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Autore: ariano geta    24/05/2011    0 recensioni
Avete presente l'Amleto di Shakespeare? Ho provato a rielaborarlo in chiave noir, ambientandolo nel mondo della mafia italo-americana degli anni '70.
Un sacrilegio? Probabilmente sì. Comunque il racconto è qui, a vostra disposizione per essere giudicato ed eventualmente stroncato.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non abbiamo avuto neppure il tempo di provare a rimuovere i corpi. Dopo tre minuti c’erano già un paio di sbirri a dirci di non toccare niente fino all’arrivo della scientifica, e intanto chiedevano spiegazioni su cosa fosse esattamente avvenuto.
Mike Amato ha dimostrato in pieno la sua fedeltà al clan. Ormai la sua vendetta era compiuta, e poteva tornare ad essere un Danese a tutti gli effetti.
Il proiettile di Lenny Polonia non gli aveva toccato nessun organo vitale, però aveva lesionato la colonna vertebrale, questo sì, e infatti Mike sarebbe rimasto paralizzato nella parte inferiore del corpo per il resto della sua vita. Ma era perfettamente capace di intendere, e quando lo interrogarono si inventò una storia abbastanza improbabile per coprire la famiglia.
Sostenne che Lenny lo avesse accusato di aver sedotto e illuso Fiorenza portandola alla disperazione, fino a causare la morte per crepacuore di Carmine, troppo addolorato nel vedere la figlia ridotta in quello stato. Per logica conseguenza gli avrebbe rinfacciato anche il successivo suicidio della ragazza, è questo era pure vero, anche se le premesse reali erano state assai diverse… Claudio e Trisha avevano preso le parti di Lenny (sempre nella fantasiosa ricostruzione di Mike) e lui aveva perso la testa e gli aveva sparato. Quindi Lenny e Claudio avevano sparato a loro volta, ma solo per legittima difesa. Insomma, un dramma borghese, niente a che vedere con la criminalità…
La storia era inverosimile, ma gli unici che potevano smentirla erano Carmine, Lenny, Fiorenza, Trisha e Claudio, ed erano tutti morti. Perciò la versione di Mike era incontestabile sul piano delle testimonianze.
Ovviamente come testimoni c’eravamo anche noi picciotti, e vi posso garantire che i poliziotti ci hanno messo sotto pressione per giorni e giorni pur di strapparci una parola. Ma voi saprete che noi uomini d’onore siamo ostinati in queste situazioni. Siamo andati avanti a forza di: ‘Non saprei’, ‘Non mi sono accorto di niente finché non ho udito gli spari’, ‘Non mi ero neppure reso conto che stessero litigando’, ‘Stavo guardando la televisione e non li avevo sentiti’, ‘Li conoscevo in modo abbastanza superficiale’…
Lo sforzo maggiore lo hanno riservato a Mike Amato. Gli hanno fatto capire che se avesse collaborato gli avrebbero garantito una detenzione extralusso in un ospedale a cinque stelle, e per uno ormai bloccato sulla sedia a rotelle sarebbe stato veramente utile.
Ma lui niente, non ha ceduto. Ha ripetuto ossessivamente la sua versione melodrammatica dei fatti di sangue avvenuti nel bar, e naturalmente i federali si sono vendicati.
É stato condannato all’ergastolo, però con la scusa che era invalido non lo hanno messo in carcere, ma in un manicomio criminale dove c’erano malati di mente che lo prendevano a calci, gli sputavano addosso e gli pisciavano sul letto.
 
