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Autore: nitro    24/05/2011    4 recensioni
Questa storia ha partecipato al concorso "What if..e se fosse andata in un altro modo?" organizzato da Dark Iris91, classificandosi prima a pari merito.
Nelle ultime pagine del libro "Eclipse" si vede Jacob scappare lontano dalla riserva e da Bella, senza una meta precisa. E se il suo cammino trovasse una meta? E se Billy lo trascinasse in un viaggio oltreoceano?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Questa storia ha partecipato al concorso "What if..e se fosse andata in un altro modo?" organizzato da Dark Iris91, classificandosi prima a pari merito. Dovevamo cambiare un avvenimento di uno dei quattro libri della Meyer e da lì sviluppare la nostra fic.  Spero che vogliate lasciarmi un vostro commento :)!
 



Le prime 12 righe della storia appartengono al libro Eclipse e quindi di proprietà della Meyer.


SAVE MY SOUL

 

Chi è felice non si muove. (Thomas Mann)

Jacob,
so che spedirti questo biglietto infrange le regole. Lei aveva paura di ferirti, e non voleva che ti sentissi in alcun modo obbligato. Ma so che, se le cose fossero andate diversamente, da parte mia avrei voluto poter scegliere.
Ti prometto che mi prenderò cura di lei, Jacob. Grazie - per lei - per tutto.
Edward
 
« Jake, abbiamo soltanto questo tavolo » disse Billy. Fissava la mia mano sinistra.
La morsa delle dita afferrava il legno con forza tale da rischiare di distruggerlo. Aprii le dita una a una, concentrandomi con tutto me stesso, poi strinsi una mano nell'altra per non rompere nulla.
« Vedi, tutto sommato non importa » borbottò Billy.
Mi alzai da tavola, sfilandomi la maglietta. Forse, finalmente, Leah era andata a dormire.
 
Mio padre appoggiò con cautela la mano sul mio avambraccio, come se il suo tocco avesse potuto infrangere l’equilibrio precario che mi teneva tra la forma umana e quella animale.
Ansimai, scosso dai tremiti dell’impazienza, ma la mia espressione rassegnata rivelava che lo avrei ascoltato.
« Ho parlato con Sam questo pomeriggio, siamo entrambi d’accordo sulla necessità di allontanarti dalla riserva per un po’ ».
Liberai bruscamente il braccio dalla sua stretta e mi diressi verso la porta.
Billy spinse la carrozzina agilmente attorno al tavolo e mi sbarrò la strada. Aveva capito esattamente le mie intenzioni. Nei suoi occhi lampeggiava la determinazione e quel briciolo di pazzia di chi volesse fermare un treno in corsa.
« Aspetta figliolo, parliamone con calma. Siediti per favore ».
C’era qualcosa di diverso nel suo tono che mi convinse ad ammansire l’animale, che scalpitava dentro di me. Mentre mi accomodavo di nuovo sulla sedia, il mio sguardo divenne più docile.
Un’altra busta apparve tra la gamba di mio padre e il bracciolo della sua sedia, cominciai a domandarmi se avesse costruito dei doppi fondi in modo da poterla usare come porta-attrezzi.
La busta era molto diversa dall’invito che avevo stretto poco tempo prima tra le mie dita, la lettera era tanto spartana e semplice quanto l’invito era lussuoso ed elaborato.
Poche righe, scritte in una calligrafia incerta e tremolante, sporcavano un foglio stropicciato e testimoniavano la rabbia con cui quella lettera era stata scritta.
 
