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Autore: RedMarauder    20/05/2011    5 recensioni
Lo sappiamo, ormai! Jane e Lisbon flirtano e litigano, a volte anche nello stesso momento; Grace e Rigsby sono sospesi in un amore impossibile (o no?); Cho fa il lupo solitario, ma nasconde un'anima avvincente! E tutti i personaggi intorno a loro vengono condizionati da questa strana squadra: quattro agenti e un mentalista, che, si sa, chiudono sempre i casi!
Un viaggio nella vita dei nostri personaggi preferiti,fra momenti divertenti, tristi e romantici, anche con un pizzico di fantasia, per mostrare ciò che Bruno (ancora) non dice di loro!
I personaggi di questa storia non mi appartengono (aimé) ma sono proprietà di Bruno Heller (che noi tutti stimiamo!)
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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LISBON VS LA FEBBRE

 
 
 
 
Freddo..e poi caldo..e poi freddo..e poi caldo..e poi freddo..
Sospiro e l’aria calda mi brucia gola e polmoni, dandomi una sensazione piuttosto spiacevole. È cosi fastidioso che quasi mi verrebbe voglia di stare in apnea.
Cambio posizione, cercandone una comoda. Ruoto la testa sul cuscino appoggiato al bracciolo del divano, sistemandomi su un fianco. Il mio braccio destro penzola fuori dal divano, mentre le gambe si attorcigliano nella coperta. Un brivido mi percorre la schiena e io sollevo la coperta, liberando le gambe dal nodo, e sistemandola in modo da non avere più freddo. Il mio corpo è un ammasso di ossa, muscoli e tendini doloranti. Ho male ovunque e mi sembra di sprecare il doppio dell’energia che normalmente impiegherei per ogni movimento. Ho raccolto i capelli in una coda scompigliata, senza nemmeno pettinarli. Dovendomi adeguare agli sbalzi, ho messo solo un paio di pantaloncini da corsa un po’ larghi, una canotta e una gigantesca felpa calda, a cui tiro su le maniche ogni volta che la febbre scende, facendomi sudare.
Per fortuna, non ho mal di testa, ma solo un fastidioso senso di annebbiamento, che mi impedisce di ragionare sul mondo attorno a me.
Mi sono svegliata stamattina in questo stato. Ho chiamato subito l’ufficio, prima ancora di prendere un’aspirina. Quando, infatti, ho richiamato per chiedere a LaRoche qualche giorno di malattia in più per riprendermi, Van Pelt mi ha detto che si erano preoccupati molto, perché al telefono ero riuscita a sbiascicare giusto due o tre parole in croce, mormorando qualcosa come “Cho al comando” e “occhio a Jane”.
Per tutto il giorno sono rimasta sul divano, alternando sonno e veglia, senza nemmeno distinguere quando iniziava uno e finiva l’altra. Ho acceso la tv, senza mai guardarla, e ho addirittura spento il cellulare. Non ho mangiato niente e ho già preso una quantità assurda di medicinali, che però, a quanto pare, non sono adatti alla malattia.
Probabilmente ho un virus, o qualcosa del genere, il che significa telefono, dottore, ricetta e antibiotico specifico. Considerando lo stato in cui ero oggi, ho rimandato la faccenda a domani, sperando di essere giusto un briciolo più lucida, per parlare al dottore come una persona normale.
Chiudo gli occhi, sperando di calmare il dolore lancinante che sento in tutto il corpo. Distendo le gambe e poi le raccolgo, stringendole al petto, ma non cambia niente: i miei muscoli sono talmente intorpiditi che potrebbero mettersi a protestare urlando.
Sento la bocca secca, ma ho finito l’acqua e non ho la forza di rialzarmi.
In quel momento, nemmeno a farlo apposta, squilla il citofono di casa.
Sbuffo infastidita, indecisa se alzarmi o no dal divano. Lentamente, ruoto su un fianco, per non forzare la schiena, e scivolo giù dal divano, provando a reggermi sulle gambe malferme. La testa mi gira, ma riesco a muovere i passi in avanti, arrivando, miracolosamente, alla porta.
Apro senza nemmeno guardare dallo spioncino: costa troppa fatica.
Mi ritrovo davanti il mio consulente, con il suo classico sorriso allegro e gli occhi azzurri scintillanti.
“Ciao”  mormoro, incapace di ritrovare la voce che ho perso stamattina insieme ad ogni mia forza.
“Ciao” risponde allegro, allargando il suo sorriso “Ti senti bene?” mi prendo in giro.
“Che ci fai qui?” chiedo, senza nemmeno rispondere alla sua domanda idiota, e spostandomi per farlo entrare.
“Venivo ad accertarmi che non stessi morendo: al telefono eri talmente sconvolta che Grace voleva chiamare i paramedici” risponde, sorridendo.
Annuisco, non del tutto sicura di aver registrato correttamente le sue parole.
All’improvviso, mi sento vacillare. È solo un secondo, ma mi fa cedere le gambe, e mi ritrovo fra le sue braccia, senza nemmeno rendermene conto. Ma era così vicino a me?
Mi chiede qualcosa, ma la sua voce si spegne. Mi gira la testa talmente forte che non riesco a sentire più niente. Le orecchie mi fischiano e la vista si appanna. Chiudo gli occhi e mi sento scivolare giù..
Sempre più giù..
 
