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Autore: AlterNeko    22/05/2011    4 recensioni
Ogni grande opera d'arte ha due facce, una per il proprio tempo e una per il futuro, per l'eternità.
(D.B.)

[Guernica] Antonio x Lovino

[Al Moulin Rouge] FrUk e altri
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Al Moulin Rouge


terza parte:


Premetto che sono consapevole del mostruoso ritardo con cui aggiorno

e davvero chiedo scusa anche se immagino che serva a poco.

Purtroppo ho avuto vari problemi personali e sono riuscita solo adesso

a trovare il tempo per continuare questo capitolo iniziato mesi fa.

Spero che abbiate ancora la voglia di leggerlo e magari

di lasciarmi un commento. Ho nuovamente allungato anche questa

storia che doveva concludersi in due capitoli e invece non è ancora finita.

L'epilogo lo sposto al prossimo aggiornamento altrimenti

veniva fuori una roba davvero troppo lunga e pesante.

Vi auguro una buona lettura e ci risentiamo in fondo alla pagina.


- Mi chiamo Arthur Kirkland, sono nato ventitre anni fa nella periferia di Londra, quinto di sei fratelli. Quando avevo circa undici anni mia madre è morta di parto, era una donna molto debole e l'ennesima gravidanza aveva irrimediabilmente compromesso la sua salute già precaria. Da quel momento mio padre decise di dedicarsi più allo scotch che ai suoi figli, così nel giro di pochissimo tempo la nostra famiglia si è sfaldata: i miei fratelli, poco tempo dopo, appena ne hanno avuto le forze, sono scappati di casa. Di tre non ho più avuto notizie, ma so per certo che uno è morto in una rissa, gli hanno sparato o almeno dovrebbe essere così, non ci ho capito molto e il tipo che mi è venuto a riferire la cosa aveva di meglio da fare che spiegarmi l'accaduto in maniera dettagliata. Io invece restai lì dove ero nato ancora per parecchi anni, non potevo abbandonare Peter. Ho lavorato facendo l'apprendista in varie botteghe, mio fratello mi seguiva ovunque anche perchè avevo paura a lasciarlo solo in casa con mio padre, credo che l'aclol non faccia un bell'effetto su nessuno.- alzò lo sguardo sul suo interlocutore e smise per alcuni interminabili secondi di giocare con l'orlo della logora camicia azzurro sporco che usava come pigiama. Francis era lì di fronte a lui che lo fissava attento esortandolo con gli occhi a continuare il suo racconto. Non lo avrebbe giudicato, di questo Arthur ne era sicuro, ma aveva comunque paura di mettersi a nudo davanti a qualcuno, odiava la pietà ed era fin troppo spaventato dalla compassione. Da molto tempo aveva dimenticato cosa comporta l'essere innamorati e il fatto che il francese gli avesse rivelato i suoi sentimenti non lo aveva toccato più di tanto. Francis era sicuramente diverso da tutti i suoi altri innumerevoli amanti, ma da quando aveva cominciato quel genere di attività gli erano state raccontate fin troppe bugie. Molti gli dichiaravano amore ubriacati dall'orgasmo con cui lo avevano sporcato appena pochi minuti prima, promettevano sogni e offrivano speranze per poi ritrattare tutto alcuni attimi dopo mentre erano obbligati a mettere mano al portafogli per saldare il conto a una puttana che non concede sconti.

Arthur sospirò conservando quel fragile silenzio ancora per qualche altro secondo, ogni parola gli costava un grande sacrificio, ma nuovamente per amore di suo fratello era disposto a disfarsi di quella dignità che fingeva ancora di possedere. Chiuse gli occhi e dopo aver inalato un eccessivo quantitativo d'aria, cominciò di nuovo a parlare usando sempre un tono incolore, piatto, sforzandosi di estraniarsi da quel racconto, illudendosi che la storia che stava narrando non riguardasse la sua vita.

- Poi un giorno successe qualcosa di – fece una breve pausa rendendosi conto di non riuscire a trovare l'aggettivo adatto per descrivere quel particolare momento. - assurdo. Stavo tornando a casa dal lavoro quando improvvisamente incontrai un ragazzo .. - Arthur interruppe ancora una volta il discorso abbassando lo sguardo sulle proprie gambe, cercando di mascherare l'insolita sfumatura rossastra che stava diventando ben visibile sulle sue guance.