Caro Billy,
spero con tutto il cuore che tu non debba leggere quanto sto per scrivere.
Il nostro villaggio è stato attaccato dagli spiriti malvagi. Dopo la sparizione di molti nostri compagni, abbiamo individuato i vampiri responsabili. Questa notte attaccheremo.
Se io e mia moglie non dovessimo tornare, il capo del nostro clan ti spedirà questa lettera.
Ti prego di prenderti cura di mia figlia. So che ti sto chiedendo un grosso impegno, ma... Billy, sei il mio più caro amico, non lascerei la mia bambina nelle mani di nessun altro.
Tuo Harald
 
Alzai le sopracciglia per far capire la mia perplessità.
« Ti ricordi di Harald Ulvensonn? Veniva spesso a trovarci dalla Norvegia quando eri più piccolo ».
Il nome non mi era totalmente nuovo, e nei miei ricordi nebulosi prendeva lentamente forma il viso gioviale di un uomo bianco, coperto da una rada peluria bionda. Più ci pensavo e più mi ritornavano alla mente altri particolari; Harald era un uomo massiccio ricoperto da una strana pelliccia nera e portava sempre con sé una piccola ascia dentellata. La mia mente ancora giovane e ingenua non si era mai chiesta cosa significasse il suo strano abbigliamento, ma in quel momento capii che quell’uomo era la personificazione del luogo in cui mio padre stava tentando di spedirmi. Freddo e pericoloso, adatto soltanto alla tempra di un vichingo.
« Dovrei andare al polo nord? Fammi capire, volete che combatta da solo un clan di vampiri e in più che faccia da baby-sitter a una bambina? Non se ne parla ».
La mia espressione si fece più severa, stavo perdendo la pazienza.
« I vampiri non ci sono più, hanno sterminato tutti e se ne sono andati. È stata un’esecuzione e credo di sapere chi siano i mandanti ».
Billy strinse le mani a pugno e scosse la testa, era rimasto molto colpito da ciò che era successo al suo amico. « Nei giorni della tua malattia ho discusso con Cullen di questa lettera. Il dottore mi ha spiegato chi sono i Volturi e data la loro avversione verso i clan più numerosi del loro, hanno attaccato il villaggio di Harald ».
Cullen.
Quel nome, benché riferito al padre del Cullen a cui stavo pensando, mi provocò un dolore secco al petto.
I miei pensieri corsero verso Bella e rimasi fermo a fissare il vuoto per parecchio tempo.
La sofferenza che provavo ogni volta che vedevo quel dannato succhiasangue, ogni volta che appoggiava le sue fredde mani su di lei, mi stava dilaniando dall’interno, come un infido parassita.
Forse avrei dovuto cogliere l’occasione di allontanarmi da quel luogo, allontanarmi da loro… da lei. Certo non mi sarei mai aspettato un miracolo, ma qualsiasi posto era meglio di Forks.
Poi mi resi conto che non avevo ancora metabolizzato completamente ciò che mio padre stava tentando di comunicarmi.
Bella mi aveva parlato dei Volturi, una specie di famiglia reale dei vampiri che avocava a sé l’esercizio del potere giudiziario della loro specie. L’equivalente di un tribunale; ammesso che i vampiri conoscessero il significato della parola “giustizia”.
Il loro interesse verso il villaggio dell’amico di mio padre non era dovuto alla numerosità del suo clan, come aveva fatto intendere mio padre, ma alla natura dei suoi membri.
Harald Ulvensonn faceva parte di un branco di mutaforma. Non sapevo che ne esistessero altri, eccetto il nostro.
« Billy, non vi siete conosciuti a una fiera di pesca, vero? »
Mio padre strabuzzò gli occhi.
« Che cosa? Parli di Harald? Oh giusto, ti avevo raccontato questo? Beh… ovviamente no. Ora lo sai Jake. I vampiri non attaccano interi villaggi senza motivo. In Norvegia c’è... » sul suo viso l’imbarazzo per la bugia raccontata si trasformò in rabbia. « C’era un branco di lupi. Verrò con te, ho delle faccende da sbrigare e devo prendermi cura della bambina. Tu intanto, potrai sfogarti un po’ ».
