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Autore: VaniaMajor    23/05/2011    2 recensioni
Ultimo capitolo della trilogia dello Scettro dei Tre. Le rinascenti forze di Takhisis continuano a minare la vita dei fratelli Majere. I Cavalieri di Solamnia premono per avere Steel in custodia, mentre Katlin cerca di recuperare la sua magia e Crysania viene messa alla gogna a causa della sua relazione con Raistlin. Sul futuro grava la minaccia di una totale distruzione...
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ritorno dei Gemelli'
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CAPITOLO 1

SOMMOVIMENTI

«Lord Tanis…»
Tanis mormorò qualcosa di intelligibile, a metà tra il sonno e la veglia.
«Lord Tanis…»
La voce insisteva, e costrinse il Mezzelfo a mettersi d’impegno per svegliarsi. Aprì le palpebre e pensò che la stanza fosse ancora un po’ troppo scura per giustificare gli sforzi del domestico per svegliarlo, poi capì che la mattina era semplicemente oscurata da nuvole plumbee e sbuffò, strofinandosi il volto con le mani. Brutto modo per cominciare la giornata.
«Che c’è?- mormorò, alzandosi a sedere sul letto- Spero ci sia un buon motivo per svegliarmi così.» Corrugò la fronte e fissò il domestico. «Non c’entra Laurana, vero?» chiese, improvvisamente agitato.
«Oh, no signore! Non ci sono notizie da Lady Laurana!» gli assicurò il domestico, tranquillizzandolo. Laurana era a Qualinesti da circa tre mesi. Tanis aspettava una sua lettera non prima di un’altra settimana ancora, e se ne avesse ricevute in anticipo non avrebbe potuto attendersi che guai. Lui era rimasto a Solanthas, non avendo voglia di affrontare l’inverno alla corte di Porthios.  Si sarebbe messo in moto ai primi accenni di primavera, giusto per evitare problemi durante il viaggio. Non fosse stato per la voglia di rivedere Laurana, non si sarebbe mosso da dove stava…
Corrugò la fronte e scosse la testa, accorgendosi di essersi perso nei suoi pensieri. Scese dal letto, chiedendo al contempo: «Dunque cosa c’è? Perché mi hai svegliato? Non mi pare di avere particolari impegni, oggi.»
«Lord, avete una visita e il rango del vostro visitatore mi ha spinto a svegliarvi. Chiedo scusa se ho sbagliato.» disse il domestico, inchinandosi a metà.
«Un visitatore?» chiese Tanis, perplesso. Non si trattava certo di Caramon, che il domestico conosceva bene e che comunque si trovava a Solace, nel calore della sua famiglia sempre più numerosa. Non era nemmeno uno dei maghi che bene o male il Mezzelfo frequentava, altrimenti l’agitazione del domestico sarebbe stata molto più palese.
«Un Cavaliere di Solamnia, Lord.- lo sorprese l’uomo- Si è presentato come Steven Sharphalberd. Dice di essere stato mandato da Lord Gunthar.»
«Lord Gunthar?- chiese Tanis, poi sospirò- Scendo subito. Metti l’ospite a suo agio.»
Lasciato solo, Tanis si lavò la faccia e si vestì, pensando a quale grana poteva nascondere la visita di quel Cavaliere di Solamnia. Al momento non erano in atto particolari misure aggressive contro i rimasugli degli eserciti draconici. Gli unici punti di contatto tra i Cavalieri di Solamnia e Tanis erano il monitoraggio del figlio di Ariakas e la tutela di Steel Brightblade, il figlio di Kitiara e Sturm. Tanis si rabbuiò, pensando che con tutta probabilità l’argomento sarebbe stato il secondo. Guardò fuori, pensò che la pioggia monotona di Primomese si accordava perfettamente con l’umore con cui si era svegliato e finalmente scese al piano di sotto.
Trovò il suo ospite in sala da pranzo, dove il domestico aveva apparecchiato per due. Il Cavaliere era in armatura e guardava in giardino, dandogli le spalle. Si voltò con un movimento misurato e marziale sentendolo entrare.
«Buongiorno.- lo salutò Tanis, venendo avanti con la mano tesa- Io sono Tanis Mezzelfo.»
«Buongiorno a voi, Lord.- disse il Cavaliere, inchinandosi in segno di rispetto e stringendogli la mano- Il mio nome è Steven Sharphalberd. Perdonate l’intrusione nella vostra dimora.»
«Di nulla. Prego, accomodatevi e fatemi compagnia. Devo ancora fare colazione.» disse Tanis, indicandogli una sedia. Il Cavaliere ristette un attimo, poi accettò rigidamente l’invito. Il Mezzelfo avvertì il sapore dolceamaro dei ricordi che quell'atteggiamento gli riportava alla mente e osservò bene il suo ospite per distinguerlo dall’ombra di Sturm.