Grazie a Mike quelli del FBI non erano riusciti a incastrarci, però stavamo ugualmente nella merda.
La strage all’Italian Bar era diventata subito di pubblico dominio, i giornali ne hanno parlato per settimane, e così i colombiani potevano leggere in prima pagina che in una botta sola avevamo perso Claudio, Carmine, Lenny e Mike. Senza contare Sammy Rosati e Jeff Galdini, che stavano scontando sei mesi di carcere a Toms River per detenzione illegale di armi da fuoco e sostanze stupefacenti…
Eravamo fottuti. Se volevano spazzarci via gli sarebbe bastato un attimo.
Facemmo una riunione in cui valutammo l’idea di sciogliere il clan e andarcene tutti via da New York, ma Frankie Bruno si offrì volontario per parlare coi Fortaleza. Disse che un suo amico argentino poteva fare da mediatore, e magari ci saremmo salvati.
Lo autorizzammo. Era l’unica possibilità che ci rimaneva.
Qualche giorno dopo ci informò che la trattativa era andata bene, in un certo senso. Noi saremmo diventati i referenti dei Fortaleza a New York, e loro in cambio ci avrebbero permesso di sopravvivere. Praticamente ci riducevamo a essere i loro tirapiedi, come dei portoricani qualsiasi. Che crollo per la famiglia Danese!
Però intanto avevamo salvato il culo, bisogna ammetterlo. Fu così che Frankie Bruno divenne ufficialmente il nuovo padrino, e riuscì pure a rimanerlo per un bel po’ d’anni, anche se sarebbe più giusto dire che il nostro boss era Diego Fortaleza.
Ho avuto modo di conoscerlo, in maniera del tutto casuale, proprio l’ultima volta che ho visto Mike Amato.
 
É successo verso la fine del 1976.
Appena potevo, andavo a trovare Mike. Ormai lo avevano condannato, e mi sentivo addosso una gran pena vedendolo bloccato su una sedia a rotelle in quel posto di merda.
Io e sua madre eravamo gli unici a ricordarci di lui. Gli altri ragazzi del clan erano diffidenti nei suoi confronti, anche perché la famosa riesumazione del corpo di Michele era stata annullata all’ultimo secondo, per non dare ai federali un’ulteriore possibilità di indagarci. Così il dubbio era rimasto irrisolto. Non abbiamo avuto – e ormai non avremo mai più – prove certe e inconfutabili che Michele sia stato avvelenato.
Quindi ero da Mike, come vi stavo dicendo. Gli stavo parlando dall’altro lato della vetrata durante l’orario delle visite, e all’improvviso si è avvicinato un sudamericano con un camicione bianco e i capelli impomatati. Pareva un italiano degli anni trenta, e in fondo questo sono i colombiani: sono gli italiani di una volta, quando avevamo davvero le palle e ancora non ci eravamo imborghesiti.
L’ho riconosciuto perché avevo visto una sua foto su un giornale. Ufficialmente non esisteva uno straccio di prova contro di lui, perciò poteva circolare liberamente. Non doveva temere neppure gli altri clan, perché incuteva troppa paura a tutti.
Parlando con un forte accento spagnolo mi ha chiesto cortesemente di allontanarmi, ma Mike ha obiettato.
 
Tommy è come se fosse mio fratello. Qualunque cosa vuoi dirmi, puoi farlo in sua presenza.
 
Diego Fortaleza, con quella flemma tipica dei latinoamericani, ha cominciato a rievocare il passato…
 
Quella notte in cui avete fatto una rappresaglia per vendicare Jimmy Danese,avete ammazzato tanta gente che con noi c’entrava veramente poco. Qualcuno ha addirittura sparato in testa a un bambino di un anno. Mi hanno riferito che sei stato tu. Es verdad?
 
É vero.
 
ha confermato Mike.
Il colombiano si è acceso una sigaretta con calma sacrale. Ha inspirato, ha buttato fuori una boccata, e mentre osservava le volute di fumo ha sussurrato
 
Era mi hijo.
 
Mi è preso un colpo. I Fortaleza ormai erano talmente potenti che avrebbero potuto far giustiziare anche un detenuto in un carcere di massima sicurezza. In qualche modo potevano arrivarci.
Ho girato gli occhi verso Mike Amato. Ero preoccupato.
Lui invece stava tranquillissimo. Gli ha risposto:
 
Allora sono proprio soddisfatto. Sai, in quel momento il mio scopo era di farvi capire che pur di vendicare mio zio non avrei guardato in faccia a nessuno. Però pensavo di avervi colpito solo di striscio, e un po’ mi rodeva. Ma adesso che ho saputo di aver ammazzato uno col tuo sangue, mi sento meglio. Tu hai fatto fuori mio zio, io tuo figlio, ma solo perché non ho potuto ammazzare te personalmente, s’intende. Comunque, direi che siamo pari.
 