 
Riapro gli occhi, cercando di mettere a fuoco qualcosa, ma la mia vista sembra momentaneamente annebbiata. Le orecchie non fischiano più, ma mi sento intorpidita come se avessi nuotato per dieci ore di fila e fossi uscita solo ora dall’acqua.
Pochi secondi dopo, la mia vista torna normale. Sono stesa sul divano, coperta e con qualcosa di freddo a coprirmi la fronte. Jane è seduto sul pavimento, al mio fianco e sta facendo zapping con il telecomando.
Quando si accorge che sono sveglia, si gira verso di me con un sorriso.
“Bentornata!” esclama.
Azzardo un sorriso, ma non oso immaginare cosa ne sia venuto fuori.
“Lo sai che se non fossi arrivato io, ora saresti nei guai?” chiede retorico, con un’espressione quasi delusa dal mio comportamento.
“Perché?” mormoro.
“Perché hai quasi 40 di febbre, e tentavi di curarti con l’aspirina!” esclama indignato, inginocchiandosi sul pavimento e allungando le mani verso la mia fronte. Sul tavolino c’è una bacinella d’acqua, fredda presumo, con del ghiaccio. Bagna le benda e la rimette sulla mia fronte. Le gocce gelate scivolano sulle mie guance e dietro le orecchie, perdendosi fra i capelli.
“Grace ha trovato il numero di telefono del tuo medico nell’agenda che hai in ufficio. Ha chiamato e si è fatta dare la ricetta per gli antibiotici, che mi ha portato. Non potevo lasciarti da sola in questo stato” spiega, con un tono quasi tenero.
“Jane, so badare a me stessa..” mormoro, ma sono poco convinta anche io.
“Si ho notato, infatti sei in perfetta salute!” commenta sarcastico.
Mi porge una pillola bianca e un bicchiere d’acqua. Lo prendo senza dire niente, mentre lui mi aiuta a sollevare la testa per mandare giù l’antibiotico.
Mi rilasso di nuovo contro il cuscino, con la gola che ringrazia di essere stata rinfrescata dall’acqua.
“Quanto ho dormito?” chiedo sussurrando.
“Quasi tre ore” risponde, sedendosi sul bordo del divano, al mio fianco.
Sgrano gli occhi sorpresa “Come tre ore? E tu che hai fatto in tutto questo tempo?”
Lui alza le spalle tranquillo “Ti ho stesa sul divano, ti ho misurato la febbre e ho visto che era troppo alta. Ho chiamato subito Van Pelt, poi ti ho messo una benda fredda per tentare di abbassarla, aspettando gli antibiotici. Poi sono rimasto qui, ad aspettare che ti svegliassi”
Non so se per la febbre o i medicinali, ma mi viene quasi da piangere.
“Grazie” mormoro sorridendo.
Lui mi sorride “Figurati. Hai fame?”
Scuoto la testa “No, per niente”
“Tazza di thè?” chiede sorridendo.
“Devo proprio?” chiedo imbronciata.
Lui annuisce sorridendo “Vedrai, ti farà bene!” esclama, alzandosi e sparendo nella mia cucina.
Sospiro, chiudendo gli occhi e rilassandomi. L’antibiotico comincia a fare effetto, anche se troppo lentamente. Se non altro, non mi sento più come se fossi appena caduta dal quarto piano di un palazzo!
Qualche minuto dopo, Jane torna con due tazze fumanti di thè in mano.  Le appoggia sul tavolino e mi aiuta a sollevarmi, quel tanto che basta per appoggiarmi con la schiena al cuscino.
Raccolgo le gambe al petto, per fargli spazio, e prendo la tazza bollente dalle sue mani. Jane si siede accanto alle mie gambe, rilassato contro lo schienale del divano, con in mano la sua classica tazza di thè. Sono io quella anticonvenzionale!
Soffio sul liquido caldo, squadrandolo al tempo stesso.
“Non ti morde” commenta lui con un sorriso.
“Questo lo dici tu..” mormoro, bevendo il primo sorso. Ammetto che il liquido caldo, riversandosi nel mio stomaco vuoto, riesce a farmi sentire meglio, ma non lo ammetterò mai a voce alta.
“Com’è andata la giornata?” chiedo, tanto per fare conversazione.
“Niente casi, una noia mortale” risponde.
“Dovremmo essere felici, quando non ci sono casi: significa che sono ancora tutti vivi..” mormoro, prendendo un’altra sorsata di thè.
“O che non li abbiamo ancora ritrovati..”
Allungo la gamba, colpendolo alla coscia con una forza paragonabile a quella di un colibrì, ma basta il gesto.
Lui sorride “Scusa”
Finisco la mia tazza e mi allungo per metterla sul tavolino. Jane scatta come una molla, sorreggendomi mentre torno indietro con la schiena, per risistemarmi sul divano.
Sbuffo sorridendo “Jane, sono ancora capace di muovermi”
“Prevenire è meglio che curare” commenta, poco convinto dalle mie parole.
Rilasso il fianco contro lo schienale e appoggio la testa. Improvvisamente mi sento stanchissima, spossata e debole. Che gli antibiotici non funzionino?
Chiudo gli occhi, incapace di tenerli aperti. Un brivido di freddo mi fa tremare. Jane se ne accorge e solleva la coperta sulle mie spalle.
Il senso di annebbiamento torna, indebolendo ancora di più il corpo e la mente.
“Jane..” sussurro, ad occhi chiusi. Nelle mia mente annebbiata, la mia voce risuona strana e distante.
“Si” risponde.
“Puoi restare qui..?” sussurro di nuovo.
Lo sento sorridere “Certo che resto” sussurra al mio orecchio “Dormi ora”
Le mie gambe scivolano, fino a incontrare le sue. Sento le sue mani, freddissime in confronto alla temperatura del mio corpo, sollevarle e allungarle sulle sue. Il suo braccio mi circonda le spalle, avvicinandomi a sé. Rilasso la testa sul suo petto, mentre le sue braccia mi stringono, riscaldandomi.
Scivolo nel sonno, rilassata dal suo profumo..
 