Un senso di curiosità solleticò il mio inconscio. Una realtà completamente diversa dalla mia riposava dall’altra parte del mondo e aspettava di essere scoperta.
La mia voglia di partire e correre via ricevette finalmente uno scopo. Avevo una meta che mi avrebbe permesso di svuotare un po’ la mente e curare il mio cuore ferito.
Fu così che, dopo aver contratto debiti con mezza tribù Quileute, io e Billy acquistammo i biglietti per la Norvegia e partimmo verso quella terra lontana.
Mi ritrovai su uno scomodissimo sedile di aereo, troppo stretto per contenere le mie lunghe gambe. Il viaggio fu talmente lungo da portarmi all’esasperazione; per far correre il tempo più veloce mi ridussi persino a leggere una guida completa sulla Scandinavia.
Odiavo leggere.
L’aereo cominciò la sua discesa verso l’aeroporto di Tromsø, città che non avevo mai sentito nominare, e si gettò tra le nuvole bianche che lo avevano accompagnato per tutto il tragitto. La terra apparve scura e rocciosa, circondava la piccola città in uno scuro abbraccio e poi si gettava nel mare, creando un profilo discontinuo e frastagliato. I fiordi si susseguivano uno dopo l’altro e creavano uno spettacolare scenario.
Noleggiammo un’auto e partimmo verso il villaggio sperduto in cui era vissuto il branco di Harald.
Guidare per quelle stradine sconnesse, non mi recava alcun fastidio, ero abituato ei sentieri sterrati della riserva, ma man mano che ci allontanavamo dalla civiltà mi sentivo sempre più inquieto. Adoravo la natura, la foresta e tutto il mondo che nascondeva, ma conoscevo bene i pericoli che si potevano nascondere tra gli alberi fitti.
In cuor mio speravo che mio padre avesse ragione sull’assenza dei succhiasangue e mi sentii, per la prima volta da quando ero diventato un lupo, vulnerabile.
Avevo data per scontata la protezione del branco; nonostante la mia indole indipendente, la vita con i compagni al mio fianco era più semplice.
Sam aveva acconsentito alla mia partenza. Questo pensiero mi rassicurava un po’. Sapeva che sarei stato in grado di cavarmela da solo.
Il rumore di carta stropicciata, che proveniva dalle mani nervose di mio padre, mi riscosse dai miei ragionamenti contorti. Billy studiava la cartina con una ruga di preoccupazione sulla fronte. La rigirava di continuo e la colpiva con il suo grosso indice nel punto in cui credeva ci dovessimo dirigere. Sfortunatamente quel punto cambiava ogni volta che ruotava la cartina.
Passarono molte ore prima che riuscissimo a trovare la strada giusta, che si dirigeva verso la costa. Lo sterrato scorreva monotono sotto le ruote del veicolo.
Finalmente vidi un piccolo agglomerato di case. Erano apparse da dietro un fitto pineto e mi scrutavano con aria mansueta. Eravamo arrivati a destinazione.
Il villaggio era molto spartano. Per certi versi assomigliava alla nostra riserva.
Le case erano in legno e tutte guardavano verso la via principale, che peraltro era l’unica strada. Molti attrezzi da pesca pendevano dalle staccionate delle abitazioni e testimoniavano la vivacità degli abitanti del posto. Purtroppo di loro non c’era alcuna traccia. Il villaggio era completamente deserto.
Parcheggiai accanto ad una catasta di reti da pesca abbandonate e non appena fui sceso dall’auto, rimasi colpito dall’odore gradevole che colpì le miei narici. Salso e resina. Aldilà della foresta che circondava il paese doveva esserci il mare. Provai un forte desiderio di correre a vedere la costa. Dovevo trovare il modo di accertarmi se i fiordi erano così belli, come avevo visto dall’aereo.
La voce dura di mio padre mi ricordò che avrei dovuto aiutarlo a scendere dall’automobile e a salire sulla sua carrozzina.
« Billy Black? »