Diego Fortaleza si è fatto un’altra boccata, sempre con la massima lentezza possibile. Io assistevo alla scena senza sapere cosa pensare.
Ha soffiato un cerchio di fumo e lo ha guardato mentre pian piano si disperdeva nell’aria. Poi si è rivolto a Mike, e senza alcuna ambiguità nella voce ha detto:
 
Sì, in fondo siamo pari.
 
Sapete, anche se può sembrare strano tra noi delinquenti esiste una forma di rispetto che prescinde dagli sgarri che uno ha fatto all’altro.
Io posso pensare: ‘quella merda di Tizio ha fatto fuori mio fratello’, però posso anche riconoscere che Tizio è un uomo con le palle e glielo devo riconoscere come pregio.
Ovviamente se il Tizio in questione è paralizzato, e sta rinchiuso in un manicomio criminale, è sicuramente più semplice fare questo tipo di ragionamenti. E poi, era chiaro che quel figlio di Diego Fortaleza era stato il frutto di una scopata sbrigativa, e dubito che gliene importasse più di tanto.
Comunque sia, Diego Fortaleza aveva deciso di portare rispetto a Mike.
Prima di andarsene mi ha bisbigliato ‘Tu amigo es un uomo vero’, e detto da un colombiano è il più grosso complimento che si possa fare a un nemico.
 
Qualche giorno dopo mi hanno incastrato. Sono stato accusato di un omicidio che in realtà non avevo commesso.
É quasi divertente a pensarci: ho ammazzato una trentina di persone in vita mia, ma sono stato condannato per l’unica che neppure conoscevo.
Prima che mi riconoscessero la semilibertà ho dovuto fare ventisei anni di carcere, un’eternità. Il giorno in cui sono uscito ho pensato subito a Mike. ‘Voglio fargli visita’ mi sono detto, ma ho scoperto che aveva tirato le cuoia pochi giorni prima. Il suo fisico ormai era troppo debole, è stato un miracolo che abbia resistito quasi trent’anni in quel porcile.
 
Sapete, a volte mi chiedo cosa sarebbe successo se Mike Amato non avesse visto quello spettro (non so ancora se fosse autentico o soltanto un’allucinazione della sua mente). Forse i Danese sarebbero ancora la famiglia più potente di New York, o magari i Fortaleza ci avrebbero addomesticato lo stesso.
Onestamente non sono in grado di capire se siamo noi uomini a creare gli eventi che poi ci trascinano lungo la vita, o se piuttosto sono gli eventi a creare noi e farci diventare quel che siamo.
Senza la strage del 20 ottobre 1974 penso che Frankie Bruno non sarebbe mai diventato un boss. Ma poi mi viene in mente che è stato per vent’anni un padrino di carta, una marionetta di Diego Fortaleza, e allora immagino che in quel modo patetico forse ce l’avrebbe fatta in ogni caso a diventarlo.
Per contro, se Mike Amato fosse stato fedele a Claudio, avrebbe avuto una vita diversa? Forse sarebbe diventato il suo braccio destro, Carmine e Lenny Polonia avrebbero dovuto uniformarsi alle necessità del clan, e sarebbero stati costretti ad accettare che lui sposasse Fiorenza, anche se non lo sopportavano più di tanto.
E a quest’ora magari sarebbero tutti e cinque vivi, e forse felici.
Però nessuno può dire con certezza quel che sarebbe successo. Non riusciamo a capire del tutto neppure ciò che è accaduto realmente, figuriamoci l’ipotetico e il supponibile!
… Scusate, ho ricominciato a parlare a vuoto. É colpa dell’età, io in genere guardo solo alle cose concrete.
E parlando di cose concrete, visto che mi avete ascoltato per mezz’ora dovete riconoscere che vi ho aiutato a trascorrere la serata, no? Può darsi che a tratti il mio racconto vi sia sembrato assurdo, o addirittura inventato. Ma anche se vi avessi narrato una storia falsa, un bicchierino di whisky come premio me lo merito, no?
   
 
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