Steven Sharphalberd era un Cavaliere sui trent’anni, con occhi e capelli chiari e l’espressione marmorea tipica della vecchia scuola di Solamnia. Aveva una cicatrice su una tempia, probabile dimostrazione della sua presenza sul campo di battaglia negli ultimi, pericolosi anni. Tanis non l’aveva mai incontrato prima, ma non pretendeva di conoscere tutti gli appartenenti all’ordine. Il domestico servì loro da mangiare, poi sparì di nuovo.
«Siete solo in casa, Lord Tanis?» chiese il Cavaliere. Tanis annuì.
«Mia moglie si è recata a Qualinesti, dove andrò anch’io prima che inizi l’inverno.- spiegò- Avevate bisogno di lei?»
«In verità no, Lord. Sono qui su ordine di Lord Gunthar per farvi una precisa richiesta.» rispose l’uomo.
«Riguarda Steel Brightblade?» chiese Tanis, arrivando subito al punto. Sharphalberd sembrò preso in contropiede, quindi annuì.
«Lord, il nostro Ordine non può accettare che il figlio del nostro più grande eroe, Huma a parte, viva lontano dalle nostre file. Lord Gunthar desidera mostrare al ragazzo l’ambiente che era la vita stessa di suo padre, nella speranza che decida di seguirne le orme.» spiegò Sharphalberd. Tanis lesse nei suoi occhi una profonda ammirazione per Sturm, cosa che lasciò trapelare dal suo viso una certa umanità. Per fortuna Sturm aveva lasciato più di un segno positivo in quell'Ordine tanto gelido.
«E cosa volete da me?» chiese Tanis, sorseggiando un succo di mela. Il Cavaliere sembrò perplesso.
«Non…non siete voi il suo tutore, Lord? Lord Gunthar mi ha riferito che…» mormorò. Tanis posò il bicchiere.
«Steel ha due tutori, tra i quali gli piace dividere il suo tempo.- lo informò, accarezzandosi la barba rossa- Io sono uno di loro. L’altro è una donna: sua zia materna, Katlin Majere. È stato Steel stesso a richiedere di essere affidato anche a lei.»
«Katlin…Majere? La sorella di Caramon Majere?» chiese il Cavaliere.
«E di Raistlin Majere…e di Kitiara Uth Matar.- puntualizzò Tanis, strappando una smorfia all’uomo- Katlin è un’amica e vive a Solace presso il fratello Caramon. Steel si è molto affezionato a lei.»
«A una maga?!» chiese il Cavaliere, con tono scandalizzato. Tanis annuì, decidendo di non stuzzicare ulteriormente Steven Sharphalberd. Katlin non era famosa come i suoi fratelli, ma la parte che aveva giocato nel ritorno dell’arcimago era sulla bocca di tutti, a Palanthas, e tra i maghi, i chierici e i Cavalieri di Solamnia si sapeva qualcosa anche delle altre recenti imprese a cui aveva partecipato. Dopotutto, era stata lei a trovare Steel Brightblade. Nessuno al di fuori di una ristretta cerchia, però, sapeva che la giovane donna non praticava la magia fin dall’autunno a causa delle trame della Regina delle Tenebre.
«Comunque sia, lei si occupa di parte della sua istruzione e già da due mesi Steel si trova a Solace presso Caramon. Se vorrete condurlo a Palanthas dovrete ottenere il permesso di Katlin Majere, temo.» tagliò corto. Al solo pensiero di quel Cavaliere a tenere testa a Katlin, che era pronta a fare a fette chiunque volesse imporre un destino a Steel prima che il ragazzo avesse fatto la sua scelta, una risata inopportuna gli risalì per la gola e Tanis dovette nasconderla strofinandosi la barba.
«Se è così, partirò subito per Solace.- disse il Cavaliere, alzandosi rigidamente come se fosse pronto a un vero e proprio duello- Quella donna dovrà capire quale importanza riveste questa possibilità per il figlio di Sturm Brightblade.»
«Chissà?- lo freddò Tanis, sospirando- In ogni caso, vi consiglio di essere cortese e di non turbare troppo Steel. Nella famiglia di Caramon il ragazzo è felice e, anche se non sono contrario a che conosca la vita da Cavaliere, non mi va che venga forzato.»
«Lo convincerò facilmente, vedrete.- assicurò Steven Sharphalberd, inchinandosi- Mi congedo, Lord Tanis, e vi ringrazio per le informazioni. Vi farò avere mie notizie.»
Ciò detto il Cavaliere si congedò e se ne andò senza aver toccato la sua colazione. Tanis scosse la testa e riprese a mangiare, con un sorriso mesto. Il Mezzelfo non aveva partecipato all’ultima impresa dei Majere, ma Caramon lo aveva informato della morte di Kyaralhana e dei cambiamenti avvenuti in Katlin. Sharphalberd avrebbe affrontato la donna nel periodo peggiore che avrebbe mai potuto scegliere. Sperò che il Cavaliere non fosse così cieco da mettersi contro di lei: Katlin era quasi una nuova madre per Steel e anche senza la sua magia l’avrebbe protetto con le unghie e con i denti.


