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Autore: Any Ikisy    21/05/2011    4 recensioni
Tanto tempo fa, anche se nessuno se lo ricorda, v'erano gli unicorni e i draghi, nell'Antartide; chiedetevi dove sono finiti.
Una plausibile spiegazione all'apparente desolazione dell'ambiente polare, senza alcun riferimento al fatto che possa scomparire.
[ Partecipante alla Challenge 'Il festival del Nonsenso' indetto da NonnaPapera! ]
Genere: Poesia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A
RTIDE

 

Non ricordo perché quell’Airone dovesse ad ogni costo cancellare le tracce che si lasciava dietro, perciò non mi sforzerò di parlarne.

So solo che gli erano state concesse cinque opportunità per portare su di sé il fuoco che ardeva ad Ovest e diffonderlo verso Nord, dove in realtà non avrebbe trovato né alberi né foreste.

Lì vivevano altri animali, altre piante… fu solo al quinto tentativo che le sue ali riuscirono ad insediare il fuoco che nulla lascia dove passa; chiunque lo seguisse, per qualsiasi motivo lo stesse facendo, doveva aver rinunciato alla sua cattura.

 

Anche l’Orso polare sperimentò, assieme all'Uomo, suo compagno di viaggio, cosa significasse la troppa vicinanza con quell’elemento, così prorompente, mai visto prima; fu a quel punto che dovette separarsi da lui.

 

L’Airone finì nelle fredde acque dell’Artide, dove vide i suoi peccati e le ragioni per cui stava scappando riflessi tra le onde. Riconobbe le sue colpe cancellate assieme alla vita di tutti quei suoi compari animali che aveva ucciso col suo gesto folle, dettato dall’angoscia e dall’impudenza; quando tornò in superficie, dopo un lungo pianto silenzioso, si accorse che le penne sul suo corpo, ora violacee e bruciate nella fuga stessa, si erano tramutate in specchi d’acqua trasparenti e luccicanti quanto i cristalli di ghiaccio.

 

Fece giusto qualche passo sul pelo dell’acqua, abbandonando la morsa fredda che lo attanagliava, prima di incontrare l’Orso appena in parte ai suoi piedi.

«Ciao, hai visto il mio compagno?»

L’Airone decise di non rispondergli, lo avrebbe trovato irrispettoso nei suoi confronti.

«L’ho perso mentre l’incendio divampava… ho visto i rami secchi prendere fuoco e poi, sempre più rapidamente, logorare irrimediabilmente le poche piante di cui ci nutrivamo.»

Una morsa gli strinse il cuore, mentre si domandava quale prezzo il suo gesto avesse realmente richiesto: la vita di chi non era sfuggito all’incendio o la possibilità per chiunque altro di sopravvivere in quel territorio, già così spoglio ed inospitale?

«Comunque non importa, va bene lo stesso.»

Continuò l’Orso, noncurante; sembrava, in qualche modo, aver dimenticato la sofferenza per la perdita del suo compagno di viaggi.

«Però, prima di risalire in superficie, ho visto scendere nelle profondità dell’acqua anche un Ragno, un Coccodrillo, una Zanzara ed una Vespa, assieme a me; mi chiedo se si siano salvati. Li hai più visti?»

L’animale aveva la parvenza di una palla di neve, con le sue curve morbide, ma il pelo che ne copriva totalmente il corpo lo faceva assomigliare all’Airone, nella sua elegante trasparenza. Nuotava al suo fianco, mentre parlava, e non sembrava ostentare alcuna stanchezza, nonostante lo avesse visto coi propri occhi colare a picco. Si chiese se non dovesse preoccuparsi della salute di se stesso, anziché di quella del Ragno e della Zanzara.

Fece dunque un cenno di diniego, stavolta, esprimendo sinceramente il proprio dispiacere.

«Non vorrei viaggiare da solo e anche tu sembri aver perso la tua compagnia; ho deciso di seguire i tuoi spostamenti.»

 

Seguitò il viaggio senza meta: l’Orso parlò lungo giorno dopo giorno di sé e dell'Uomo, di come avessero affrontato insieme quell’incendio prima di separarsi; giungeva puntualmente il vuoto di memoria dell’Orso ogni qualvolta i ricordi si avvicinassero a quel momento. Per l’Airone, fu come sentire i propri sensi di colpa affiorare dal suo cuore ed iniziare una lenta tortura senza fine; condivise il viaggio con la frustrazione e l’Orso, tentò di espiare il proprio senso di colpa ascoltando attentamente il nuovo e solo compagno di viaggio che avrebbe mai avuto.

 

«Sai, ho visto l’ombra di un uccello in volo verso la foresta, il giorno dell’incidente…» disse casualmente l’Orso, il diciannovesimo giorno.

«Era una figura maestosa, ma in qualche modo mi sembrò che qualcuno lo stesse mettendo alle strette. Era come impazzito. Su di sé portava una maledizione che, sfortunatamente, si scagliò sull’intera vegetazione, portando la morte alla maggior parte di chi vi si trovava e privando chi restava di una probabilità di sopravvivenza.»

L’Airone ebbe timore di venir allontanato da quell’animale, non appena si rese conto che stava parlando di lui; si chiese se ne fosse vagamente cosciente o se ne avesse ormai la certezza.

«È caduto in mare dando luogo ad un impatto fortissimo, ma… ricordo che ne uscì con solo addosso un mantello di tristezza e il corpo ormai pulito di ogni fiamma. Era come se fosse stato purificato, perdonato dalle fredde acque dell’Artide. Come se fosse diverso, completamente diverso da ciò che era stato prima di entrarvi.»

L’Orso continuò nei suoi elogi, evidenziando insistentemente l’aggettivo pulito, quanto mai adatto a descrivere le penne e le piume dell’Airone che lo affiancava lungo il tragitto.

 

Trascorsero delle ore in questo modo, parlando dell’esperienza folgorante e delle nefaste conseguenze che aveva portato, fin quanto, dietro alla cresta di un’onda particolarmente alta, l’Orso vide celarsi l’enorme sagoma di un Ragno che camminava a pelo dell’acqua. Come lui, un Coccodrillo dalle fattezze di un cristallo trasparente e luccicante avanzava nella sua direzione.

L’Orso catturò l’attenzione dell’Airone, additandoli: «Vedi?» disse. «Sono loro! Per fortuna si sono salvati.»

Li guardò meglio, irrazionalmente felice di vederli, e sentì come un richiamo che lo invitava a seguirli. Sentiva la necessità impellente di raggiungerli e affiancarsi a loro, percependo che la loro meta fosse in realtà la stessa alla quale era destinato a sua volta.

«Sono i miei nuovi compagni di viaggio…»

E fu in quel momento che l’Airone parlò per la prima volta, dopo lunghe settimane di silenzio: «Io non potrò accompagnarti se sceglierai di unirti a loro.»

Non seppe mai dire se di paura fosse stato ciò che aveva mosso la sua voce, seppe solo che la gioia dell’Orso, seppur mascherata dalla consueta maschera di spensieratezza, fu tale da portarlo a riflettere nuovamente sulla scelta che gli si prospettava.

«No, non credo lo farò. Guardali, dopo tutto: stanno già cambiando direzione… in realtà, a loro non importa dove vado o cosa faccio.»

L’Airone fu felice di non condividere l’eternità con la solitudine.

 

 

 

 

 

 

1…

2…

3…

4…

5…

 

Note di Any

È tutto solo un sogno, una pellicola con più smagliature ed in correzioni che trama.

Ma va bene così. Il nonsense forse è anche questo.

  
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