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Autore: ila74cullen    24/05/2011    13 recensioni
Breaking Dawn lo conososciamo tutti, a raccontarcelo sono stati Bella e Jacob, ma gli altri personaggi che hanno popolato il libro come hanno vissuto la storia? Qual'era il loro pensiero? In questa FF proverò a dare voce, oltre che ad Edward, anche al resto della famiglia Cullen e a tutta una serie di personaggi minori che nel libro originale non hanno avuto molto spazio.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Ciao a tutti!!! Credevate fossi scappata a Timbuctù vero??? Invece eccomi qua, con la mia versione di Breaking Dawn. Coloro che speravano scrivessi un POV EDWARD forse ne resteranno delusi (Vi giuro che ho provato ma il risultato è stato orribile!!!!), spero però vogliano dare ugualmente una possibilità a questa FF. Il titolo dice tutto, racconterò i fatti di BD dal punto di vista dei vari personaggi che hanno popolato il libro tra i quali ci sarà anche il nostro Eddino.

Spero di poter essere puntuale nel postare, ma sappiate fin d’ora che non posterò ogni settimana, spero di riuscire a farlo ogni 15, max 20 giorni. Purtroppo sia io che la mia Beta siamo incasinatissime, quindi è inutile promettere l’impossibile.

Adesso mi rimetto a voi… il primo capitolo sarà tutto di Charlie, Buona lettura!!!

 

 

Cap.1

 

Charlie

 

Era stata una giornata durissima.

Sebbene l’attività di sceriffo in una piccola cittadina come Forks non fosse mai frenetica per tutto il giorno mi ero sentito come un animale in gabbia.

Al mattino mi ero svegliato con la terribile sensazione che qualcosa di tremendo stesse per abbattersi sulla mia testa, l’agitazione del mio stato d’animo mi aveva continuato a tormentare senza motivo. Rendendomi inspiegabilmente irascibile.

Ma adesso, finito il lavoro, quando potevo cercare di rilassarmi a casa davanti ad una bella partita di baseball, mi resi conto che le mie pene non erano finite.

Il mio personale tormento era ancora lì, in casa mia.

La sua macchina, chiaro segnale della sua presenza, era parcheggiata lungo il ciglio della strada.

Possibile che non avesse mai fretta di tornarsene a casa sua??

L’astio che provavo nei suoi confronti era ampiamente corrisposto. Per amore di Bella cercavamo di tollerarci, lui ci riusciva meglio di me, dovevo ammetterlo e, questo, mi indisponeva ancora di più.

Non sopportavo di passare davanti agli occhi di mia figlia come un padre senza cuore, ma per colpa sua era scappata di casa per ben due volte e questo non era da lei.

Si era completamente allontanata dai suoi compagni di scuola e anche dal suo grande amico Jacob.

Nonostante gli ultimi eventi mi avessero fatto ricredere sulla sua maturità, non era corretto da parte sua interrompere i rapporti in quel modo, solo perché “IL SUO RAGAZZO” era tornato da lei con la coda tra le gambe.

Non riuscivo ad accettare che escludesse dalla sua vita il resto del mondo annullandosi in QUEL modo per QUEL ragazzo. Era troppo giovane e questo tipo di fissazione era pericolosa.

Questi erano i momenti in cui, più che mai, avvertivo la necessità della presenza di sua madre.

Io non ero in grado di convincerla, né tantomeno di farla ragionare.

Le avevo suggerito più volte di andare a Jacksonville dopo il diploma, solo qualche giorno non per sempre, giusto poche settimane, per riposarsi e rilassarsi un po’ dopo le fatiche dell’esame e, principalmente, per stargli un po’ lontana, ma questo non glielo avrei mai detto.

Niente, nulla.

Non c’era stato modo di smuoverla nemmeno di un millimetro: senza Edward non faceva un passo e lui era eternamente impossibilitato ad allontanarsi da Forks…

Cosa avesse mai avuto sempre da fare, Dio solo lo sa!

Fatto sta che erano inseparabili… come i pappagallini…

“Basta mugugnare Charlie! Non puoi stare per ore seduto nell’abitacolo della macchina di servizio nella speranza che lui esca di casa prima del tuo rientro… non lo farà mai! Rassegnati…”

Riavviai il motore e percorsi gli ultimi metri che ancora mi separavano dalla mia destinazione.

Parcheggiai nel vialetto davanti casa, trassi un profondo respiro, infilai le chiavi nella toppa e aprii la porta.