 
È strano vederla così debole. Lisbon è la classica donna che ti tramanda forza e tenacia, anche se sai che, nel profondo, è fragile. Vederla in questo stato è strano: sembra più una bambina che una donna e la sua evidente fragilità la fa apparire piccola e indifesa.
Sorrido fra me. È molto più tenera della Lisbon minacciosa con cui devo fare i conti ogni giorno! Se le dicessi che la preferisco così, probabilmente mi ucciderebbe. Ma infondo, Lisbon è perfetta in ogni suo stato d’animo e in ogni situazione. Ti attrae come una calamita e tu sai di non poter resistere. Se lei è triste la consoli, se è felice la assecondi, se è arrabbiata la lasci sfogare, se è malata ti prendi cura di lei, se ti minaccia, cosa che a me capita spesso, tenti in tutti i modi di fregarla, perché sai che lei, in un modo o nell’altro, ti perdonerà.
Già, mi perdona sempre!
Mi perdona, anche se non vuole darlo a vedere, non sempre almeno.
Alzo una mano a sfiorarle la fronte. È ancora molto calda. Serviranno tante cure e riposo per farla guarire, ovvero: dovrò combattere contro la sua testardaggine.
Sposto la mano dalla sua fronte e lei si muove nel sonno. La sua mano sale verso la mia spalla, come a cercare una appiglio. Sistema la testa contro il mio petto, rilassando le spalle.
Provo a girarmi, cercando di non svegliarla, per farla dormire in una posizione più comoda. Mi lascio scivolare sul divano, portandola con me. È talmente distrutta che non si accorge di niente. Potrei dirle qualunque cosa, lei non lo ricorderebbe.
Appoggio la testa sul cuscino del divano e avvolgo le braccia intorno alla sua schiena. Le sue gambe sono caldissime, posso sentirle anche attraverso la tela dei pantaloni. Presto dovrò svegliarla, per darle altro antibiotico.
Abbasso lo sguardo. È molto pallida, ma comunque bellissima. Ha il viso rilassato, sembra quasi che stia per sorridere. Sposto con le dita una ciocca di capelli che le ricadeva sulla guancia. La accarezzo piano e la vedo sorridere.
Sorrido anche io, anche se so che non può vedermi. Dopo qualche minuto lei si risveglia.
I suoi occhi verdi si aprono e incontrano i miei.
“Buongiorno” la saluto, anche se è quasi mezzanotte.
Lei accenna un sorriso stanco.
“Come ti senti?” le chiedo.
“Come se fossi appena stata in gita dentro un frullatore” mormora, richiudendo gli occhi.
Rido della buffa immagine che ha preso forma nella mia mente.
“C’ero anche io nel frullatore?” la stuzzico.
Lei annuisce, senza riaprire gli occhi.
Allungo un braccio verso il tavolino e afferro la scatola degli antibiotici. La apro e lascio scivolare il blister sul mio petto. Rilancio la scatola sul tavolino e spingo sul blister per prendere altre due pillole. Allungo la mano, lascio il blister e riprendo il bicchier d’acqua.
“Forza brontolona, altre due”
Lei riapre gli occhi e si solleva leggermente, quel tanto che basta per prendere il bicchiere e buttare giù le medicine.
Rimette il bicchiere sul tavolo e si lascia scivolare di nuovo fra le mie braccia.
“Odio gli antibiotici” borbotta.
Il suo viso è molto vicino al mio collo. Mentre parla, il suo respiro soffia sulla mia pelle: è incandescente, ma mi fa rabbrividire.
“E perché li odi?” chiedo sorridendo.
“Mi fanno venire gli incubi” mormora, strascicando leggermente la voce.
Soffoco la risata fra i suoi capelli. La sua pelle è ancora molto calda. La febbre fatica a scendere.
“Ma adesso ci sono io” la rassicuro, sorridendo.
La sento sorridere “Appunto..”
“Vedo che nemmeno la febbre ti impedisce di lanciarmi le tue solite frecciatine” commento sorridendo.
“Febbre o non febbre è di te che si parla..” mormora.
“Hai ragione: basto io” mi vanto.
Lei alza la mano e mi pizzica un braccio, talmente piano che potrei giurare che mi stesse accarezzando.
“Sai, potrei approfittare di questo momento di debolezza. Considerando quanto sei debole, non correrei il rischio di essere picchiato” azzardo sorridendo.
“Ma la febbre mi passerà prima o poi, quindi attento a quello che fai..o dici..” brontola, ma sta sorridendo.
“Lisbon, ce l’hai un letto?” chiedo sarcastico. Ovvio che ce l’ha..
“è esattamente quello che intendevo..” commenta sospirando.
Rimango in silenzio per due secondi, leggermente perplesso, poi capisco e scoppio a ridere.
“Sei la solita maliziosa!” esclamo.
Questa volta mi arriva un pugno nello stomaco, leggermente più forte del previsto. Con la mano massaggio il punto dove mi ha colpito, mentre continuo a sorridere.
“Che hai capito? Intendevo dire che, se avevi un letto, cosa che  ovviamente hai, potevamo trasferirci, perché la mia schiena sta protestando e il divano è un po’ stretto per due” poi non resisto alla tentazione di fare l’idiota, come sempre “non preoccuparti, potrai comunque restare abbracciata a me!”
Mi preparo a un altro pugno nello stomaco, ma, stranamente, Lisbon si limita a sollevarsi lentamente, alzando gli occhi al cielo, e a farmi cenno di seguirla.
Dopo nemmeno due passi, vacilla e io la afferro appena in tempo.
“D’accordo, servizio taxi in arrivo” scherzo, sollevandola fra le mie braccia. È leggerissima. Le sue gambe sono ancora caldissime, eppure la sento rabbrividire.
Mi circonda il collo con le braccia, reggendosi a me. La porto di sopra, chiedendo indicazioni e lei indica con la mano una porta sulla destra.
Entro in camera sua e la stendo sul letto, aiutandola ad infilarsi sotto le coperte. Mi sfilo le scarpe e mi stendo accanto a lei. Una volta al suo fianco, istintivamente, la abbraccio. Lei si stringe fra le mie braccia, appoggiando di nuovo la testa nell’incavo del collo e deliziando la mia pelle con il suo respiro caldo.
“Jane?” mi chiama con voce flebile.
“Si?”
“Ho freddo..” sussurra.
Sorrido, mentre, senza sciogliere l’abbraccio, scivolo sotto le coperte con lei. La attiro a me, stringendola fra le mie braccia.
È caldissima e il fatto che abbia freddo non è buon segno. Spero solo che gli antibiotici facciano effetto, non posso dargliene altri. Avvolgo le sue gambe con le mie, coprendo la sua pelle incandescente. Circondo la sua schiena con le mire braccia, stringendola contro il mio petto. Sento i suoi muscoli rilassarsi, mentre scivola nel sonno. Il suo respiro, ora, soffia contro la mia gola.
Sfioro i suoi capelli con le labbra, mentre il suo respiro diventa leggero.
Vorrei dormire anche io. Il suo corpo caldo mi rilassa e mi fa venire voglia di staccare la spina al cervello e dormire. Ma preferisco rimanere sveglio per vegliare su di lei.
Durante la notte si risveglia. Il suo corpo comincia a reagire alla febbre, che sta visibilmente calando. La sua fronte non è più incandescente e lei comincia a sentire caldo. Cerco di allontanarmi, per farla respirare, ma lei mi stringe, come se non volesse lasciarmi andare.
La tengo fra le mie braccia lo stesso, mentre il suo corpo riversa tutto il calore sul mio. Ogni tanto la sua mano stringe la presa sulla mia schiena, come se fosse percorsa da una scossa.
Mi basta accarezzarle la guancia, per farla rilassare di nuovo. Sorrido fra me.
Forse è vero che gli antibiotici le fanno venire gli incubi
 