***


Il segretario di Crysania tamburellò le dita sul tavolo, nervoso.
«La Reverenda Figlia non c’è.» ripeté. Il chierico che gli stava davanti e che gli aveva portato il messaggio annuì, un po’ preoccupato per il palese nervosismo del superiore. «Avete guardato nella cappella privata?» insistette il segretario.
«Abbiamo controllato tutti gli ambienti. Forse la Reverenda Figlia è di nuovo a colloquio con qualcuno dei maghi. Dopotutto, ha avvertito la nostra comunità dei piani della Regina delle Tenebre…»
«Ah, stai zitto!- lo interruppe il segretario, dimenticando nella sua stizza i precetti della cortesia- Non fare ipotesi e vai. Tu non puoi comprendere cose grandi come questa. Lascia certi argomenti a chi è in comunione con Paladine.»
Il chierico si affrettò a inchinarsi e ad andarsene, e il segretario per fortuna non si accorse della smorfia di deprecazione che tese per un attimo il volto del suo subordinato. La Reverenda Figlia non aveva mai trattato così un chierico; men che meno l’aveva fatto Elistan. Secondo la comunità, il segretario si stava prendendo troppe libertà, ma purtroppo la Reverenda Figlia Crysania era momentaneamente occupata con lotte molto più grandi e nobili di quelle che si combattevano all’interno dell’Ordine, perciò tutti cercavano di affinare le loro doti di pazienza e obbedienza, Paladine permettendo.
Il segretario, ignaro di quei commenti e convinto di stare facendo un ottimo lavoro vista la situazione, si alzò da dietro la sua scrivania e iniziò a camminare in tondo, corrucciato e cupo. Non gli andava affatto che la Reverenda Figlia avesse tanto a che fare con i maghi. In particolare, con le Vesti Nere. E qual era la Veste Nera più pericolosa di tutte?
«Raistlin Majere.» Il segretario sibilò il nome senza pronunciarlo con chiarezza, come per un timore recondito di essere sentito. Tutto era filato liscio, dopo la tragedia avvenuta alla Reverenda Figlia nella sua lotta nell’Abisso, ma da quando ella aveva ritrovato la vista e si era unita agli Eroi delle Lance per distruggere il Portale, l’ordine e la calma del Tempio erano andati a farsi benedire.
La Reverenda Figlia aveva davvero spiegato alla comunità quali terribili piani Takhisis avesse in mente e come lei ed altri stessero cercando di trovare un modo per sventarli, ma questo portava la Reverenda Figlia a lasciare il Tempio troppo spesso e a frequentare gentaglia non degna del suo rango! E nemmeno del perdono di Paladine, a dirla tutta!
Il pericolo più grande era ovviamente Raistlin Majere, che già un tempo aveva avvelenato la vita della Reverenda Figlia. Poi c’era quell'elfo oscuro, Dalamar…e quella donna dalla veste rossa, quella maga che da qualche mese per fortuna non si era più vista. Troppa magia aleggiava attorno alla Reverenda Figlia e ciò non era un bene né per lei né per l’Ordine.
«Bisogna fare qualcosa.»
Già, ma cosa? Parlarne a lei sarebbe servito? E se non fosse servito, cosa doveva fare? Il segretario strinse i pugni, decidendo in cuor suo che il bene dell’Ordine doveva avere la priorità anche sulla sua fedeltà alla Reverenda Figlia Crysania. Per prima cosa, avrebbe cercato di monitorare i suoi spostamenti e di capire quali fossero le sue frequentazioni.
Poi le avrebbe parlato con molta chiarezza. La Chiesa aveva bisogno di un capo a tempo pieno e quella situazione di precarietà doveva finire…in un modo o nell’altro.