Nessun rumore in sottofondo, nessun movimento sospetto… mi augurai di non trovarli in qualche “atteggiamento intimo” perché oggi non ero in grado di rispondere delle mie azioni…

Anche se, a dirla tutta, coglierli in flagrante poteva essere un bel pretesto per metterla in punizione e levarmelo di torno per qualche giorno…

Avvertii un borbottio sinistro e poi la sua voce FALSA come una banconota da 1000$ mi salutò.

«Ciao, Charlie» Come sapeva che ero io??… ovvio chi altro poteva frequentare questa casa a quest’ora …

Altri borbottii… Che cosa stava succedendo in quella stanza?

Per fortuna che era un ragazzo all’antica… Ma chi voleva prendere in giro… Comunque in casa mia certe cose NO!

Non mi tolsi nemmeno l’uniforme e accelerai il passo verso il salotto, questa volta li avrei colti di sorpresa… cercai di essere il più silenzioso possibile e d’improvviso sbucai da dietro lo stipite della porta.

«Ciao, ragazzi. Come va?» Salutai, sfoderando il mio miglior sorriso, certo che stessero ancora risistemandosi e…

Niente.

Tranquillamente seduti l’uno accanto all’altra sul divano, vicini, troppo appiccicati per i miei gusti, ma nulla che mi desse lo spunto per poterlo cacciare di casa a pedate.

Sulle loro facce, però, c’era un’ammissione di colpa… a chi volevano darla a bere!

Stavano tramando, oppure, avevano già tramato qualcosa; ed ero sicuro che qualunque cosa fosse non mi sarebbe piaciuta.

Bella era nervosa, la vedevo sulle spine… conoscevo bene mia figlia e capivo quando qualcosa non andava.

Nonostante la delusione per il fallimento della mia incursione cercai ugualmente di continuare a sorridere mostrando indifferenza circa il loro strano comportamento.

 

«Abbiamo una cosa da dirti», esordì lui, con un gran sorriso stampato in faccia. Era il ritratto della felicità. «Buone notizie» incalzò soddisfatto.

L’espressione del mio viso, adesso, era sicuramente molto più vicina ad una smorfia di dolore…

Cosa intendeva LUI per “Buone notizie”??

«Buone notizie?», mi trovai a ringhiargli contro. Cosa era successo di così importante per richiedere tutta questa formalità?

«Siediti, papà». Passarono alcuni secondi da quando percepii il suono della sua voce a quando riuscii a dare un senso compiuto alle sue parole …

“È incinta… incinta…”

Quella parola si materializzò nella mia mente in un baleno e continuò a rimbombarvi come un’eco coprendo qualsiasi altro rumore.

Vedevo la sua bocca muoversi, stava continuando  a parlare, ma non percepivo alcun altro suono se non il mio cervello che continuava a gridare la stessa parola.

“Incinta… incinta…”

Ma Cristo santo!! Suo padre è dottore, possibile che non gli abbia spiegato un bel niente!!!

Avvertii improvvisamente le ginocchia cedere… un appiglio… avevo urgente bisogno di un punto fermo. La poltrona mi sembrò un traguardo irraggiungibile, ma a grandi falcate riuscii a raggiungerla; una volta seduto mi sembrò che il cuscino fosse pieno di spilli e rimasi in bilico sulla punta della stessa; se ci fossi sprofondato non avrei avuto abbastanza slancio per potergli saltare al collo nel momento più opportuno.

«Non scaldarti, papà. È tutto okay». La sentii continuare a ripetere.

Cercai di dare un contegno alla mia espressione e mi focalizzai su mia figlia.

“Ok?” «Certo che sì, Bella, certo che sì. Se tutto va così alla grande, perché sei sudata fradicia?».

«Non sto sudando».

Bugiarda.

Abbassò lo sguardo.

Tipico comportamento di chi sa di essere colpevole.

La vidi rannicchiarsi vicino a lui e persi il lume della ragione. «Sei incinta!», esplosi, infine, dando libero sfogo a tutta la mia rabbia. «Sei incinta, vero?». E ora che l’avevo detto mi sentivo più leggero.

La domanda era rivolta a lei, ma la risposta la pretendevo da LUI. L’impulso di estrarre la pistola era irrefrenabile.

«No! Certo che no!», gridò Bella appena in tempo.

“Come no?!” rimasi interdetto dalla sua negazione. Le orecchie lentamente smisero di rimbombare, cercai di razionalizzare le sue parole, ma era riuscita a prendermi alla sprovvista «Ah. Scusa», fu l’unica cosa che riuscii a rispondere.

«Scuse accettate». Mugugnò, indignata.

“E adesso?... perché continuano ad osservarmi in quel modo?... Ok, non è incinta, non sono nonno e questa è senza dubbio una gran bella notizia, ma cosa hanno, allora, da nascondere?”

