Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: sakura_hikaru    22/05/2011    2 recensioni
Touma Hashiba non è un ragazzo facile, colpa di un'infanzia non proprio normale. Ma c'è qualcosa, anzi, qualcuno che rende la sua esistenza decisamente difficile.
Un vero e proprio groviglio di emozioni che il nostro Tenku non sa proprio spiegarsi ...
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Rowen Hashiba, Sage Date, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tutto cominciava sempre nel più semplice dei modi: lui entrava in una stanza e qualunque cosa egli dicesse o facesse, in qualche modo stuzzicava la sua lingua a cose irritanti e moleste. Con un sorriso monello, ma dal taglio adolescenziale, sentiva le parole fluire dalla sua bocca come se fossero acqua frizzante, anzi corroborante: l'altro alzava un sopracciglio, muoveva la testa da un lato e sospirava con l'aria di chi la sapeva lunga sui bambini.

Allora la bocca si serrava, gli occhi si alzavano al cielo e la testa tornava ad ordire terribili agguati, dalla lama più sottile o, forse, dal serramanico più elaborato; a volte era sconfortante vedere come le sue parole rimbalzassero, come palline lanciate da un inerme bambino contro un muro di gomma. Insomma, quel suo ruolo, così, anche se a volte gli veniva spontaneo, dei giorni capitava che, di proposito, lo spingesse oltre, fino ai limiti del senso e della buona creanza: era forse un modo per annusare il terreno di gioco, come un animale che teme di essere braccato?

 

*

“Touma-kun, mi daresti una mano?”.

E il ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi saettanti di un acume cobalto si alzò, con fare rilassato e con passo lento, avvicinandosi alle spalle del compagno più grande.

“Shin-chan ai fornelli è una sorpresa quasi maggiore della puntualità di Shu”.

Alle spalle si sentì il brontolio che, automatico come una sveglia, si alzava dal ragazzo appena nominato.

“Touma ...”.

“Sicuramente non la tua di puntualità, Touma-kun ...” gli risponse il ragazzo ai fornelli con un sorriso che voleva essere dolce, ma che aveva il caratteristo sapore del rafano che, deciso, cancella ogni altra sapidità. Così la sua lingua ripose la spada nel fodero e le parole finirono per uscire quasi imbarazzate.

“Non vado d'accordo coi treni ...”.

“Ti compreremo una sveglia adatta ...”.

“Che esploda cannonate?” ed ecco la risata liberatoria di Kongo che, con quella semplice esagerazione, espresse le perplessità di tutti i compagni a quella sua strana caratteristica. 'Sonno profondo' o 'faccia da schiaffi' su di lui non erano altro che sinonimi, anche piuttosto azzeccati secondo Shu: silenziosamente i quattro compagni pensavano in cuor loro che esse fossero le caratteristiche che spiccavano al primo sguardo – e anche alla prima conversazione.

Touma era un ragazzo intelligente, aveva dimostrato il proprio acume in diverse battaglie, frenando gli spiriti più focosi e ribelli e cercando di ristabilire un equilibrio – a volte, comunque, precario – nelle decisioni da prendere. Non erano sempre chiare all'istante le sue buone intenzioni, soprattutto quando esse erano dettate con determinazione e severità: a volte pareva che dalla sua bocca uscissero piccole cattiverie, perchè erano parole dure ma affilate che penetravano a fondo e, molto spesso, senza una reale ragione.

Non era nemmeno nuovo ai fraintendimenti, la sua vita ne era cosparsa. I suoi occhi profondi e spalancati sul mondo avevano la strana caratteristica di mischiare puerilità con inaspettate punte di saggezza adulta che sbilanciavano e lasciavano interdette le persone che lo vedevano per la prima volta. Il viso era una maschera di svariate e, a volte, eccessive evoluzioni pindariche che dondolavano dall'ingenuità all'eccessiva e insopportabile saccenza: era la tesi e l'antitesi di se stesso senza mai, apparentemente, perdere l'equilibrio.

