava solo illudendo, era felice in quel momento, in cui uno stupido sogno era diventato realtà per puro caso, un sogno destinato ad infrangersi non allo scoccare della mezzanotte, ormai passata da un bel po’, ma davanti a una porta girevole lussuosa, sotto un gigantesco edificio rivestito di marmo e moquette rosso porpora. Dal canto suo, Orlando non riusciva a parlare. Assurdo, si diceva tra se e se, il potere che quella ragazzina aveva su di lui. Come un tifone, aveva travolto la sua serata, rendendola in una qualche maniera particolare, speciale. Unica, come quella scrittrice in erba tanto più giovane di lui capace di andare a serate di Gala con vestiti del tutto fuori luogo e al tempo stesso capace di scoppiare a piangere per una stupida sciocchezza.
« Beh, ci siamo. » la sentì dire, mentre ritraeva la mano con delicatezza. Come sabbia, gli scivolò via dalle dita, lasciando un improvviso freddo.
Davanti a loro si ergeva la splendida facciata di uno degli hotel più costosi della Grande Mela, apparentemente silenzioso e tranquillo.
« Già. » fece lui cupo, varcandone la soglia e andando a ritirare la sua chiave e quella di lei alla reception.


*



« E così, finisce la serata da favola. » commentò lei, ritta in piedi davanti a una porta bianca con attaccata una targa dorata recante il numero 2035.
Il corridoio deserto assorbiva morbidamente l’eco delle sue parole e la nascose mentre, sollevandosi in punta di piedi, gli sfiorava la guancia sinistra con un timido baciano.
« Buona notte.. » gli disse, voltandosi e infilando la chiave magnetica nell’apposita fessura.
La serratura scattò, con un suono metallico e lei aprì la porta.
Fu allora che lui l’abbracciò, d’impulso.
« Annika.. ti ricordi quando parlavamo al ristorante? »
« Si. »
« Beh, quando ho detto che non era certo la tua età ad essere un problema..ecco, insomma, mentivo. » La sentì trattenere il respiro, così continuò a parlare « Perché vedi, tu mi piaci moltissimo. E vorrei poterti conoscere meglio, vederti ogni tanto, uscire con te. Ma ora come ora non posso farlo. E non voglio costringerti ad una vita che ti ucciderebbe. No, non parlare, ascoltami. Legarti a me significherebbe tarparti le ali e tu hai bisogno di quelle per continuare a scrivere, hai bisogno di saper volare.. »
« Posso volare anche con te.. »
« Ma per quanto? Annika, non è che non mi fidi di te, ma sarebbe un peso troppo grande per chiunque.. »
« E tu che ne sai? »
« Lo so e basta.. ora ascoltami. » la fece voltare, prendendole il volto tra le mani. La vedeva, tutta protratta nello sforzo di non piangere, con la fronte corrugata.
« Se io ora faccio quello che vorrei fare da quando siamo usciti dal ristorante, è molto probabile che io entra con te in questa stanza. E ti infliggerei una ferita tanto grande da risultarti odioso, domani mattina. Sei così giovane, Annika.. una sbandata per me potrebbe.. »
« Potrebbe cosa? Rovinarmi? Tu mi sottovaluti. Sono arrivata fino a qui da sola, senza l’aiuto di nessuno: non sarà certo una notte con te a cambiarmi la vita. »
« E invece si. »
« Pensi forse di essere il primo? Pensi che sarebbe traumatico per me scopare per la prima volta con te? » lo aggredì lei, tutto d’un fiato, continuando a fissarlo « No, lasciati dire una cosa. Non saresti il primo, né tanto meno l’ultimo. Non sono tanto bambina come credi, Orlando. »
« Io non vedo in te una bambina, Annika. »
« E allora smettila di trattarmi come tale! » gridò esasperata, ansimando leggermente.
Orlando non si trattenne più: si chinò in avanti e premette quasi con forza le labbra su quelle di lei, ancora schiuse. La sentì sussultare per la sorpresa ma non vi prestò più di molta attenzione, infilando la lingua nella bocca di lei. Un attimo dopo, lei rispose a quel bacio, cingendogli il collo con le braccia e alzandosi in punta di piedi. Quando finalmente si staccarono, Orlando non la lasciò andare.
« Hai ragione, non sei una bambina. Ma non posso costringerti a far nulla, la scelta spetta a te. Non posso darti niente, non posso prometterti niente, abbiamo due vite troppo diverse per poterle combinare assieme e finiremmo entrambi per soffrirne, qual’ora qualcosa andasse male. »
« Smettila di parlare. » intimò lei, riprendendo a baciarlo e trascinandolo nella stanza con se. La porta si chiuse alle loro spalle con un leggero tonfo, mentre ancora avvinghiati cadevano sul morbido letto.