Mi voltai di scatto e vidi un vecchio sull’uscio della casa accanto alle reti abbandonate. La sua barba lunga e incolta e gli occhiali rotondi mi ricordarono le immagini di Mago Merlino, che le mie sorelle mi facevano vedere da piccolo. Mancava soltanto una tunica azzurra e una bacchetta magica. Il vecchio si teneva sulle spalle una coperta consunta e reggeva in mano un fucile, che doveva avere come minimo i suoi anni.
Non riuscii a frenare un sorriso perplesso; se credeva di riuscire a combattere i vampiri con quell’arnese era certamente fuori strada.
« Sono io. Lei deve essere Arnulf Borgen, il capo del villaggio. Questo è mio figlio Jacob Black ».
Merlino abbassò il fucile e ci fece cenno di entrare. La sua abitazione odorava di erbe selvatiche e spezie. M’indicò un divano su cui sedermi e mi mise in mano una tazza di una sostanza liquida sconosciuta. L’odore era buono, ma il mio stomaco aveva bisogno di qualcosa di più solido.
L’intruglio sapeva di muschio e rosmarino, un abbinamento culinario perfetto!
Dopo aver rifilato a mio padre la stessa diavoleria, il vecchio parlò con un inglese stentato.
« In nome dell’alleanza che lega i nostri branchi, vi ringrazio della vostra presenza e vi do il ben venuto ».
Mi chiesi che tipo di alleanza ci legasse, ma non osai rivolgergli la parola. Quell’uomo mi metteva in soggezione, nonostante fosse alto la metà di me e pesasse quasi come un bambino.
« Gli spiriti malvagi non si erano mai spinti così a Nord. Mai avevano osato attaccare un branco intero. Purtroppo i Volturi sono potenti. Hanno occhi e orecchie ovunque ».
Mio padre corrugò le sopraciglia a quelle parole.
« Credevo che nessuno fosse a conoscenza dell’esistenza di questo branco. Mi è stato raccontato dell’avversione dei Volturi verso i lupi mannari del Nord, ma credevo che non sapessero dei mutaforma ».
Anche quel vecchio, come tutto in quella nazione, aveva un nome strano. Arnulf strinse gli occhi e guardò mio padre intensamente.
« Credo che quelli non abbiano capito in cosa siamo diversi dai mannari. Hanno sterminato tutti senza pietà. Alcuni mesi fa sono cominciate le sparizioni. Ogni tanto qualcuno partiva per la pesca in mare e non tornava più. Quando abbiamo capito di cosa si trattasse abbiamo deciso di agire, ma erano in troppi. Sono morti tutti. Ringrazio le Valchirie per aver risparmiato almeno la figlia di Harald. Fortunatamente gli altri non avevano figli, erano giovani. Troppo giovani per averne e per raggiungere il Valhalla! »
Billy parlò a lungo del lutto che li aveva colpiti. Io me ne stavo seduto sul divano e ascoltavo svogliatamente.
Mio padre chiese, dove si trovasse la bambina e Arnulf lo informò che probabilmente si era recata sulla scogliera. Poi il vecchio si rivolse a me.
« Ragazzo. Andresti a recuperarla? Non mi piace che stia fuori di notte e non le fa per niente bene stare da sola ».
Sgranai gli occhi e sperai che Merlino non mi avesse visto. Fuori dalla finestra c’era il Sole. Non avevo idea di che ora fosse, perché il mio cervello era confuso dallo jet lag, ma secondo la luce doveva essere pomeriggio inoltrato. La senescenza doveva avergli offuscato il cervello.
Arnulf ridacchiò e si avvicinò per guardarmi negli occhi. Era alto come me che ero seduto sul divano. Gli occhi grigi, oltre gli occhiali, erano vispi, ma riuscii a scorgere una vena di pazzia all’interno di quelle iridi. Mi scrutavano nell’anima ed ebbi timore che riuscisse a capire ciò che stavo pensando sul suo conto.
« Non sono un vecchio rimbambito! Non ancora. Sono le undici e mezzo di sera. In Norvegia esiste un fenomeno chiamato “Sole di Mezzanotte”, per quasi un mese non cala mai la notte! E ora vai! »
Corsi fuori da quella stanza, seguito dalla profonda risata di mio padre.