- Alfred – la voce di Francis ruppe quell'ennesima pausa precisando il nome del soggetto su cui verteva adesso l'intricato racconto che Iggy gli stava a poco a poco svelando. Vista l'insolita reazione avuta dall'inglese, doveva per forza trattarsi di Alfred e il crescente imbarazzo manifestato dal suo interlocutore non faceva che confermare quell'ipotesi. Per la prima volta da quando si conoscevano, Francis vedeva Iggy imbarazzato. Mai, neppure durante uno dei loro più focosi e perversi incontri, l'aveva visto arrossire o scomporsi. Era sempre sicuro e deciso, con una strana arroganza che continuava a brillare in quegli spettacolari occhi verdi accompagnata da uno smisurato orgoglio che non abbandonava mai il suo sguardo neppure nel momento in cui si sottometteva a qualcuno. Arthur era una persona estremamente fredda e razionale, difficilmente si concedeva il lusso di lasciarsi guidare dalle emozioni e vederlo in quello stato lo portava a provare una folle gelosia nei confronti di quello che, ancora per il momento, non era altro che un nome.

Arthur annuì all'unica parola pronunciata dal francese e cercò di radunare tutto il coraggio che ancora aveva in corpo, parlare di Alfred era come riaprire una ferita che fatica a cicatrizzarsi, un dolore sempre presente che non si riesce a dimenticare nonostante innumerevoli sforzi. Quel ragazzo rappresentava il momento più bello della sua vita e sapere di averlo perso lo distruggeva. Aveva relegato in fondo al suo cuore tutto l'amore e la dolcezza che il viso di quel maledetto americano riusciva a fargli provare e non aveva alcuna intenzione di vivere di nuovo certe sensazioni per poi essere abbandonato ancora una volta. Quasi senza accorgersene riprese il discorso lasciato a metà evitando però di alzare lo sguardo per rispondere all'urgente occhiata che sentiva su di sé.