Continuavo a guardarli a turno. Tanto tranquillo e sereno era lui, quanto agitata e tesa era lei. Se aspettavano che parlassi io, se lo potevano scordare. Loro mi avevano chiamato in causa e, comunque, sapevo che qualunque cosa avessero da dirmi, a questo punto, sarebbe stata una sciocchezza a confronto di ciò che poteva essere.

«Charlie, mi rendo conto di aver affrontato la questione nel modo sbagliato. Secondo la tradizione, avrei dovuto chiederlo a te per primo. » esordì, all’improvviso, il mio incubo personale, con una tonalità nella voce talmente calma, che tremai al solo pensiero di quale tranello potesse celarsi. «Non voglio mancarti di rispetto, ma dal momento che Bella ha già detto di sì non voglio sminuire il valore della sua scelta, e anziché chiederti la sua mano, chiedo la tua benedizione. Ci sposiamo, Charlie. La amo più di ogni cosa al mondo, più della mia stessa vita, e, grazie a chissà quale miracolo, lei mi ricambia in tutto. Ci darai la tua benedizione?».

“NO! NO! E ANCORA NO!” Cosa diavolo gli era saltato in testa a questi due?! Sicuramente o avevo capito male, oppure mia figlia era vittima di un qualche virus che le aveva danneggiato il cervello facendole perdere la ragione.

Non le era servita a nulla l’esperienza dei suoi genitori?

Il mio sguardo si spostò automaticamente da lui a lei ed alla sua mano… un anello… poco prima mi era sfuggito questo dettaglio… se avevano già deciso tutto… cosa volevano da me adesso?!? Se speravano davvero nella mia benedizione avevano pensato male!

Sicuramente doveva essermi spuntato un terzo occhio in fronte, mi fissavano frastornati… lui credo abbia detto qualcosa, ma in questo momento non mi interessava minimamente…

Dovevo solo capire perché … ma non un semplice “PERCHE’”, era ovvio che, contro ogni logica, si amavano; anche se non capivo la loro reciproca ossessione.

Il “PERCHÉ” che dovevo scoprire era quello legato alla loro necessità di accelerare così tanto i tempi.

Se non c’era un effettivo bisogno, non era meglio si conoscessero più a lungo? Non appoggiavo la convivenza, ma il matrimonio era un passo troppo importante per prenderlo con leggerezza d’animo… è un momento che ti segna per la vita; a mie spese ho pagato i frutti della mia impulsività giovanile…

Cercavo di intuire dalle loro espressioni qualche dettaglio in più, un segreto non detto, una smorfia di titubanza… ma più li osservavo, più la determinazione riempiva i loro sguardi…

Visti i precedenti, se mi fossi opposto con tutte le mie forze, con molta probabilità sarebbe scappata nuovamente di casa, e non credo che, questa volta, sarebbe tornata… non mi restava che cedere… dovevo rassegnarmi… avevo le mani legate.

«Tutto sommato non sono così sorpreso», brontolai alla fine. «Sapevo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con qualcosa del genere… Siete sicuri?». Chiesi, infine, squadrando mia figlia.

Anche se nella domanda avevo usato il plurale, la domanda era esclusivamente per lei.

«Di Edward sono sicura al cento per cento», esattamente ciò che temevo.

«Ma perché sposarsi? Che fretta avete?». Doveva esserci una spiegazione… Bella non era il tipo che prendeva decisioni così impulsive e irrazionali… anche se, ultimamente, LUI me l’aveva completamente mutata; se c’era una cosa che non ammettevo da lei erano le menzogne.

In un simile argomento ESIGEVO sincerità. Vedevo che si stava arrovellando. Come se avesse qualche altro crimine da confessare.

«Andremo a Dartmouth insieme quest'autunno, Charlie», puntualizzò Edward come se volesse levarla da una situazione difficile. “Non ho chiesto la TUA spiegazione! MIA figlia sa parlare da sola.” «Ecco, ci terrei a fare le cose per bene. Fa parte della mia educazione». Continuò con quell’aria innocente da serial-Killer ben educato.

Riusciva sempre a rigirare la versione a suo favore.

Non potevo certo dirle che avrei preferito che vivessero nel peccato dopo una simile giustificazione, questo suo comportamento lezioso e perbenista aveva la capacità di irritarmi a morte.

«Sapevo che sarebbe successo», mi resi conto di mormorare ad alta voce. C’era da immaginarselo che prima o poi mi sarebbe arrivata una mazzata simile tra capo e collo.

Mentre rimuginavo su ogni possibile strategia per evitare questa tragedia, focalizzai i miei pensieri sull’unica persona che l’avrebbe scoraggiata dai suoi propositi, facendola desistere da questa pazzia: sua madre.