“Quando si è così non ci si può fare nulla ...” rispose allora piccato Tenku ed ecco il sorriso sghembo comparire, le mani infilate nelle tasche e quell'aria che voleva essere monella, ma che, ora, risultava un poco arrogante agli occhi di Kongo. E poi, quella frase era ben troppo ambigua: a chi si riferiva? A lui – quegli occhi cobalto parlavano meglio delle peggiori linguacce – oppure erano proprio dirette a Tenku stesso?

“Lascia certe affermazioni al vento, Touma. Quella frase rispecchia ben poco la tua virtù” il ragazzo biondo, di spalle, non alzò nemmeno il viso dal libro che stava leggendo, così da perdere l'espressione un po' stupita, un po' imbarazzata degli altri compagni. Tenku si immobilizzò, la bocca socchiusa in un broncio all'apparenza infantile, lo stomaco che si contrasse in maniera strana e, d'improvviso, la lingua era lì che fremeva per replicare con arguzia e tempismo.

“Oh, Seiji ... facci allora la cortesia di donarci il tuo sguardo affilato” la serietà si smussò poi, in un battito di ciglia “e aiutaci a preparare la tavola. Non vorrai che il nostro Shin si carichi di tutto il lavoro”.

“Touma-kun, non farti di questi problemi. Vi avrei scomodato comunque, anche nel pieno del sonno più profondo” e rieccolo il sorriso disarmate e, non di meno, teneramente tagliente di Suiko. “Siamo ospiti di Nasty e convenite con me che darsi da fare almeno qui sia il minimo”.

Seiji richiuse silenziosamente il libro e si alzò dal divano, incrociando per un attimo lo sguardo di Touma: non si dissero nulla, rimase tutto nell'aria – come spesso accadeva a loro due. Non si scambiavano parole, fino a quando non era strettamente necessario, e poi tutto ricominciava come in uno strano deja-vu. Da conversazioni piacevoli, a tratti anche divertenti, lentamente si degenerava in uno scambio di battute sagaci e freddure, di affondi affilati e parate di genuina esasperazione, per poi sfociare in stupidaggini cui Korin si sentiva chiamato a mettere a tacere. Come ora.

Dall'entrata della casa, si udì una porta sbattere e la voce concitata e squillante di Rekka – accompagnata dal gorgogliante borbottio di Byakuen – li avvertì del suo arrivo. Spalancò la porta, portando con sé il profumo di terra e alberi, le cui foglie si erano accomodate sul capo corvino del ragazzo.

“Siamo tornati prima perchè le rondini volavano basse ...” il ragazzo fece un cenno di capo alla grande tigre che, con un movimento del capo, sembrò dargli ragione. “Fra poco comincerà a piovere”.

“Ancora una volta? Maledizione ...” mugugnò scontento Kongo, mentre distribuiva i tovaglioli. “La stagione delle pioggie è una bella seccatura ...”.

“Sono i tifoni ad essere una seccatura. La pioggia sa essere più affascinante anche di alcune venature nella sabbia, Shu-kun ...”.

Kongo si fece scuro, in maniera monella però, rifilando a Shin uno sbuffo e una punzecchiata sul fianco.

“Byakuen è affamata”.

L'osservazione di Ryo fece scoppiare a ridere i quattro compagni in maniera diversa, mentre, stavolta innocentemente, Touma ne infilava una delle sue.

“Avete in comune anche l'appetito voi due?”.

Rekka sorrise con aria candida, mentre Byakuen se ne usciva con un espressivo lamento.

“Touma, attento a lui ... non sa essere paziente come noi” commentò Shin ridacchiando. “Soprattutto se gli tocchi Ryo”.

La coda della tigre si mosse un poco, lenta e pensosa nell'aria, mentre Ryo gli accarezzava la testa: i pensieri si persero e il grande felino si lasciò andare a delle sonore fusa.