- Sì, Alfred. Aveva qualche anno in meno di me, ma era molto più alto e grosso, veniva dall'America e continuava a ripetermi che odiava la Gran Bretagna e che se non fosse stato per forza maggiore non ci avrebbe mai messo piede. Quando ci siamo conosciuti era una rara giornata di sole, come saprai in Inghilterra piove moltissimo, ma quel giorno il cielo era di un azzurro intenso e nonostante fossimo a novembre la temperatura era piuttosto gradevole. Mi chiese quale fosse la strada più breve per raggiungere la stazione, doveva assolutamente andare in Francia perchè, a suo avviso, quello era l'unico posto in cui il suo talento avrebbe mai potuto essere capito ed apprezzato. Diceva di essere un artista, un pittore nato, ma a me i suoi quadri hanno sempre fatto davvero schifo; non sai quante volte criticavo i suoi orrendi lavori e lui fingeva di offendersi .. era un tipo molto allegro e solare. Comunque Peter non aveva per niente voglia di tornare a casa quel pomeriggio e neppure io, forse è per questo che cedetti alle lagnose suppliche di mio fratello. Accompagnammo Alfred in stazione, da lì avrebbe preso un treno che lo avrebbe portato nel sud dell'Inghilterra dove, con un po' di fortuna, avrebbe trovato un battello con cui arrivare in Francia in meno di un giorno. Ci avviammo al binario e Peter insistette perchè aspettassimo che arrivasse il treno, nuovamente diedi retta a mio fratello e rimanemmo con lui un'altra mezz'ora. Parlammo di tutto e di niente in quel brevissimo lasso di tempo, lui ci raccontò dei suoi sogni e dei suoi irrealizzabili progetti, mi fece un paio di domande alle quali risposi nella maniera più evasiva possibile mentre Peter continuava a correre per la stazione esplorando dall'interno quell'edificio che aveva sempre visto da fuori. In quell'occasione mi sentii davvero felice, quasi come se tutti i pensieri e le preoccupazioni della mia vita si fossero improvvisamente dissolti. 
Ci pensò il fastidioso fischio della locomotiva a riportarmi alla realtà; il treno era a pochi metri dalla stazione e annunciava il suo arrivo emettendo quel fastidioso rumore acuto. Richiamai Peter vicino a me e stranamente, anche se era parecchio impegnato a rimirare quella macchina sbuffante, mi ubbidì. Volevo sbrigarmi ad uscire dalla stazione, per qualche assurda ragione non volevo vedere Alfred partire, non l'avrei sopportato. Iniziai a sentire distintamente una morsa alla bocca dello stomaco e l'ansia non faceva altro che aumentare, presto cominciai a respirare in maniera irregolare mentre stringevo convulsamente la mano di mio fratello. Improvvisamente sentii le mani di Alfred appoggiarsi sulle mie spalle e, ancora prima che riuscissi a registrare questo contatto, lui si avvicinò a me e mi baciò. Sentire le sue labbra sulle mie mi rilasso incredibilmente, fu un contatto dannatamente intimo e imbarazzante. Non so con precisione quanto sia durato, l'unica cosa che mi ricordo è che dopo quell'inaspettato bacio, Alfred mi tirò a sé e mi tenne stretto per qualche secondo. Rimasi immobile a respirare il profumo che il suo corpo emanava felice di trovarmi in quella situazione tanto da dimenticarmi di ogni cosa attorno a noi, tranne di mio fratello a cui tenevo ancora la mano. - Sospirò girando appena la testa verso una piccola finestrella dai vetri appannati, fuori ormai aveva iniziato a piovere già da diverso tempo. Si prese qualche altro attimo di calma poi si decise a rivolgere finalmente lo sguardo al suo interlocutore. Francis non aveva mutato ne posizione ne espressione, continuava a fissarlo con interesse anche se la sua aria serafica non riusciva a mascherare del tutto il fastidio che la gelosia gli stava provocando. Arthur rimase ancora in silenzio iniziando a giocherellare con alcune briciole rimaste sul piccolo tavolo, doveva trovare la calma necessaria per continuare il suo difficile racconto, la parte peggiore doveva ancora arrivare. Francis vedendo Iggy nuovamente turbato decise di violare il tassativo divieto d'intimità che il più piccolo esigeva fuori dal letto; con un unico rapido movimento appoggio la sua mano calda su quella decisamente più piccola e fredda dell'inglese. Intrappolò fra le sue dita quelle dell'altro cercando di trasmettere al suo interlocutore un senso di tranquillità.

- Non ti ho chiesto di fermarti e non hai nulla di cui vergognarti, ti prego continua ... Arthur. - L'inglese trasalì sentendo il suo nome pronunciato per la prima volta dalla calda voce di Francis; sorrise appena, divertito dall'accento eccessivamente morbido con cui il più grande aveva pronunciato il suo nome. Alzò poi lo sguardo ringraziando l'altro del gesto con una muta cortesia, un ennesimo sospiro fu il preludio al continuo della vicenda.

- Mentre mi teneva abbracciato si avvicinò al mio orecchio e con lo stesso tono allegro con cui avevamo parlato fino a quel momento mi sussurrò solo poche parole. Mi chiese di andare con lui, di partire con lo stesso treno che avevo appena visto arrivare, di seguirlo in un viaggio che non avevo mai programmato di fare. Dopo quell'assurda richiesta allentò la presa e pochi secondi dopo il mio sguardo sconvolto si specchiava nei sui sinceri occhi azzurri. Visto che non accennavo a dare risposta aggiunse anche che per il biglietto avrebbe provveduto lui e che Peter era incluso nell'offerta. Io continuavo a fissarlo a bocca aperta, incapace di pensare o fare una qualsiasi cosa razionale, Peter invece, nel sentire l'idea di Alfred, iniziò a tirarmi per la manica supplicandomi di accettare. Non avremmo lasciato niente a casa, solo un mare di debiti di mio padre da saldare e le tante, troppe botte che ci dava regolarmente. Dato che anche i nostri fratelli l'avevano fatto perchè io e lui non potevamo scappare lontano lontano da quella vita e cominciarne una migliore. Le parole di mio fratello mi portarono a confermare una scelta che avevo comunque già preso nel momento stesso in cui Alfred mi aveva offerto quello spiraglio di libertà. Mi ricordo che feci solo un breve segno di assenso con la testa e ancora prima che riuscissi a mettere la mano nella tasca in cui tenevo i pochi soldi che mi avevano dato quella mattina come paga, Alfred era già sfrecciato verso la biglietteria.- Fece un profondo respiro, come per voler digerire le notizie appena svelate, fissò nuovamente Francis che lo ascoltava con rispettoso silenzio. Restarono immobili ancora qualche attimo, con le dita intrecciate, fermi a guardarsi negli occhi. Il primo a rompere quell'irreale stato di tranquillità fu nuovamente il francese che non potè evitare di mettere a voce i suoi pensieri.