Renée doveva essere informata, in un modo o nell’altro, non poteva essere tenuta allo scuro del matrimonio di sua figlia.

E quale miglior soluzione se non imporre a quest’ultima di divulgarle la lieta novella.

L’avrebbe stroncata.

Ne ero certo.

Renée considerava il matrimonio in giovane età come la peggiore delle pestilenze.

L’effetto devastante che aveva avuto sulle nostre vite l’aveva fatta ricredere sulle illusioni che l’amore romantico crea.

Personalmente ero ancora convinto dell’importanza e del valore dello stesso, ma la mia opinione aveva sempre contato ben poco. Vivere a Forks non era per lei e vederla sprofondare nell’insofferenza giorno dopo giorno mi aveva logorato dentro. Il divorzio era stata la soluzione migliore. Adesso che sua figlia stava per compiere il suo stesso errore potevo avere la certezza matematica che non si sarebbe data pace finché non fosse riuscita a dissuaderla dai suoi propositi.

«Papà?», richiamato alla realtà dalla voce titubante di Bella esplosi di gioia per l’idea che avevo appena avuto.

«Ah! Ah, ah, ah! Okay, perfetto! Sposatevi.» Continuai completamente infervorato, Edward sogghignava… credeva di averla avuta vinta, ma non sapeva che il bello doveva ancora arrivare «Però...».

«Però cosa?», incalzò bella.

«Però devi dirlo tu a tua madre! Io non ne farò parola con Renée: è tutta tua!». E completamente ebbro di entusiasmo riuscii finalmente a sprofondare, soddisfatto, nella mia adorata poltrona.

Bella impallidì.

 

---

 

Pochi giorni dopo le certezze che avevo crollarono come un castello di carte, insieme all’ultima speranza di fermare la follia che aveva colpito mia figlia.

Renée... aveva mantenuto una calma impressionante, si era addirittura rammaricata che Bella non l’avesse avvisata per prima!!!

In questi ultimi giorni stava continuamente al telefono complottando con la futura consuocera sull’organizzazione della cerimonia.

Dopo aver parlato con Bella mi telefonò infuriata accusandomi di fare pressioni sulle decisioni di nostra figlia.

IO?!?  FARE PRESSIONI?!?

Si era convita che le titubanze che aveva avvertito parlando con lei fossero frutto delle mie paranoie, non del suo comportamento irresponsabile, ma solo ed esclusivamente delle mie paranoie!

CHI E’ CHE HA SEMPRE PARLATO DEL MATRIMONIO COME DEL PEGGIORE DEI MALI??’CHI??? NON IO!!

La seconda parte della telefonata si diresse direttamente sul nostro regalo, e fu l’unica cosa che riuscii a condividere della conversazione.

 

Come se non bastassero i problemi che avevo con mia figlia, si era aggiunta anche l’inspiegabile fuga da casa di Jacob. Ero quasi sicuro che di mezzo ci fosse ancora una volta la rivalità con la mia personale “spina nel fianco”.

Sicuramente non aveva preso bene la notizia del matrimonio. Ma da questo, a scappare chissà dove, mi sembrava davvero eccessivo ed immaturo da parte sua. Questo Jacob non me lo doveva fare! Io l’avevo sempre appoggiato, adesso era diventato indifendibile.

Il tempo passava e le sue infruttuose ricerche mi stavano esasperando; il comportamento di suo padre, invece, mi irritava ogni giorno di più e mi era incomprensibile.

Possibile che non fosse minimamente preoccupato per quel povero ragazzo.

Come faceva a mantenere la calma sapendo che suo figlio era in giro per il mondo senza dare notizie di sé?

Era grande e grosso, ma aveva pur sempre sedici anni; fondamentalmente era un ragazzino, a conferma bastava vedere come si era ridotto guidando la moto senza un minimo di responsabilità o come si stesse comportando ora nei confronti di un padre, per di più, disabile …

 

Il mondo stava impazzendo, ed io ero nell’occhio del ciclone. Tutto ciò che stavo vivendo non era reale, presto mi sarei svegliato da questo incubo e la vita avrebbe ricominciato a scorrere placidamente come aveva sempre fatto.

Nonostante fossi fermamente convito che tutto questo fosse solo un’illusione tutto mi costringeva a considerarlo la realtà.

Compresa la sorella di Edward che mi torturava, giorno dopo giorno, con il rituale della prova dell’abito… uno smoking… grigio pallido per di più… mi sentivo un vecchio pinguino imbalsamato.

Insomma, un perfetto cretino.

 

 

Che ne dite continuo???

Chi pensate parlerà, o vorreste che parlasse, nel prossimo?

 

 

 
  
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