Dalle scale scese Nasty, reduce da una lunga seduta di studi, ed il gruppo si sedette finalmente a tavola per il pranzo.

“Avete in programma qualcosa per oggi?”.

“Una lunga partita al nintendo ...” disse stiracchiandosi un compiaciuto Shuu.

“Allora ci uniremo a te” aggiunse Ryo facendo un cenno verso Byakuen: in programma, oggi, ci sarebbe stata una lunga sessione di coccole. Bel pomeriggio.

“Io pensavo di preparare una torta”.

“Evviva il nostro cuoco di fiducia!”.

“Shu, non ti smentisci, eh?”.

“Assolutamente”.

“E voi?” chiese la ragazza ai due samurai rimasti. “Farete qualcosa assieme?”.

Korin e Tenku si scambiarono un'occhiata interrogativa e il secondo rispose.

“Beh, ho trovato una tavola per lo shogi* l'altro giorno. Pensavo di giocarci”.

“Da solo?” intervenne il biondo con un mezzo sorriso.

Touma si corrucciò per un momento, voltandosi dal lato opposto.

“Se mi concedi la grazia di unirti, possiamo farlo anche in due ...”.

Korin si irrigidì per un attimo, lanciando all'altro uno sguardo a metà strada tra il confuso e lo sbigottito, ma si riprese subito.

“Avrai bisogno di qualcuno con cui confrontarti ...”.

“Spero ne valga la pena ...”.

“Questo lo dovrei dire io ...”.

Sulla tavolata soffiò una strana aria di sfida che, prontamente, venne soffocata da altri discorsi di ben diversa natura: Touma che beccava Shu e Shin era un conto. Shu si infiammava e si spegneva altrettanto velocemente, Shin gli teneva testa, sempre che le parole non diventassero troppo affilate. Ryo, generalmente, non rientrava molto in questo genere di problemi al contrario: in battaglia sapeva essere infuocato, testardo e scavezzacollo peggio di Shu, ma, in tempo di pace, la calma compiaciuta che gli regnava attorno e la solarità che brillava attorno a lui lo rendevano quasi esente da parole, se non innocenti.

Seiji, beh. Seiji era Seiji.

Il solo pensare il suo nome rendeva Touma inquieto. Forse il suono ne visualizzava i tratti nella sua mente e tutto ciò che conosceva di lui lo assaliva in maniera sconcertante e disturbante allo stesso tempo. Ciò che legava loro cinque, ciò che con gli altri diventava qualcosa di nuovo e forte, indomabile e terrorizzante, con Korin si trasformava in panico e perdita di controllo: ogni volta che i poteri si sfioravano, Tenku percepiva una quasi impercettibile distorsione tra di loro, qualcosa di cui non riusciva ad avere controllo... e che, in un certo senso, lo inquietava.

Era solo quando essi si trovavano assieme a Ryo, quando diventavano una cosa sola ... un corpo, una mente e una volontà unica ed assoluta, solo allora Touma riusciva a entrare in comunione con Seiji, senza dubbi, paure e incertezze di alcuna sorta. A volte gli pareva ironico che proprio loro due fossero destinati a quell'esatta posizione, come se il destino non l'avesse proprio voluto destinare a far coppia con Shin-kun o Shu. Poi guardavi quei due e, sotto sotto, pensavi che il destino avesse favorito quei due per un motivo chiaro, evidente... quasi scontato. I due bambini che bambini non erano – per una mera questione d'età, Touma non poteva nemmeno chiamare Shuu bambino ... un mese più anziano di lui, che scherzo del destino.

Sempre quello a mettere i bastoni tra le ruote.

Così, ora, dopo il lauto pranzo e le rispettive volatilizzazioni degli abitanti della casa, si ritrovava nella stanza da letto – ed ecco l'ennesimo scherzo del destino ... o forse no. Colpa di Shu stavolta. La stanza da letto che lui e Seiji dividevano.