- Pensa che, a giudicare dai tuoi modi, ho sempre creduto che tu venissi da una famiglia se non nobile, almeno benestante. E invece .. - venne interrotto dal suo interlocutore che si sentì in dovere di terminare per lui la frase che il più grande aveva cominciato. - e invece sono figlio di un povero puttaniere, ubriacone e violento, strano che sia diventato una prostituta a mia volta. - Arthur concluse stizzito la frase pronunciando quelle parole con un tono particolarmente tagliente. Francis chiuse gli occhi emettendo un lieve sospiro, non aveva intenzione ne di dire, ne di sottendere una cosa simile, ma aveva anche voluto fare una constatazione quando fin dal principio Arthur gli aveva espressamente vietato di farlo.

- Non intendevo dire una cosa del genere Iggy e tu lo sai bene. Io non .. - nuovamente venne interrotto dalla voce irritata del più piccolo che, sciolto l'intreccio delle loro mani, lo stava adesso guardando con la solita aria di sfida. Era piuttosto arrabbiato, sapeva che Francis diceva la verità, ma era stato chiaro fin dall'inizio: non avrebbe tollerato interruzioni.

- Io non ti avevo espressamente vietato di non interrompermi con .. con .. - lasciò la frase incompleta, prendendo coscienza forse per la prima volta di quanto in realtà avesse un carattere suscettibile. Si stava attaccando a un niente per creare un precario pretesto al fine di poter litigare con lui, con lo stesso ragazzo che era venuto a casa sua per chiedergli come stava, per aiutarlo. La stessa persona che aveva pagato la medicina per suo fratello e che stava chiedendo in cambio solo la verità su di lui. Francis si era esposto più volte per lui, aveva spesso perdonato e capito i suoi innumerevoli ritardi, le sue assenza ingiustificate e spesso pagava gli assurdi prezzi che Arthur gli imponeva accontentandosi anche solo di qualche bacio.

Doveva calmarsi. Capire che nessuno lo stava attaccando, dopo quello che aveva passato era diventato difficile fidarsi degli altri, ma per quel francese così strano avrebbe potuto fare un'eccezione, doveva trovare il coraggio di farlo.

Abbassò lo sguardo e, continuando a tenere il capo chino in una sorta di muta scusa, cercò nuovamente la mano che il più grande aveva ancora appoggiata sulla misera superficie del piccolo tavolo. Appoggiò le proprie dita su quelle di Francis e rimase sorpreso, per la seconda volta, dalla rapidità con cui il suo interlocutore gliele afferrò stringendolo ancora in quel soffice contatto.

- Ti chiedo scusa, non avrei dovuto interrompere. - Fece una breve pausa accarezzando con il pollice il dorso della mano dell'altro. - Te la senti di continuare ? Prometto che questa volta resterò muto come una tomba. - Arthur alzò finalmente lo sguardo e dopo aver emesso un sottile brontolio decise di ricominciare a parlare, avrebbe fatto presto, da adesso in poi si sarebbe risparmiato tutti gli inutili dettagli, certi ricordi non avrebbero fatto altro che infliggergli nuove ferite. Avrebbe finito il discorso in poche frasi senza fronzoli o nulla di simile e, cosa più importante, non avrebbe pianto, neppure una minima, singola lacrima. E come tutte le cose che si prefissava di fare, non riuscì a portare a termine neppure una di queste intenzioni.