Era stato quasi peggiore di quando Cullen mi leggeva nel pensiero, Arnulf era riuscito a capirmi soltanto con uno sguardo.
Quell’uomo anziano emanava un’aura di saggezza e antichità, potevo percepirlo. Incuteva un certo timore reverenziale e sicuramente, quando era nel fiore degli anni, doveva essere stato un capobranco. Mio padre forse non era riuscito a sentirlo, ma le mie orecchie da lupo avevano registrato il tono perentorio con cui mi aveva parlato. Aveva usato un timbro da Alfa. Come fosse riuscito a parlarmi così pur essendo in sembianze umane, rimase un quesito irrisolto. Almeno per il momento.
Decisi di non pensarci e mi gettai tra gli alberi.
I jeans mi davano un senso di oppressione, avevo voglia di trasformarmi e correre libero in quel bosco, ma per quello avrei avuto tempo; dovevo trovare la figlia di Harald e riportarla a casa.
I raggi del Sole filtravano attraverso il fogliame della foresta e creavano disegni oscuri sul terriccio umido del sottobosco. L’aria era fresca e intrisa di odori portati da un pungente venticello. La natura approfittava della breve estate per rinascere e prosperare, regalandomi i suoi profumi.
Indossavo solo una maglietta ma il vento freddo non poteva raggiungermi. Il grande Spirito, per mezzo di Taha Aki, mi aveva donato il calore corporeo, un’arma perfettamente efficace contro le intemperie.
Gli alberi si fecero più radi e l’odore di salsedine si fece più forte. Il mare era vicino.
La foresta s’interruppe e lasciò spazio a una distesa di rocce che, pochi metri davanti ai miei piedi, si gettava a capofitto tra le onde.
Mi spinsi agilmente verso il precipizio e osservai la costa. Rimasi meravigliato dall’immensità del panorama. Il mare blu era calmo, si appoggiava dolcemente sul crinale della scogliera e accompagnava la miriade di insenature che questa disegnava. La roccia nera s’immergeva a tratti liscia e verticale e a tratti frastagliata da grossi massi. Quello che mi colpì di più fu l’altezza di quei capolavori naturali. Per milioni di anni il mare aveva modellato, come uno scultore, il profilo di quella costa e la aveva resa slanciata e perfetta. Il Sole, quel meraviglioso Sole di Mezzanotte che si può osservare solo nel circolo polare artico, illuminava il panorama di colori e chiaroscuri. Era il pittore che donava lucentezza e sfumature alla scultura del mare.
Respirai a pieni polmoni quell’essenza naturale e sorrisi al vento. Il mio cuore si alleggerì di un po’ del suo fardello.
Tra i mille profumi della natura, uno in particolare mi sorprese. Era una fragranza che non avevo mai fiutato prima. Era dolce e selvatica allo stesso tempo. Assomigliava all’essenza delle rose che crescevano spontanee ai margini dei boschi.
Il profumo mi lasciava in bocca un sapore mielato ma pungente, come l’odore della rosa. Estasiante ma ingannevole, fatto apposta per distrarre la preda dalle grosse spine che usava come arma.
Seguii la scia attraverso le rocce irregolari e raggiunsi un’insenatura abbarbicata su un piccolo promontorio.
Fu lì che la trovai.
La fanciulla era seduta con la schiena contro la parete rocciosa e si cingeva le gambe con le braccia, proteggendo il viso dal vento nell’incavo formato tra le ginocchia.
L’esile corpo era coperto da una pelliccia grigiastra e il capo era nascosto dal pesante cappuccio dell’indumento.
Mi avvicinai a lei lentamente, non volevo rischiare di spaventarla. Purtroppo la mia corporatura non mi aiutava ad avere dei movimenti delicati; urtai accidentalmente un sasso, che rotolò fino all’orlo del precipizio cozzando sui suoi simili e creando un gran frastuono.
« Piccolina, non ti spaventare! »
La fanciulla alzò il capo di scatto e si guardò attorno allarmata. Quando voltò il viso verso di me, rimasi senza fiato. 

   
 
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