Touma, seduto a gambe incrociate, fissava con serietà ed estrema attenzione lo shogiban* posto sul tavolino davanti a sé, dove Seiji stava disponendo in silenzio, con quella calma composta che lo contraddistingueva, i koma*.

“Sente* o gote*?”.

Touma sobbalzò, preso alla sprovvista, alzando gli occhi sul compagno che, con aria quasi curiosa lo osservava.

“Touma ... sente o gote?”.

“Sente, sente”.

Il biondo annuì, mentre Tenku afferrava tra le mani uno dei pedoni, rigirandoselo tra le mani, senza profferire una sola parola: perchè mai avesse deciso per quel gioco, proprio non aveva idea. Poteva starsene zitto prima, o dire che avrebbe letto ... o che se ne sarebbe andato a riposare ... o che avrebbe fatto qualunque altra cosa ...

Piuttosto che rimanere lì, da solo, con lui.

Stringendo i denti, rimise al suo posto il pedone e sprofondò il viso sulle mani intrecciate davanti a sé: giocare era la parola d'ordine, fare la partita, chiudere e poi inventarsi una scusa per defilarsi da lì. Attese solo qualche secondo e fece la sua prima mossa. Nel suo campo visivo poi entrò la mano affusolata di Korin che, senza indugio, mosse la lancia sul lato sinistro della scacchiera.

La mano affusolata, il braccio ... sì, era logico che lui fosse diventato il braccio destro di Ryo, non era nemmeno un dubbio da porsi: Tenku sarà anche stato un orgoglioso testardo, ma sapeva riconoscere il talento e la bravura nelle persone e Korin era uno spadaccino eccezionale. Preciso, elegante, potente ma aggraziato fuori misura. Come accidente facesse quella mano tanto curata ad essere altrettanto fatale quando brandiva la sua nodachi era un mistero affascinante.

Dalla sua posizione, i suoi occhi si levarono ad osservare il biondino, attenti a mostrare un'espressione neutra e poco interessata, mentre la realtà era ben diversa: dal ciuffo, che senza armatura addosso, nascondeva uno dei suoi occhi, lo sguardo scendeva lungo la guancia, poi si arrampicava sulle spalle – piuttosto strette per un ragazzo – dall'aria composta e severa, rigida e salda.

 

Apparentemente è la persona meno accomunabile ad un samurai, con quell'aspetto spiccatamente straniero. I capelli, l'incarnato, gli occhi stessi ... accidenti, ma di che colore sono? La pelle è troppo chiara, nemmeno nell'Hokkaido trovi pelli simili ... sembra che non abbia mai preso il sole. Oh, sicuro ... non è il tipo. Seiji è sicuramente il tipo da meditazione, perfezione e regola. Sì, lui è il perfetto...

 

“... samurai” disse sovrapensiero, guadagnandosi lo sguardo un po' stranito di Korin.

“Scusa?”.

“Niente”.

Non aveva voglia di parlargli. Così avrebbe finito solo per allungare quel momento di pura agonia e, magari, peggiorare pure le cose.

Andarono avanti in silenzio ancora una decina di minuti, Touma che lo scrutava credendo di non essere notato, Seiji che conquistava sempre più pedine chiedendosi perchè mai il signor genio del gruppo continuasse a non profferire parola e fissarlo come se fosse un nemico della peggior specie. Tenku era un essere strano per il ragazzo: molto intelligente, certo, saggio quando ci si metteva – o meglio, soprattutto quando doveva frenare qualche scalmanato del gruppo ... leggi Shu e Ryo – ma risultava una vera spina nel fianco quando lo affrontavi per cose, diciamo, spaventosamente normali.

Incapace di sostenere un discorso senza infilarci una delle sue così amate battutine – che sfioravano il sarcasmo anche troppo spesso per i suoi gusti – piuttosto povero di strumenti socializzanti (Seiji qui non si dilungava troppo col discorso. Sapeva in cuor suo di non essere esattamente un animale sociale). E quello che lo innervosiva più di tutto, quell'ostinato modo di fare, quel sorriso forzato che ostentava ogni volta, talmente finto che gridava al mondo 'sono tuo compagno, ma stammi comunque lontano. Mi piaci, ma, in fondo, non mi fido di te'.