Per quasi un'ora Arthur parlò incessantemente infarcendo di ogni più piccolo dettaglio ogni momento che ricordava di quel periodo, Francis ascoltava attento beandosi nel sapere che, almeno per un breve lasso di tempo, Iggy era stato felice. Da quel racconto imparò molte cose sul conto del più piccolo specialmente in merito al suo carattere mutevole e alle sue strane abitudini da inglese. Arthur riprese a narrargli del lungo, ma divertente viaggio in treno fino a Dover, la burrascosa traversata della Manica in cui l'inglese aveva vomitato anche l'anima. Il tanto sospirato sbarco a Parigi, l'affitto di una sgangherata camera di un albergo in cui passare solo il tempo necessario per la ricerca della loro futura casa. In quella squallida stanzetta, la sera stessa del loro arrivo, Arthur e Alfred fecero l'amore per la prima volta, scambiandosi la reciproca promessa di stare sempre insieme. In meno di un mese erano riusciti a trovare un minuscolo loculo in cui vivere e avevano acquistato la consapevolezza di non aver rimasto neppure un soldo in tasca. Arthur si trovò un lavoro mentre Peter aiutava Alfred nella creazione dei suoi improbabili quadri. Ben presto però i pennelli, i colori e le tele iniziarono a scarseggiare e visto che l'americano non era riuscito a vendere nessuna delle sue fantastiche opere, decise di imitare il compagno e cercare a sua volta un impiego di gran lunga più proficuo, con la convinzione che un giorno sarebbe riuscito a diventare famoso e che non era la sua arte a fare schifo, come sosteneva Arthur e gran parte del popolo parigino, ma era la massa che era troppo stupida per cogliere la magnificenza delle sue creazioni. Il loro mondo però, per quanto per Arthur fosse perfetto, era irrimediabilmente fragile e sebbene avesse sviluppato un fortissimo amore nei confronti di Alfred, i suoi sentimenti non poterono in alcun modo impedire che quell'idillio finisse. Ben presto si resero conto che le spese superavano di gran lunga i guadagni e il dover badare a Peter rappresentava una sorta d'impedimento in quanto l'americano aveva tassativamente vietato al bambino di trovarsi un lavoro. Il compito del piccolo era studiare e diventare qualcuno di ricco e famoso così avrebbe potuto fare la bella vita e tutti e tre sarebbero stati invitati nei più eleganti salotti di Parigi. Nel sentire quelle stupide storie irrealizzabili Arthur finiva sempre per l'innervosirsi, troppo stanco dai massacranti turni di lavoro che gli venivano retribuiti con una vera miseria di salario. Non voleva che Alfred riempisse la testa di suo fratello di inutili sogni, sapeva che difficilmente il loro tenore di vita avrebbe potuto cambiare così radicalmente. Il più piccolo a quelle parole metteva su una sorta di broncio polemizzando che non c'era nulla di sbagliato nell'immaginare qualcosa di assurdo, visto che non potevano fare altro che sognare, almeno che sognassero in grande. L'esuberanza e l'allegria dell'americano riuscivano sempre a calmare e a mettere di buon umore Arthur e ancora prima che si rendesse conto di non essere più arrabbiato, era già impegnato a rotolare fra le coperte insieme al suo ragazzo.
Questa vita, povera ma felice, durò poco meno di un anno. Improvvisamente Arthur vide sgretolarsi il suo piccolo mondo, tutti i suoi sogni e le sue fragili speranze andarono in fumo e a nulla valsero i suoi innumerevoli sforzi per cambiare le cose. Stava combattendo contro un nemico molto più forte di lui e nonostante tutto il suo amore e la sua disperazione non potè fare nulla per cambiare le cose.

- Non ci misi molto a capire che le cose stavano cambiando, ma nel preciso istante in cui acquistai la consapevolezza di quello che ci stava accadendo io, ecco .. non avrei mai pensato che .. -

Arthur bloccò improvvisamente il suo racconto. Si accorse della presenza di grosse e calde lacrime che gli rigavano le guance, il problema è che non si era neppure accorto di aver iniziato a piangere. Strinse convulsamente la mano di Francis incapace di continuare a parlare, le troppe emozioni che lo avevano investito durante quel pomeriggio erano troppo da sopportare. Il francese vedendolo così in difficoltà si azzardo a prendere nuovamente la parola, aveva dedotto un paio di cose da quel preciso resoconto della vita di Iggy e si sentiva abbastanza competente da azzardare un'ipotesi sul seguito.

