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Autore: nausicaaa    24/05/2011    5 recensioni
SPOILER 3X23 3X24!!!!!!!!!!
Riemergo dalle scartoffie universitarie dopo tanto troppo tempo! Dico solo che ho visto IERI il finale della terza stagione! E non potevo non scrivere qualcosa!
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice: ripeto prima che iniziate a leggere: CONTIENE SPOILER 3X23 3X24!!!!!!!!!!!!!!!


Un tavolo grezzo e due sedie scomode componevano l’arredamento della stanza delle visite della prigione di Sacramento. Patrick Jane sedeva su una di quelle sedie, le manette ai polsi troppo strette così come quelle ai piedi. La sua fama di abile scassinatore aveva fatto propendere i giudici a ordinare l’utilizzo di misure più “sicure”, senza contare che il “signor Jane” era già evaso una volta, un paio di anni prima.

Il tempo in carcere sembrava scorrere più lento del previsto. Era lì da solo un paio di settimane, custodia cautelare in attesa del processo. Il suo avvocato era molto fiducioso. “È legittima difesa, mi sembra evidente e anche la giuria la penserà così” ripeteva queste parole come un mantra. Il suo avvocato era uno dei migliori di Sacramento, solo il due per cento di cause perse. Ma secondo Jane era comunque un idiota. Nonostante ciò era quasi convinto che in fondo se la sarebbe cavata, considerando il fatto che la giuria non sarebbe certo stata indifferente al fatto che lui aveva eliminato un serial killer, anzi il serial killer più spietato della California. Senza contare che aveva salvato la vita di cinque persone: l’agente speciale Teresa Lisbon, Madeline Hightower, l’agente Grace Van Pelt, e i due figli di Hightower. Insomma se la sarebbe cavata.

Ciononostante la sua anima era tormentata da un piccolo tarlo. Quello che aveva fatto, uccidere un uomo a sangue freddo, era eticamente giusto in quel caso specifico. Di questo ne era certo. Eppure dell’etica e della morale in quel momento non gliene importava niente. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era cosa avrebbe pensato Teresa Lisbon di lui d’ora in poi.

L’ultimo contatto che i due avevano avuto era stato il giorno dell’uccisione di Red John. Jane non ricordava di aver provato una tale sensazione di terrore da quando la sua famiglia era stata sterminata. Il rumore di tutti quegli spari, la voce di Hightower che urlava “oh mio Dio Lisbon”, gli spari successivi lo avevano convinto che la persona a lui più cara fosse stata uccisa da O’Laughlin. Sentire di nuovo la sua voce al telefono che lo rassicurava sul suo stato di salute lo aveva riportato alla vita, come se per quei pochi secondi il suo cuore avesse cessato di battere, e in quel momento Patrick Jane aveva capito che lei era l’unica cosa per cui valeva vivere.

Poi si era presentata l’occasione. Red John era lì davanti a lui. E in quel momento non esisteva più nulla. In quel momento tutto il bene che albergava in Patick Jane era sparito. Odio puro scorreva nelle sue vene, eccitazione, adrenalina a mille e un unico obiettivo in testa: ucciderlo. E aveva fatto bene. Oh, era certo di questo. Ma a che prezzo? Lisbon lo avrebbe perdonato, capito, aiutato? Era sicuro di no. Conosceva troppo bene Teresa, non avrebbe mai accettato tutto questo. Si sarebbe allontanata da lui. Suo padre era un violento, e lui aveva usato la violenza per compiere la sua vendetta. Questo Teresa non glielo avrebbe perdonato.

Eppure nonostante questa certezza, quella mattina Jane aveva ricevuto un’ inaspettata notizia dalla guardia carceraria: “nel pomeriggio riceverà la visita dell’agente Teresa Lisbon del CBI.” Forse si sbagliava, ma poteva essere un buon segno. Oppure il segno dell’apocalisse.
E così eccolo lì il mentalista, l’uomo più arrogante della California, l’abile prestigiatore, sbruffone e sicuro di sé. Le mani sudate e lo sguardo chino verso terra, in attesa dell’arrivo della sua visitatrice, in quel momento Patrick Jane sembrava la persona più docile e impaurita di questo mondo. In quel momento aveva paura che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto Teresa.