Era un animale selvatico. Ma Ryo, a confronto, era un cucciolo docile e solare – esclusi alcuni episodi non certamente illuminati – ma non dimostrava certo tutta quella diffidenza, né quella supponenza. No, quella era proprio tipica sua.

“Se non stai attento il tuo Generale Dorato lo catturo in solo due mosse”.

“Come?”.

Gli occhi blu si sgranarono e volarono dalle sue spalle allo shogiban davanti a sé: la situazione del sente non era delle migliori. Anzi, per essere più precisi, le stava prendendo di santa ragione. Se in cuor suo sperava di fare una partita decente, allora era proprio un idiota.

“Non è che avessi tutta questa voglia di giocare, comunque ...”.

L'unico occhio visibile di Korin si fece sottile, le labbra si mossero un attimo, cercando di controllare la lingua che non era propriamente domata dal suo possessore.

“Potevi dirlo, senza inventarti delle scuse”. Il tono era fermo, addirittura tranquillo e pacato. Solo gli occhi avrebbero sprizzato scintille a poterlo fare.

“Se non erro sei stato tu a volerti unire”.

Ed eccolo lì che spuntava dal nulla il suo solito tono. Irritante.

“L'ho fatto per non lasciarti da solo”.

All'improvviso, sui visi di entrambi, una fiammata si accese scomposta, ma Touma fu il primo a riprendersi e a riaprire bocca.

“Lasciarmi da solo? Questa è bella ... in una casa così grande è impossibile avere della privacy. Ci mancherebbe anche rimanere da soli”.

Il volto di Seiji, a quelle parole, perse ogni colore e perse così anche la voce. Per qualche istante almeno.

Si alzò lentamente, arrivando a torreggiare su Tenku, ancora seduto al suo posto, le labbra mordicchiate in una smorfia di incredulità e nervosismo, gli occhi che non riuscivano ad abbandonare lo shogiban e, vagando su di esso, cercavano una risposta a quella reazione. Korin fece qualche sospiro, poi inspirò a fondo e si impose di non oltrepassare una certa linea. Meglio per lui e per l'idiota.

“Tenku ... posso sapere perchè quando siamo soli noi due, devi dimostrarti così ...” diplomaticità. Parola chiave. “...taciturno?”.

“Non sono taciturno ... ero solo concentrato”.

Ed ecco la proverbiale intelligenza di questo ragazzo che veniva fuori nel migliore dei modi.

Combattuto tra il concludere in bellezza con una ramanzina e infilare una battutina che andasse a segno, decise di inginocchiarsi di nuovo, stavolta pericolosamente vicino all'altro ragazzo. Quando lo fece, poco mancò che questi gli gridasse nelle orecchie per lo spavento ...

“Che fai?!”.

“Quella sarebbe la mia domanda”. Seiji lo scrutava da vicino, cercando di leggere ancora di più nel linguaggio assurdo di quel corpo che era una contraddizione vivente, messa in coppia con la sua lingua. “Hai paura di me?”.

Un secondo dopo, le mani di Touma scostarono con violenza il ragazzo, facendogli perdere l'equilibrio e si rialzò in fretta e furia, indietreggiando verso il muro: quando la sua schiena toccò il limite estremo della stanza, gli occhi – spalancati per la sorpresa prima, aggrottati in confusione poi – si spostarono di nuovo tutto intorno alla stanza, cercando invano una scusa, una fuga ... una scusa.

D'un tratto la porta della loro stanza si aprì e fecero capolino Byakuen e un sorridente Shin, entrambi accompagnati da un profumo invitante di torta. Quando però entrambi videro la scena – Seiji a terra, con l'aria di chi è stato preso in contropiede nel modo peggiore, Touma assottigliato contro il muro dall'altra parte – Shin si mostrò dapprima confuso, poi un poco preoccupato.