Sono quasi le 5 del mattino e lei ora dorme rilassata. La febbre è scesa, il suo respiro è più fresco e la sua pelle non è più incandescente.
Vorrei rimanere sveglio, ma la tentazione è sempre più insistente. Si è raggomitolata fra le mie braccia, con la schiena incollata al mio petto. Respiro il profumo dei suoi capelli e un altro capogiro mi convince a desiderare ancora di più di dormire.  
Rinuncio alla lotta e chiudo gli occhi, addormentandomi dopo pochi secondi, cullato dal suo respiro.
 
 
Quando riapro gli occhi, la luce mi acceca. Devo essere andata a dormire senza chiudere le tende. Per fortuna sto guardando dalla parte opposta alla finestra, quindi la luce è più attenuata. Sposto lo sguardo sul comodino: sono quasi le 7.
La testa non mi fa più male, ma mi sento di nuovo come se fossi stata in gita in un frullatore. Le gambe e le braccia sono indolenzite, le ossa mi fanno male e i muscoli sono intorpiditi. Ma non ho freddo, e, apparentemente, la mia pelle non è vicina all’ustione. Sospiro, sperando che questo sia il chiaro segno della febbre che se ne va.
Sistemo meglio la testa sul cuscino e richiudo gli occhi sorridendo, felice per essermela cavata anche questa volta contro la febbre. Sposto la mano sinistra sotto il cuscino, lasciando la sua.
Aspetta..come prego?
Apro gli occhi, praticamente sbarrandoli, accorgendomi solo ora del corpo che preme contro la mia schiena, del braccio intorno al mio fianco, della mano che prima era allacciata alla mia, delle gambe vicine alle mie, del respiro caldo che sento sul collo.
Prendo un bel respiro, cercando di capire se me lo sto immaginando  o se sto ancora dormendo. Ma sono sveglia..molto sveglia. La mia mano scivola da sotto il cuscino e riprende posto nella sua. La accarezzo lentamente a occhi aperti, come aspettando un segno divino che mi dica che gli antibiotici hanno un pessimo effetto sul mio cervello e che ora sto davvero immaginando Jane abbracciato a me..nel mio letto.
Ma non lo sto immaginando. Cerco di ricordare cosa è successo ieri sera, ma la mia memoria, offuscata dall’influenza, non vuole collaborare. Ricordo che è venuto da me, che sono svenuta, che mi ha dato gli antibiotici. Ricordo anche uno straccio di conversazione di quando mi sono risvegliata e ricordo, credo, di avergli dato un pugno. Ma perché l’ho fatto non lo so, e soprattutto non so perché ora sta dormendo accanto a me.
Cercando di fare il più lentamente possibile, mi muovo fra le sue braccia, provando a girarmi. Tenendo stretta la sua mano, stavolta nella destra, mi muovo lentamente, fino a girarmi verso di lui.
Imperdonabile errore Teresa
Mi ritrovo a guardare, no, ammirare, il suo viso rilassato dal sonno, così maledettamente vicino al mio. Non avevo considerando l’esigua distanza che ci separava prima, mentre ero girata, che  è esattamente la stessa che ci separa ora. Sono così vicina a lui, che sento il suo respiro sulle labbra. Il suo viso è rilassato, i lineamenti privi della maschera che si porta dietro ogni giorno. Le sue labbra sono piegate in un sorriso leggero, quasi più bello di ogni altro sorriso che illumina il suo viso ogni giorno. Stringe la mia mano e io, per un momento, inorridisco, pensando che si stia svegliando e che i suoi occhi capirebbero subito che me ne stavo qui ad ammirarlo in silenzio. Ma lui non si sveglia. Senza nemmeno pensarci, accarezzo la sua mano. Lui la toglie dalla mia e la posa di nuovo sul mio fianco, facendomi sorridere. Cancello subito il sorriso, quando mi rendo conto che mi ha involontariamente avvicinata e che ora, se non fossi tesa come una corda di violino, le mie labbra sfiorerebbero le sue. Lotto contro me stessa e contro i miei muscoli stanchi per non cedere e non rilassarmi. Un brivido di freddo mi attraversa la schiena e io fatico a capire se è la febbre che sta tornando o la strana situazione in cui mi sono risvegliata.
Cerco di respirare piano, controllando, o provandoci almeno, i battiti frenetici del mio cuore. Guardo le sue labbra e un pensiero mi attraversa rapido la mente.
Scuoto la testa, inorridita da me stessa, e arrossisco come un’idiota.
Avanti Teresa, non hai 15 anni
Però..però quelle labbra sono così vicine alle mie. E, insomma, francamente, quante altre occasioni avrei per osservare un Jane così innocuo? Praticamente nessuna. Jane è come..una sorta di felino sempre attento e pronto ad attaccare, che mai potresti pensare di ingannare o fuorviare. Un felino che legge ogni singola emozione dagli occhi della sua preda. Un felino che non si lascia sfuggire nulla. Ed ora è così..innocuo, debole, innocente. Non ha nessuna maschera, non è attento, non mi sta studiando. Non può vedere cosa provo, non può leggermi nella mente.