- Alfred ti ha lasciato per qualcun altro giusto? - chiese il francese sicuro di essere molto vicino alla verità. Il sonoro ceffone che gli arrivò sulla guancia meno di un secondo dopo gli fece intuire che probabilmente doveva rivedere le sue certezze. Realizzò di essere stato colpito solo qualche secondo dopo l'accaduto, quando un dolore forte e pulsante iniziò ad irradiarsi dalla zona lesa. Forse anche questa volta avrebbe fatto meglio a restare in silenzio.

- Stupido cretino di un francese ottuso e completamente privo di un qualsiasi senso logico. Come puoi solo pensare che Alfred avrebbe mai potuto tradirmi. - Era in piedi di fronte a lui, la sua esigua figura era completamente tesa dalla rabbia e dallo sforzo inutile di trattenere le lacrime. Aveva ritratto immediatamente la mano con cui lo aveva colpito e adesso le sue dita stavano tormentando ancora una volta quel logoro indumento slavato che copriva il suo corpo. Cercò inutilmente di calmarsi, di darsi un qualche contegno, ma l'unica cosa che realizzò è che se avesse aperto la bocca avrebbe cominciato ad urlare imprecando contro tutto e tutti, implorando un Dio muto a cui non credeva di ridargli quello che aveva deciso di togliergli.

Vedendolo in quella condizione, Francis rimase letteralmente interdetto. Una reazione così forte proprio non se la sarebbe mai aspettata e, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, si accorse di essere stato stupido e invadente. Si era permesso di prendersi troppe libertà e quello schiaffo ne era la prova. Avvicinarsi ad Arthur adesso sarebbe stato totalmente inutile, l'unica cosa che poteva fare era sperare nel proverbiale autocontrollo dell'altro. Decise di restare in silenzio, di non muoversi dalla sua posizione mentre continuava ad osservare il più piccolo tremare leggermente nel disperato tentativo di mettere a tacere quelle emozioni che aveva tenuto così a lungo nascoste. Forse, per la prima volta da quando si conoscevano, lo vedeva vivo, lo vedeva in preda a qualcosa che la sua freddezza non riusciva a mascherare e benché morisse dalla voglia di farlo, il francese soffocò l'istinto di alzarsi e stringere fra le sue braccia il gracile corpo dell'inglese.

Passarono lenti ancora un paio di minuti, Arthur riuscì a darsi un contegno solo dopo essersi massacrato il labbro inferiore con gli incisivi riaprendo il taglio che vi era sopra. Dopo qualche respiro lungo e profondo trovò la forza di alzare lo sguardo per puntarlo in quello cristallino di Francis. La dolcezza che vide riflessa negli occhi chiari dell'uomo lo convinse a sedersi nuovamente e a cercare di finire quello che avevano cominciato. Doveva farcela forse ora più per sé stesso che per il suo interlocutore, non aveva mai parlato con nessuno di Alfred e di tutto quello che avevano vissuto insieme ed era davvero giunto il momento di farlo.

Chiuse gli occhi, un ultimo respiro e avrebbe finalmente concluso con quel suo assurdo racconto. Li riaprì di scatto sentendo la presenza della mano del francese sulla propria accompagnata dalla calda voce di Francis.

- Non volevo essere così insensibile. Ti prometto che non mi permetterò più di fare errori così leggeri, ti chiedo scusa, Arthur. - La sua voce era sempre calda e dolce e il suo nome pronunciato da lui aveva tutt'un altro effetto. Strinse quasi di riflesso la mano del ragazzo più grande e, anche se con un tono un po' incerto, continuò la sua improbabile favola.