***


Crysania si alzò dalla sedia che occupava, lisciandosi meccanicamente le pieghe della veste bianca.
«Te ne vai?» chiese Raistlin, fissandola. Lei annuì. «Mi farò sentire io.» disse l’arcimago, poi tossì forte nel fazzoletto. Quell'inverno si stava rivelando difficile per la sua salute, nonostante il fuoco ardesse sempre nel camino in ogni stanza in cui si recava. L’arcimago si stava stancando molto nella ricerca di informazioni sulla Gemma Grigia e sulle sue possibili connessioni con le visioni di Katlin. Inoltre, c’era un altro problema a cui dover porre rimedio…
«Katlin come sta?» chiese Crysania, preoccupata. Non vedeva la sorella di Raistlin da mesi, ormai. Si erano separate sulla strada per tornare a casa, dirigendosi l’una a Palanthas e l’altra a Solace. Da allora Katlin non aveva mai messo piede alla Torre e Crysania non aveva potuto mettersi in viaggio per raggiungerla.
Raistlin tossì ancora, poi fece un gesto seccato.
«Si occupa del figlio di Kitiara e cerca un modo per riassorbire la propria magia.» rispose con voce tagliente, come aveva già fatto molte volte. Quella non era una risposta, in quanto comunicava alla chierica le attività di Katlin, non il suo stato d’animo. Crysania aveva sempre lasciato correre, ma adesso si impuntò.
«Non ti ho chiesto cosa fa, ti ho chiesto come sta.» ribadì, avvicinandosi a lui. L’arcimago la guardò con espressione irritata, appuntando sul suo volto le pupille a clessidra. 
«Vai a Solace a chiederglielo, se ti interessa tanto.» sbuffò. Crysania si accovacciò accanto a lui e gli coprì una mano con le proprie, continuando a guardarlo con i suoi franchi e decisi occhi grigi. Dopo un po’ Raistlin guardò altrove, corrugando la fronte e picchiettandosi le labbra con le dita lunghe e nervose. «Non so dirti come sta.- rispose infine, con evidente riluttanza- La morte della kender l’ha colpita in profondità, ma le apparenze dicono che si è ripresa bene. È concentrata sul suo obiettivo e usa il tempo che le resta per badare a quel ragazzino. Più di questo non so dirti. Non solo lei non parla né con me né con Caramon, ma con la sua magia sembra essere stato strappato da lei anche il legame che mi permetteva di intuire i suoi pensieri.»
«Nella pietra rossa che Katlin si portava dietro dopo il crollo del covo dei maghi di Takhisis?» chiese Crysania, stupita. Raistlin annuì.
«La sua magia, la sua capacità precognitiva…tutto perduto.- mormorò, con una smorfia- Katlin è diventata una donna comune. Non ha più niente di speciale.»
«Troverete un modo per ridarle la magia, ne sono certa. Se Paladine l’ha scelta per iniziare questa nuova lotta, non può aver consumato così il suo ruolo. Katlin è speciale di per sé.» disse Crysania, con decisione. Raistlin la guardò, sollevando un sopracciglio con fare ironico.
«Ammiro la tua sicurezza.- disse, poi scrollò le spalle magre- E forse hai anche ragione, ma questo non ci aiuta a trovare una soluzione.» Sibilò un’imprecazione. «Fortunatamente a Wayreth le cose si sono bloccate. Anche laggiù fervono le indagini.»
Crysania si incupì, notando che Raistlin era più preoccupato per il ritardo nei suoi piani personali che per la sorella. Questo la indispose abbastanza da farla alzare bruscamente.
«È tempo che vada. Sono uscita dal Tempio senza avvisare nessuno.» disse, brusca.
«Non diresti comunque che stai per darti il piacere di venirmi a trovare, Crysania.» sussurrò lui, sardonico. Lei arrossì e lo fulminò con un’occhiata, a cui Raistlin rispose con un sorriso contorto.
«Ti chiamo Dalamar. Ti accompagnerà.» disse l’arcimago.
«No, non chiamarlo. Non sta ancora bene e non lo voglio disturbare.» borbottò Crysania, brusca, dandogli le spalle e incamminandosi verso la porta. Una mano rovente le si serrò sul braccio e la costrinse a voltarsi. Crysania si chiese vagamente come lui avesse potuto raggiungerla in un attimo, ma la sua vicinanza le confondeva i pensieri. Raistlin le sfiorò il volto con le dita, sempre stringendole il braccio tanto forte da farle quasi male, quindi le sfiorò con le labbra la fronte, il naso, la bocca.