Quando mai mi ricapiterà di poter sfidare la sua mente brillante e di poter vincere?
Stai forse cercando una scusa per farlo?
E anche se fosse?
Mia madre mi diceva sempre di seguire il mio istinto, il mio cuore. L’ho sempre fatto. Ok, forse non sempre, e, guarda caso, le uniche volte in cui ho violato il suo consiglio, è stato con Jane o a causa sua. Quante volte avrei voluto farlo. Ora ne ho l’occasione. Non molto etica, ma pur sempre un’occasione.
Il mio cuore pulsa velocemente, mentre chiudo gli occhi. Il mio corpo si rilassa, rinunciando al tentativo di stargli lontano. Mi ritrovo più vicina a lui, annullando ogni esile distanza. E succede..
Le mie labbra sfiorano le sue. Non è un bacio è semplicemente..un tocco. Un tocco leggero, quasi invisibile, che mi toglie il respiro. La testa riprende a girami, ora so che non è la febbre. Le sfioro di nuovo, quasi aspettandomi che cambi qualcosa. Sono morbide, calde e così perfettamente modellate contro le mie. Dopo un secondo mi allontano di un millimetro, separandomi controvoglia dalle sue labbra. Vorrei allontanarmi da lui ancora, per non cedere di nuovo alla tentazione, ma sono stretta fra le sue braccia e non riesco a muovermi. Rilasso la testa sul cuscino, ancora troppo vicina a lui e mi costringo a tenere gli occhi chiusi.
“Finalmente” sussurra.
Il mio cuore si ferma, mentre prego con tutta me stessa di averlo solo immaginato.
Si..stavolta è la tua immaginazione
Ma lui parla di nuovo e le mie convinzioni crollano come un castello di carta scosso da un uragano.
“è da dieci minuti che tenti di deciderti se baciarmi o no. Non è stato poi così difficile” aggiunge con un sorriso.
Tengo gli occhi chiusi, come sperando che privarmi della vista cancelli la realtà oltre le mie palpebre chiuse.
“Non ti ho baciato” ribatto. Mi manca la voce, credo di non respirare nemmeno, ma va bene così..sono praticamente una statua e non ho nessuna intenzione di muovere una sola cellula del mio corpo.
“Ah no?” lo sento sorridere.
“Tanto per cominciare, sei tu quello che si è addormentato abbracciato a me”
“Ma sei tu quella che mi ha chiesto di restare”
Ops..
Però non vale..io non me lo ricordo.
“Non ricordo di avertelo chiesto”
“Sei offuscata dagli antibiotici e dalla febbre alta, per forza non lo ricordi”
“Mi sembra una giustificazione valida anche per essermi ritrovata così vicina a te..” brontolo.
“Ciò non toglie che mi hai baciato”
Apro un occhio solo di un millimetro, tanto per tastare il terreno, e noto che anche lui ha gli occhi chiusi e sorride. Li richiudo, facendo finta di niente.
“Ti ho vista”
“Ma hai gli occhi chiusi!” sbotto innervosita.
“E come fai a sapere che sono chiusi, se anche tu non stai guardando?” chiede retorico.
Ma perché ci casco sempre?
“Comunque mi hai baciato” riprende.
“Non ti ho baciato” protesto.
“E cos’era allora?” mi sfida.
Brava.. e adesso come rispondi?
“Mi sono girata nel sonno ed ero molto vicina..punto” azzardo.
“No” lo sento sorridere “sentivo il tuo cuore e il tuo respiro. Inoltre eri tesa e cercavi di trattenerti. Io dico che ci stavi pensando..”
“E io dico che ti sbagli”
“Lo sai che non sbaglio mai”
“C’è sempre una prima volta”
“Vero, ma spiacente: non è questa” colgo un sorriso beffardo nella sua voce “poi non capisco quale sia il problema: non ho detto che mi è dispiaciuto, ho solo detto che mi hai baciato”
Spalanco gli occhi e incontro i suoi pozzi azzurri che mi guardano e mi sorridono.
“Non era un bacio” sbotto, arrossendo.
Lui ci riflette poi sorride “Be’ non era etichettabile fra i più profondi ed intensi, questo è vero. Però è stato bello comunque”
Arrossisco ancora di più, inorridendo al solo pensiero che lui lo noterà e comincerà a fare battute o a prendermi in giro.
“Non farò battute” promette, sorridendo, il che è già una battuta sufficiente.
Sbuffo infastidita “Smettila!”
“Di fare cosa?”
“Di leggermi nella mente!”
“Non mi costa tanti sforzi, mi basta guardarti negli occhi” si giustifica.
Sospiro alzando gli occhi al cielo. Noto solo ora una cosa che prima mi era sfuggita, e cioè che siamo ancora incollati e abbracciati, talmente vicini che, per tutto questo tempo, ho sentito il suo respiro sulle labbra, senza farci davvero caso. Cerco di non arrossire, ma potrei mettere la mano sul fuoco che non sono riuscita a fermare il rossore sulle mie guance.