*



Un gelido sole di dicembre sorgeva pigramente su una New York mezza addormentata: come un grande gatto, la metropoli si stiracchiava, mentre gli abitanti del mattino si accalcavano su strade praticamente deserte.
Orlando sfiorò il volto di Annika, ancora addormentata, con una carezza, per poi soffermarsi a fissare il soffitto per qualche attimo. La ragazza mugolò qualcosa nel sonno, rannicchiandosi contro di lui. Percepire quel corpicino caldo contro il suo, lo fece rabbrividire di piacere, nel pensare alla notte appena trascorsa e con malincuore si scostò da lei, dopo averle sfiorato la fronte con un bacio. Posò i piedi a terra, sospirado.
« Dove credi di andare? » chiese Annika con la voce impastata dal sonno, cercando di mettersi a sedere con scarso successo.
« Dormi, Annika, è ancora presto e tu sei stanca. » cercò di convincerla Orlando, allungandosi verso di lei e rimboccandole il pesante piumone bianco.
« Dove stai scappando senza nemmeno salutarmi? » insistette lei, agitandosi e riuscendo finalmente a sollevarsi. Portò una mano alla testa, per contrastare un improvviso capogiro e chiese
« Devi proprio andare? » chiese lei, stropicciandosi gli occhi, mentre lui indossava i boxer e i jeans, per poi sedersi accanto a lei, sul piumino bianco.
« Devo. »
« Ma nessuno ti costringe.. » osservò chiudendo gli occhi per qualche attimo.
La strinse a se, baciandole i capelli.
« Sei così giovane.. non avrei mai dovuto entrare qui, ieri sera. »
« Lo rimpiangi? »
« Non dirlo nemmeno per scherzo. Solo.. solo..non lo so. È tutto così strano. »
« Non così tanto. »
« Beh, un pochino si però. Ma è tardi, tardi, tardi e io devo andare, se non voglio passare grossi guai. »
« Oh, non te ne andare.. » protestò lei, imbronciandosi.
« Annika, ti prego, non fare la bambina.. »
Lei si zittì, scostandosi a malincuore. Lo osservò infilare il maglione, standosene rannicchiata sotto quel pesante piumino bianco, con i capelli spettinati e gli occhi pieni di sonno.
« Beh, è meglio che vada, allora.. »
« Se proprio devi.. »
« A presto, allora.. » sussurrò lui, dandole un ultimo bacio, leggero. Dolce.
Annika lo guardò mentre usciva dalla sua stanza, per poi cadere di lato, sui cuscini, come svuotata. Chiuse gli occhi, abbandonandosi al sonno, nella speranza che potesse lenire parte di quella sensazione di smarrimento che provava.


*



« Signorina Lowhen, abbiamo una busta per lei. » disse l’impiegato alla reception dell’albergo qualche ora più tardi, dopo che Annika ebbe pagato il conto della sua stanza.
« Per me? »
« Si, da parte del signor Bloom. Ci ha caldamente raccomandato di farvela pervenire il più presto possibile: sono dolente di non avergliela consegnata prima. Spero questo non pregiudichi un’eventuale futuro soggiorno in quest’albergo. Buona giornata a lei. »
« A lei, arrivederci. » salutò Annika distratta, stringendo la busta bianca con sopra scritto il suo nome in inchiostro blu. Recuperò le sue due valigie e uscì dall’albergo, salendo sul primo taxi libero.
Sulla strada dell’aereoporto, lesse la lettera: dentro c’era un numero di telefono, accompagnato da poche parole scritte con una grafia rapida, scorrevole.

Così come tu hai scelto di farmi entrare nella tua vita, ieri sera, io questa mattina scelgo di farti entrare nella mia. Non ti prometto nulla, non ti assicuro nulla: non sono nella condizione di farlo.
Te l’ho detto ieri, abbiamo due vite troppo diverse per poterci permettere una storia come tu puoi sognare e io continuo a cercare, però mi piaci. Mi piaci per come parli, per come ridi, per come baci, per come fai l’amore. Mi piaceva guardarti dormire questa mattina, mi piaceva il tuo profumo.
Per questo ti chiedo di fare una cosa per me: chiamami.
Non importa quando, basta che tu lo faccia. E se qualcosa deve succedere, succederà.
D’accordo?
Ti auguro buon viaggio, Annika.
Con affetto,
Orlando.



Mentre l’autista le annunciava che a causa di un ingorgo spaventoso sarebbero arrivati piuttosto in ritardo all’aereoporto e questo significava perdere l’unico aereo per Berlino della giornata, Annika sorrise.







FINE
 
   
 
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