Autore (su EFP e sul forum): Gaea
Titolo: Violet Hill
Rating: Rosso
Genere: Malinconico, Erotico
Avvertimenti: Longfic, Femslash
Note d'autore: Questa storia doveva far parte di un concorso indetto sul
forum di EFP ma alla quale non ho fatto in tempo a partecipare. È a buon punto,
ma non è finita…lo dico per correttezza nei confronti di chi vorrà seguirla: non
posso assicurare aggiornamenti costanti e in tempi brevi.
Violet hill
PREFAZIONE
A volte mi accorgo di sentire una terribile mancanza dello Hampshire. Spesso
questo accade quando sento una risata particolarmente argentina, o quando
mangiando un'allodola arrosto penso al meraviglioso canto di questi uccelli, che
tanto mi era caro da bambina. Più sovente succede se, per sbaglio, passando
davanti alle cucine, avverto il profumo irresistibile della melassa e del
caramello.
È allo sbocciare della primavera, però, che la malinconia si fa più struggente,
quando tutto intorno a me resta grigio: alla mia vera casa il sole permetteva di
far vagare lo sguardo per miglia e miglia lungo la brughiera. E l'erica fioriva
rigogliosa, tingendo di rosa e lilla ogni cosa. Persino la collina. La nostra
collina viola.
Avevo dodici anni e la compostezza di un puledro selvaggio: alla morte di
mia madre, avvenuta tanti anni prima, mio padre prese tutta la famiglia e ci
fece trasferire nella tenuta di campagna, convinto così di assicurarci una
crescita più forte e sana. Quello di cui non aveva tenuto conto era che
l'assenza di restrizioni e regole di società, e pure di ragazze della mia età
con cui confrontarmi, mi avevano portata a fare amicizia con i figli dei nostri
servitori, tutti maschi, e a cercare di imitare mio fratello in tutto quello che
faceva, trovando in lui il modello con cui gareggiare. Se lui si arrampicava sul
melo in giardino, io scalavo il vecchio pino che si ergeva solitario dietro la
rimessa; se lui faceva a botte con i bambini più piccoli, io mi misuravo con i
miei coetanei, graffiando e mordendo come un gatto. E rientrando immancabilmente
in casa sfatta e sporca di fango, graffiata e pesta, tanto che la mia balia, la
mia dolce Sue, doveva riempire più e più volte la grande vasca di zinco prima di
rendermi nuovamente presentabile... per la disperazione di mio padre che tentava
inutilmente di farmi seguire da precettori privati e istitutrici, affinché io
divenissi, come mia madre, una vera Lady.
Fu una di quelle volte, mentre mio fratello Tom e io scendevamo con lo slittino
per la collina che segnava il confine delle nostre terre, che trovai il capanno.
Non era altro che una baracca d'assi in cui i cacciatori si riparavano nel caso
le battute di caccia andassero per le lunghe. Cosa che accadeva di rado: ai Lord
locali la caccia interessava più come modo per attirare l'attenzione di ragazze
in cerca di marito. E nella mia zona queste erano davvero poche.
Riparato dalle intemperie, mimetizzato con erba e frasche cosicché fosse
visibile solo a un occhio attento, era impossibile da trovare se già non si era
a conoscenza della sua posizione. Un nascondiglio perfetto che elessi a base dei
miei giochi: ci trascinai, nel tempo, coperte e cuscini che sistemai in una
panca impolverata. E libri, libri che amavo leggere e rileggere e su cui
fantasticavo. Nonostante il carattere da maschiaccio, amavo immaginarmi ben
vestita, al fianco di un uomo alto e forte, molto simile a mio padre a dire la
verità: sarei stata una perfetta padrona di casa, capace di stare accanto al suo
uomo non solo come dama del focolare, ma in veste di compagna alla pari. Mi
sorprende che amassi tanto le novelle romantiche...soprattutto alcune,
ambientate proprio nelle mie campagne. Adesso la vecchiaia mi fa sfuggire il
nome dell'autrice...una certa..non so, Autin, Austin. In ogni caso bevevo i suoi
scritti e chiedevo sempre a Tom di comprarmene di nuovi quando andava in città
con nostro padre per imparare il mestiere di avvocato. Quando, anni dopo,
ripresi in mano quei libri vi lessi solo il trionfo della mondanità e
l'abbruttimento di ogni velleità di libertà femminile. Ma all'epoca...chissà.
Forse notavo solo l'evolversi della storia verso l'immancabile lieto fine.
Ma il matrimonio è davvero il lieto fine? Oggi me lo chiedo. Oggi che sono circondata dai miei figli e che la primogenita, Heather, ha dato alla luce il mio terzo nipotino. Mio marito è mancato lo scorso mese.
Credo che sia stato questo a innescare i ricordi.
Ricordi di un tempo in cui sono stata felice, davvero felice. Un momento di
beatitudine che credevo, oh, credevo davvero avrebbe avuto un lieto fine.
E ora sono qui, su questa poltrona, a osservare il cielo di Londra prendere una
sfumatura leggermente più azzurra al di sopra della cappa di fumo nero che
sempre l'avvolge. Chiudo gli occhi, ripensando a quegli anni così fausti e
sventurati. A quegli occhi così particolari. Viola come il peccato, viola come
la collina. La nostra collina.
Mi avvicinavo alla piena maturità: il compito di mio fratello, scomparso mio padre, era quello di assicurarmi il miglior partito possibile...