“Che vi succede?”.

Byakuen, dal canto suo, emise un piccolo ruggito e, prima da uno e poi dall'altro, puntò il suo naso contro di loro, con l'espressione più inquisitoria della storia.

“Touma è nervoso ...” profferì Seiji con una smorfia che poco gli si addiceva. Ma, accidenti, al diavolo! Essere trattati così per non aver fatto proprio nulla ...

Di colpo, i tre sobbalzarono al passaggio veloce della figura di Touma che, lesta come un felino, si era volatilizzata in un attimo, lasciandoli attoniti a chiedersi che cosa fosse preso a quello strano ragazzo. Seiji fu il primo a riprendersi, alzandosi in piedi e dandosi una veloce rassettata: sfiorò per un attimo lo stomaco dove le mani del ragazzo di erano violentemente posate per allontanarlo da sé.

“Io quel ragazzo proprio non lo capisco ...” mormorò quasi tra sé.

Suiko sospirò, accompagnato da un ruggito deluso di Byakuen.

“Touma non è che aiuti molto nel farsi comprendere, però ...” volse gli occhi verdi e un po' preoccupati alla soglia della camera. “Però mi da spesso l'idea di uno strano animale selvatico”. Le sopracciglia di Seiji si sollevarono un attimo curiose. “L'avrai notato anche tu, no? Che non si fa avvicinare ...”.

“L'ho notato, oggi più che mai” disse pensieroso Korin: rivide nella sua mente i suoi occhi, grandi, dubbiosi e scrutatori. Sembravano fatti per dissezionare qualunque cosa trovassero sulla propria traiettoria, minuziosamente come un chirurgo della peggior specie, di quelli che lavorano fino allo sfinimento per raggiungere la verità. Però, maledizione ... era troppo comodo per lui pretendere di fare quel lavoro da certosino e poi tirarsi indietro appena un compagno azzardava un piccolo passo nei suoi confronti.

“Shin-chan, cos'è successo?” giunse la voce di Ryo dal corridoio, prima che spuntasse dall'entrata. “Ho visto Touma correre fuori come se avesse il fuoco alle spalle ... è successo qualcosa?”. Gli occhi azzurri scambiarono occhiate tra l'uno e l'altro compagno, con un'innocenza che suonava quasi buffa in quella situazione che comica proprio non era. Byakuen si intromise ancora ed emise un gorgoglio nervoso, mezzo preoccupato: perchè rimanessero lì i ragazzi, proprio non lo capiva. I cuccioli si andavano a ripescare, comunque e dovunque andassero a ficcare le proprie zampette inesperte. E Touma di inesperienza ne aveva fin troppa alle spalle.

“Byakuen, tu pensi di sapere cosa sia successo, vero?”.

Shin era ormai solito riferirsi alla tigre come e quando Ryo faceva: aveva compreso d'istinto, fin dai primi istanti che Rekka e l'animale si erano uniti a loro, che quel felino era qualcuno che andava al di là di definizioni di essere millenario o magico. Più di tutto, quel grande gatto dall'espressione così genuina era qualcuno che riusciva andare oltre ogni barriera, ogni menzogna, ogni brutto carattere che contraddistingueva, in un modo o nell'altro, ognuno dei cinque samurai.

Byakuen sentiva prima di tutti, comprendeva e andava a fondo con la semplicità con cui ogni animale riesce a fare con il nostro lato più antico ... e aveva dalla sua un carattere che lo rendeva amabile e indispensabile come una guida, un maestro e un amico insostituibile.


NOTE

*Shogi: gioco simile agli scacchi molto famoso in Giappone fin dal XVI secolo.

*Shogiban: la scacchiera monocolore dove si muovono i koma.

*Koma: le pedine, i pezzi con cui i due giocatori si muovono.

*Sente, gote: nero, bianco. I koma dello shogi. Il nero muove per primo.

  
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