“Perché così tesa?” chiede sorridendo sornione.
E poi non doveva fare battute..
“Mi innervosisci, è un dato di fatto” ribatto, tentando un sorriso acido.
“Vuoi che ti dica veramente cosa stai pensando?” chiede retorico.
“No, non lo voglio sapere” rispondo sincera.
“Solo perché non lo vuoi ammettere” mi corregge.
“O forse perché non è ciò che pensi..” borbotto.
“Io credo di saperlo” afferma convinto.
“Contenta per te..”
“Perché hai esitato?” chiede a bruciapelo.
Il mio istinto di difesa scatta in automatico, superando l’imbarazzo “Perché non ti cerchi la risposta da solo, visto che sei tanto bravo?” lo provoco con un sorriso cinico.
“Come vuoi”risponde, e io inorridisco, pentendomi subito di quello che ho detto “Hai esitato perché ti sembrava scorretto, visto che io stavo dormendo. Anche se non è vero: ero sveglio, ma tu non lo potevi sapere.  Hai avuto paura di affrontare una tentazione con cui lotti da tempo, ma poi hai ceduto, solo perché contavi sul fatto che io non avrei reagito e molto probabilmente non l’avrei mai scoperto. Dimentichi con chi hai a che fare!” aggiunse con un sorriso comprensivo “Inoltre avevi paura delle possibili conseguenze”
“Ad esempio?” lo sfido di nuovo.
Teresa cuciti la bocca!
“Be’, non poterne più fare a meno, per esempio” risponde sorridendo, e con una piccola scintilla di malizia negli occhi azzurri.
“Già, è vero” commento sarcastica.
“Lo so” risponde, scrollando le spalle.
Arrossisco involontariamente. “Jane, era sarcasmo!”
Bugiarda..
“Certo, come no”
Lo fisso allibita “La vuoi smettere?”
“Adesso cosa ho fatto?” chiede imbronciato.
Sbuffo infastidita, mentre un capogiro mi annebbia per un secondo. Un altro brivido mi attraversa la spina dorsale, e sento improvvisamente freddo.
Bene, ci mancava solo la febbre..
“Ne possiamo parlare dopo?” mormoro.
Lui mi sorride dolcemente, poi sussurra “No”
“Come no?” chiedo sorpresa.
“La febbre ti rende indifesa, sincera e debole. Sai, quasi ti preferisco così” commenta con un sorriso.
Vorrei rispondere, ma un altro capogiro mi travolge, bloccando le parole sulla punta della lingua.
“E poi..” riprende sussurrando e avvicinandosi a me “è meno rischioso ora che quando sarai lucida”
“Cosa è rischioso?” chiedo, quasi tremando. Non so se sia la febbre o il fatto che i suoi occhi azzurri siano puntati sui miei e le sue labbra stiano quasi sfiorando le mie, ma mi sento improvvisamente vuota e leggera, completamente rapita da lui.
“Questo..”
La sua bocca scende sulla mia e il mio cuore smette di battere. Non è niente di paragonali allo pseudo bacio di prima. Questo è un vero bacio, di quelli profondi, intensi, dolci e passionali. Le sue labbra sono calde e morbide come prima, la sua lingua è calda e dolce. Le sue mani sulla mia schiena sono fredde, in confronto alla mia pelle scaldata dalla febbre. La testa mi gira, forse più per il suo sapore che per  la febbre. Il mio cuore riprende a battere, esplodendomi nel petto. Il bacio mi sembra infinito, e io non riesco a separarmene. Non mi importa nemmeno di respirare.
Poi lui si separa da me, ansimando leggermente, per la mancanza d’ossigeno. La sua mano accarezza la mia guancia, il mio corpo stretto al suo è sempre più caldo e le sue labbra continuano a sfiorare le mie, incapaci di separarsi.
“Cosa c’era di rischioso?” sussurro, tremando.
“Potevi uccidermi” scherza, con un sorriso.
Riapro gli occhi incontrando i suoi “Ma se ti ho baciato io per prima” sorrido.
Lui si finge offeso “Adesso torna comodo prenderti il merito”
Scrollo le spalle con un sorriso “So con chi ho a che fare” mi giustifico.
Mi sorride, baciandomi di nuovo. La mia mente va di nuovo in corto circuito. Il mio corpo trema e un nuovo e forte giramento mi ricorda che non sono nelle condizioni migliori per lasciarmi andare.
Mi separo controvoglia dalle sue labbra.
“Credo di avere la febbre” sussurro.
La sua mano accarezza la mia fronte.
“è di nuovo alta” sussurra.
Si stende al mio fianco e mi attira a sé, abbracciandomi. “Cerca di dormire”
Sorrido chiudendo gli occhi “Tu resti qui, vero?”
Lo sento sorridere, mentre mi bacia i capelli “Non vado da nessuna parte, senza di te” sussurra.
Mi rilasso sul suo corpo, lasciando che la febbre mi rapisca completamente. Non ho paura di riaddormentarmi, perché ora so che non sono le medicine a giocarmi brutti scherzi: quando mi risveglierò lui sarà qui.
 