- Facevamo dei turni massacranti ma i soldi non bastavano mai, Alfred faceva un'infinità di lavori diversi e non gli ci volle molto per crollare. Era un ragazzo grande e forte ma aveva appena vent'anni e nelle condizioni in cui vivevamo il suo fisico non avrebbe mai potuto reggere a lungo. Non ci volle molto infatti perchè si ammalasse. - Si bloccò di colpo, ingurgitando una spropositata quantità d'aria del tutto inutile, doveva soffocare il pesante nodo che stava tornando a opprimergli la gola. Sentì le mani di Francis appoggiarsi sulle sue spalle ancora prima di aver realizzato che l'uomo si era alzato e che adesso lo stava abbracciando, con pochi passi aveva annullato le distanze fra loro aggirando quel logoro tavolo. Arthur appoggiò la testa contro il petto del francese e seguì il consiglio che il suo interlocutore gli aveva appena finito di sussurrare; chiuse gli occhi lasciandosi cullare da quella inaspettata presenza e per l'ultima volta riprese il discorso.

- Mi resi conto che Alfred stava male solo quando non c'era già più niente da fare, mi aveva nascosto di essersi ammalato mascherando i sintomi di qualcosa di ben più grave dietro una banale influenza. Mi sono fidato delle sue parole finchè non l'ho visto tossire sangue. Gli feci un'inutile sfuriata urlandogli che era un emerito coglione, corsi a chiamare il dottore che hai visto poco fa e per la prima volta in vita mia ebbi a che fare con la tisi.- Un lungo quanto inutile sospiro gli diedero la forza per pronunciare lo scontato epilogo. - Alfred morì di tisi appena una decina di giorni dopo, tutti i mie sforzi per comprargli le medicine non servirono a nulla, la malattia era già ad uno stadio troppo avanzato e lui era troppo debole per poterla combattere e io .. io non ho saputo fare altro che stare lì a tenergli la mano pregandolo di non morire, di non lasciarmi di nuovo solo. Inutile dire che ne le mie lacrime e ne le mie preghiere servirono a qualcosa. Alfred morì mentre lo tenevo stretto a me, mi sussurrò che mi amava e che dovevo impegnarmi a migliorare un po' il mio brutto carattere, mi ha chiesto di perdonarlo se potevo e poi .. ha detto che era tanto stanco e che voleva dormire un po'. Io ho annuito conscio che quella era l'ultima cosa che ci saremmo mai detti, gli risposi con un sussurro incrinato che lui era tutta la mia vita e l'ho visto sorridere appena prima di ... - Grosse lacrime rigavano le sue guance mentre numerose pause intervallavano l'atto finale del suo racconto, Francis continuava a stringerlo a sé cercando di dargli un conforto piuttosto inutile in quelle situazioni. - L'ho tenuto stretto a me per molto tempo, ho continuato a baciare le sue labbra che diventavano sempre più fredde. Non avevo nessuna intenzione di separarmi da lui e dopo la sua morte sono caduto in uno strano stato d'inedia. Andavo avanti per inerzia e credo che solo la presenza di mio fratello mi abbia impedito di fare qualche stupida sciocchezza. Il problema è che adesso si è ammalato anche lui e io, per la seconda volta, non sono in grado di combattere quella stupida malattia che sembra .. - Arthur non riuscì a terminare la frase perchè le sue labbra furono coperte da quelle di Francis. Ogni parola in quel momento sarebbe stata totalmente inutile era meglio far sentire la propria presenza in maniera meno scontata e più fisica. Il francese si accorse di aver fatto la cosa giusta nel momento stesso i cui sentì il più piccolo che ricambiava il bacio.

Dopo quel bacio così inaspettato entrambi ritornarono alle precedenti posizioni, si ritrovarono ben presto seduti l'uno di fronte all'altro con le mani unite in una morbida stretta. Arthur aveva smesso di piangere solo da pochi secondi e adesso stava cercando di scacciare via quell'ondata di tristezza che lo aveva avvolto, doveva chiudere ancora una volta tutti quei sentimenti in fondo al suo cuore, erano troppo preziosi e purtroppo al momento non poteva fare altro che tenerli sottochiave. Sentì Francis schiarirsi la voce, ma al contrario di quello che si aspettava, questa volta restò in silenzio. Sicuramente aveva mille domande da fargli, fortunatamente però aveva trovato il buon senso di trattenersi, almeno questa volta. Decise di prendere la parola ancora una volta e dopo un lungo secondo d'incertezza alzò il viso.