Teresa Lisbon stava attraversando i lunghi corridoi della prigione di Sacramento, per raggiungere la stanza delle visite, guidata da una guardia carceraria. La spalla le faceva ancora male. Ci sarebbero voluti mesi per rimetterla in sesto. Meledetto O’Laughiln. “Grace dovrebbe imparare a scegliersi meglio i fidanzati”, questo era diventato il suo pensiero preferito da quando era saltato fuori che la talpa era proprio il bell’agente dell’FBI. Un altro pensiero che non l’abbandonava era, ovviamente, quali sarebbero state le sorti di Jane. Se la sarebbe cavata abbastanza facilmente. Legittima difesa. Anche se  non lo era di certo. Teresa Lisbon era l’unica che sapeva cosa era successo realmente senza nemmeno esser presente. Jane aveva colto la palla al balzo per disfarsi del suo nemico, e se questo non avesse avuto una pistola Jane lo avrebbe ucciso ugualmente, rischiando la pena di morte. Ed ora eccola lì, le mani sudate e il cuore che batteva all’impazzata, pronta a rivedere il “suo” consulente. Gli era mancato così tanto in quelle due settimane. La cosa che più gli aveva dato fastidio, con sua grande sorpresa, non era che Jane avesse ucciso un uomo, ma che Jane non avesse potuto starle accanto in quelle due settimane perché era in carcere. Stava iniziando seriamente a pensare che era innamorata di lui in maniera irrecuperabile. Anche se il fatto che ora l’oggetto del suo amore era diventato un assassino cambiava un po’ la situazione. Oh, non se la sarebbe cavata tanto facilmente stavolta, il signor Jane. Prendendo un respiro profondo, decise finalmente di aprire quella porta.
 
“Ciao.” Furono le uniche parole che Teresa riuscì a pronunciare in quel momento. La vista del suo amico ammanettato in quel modo, la barba incolta, e quell’orrenda uniforme del carcere le avevano stretto il cuore.

“Lisbon. Come stai? La spalla? Ti fa molto male?” Patrick era rimasto paralizzato davanti alla sua amica e a stento riusciva a trattenere le lacrime.

“Idiota. Cosa cavolo ti è saltato in mente? Ti rendi conto in quale cazzo di casino ti sei infilato?”

“Lo so Lisbon ma Red John…”

“Zitto! Fammi finire! Per prima cosa mi dici chi ti ha dato quella dannata pistola perché lo vado a prendere personalmente e lo prendo a calci nel culo fino a che non arriverà in Alaska, seconda cosa mi spieghi per quale assurdo motivo hai chiesto alla cameriera il conto dopo aver ucciso red John! Sei scemo? Lo sai che così hai aggravato la tua situazione più di quanto già non lo fosse? Prega Dio che quel tuo avvocato, che lasciatelo dire, sarà anche il migliore di Sacramento, ma a me sembra un idiota, cosa stavo dicendo? Ah sì, prega Dio che riesca a far passare la fesseria che tu in quel momento fossi in stato di shock! Allora?”

“A-a-allora cosa?”

“Il carcere ti ha rincoglionito del tutto? Allora chi cavolo ti ha dato la pistola?”

“Oh sì, il tizio che aveva vendicato sua moglie… ricordi?”

“sì ricordo. Bene. Lo farò arrestare per traffico d’armi e circonvenzione di incapace, perché mi pare chiaro che tu sia proprio un incapace.”

“Teresa perché non ti calmi un attimo? Dimmi almeno come stai.”

Lisbon pensò che in fondo poteva rilassarsi e rispondere alla domanda del suo consulente, che sembrava effettivamente preoccupato per la sua salute.

“Meglio. La spalla mi fa ancora discretamente male però. Grace dovrebbe imparare a scegliersi meglio i fidanzati.” Un piccolo impercettibile sorriso era affiorato sulle labbra dell’agente più integerrimo del CBI.