Qualche giorno dopo..
 
 
Entro nella stanza in punta di piedi, con gli stivali in mano. Li appoggio fuori dalla porta ed entro. Richiudo la porta, attenta a non farla cigolare. Mi tolgo la giacca e la appoggio sulla sedia accanto all’armadio. Mi avvicino al letto e mi stendo al suo fianco.
Sta ancora dormendo ed è ancora molto pallido. Accarezzo i suoi ricci morbidi, sorridendo.
Lui si muove, sospirando, ma non si sveglia. Mi chino sul suo viso e accarezzo le sue labbra con lei mie. Dopo qualche secondo, sento le sue mani avvolgermi i fianchi e attirarmi a sé. Mi bacia dolcemente, sorridendo.
“Bentornato nella terra dei vivi” sussurro sulle sue labbra.
“Spiritosa” mormora, sorridendo “tu non eri messa meglio”
Rido piano, baciandolo di nuovo.
L’evidente conseguenza di dormire e baciare una donna con la febbre..è che poi la febbre viene anche a te. Dopo due giorni di antibiotici sono guarita. Quella notte, Patrick si è svegliato tremando e lamentandosi per il mal di testa. E aveva quasi 40 di febbre..
Così il calvario è ricominciato, solo che ora è lui a stare male, per mia somma vendetta.
“è solo colpa tua se sto male” brontola, sorridendomi.
“Veramente la colpa è tua” ribatto, appoggiandomi su un gomito, per guardarlo. I suoi occhi azzurri sono lucidi per la febbre e sono ancora più belli.
“Mi hai baciato tu”
“No, tu mi hai baciata, io ti ho solo sfiorato”
“è lo stesso, è colpa tua” ribatte, chiudendo gli occhi.
Scuoto la testa sorridendo e mi stendo al suo fianco. Lui si gira e nasconde il viso nell’incavo del mio collo. Il suo respiro è molto caldo, segno che la febbre non è scesa di molto. Avvolgo la sua schiena con le braccia, mentre lui mi accarezza i fianchi.
“Com’è andata al lavoro?”
“Noioso senza di te” ammetto.
Lo sento sorridere “Che sincerità”
“Che ti mento a fare? Spreco solo tempo” commento.
“Se l’avessi saputo prima, mi sarei ammalato più spesso” commenta.
Sorrido, baciandogli i ricci morbidi “Vedi, non è poi così male la febbre”
“Parla per te che sei guarita” brontola.
Accarezzo la sua fronte, sempre più calda “è ora delle medicine!” esclamo, sciogliendomi dall’abbraccio e andando verso il mobile per prenderle.
“Non ne ho bisogno..” borbotta.
Sorriso, scuotendo la testa “Io non credo”
Torno sul letto e gliele faccio prendere. Rimetto il bicchiere sul comodino e ritorno ad abbracciarlo.
“Gli antibiotici hanno un pessimo effetto su di me..” ammette.
Sorrido “Già ti capisco: per colpa loro ti ho baciato!”
Ride piano mentre con le labbra si sporge verso il mio collo, baciandolo dolcemente.
“Non è stata colpa degli antibiotici” sussurra.
“Lo so” sussurro sorridendo.
Sento il suo respiro farsi più leggero e mi decido a chiudere gli occhi. Forse ho bisogno anche io di una bella dormita.
“Resti qui, vero?” sussurra. Sembra quasi un bambino.
Lo stringo forte sorridendo “Non vado da nessuna parte senza di te”
Ci addormentiamo insieme, cullati l’uno dal respiro dell’altra, senza più paure né dubbi.
 