- Io .. so che nessuno potrà mai ridarmi Alfred e questo lo capisco anche se non riesco ad accettarlo. Ma .. insomma non possono prendersi anche mio fratello, è una cosa insensata e totalmente priva di logica. Spesso la notte, le poche volte che la passo da solo, mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi rifiutato la sua proposta di venire in Francia, probabilmente Alfred sarebbe ancora vivo e Peter non si sarebbe ammalato e quindi mi rendo conto che è tutta colpa mia e che .. - Non riuscì a terminare la frase perchè sentì la grande mano di Francis sbattere contro la sua guancia; gli aveva dato uno schiaffo o per meglio dire, glielo aveva restituito. Quel gesto lasciò interdetto Arthur che, dopo aver sgranato gli occhi, rimase immobile per qualche secondo. Si portò lento una mano alla guancia appena colpita, appoggiò le dita sulla superficie leggermente arrossata e iniziò pian piano a realizzare quello che era successo. Certo Francis non gli aveva fatto male, aveva usato ben poca forza, ma era l'intensità del gesto che lo aveva sconvolto specie perchè fino a due secondi prima si stavano baciando. La risposta alle sue domande non tardò ad arrivare e direttamente dalla fonte di ogni suo dubbio.

- Sei uno stupido Arthur. - Il suo tono era fermo e serio. - Se davvero tieni tanto a quello che c'è stato fra te ed Alfred non dovresti permetterti di fare certi pensieri. Facendo così sei tu che non porti rispetto per quello che avete vissuto e non puoi sapere come sarebbero andate le cose altrimenti. L'unica cosa che ti deve interessare è che un uomo ha deciso di dividere parte della sua vita con te, vi siete amati e purtroppo l'hai perso. Ha visto qualcosa di tanto speciale in te da chiederti subito di scappare con lui, ti ha dedicato tutto quello che aveva, non mancargli di rispetto facendo certi pensieri così cretini.- Non aspettò nessun tipo di risposta, si alzò dalla sedia per potersi sporgere verso l'inglese e, per la terza volta quel giorno, catturò le sue labbra coinvolgendo entrambi nell'ennesimo bacio che nulla aveva a che fare con il sesso o con quelli che si erano scambiati nei loro precedenti incontri.

Restarono insieme tutto il pomeriggio, accoccolati sul divano. Francis ebbe il permesso di fare tutte le mille domande che lo avevano assillato fino a quel momento e Arthur si impegnò a soddisfare tutte le sue curiosità. Gli raccontò di come avesse preso la decisione di fare la puttana, di come i soldi non bastassero a prescindere per le medicine di Peter e del suo desiderio di tornare a casa, in Inghilterra. Francis continuò a tenerlo stretto a sè e rimase in silenzio anche dopo che l'inglese ebbe smesso di parlare, sentire le sue parole gli aveva fatto maturare un'assurda idea, doveva solo trovare il modo giusto di esporla al suo interlocutore; quello che era successo quel giorno fra di loro gli aveva dato la forza per nutrire quella fievole speranza che lo aveva portato fino a lui. Decise di prendere la cosa un po' alla larga, troppo spaventato dalla possibilità di ricevere una risposta negativa, ma allo stesso tempo bisognoso di dare consistenza a quella proposta. Si concesse ancora qualche altro secondo di silenzio poi, cercando di non alterare con l'agitazione il suo solito tono di voce, spezzò ancora una volta il silenzio che li avvolgeva.

- Ascolta Arthur, che ne diresti di vendere questo appartamentino e venire a vivere con me? - chiese il francese tutto d'un fiato non riuscendo però a staccare lo sguardo da quello del più piccolo che ora lo fissava con un'espressione decisamente sconvolta.




Fine terzo capitolo


Voglio ringraziare specialmente le mie care amiche

che in questo periodo mi sono mancate da matti *-*

Grazie mille ragazze, voi sapete chi siete e questo

capitolo lo dedico tutto a voi per ringraziarvi di tutto quello

che fate sempre per me <3


Voglio anche ringraziare tutti voi che avete recensito, risponderò in privato a tutti!


  
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