“Già. Ascolta Teresa, io… io ti capisco se non vuoi più avere niente a che fare con me. Non vado fiero di ciò che ho fatto, dovevo farlo e basta. Ma non ti chiedo di capirmi né di perdonarmi, perché al tuo posto io non lo farei. Ne uscirò da solo da questa cosa e poi, poi vedrò di rifarmi una vita, lontano da qui, lontano da voi, vi ho messo in un tale pericolo Teresa, non voglio che mi stiate vicino. Non è salutare per te. Non è salutare per i ragazzi. Quindi non ti dirò che mi dispiace e non ti chiederò scusa. Perché so che delle scuse non te ne è mai importato niente.”

“Jane… ora ti dirò una cosa e non ho intenzione di ripetermi: PIANTALA DI FARE IL MELODRAMMATICO! Possibile che devi esser sempre così teatrale? Non voglio le tue scuse, né ho bisogno di perdonarti, non è a me che hai sparato, hai ucciso un serial killer che vuoi che mi importi di Red John. Sta bene dove sta, sottoterra. Ma questo non toglie che tu sia un perfetto idiota!! Non pensi mai alle conseguenze delle tue azioni e ti cacci in dei casini assurdi, e questo è il più grosso casino che tu abbia mai combinato, e davvero, stavolta ho seri dubbi che te la caverai tanto facilmente! Sto lavorando al tuo caso insieme a quella sottospecie di avvocato che hai assunto, e la cosa è più complicata del previsto. Rischi vent’anni. È questo che mi fa incazzare. Quindi sono venuta qui semplicemente per metterti in guardia. Evita di fare lo sbruffone al processo e fa tutto quello che ti dice l’avvocato: in una parola: taci.”

“Oh.”
Questo era tutto ciò che il cervello di Jane era riuscito a elaborare in quel momento. Gli veniva da piangere. Gli veniva da piangere perché mai avrebbe creduto che Teresa potesse amarlo così tanto, potesse amarlo come lui amava lei. Perché l’unica cosa che ti può legare a una persona al punto da non considerare nemmeno l’idea di allontanarti da lei dopo una cosa del genere, beh Patrick Jane era certo che non poteva trattarsi di altro se non di amore. E questo lo rendeva estremamente felice. In quel momento lo avrebbero anche potuto condannare all’ergastolo, niente gli avrebbe tolto quel sorriso ebete e estasiato dal viso. Poi ritrovò la forza di parlare.

“Grazie. Grazie per starmi vicino. Grazie perché mi aiuti. Grazie per non avermi giudicato. Grazie per essere venuta a trovarmi.”

“Sono tua amica Jane. E ti conosco bene, e sono sicura che tu sei ancora una brava persona. Fai cose stupide ma cambierai in meglio. E in ogni caso non ti avrei abbandonata nel momento del bisogno. Mi hai salvata anche stavolta, devo ricambiarti il favore.”

“Mi sei mancata tanto Teresa.”

“Anche tu Patrick.” 

Prima che succedesse tutto questo, Teresa ne era certa, nessuno dei due avrebbe mai ammesso di sentire la mancanza dell'altro. Ma ora era diverso, ora la situazione era veramente compromessa per Jane, e Teresa sentiva che mentire, nascondere i propri sentimenti, evitare di ammettere a se stessa che Jane era più di un collega, più di un amico, ora non serviva più. 

“Quando uscirò di qui ti porto fuori a cena. Accetti l’invito?”

Il viso di Teresa aveva assunto quella colorazione rosso- violacea che tanto piaceva al suo consulente. L’idea di una cena con Patrick Jane la metteva in assoluto imbarazzo. Tuttavia pensò che  era giunto il momento di prendere il toro per le corna e affrontare la realtà.

“Molto volentieri. Grazie”

“Agente Lisbon, l’orario delle visite è terminato.”

La voce fredda e incolore della guardia interruppe il loro incontro.

Nell’andarsene Teresa non lasciò mai il contatto visivo con Jane, fino a quando la porta dello stanzino non si chiuse e non li separò di nuovo. Ma ormai niente la spaventava più. Nel bene e nel male, Patrick Jane e Teresa Lisbon sarebbero rimasti uniti, e niente e nessuno avrebbe mai potuto fargli cambiare idea. 


Angolo autrice2: sono ancora sotto shock dal finale, molto Jisbon tra l'altro!!!! No dico, e adessoooo????? Come fanno? Come la prendera la povera Tess? Siccome sono ottimista, dico che Bruno sempre sia lodato risolverà la situazione!!!
  
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