«Sei arrabbiata con me, Crysania?» la stuzzicò, gli occhi dorati fissi in quelli di lei. Lei arrossì.
«Riesci sempre a farmi fare e dire quello che vuoi.» mormorò, risentita. Raistlin sorrise ancora, poi la baciò ancora. Quando la lasciò andare, lei sentì un brivido di freddo.
«Scendi con Dalamar, non contrariarmi. Preferisco tu sia accompagnata, e io…» disse l’arcimago, tornando al tavolo e interrompendosi per un attacco di tosse. «…io non sono in grado di uscire, con questo freddo.»
Crysania avvertì la tentazione di restare, soprattutto notando che lui stava male davvero, poi si fece forza e uscì senza salutarlo. Raistlin non voleva la sua pietà e di quando in quando Crysania temeva che si fosse pentito di aver iniziato quella relazione con lei. Poi lui la sorprendeva con quei gesti gentili…La chierica sospirò piano, ben sapendo che l’uomo che amava sarebbe rimasto un mistero per lei anche se le fosse rimasto accanto per tutta la vita.
Iniziando a scendere le scale, incontrò Dalamar, in sua attesa. Entrambi chinarono il capo in segno di saluto, poi l’elfo oscuro le fece strada verso il portone d’ingresso. Crysania lo guardò con un misto di preoccupazione e di deprecazione. Ecco un’altra Veste Nera che in quanto ad animo contorto non scherzava.
Dalamar si era ripreso con fatica dalla ferita infertagli dallo spettro di Kitiara ed era ancora magro e pallido, ma Raistlin le aveva detto che da qualche settimana aveva ripreso a esercitare la magia. La ferita da cui l’elfo oscuro non era ancora guarito, e non sembrava intenzionato a farlo, era la sua rottura con Katlin. Crysania ne aveva conosciuto i particolari soltanto dopo la battaglia contro i maghi della Regina Oscura. Katlin, certa di doversi sacrificare e in preda a pensieri oscuri, aveva spezzato la sua relazione con Dalamar, sigillandola con l’umiliazione di farlo con Raistlin come spettatore. Katlin sapeva che solo una cosa del genere avrebbe potuto mutare in odio i sentimenti di Dalamar nei suoi confronti e il suo piano era andato a buon fine. Anche troppo, visto che Katlin era sopravvissuta e nonostante ciò i due non si erano più visti né parlati.
Crysania pensava che Dalamar fosse preda di pensieri meschini e che l’evidenza delle scelte a cui Katlin era stata messa di fronte lo avrebbero fatto ricredere. Invece, sembrava che le cose si fossero fossilizzate a quella notte di fine estate in cui la loro relazione si era spezzata.
«Stai bene, Dalamar?» chiese Crysania, suo malgrado preoccupata per l’apprendista di Raistlin.
«Sto molto meglio, Reverenda Figlia. Entro l’inizio della primavera sarò tornato quello che ero.» disse Dalamar, aprendo il portone per permetterle di passare.
«E cosa farai allora?» chiese la chierica, mentre lui usciva a sua volta e chiudeva la porta dietro di sé.
«Aiuterò lo Shalafi nelle indagini, ovviamente.- rispose lui, freddo e cortese- Sapete quanto me che il nostro lavoro è solo agli inizi. La Regina Oscura non ha ancora abbandonato i Suoi piani.»
«Sì, lo so.- mormorò Crysania- Proprio per questo non dovrebbero esserci incomprensioni fra noi, Dalamar.»
«Tra noi, Reverenda Figlia? Mi sembra che non ci siano mai stati screzi tra me e voi.» disse l’elfo oscuro, facendo lo gnorri. Crysania corrugò la fronte.
«Sai che sto parlando di Katlin.» lo accusò. Le linee del volto di Dalamar si indurirono percettibilmente.
«Ognuno fa le sue scelte, Dama Crysania, e Katlin ha fatto la sua. Io agisco di conseguenza.» la freddò l’elfo.
«Ma…»
«Stiamo entrando nel Bosco, Dama Crysania.- la interruppe l’elfo, indifferente- Forse non vi conviene pronunciare certi nomi là dentro.»
Crysania serrò le labbra, indignata, ma non replicò. Nel Bosco c’erano in effetti orecchie indiscrete…e forse nemiche. Seguì Dalamar nell’oscurità, chiedendosi con rammarico se l’amore tra l’elfo e Katlin era davvero morto sulla strada per Bloodbay.

 

   
 
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