 
Mi risveglio nel cuore della notte, scosso dal caldo insopportabile.
Quando apro gli occhi, mi accorgo che siamo nella stessa posizione in cui ci siamo risvegliati quella fatidica mattina. Sorrido fra me, guardandola dormire.
Sapevo che stava per baciarmi e avevo paura che l’esitazione l’avrebbe fermata. Dovevo resistere alla tentazione di fare il primo passo, perché volevo che lei lo volesse veramente. Volevo lasciarle l’onore di scoprire che non dobbiamo avere paura. L’amore non deve mai essere temuto, che sia pericoloso o meno. So quali sono le conseguenze di ciò che è successo. Ma sinceramente, non mi fa paura. Siamo insieme e lotteremo insieme.
Ho già perso una volta l’amore della mia vita, non permetterò che accada di nuovo.
Le bacio una guancia e la stringo a me, chiudendo gli occhi è sorridendo.
È la cosa migliore che mi sia capitata nella vita e non la lascerò andare. Non solo è bella e straordinaria, ma è anche innamorata di me, anche se ancora non l’ha proprio ammesso. Mi accetta per ciò che sono, oltrepassa ogni mio difetto per amore. Mi basta incontrare i suoi occhi, il suo sorriso, per capire che cosa prova. Più ci penso, più credo di non meritarmelo. Ma lei è qui, e io la voglio al mio fianco..per sempre.
Sorrido di nuovo, al pensiero di ciò che sto per fare.
Chissà come reagirà, quando le dirò che la amo!
 
 
 
 
 
Dice l’autrice:
Olà, Chicas!! Vi spiego: non è una storia, ma una raccolta. Avete presente Chuck? Ogni episodio è intitolato Chuck vs “qualcosa”. Ho tratto ispirazione da questo,e ho deciso di avviare una raccolta di shot in cui racconterò non solo di Jane e Lisbon, ma anche di tutti gli altri personaggi (il gran ritorno, per la gioia di molte: ci sarà anche la piccola Alice!)! i generi andranno dal comico, al fluff, al romantico e anche a volte al malinconico/triste! Detto ciò: commentate e fatemi sapere che ne pensate di questa Lisbon con la febbre XD
A presto donzelle : )
Un bacione grande!!
Giada
 
Ps: il prossimo è Rigsby!
  
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